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Autore: Evola Who    15/02/2016    1 recensioni
Un caso di omicidio, un insegniate trovato morto nel suo quartiere. Lestrade pensa una aggressione ma Sherlock capisce subito che non è cosi. E manca qualcosa in questo caso, non una prova. Ma una testimone...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Alle 7:50 di sera.

John andò in camera di Eva, che non era uscita da li da quando aveva ricevuto la telefonata da parte di suo padre.

Bussò, chiese se poteva entrare e lei disse di si.

Apri la porta e chiese: “Eva, vuoi qualcosa per cena?”

La ragazza lo guardò (era seduta a gamme incrociate sul letto con la tuta addosso, leggendo un fumetto) e rispose:

“Oh… non lo so, per me è uguale”

“Va bene, allora ti va una pizza?”

“Certo, anche se sono Italiana e potevo magarla li tranquillamente invece di farmi un’ora di aereo e mangiarla anche qui.” Ripose Eva con tono sarcastico.

John sorrise e ripose: “Anche il gelato potevi mangiarlo lì, e evitare di farti un’ora e mezza di aereo.”

“Si, ma il gelato è universale!” rispose lei e risero.

“No, se non voi la pizza, possiamo ordinare qualcos’altro, tipo Cinese, Indiano, Greco…” ripose John sedendosi al bordo del letto.

“Credevo che avevate già mangiato cinese oggi” disse lei appoggiando il fumetto e sedendosi vincono a John.

“Si, io mangerò una pizza, ma se tu voi qualcos’altro lo ordino, e… no! Non è un disturbo!” ripose lui ridendo.

Eva rise e ripropose: “Okay… allora visto che siamo Inghilterra… del Fish and Chips?”

John fece si con la testa e disse: “Okay, ordinerò del Fish and Chips. Però, posso chiediti una cosa?”

“Certo.” Ripose Eva.

“Perché dopo la telefonata di tuo padre non sei più venuta in soggiorno?” chiese John, con tono dubbioso e anche un po’ preoccupato.

Lei guardò in basso dicendo: “Non volevo disturbarvi, e poi credo che Sherlock… non voglia la mia compagnia”

“No, non è che non vuole. È solo che ha… un modo un po’ particolare di fare conoscenza. Tutto qui.” Spiegò John.

“Allora tu come hai fatto ad essere il suo amico?” chiese Eva dubbiosa.
“È una luuunga storia!” ripose John ironico e risero.

“No, comunque vorrei solo che magnassi con noi in soggiorno, e che non ti isoli qui dentro. Venire in salotto a mangiare, guardare un po’ di TV oppure parlare un po’ con noi” disse il medico con tono calmo.

Ma Eva abbassò lo guardo dicendo: “Grazie, ma… non vorrei essere un fastidio per voi quindi…

“Hey! Ti ho già detto che non è un disturbo ospitarti qui, non è un disturbo dormire in camera mia e non sei un fastidio per nessuno. E se lo dirai ancora ti calcio fuori da qui!” disse John con tono ironico e risero.

“Okay, verrò in soggiorno e cercherò di essere gentile con Sherlock.” Rispose lei guardandolo in faccia.

“Beh… ti sei scusata per averlo urlato in faccia e gli hai comprato un frappè… più gentile di cosi!” e risero.

Andarono in soggiorno e trovarono il detective, stravaccato sul divano con gli occhi chiusi, le mani sotto al mento, con indosso solo la camicia, i pantaloni e le maniche della camicia arrotolate.

Eva rimase perplessa da quella scena e chiese a John: “Ma… sta dormendo?”
“Oh no, è solo nel suo ‘palazzo mentale’.” Rispose John prendendo il suo telefono.
“Palazzo mentale?” chiese lei confusa.

“In pratica è un palazzo imaginario nella sua mente, che tiene tutti i suoi ricordi e le sue informazioni che per lui sono utili. E quando va lì, non sente e non ascolta nessuno.” Spiegò in breve il medico.

“Ha.” Ripose Eva sorpresa, poi guardò John dicendo: “In pratica… è come se avesse un modo imaginario tutto suo dove può richiudersi dentro quanto vuole.” Rispose John mettendo il telefono all’orecchio, aspettando una risposta.

“Un po’ lo capisco. Anche io ho un mondo imaginario tutto mio sulla mia testa. Infatti la gente dicono che vivo troppo nel mio mondo, ma se la vita reale non ti piace ti crei un mondo tutto tuo dove poi stare in pace e a pensare senza essere disturbato e evadere per un po’ dalla realtà che c’è fuori. Almeno per un po’ prima di affrontare di nuovo.” Disse lei sedendosi della poltrona di Sherlock.

John la guardò con aria sorpresa per quello che aveva appena detto, un pensiero cosi profondo che pensò: “Ma ha veramente sedici anni?”

Ordinarono cibo di trasporto, lo mangiarono in soggiorno davanti alla tv.
Dopo 20 minuti…

Sherlock apri gli occhi, si alzò e vide questa scena:

Eva seduta nella sua portone finendo il fish and chips, guardandosi un programma in tv e John sulla sua scrivania con il suo computer per aggiornare il suo blog.

Si alzò, Eva lo guardò ma si girò subito e continuò a guardare la televisione.
Ma lui andò verso di lei e chiese soltanto: “Che stai guardando?”

John si girò subito per vedere quello che poteva succedere ma non disse nulla.

“Una sitcom divertente sulla BBC. Molto carina, e voi siete fortunati. Voi inglesi avete una rete pubblica che vi offre un buon intrattenimento e ottimi canali. Noi invece abbiamo una rete pubblica che offre tutt’altro che buon intrattenimento.” Ripose Eva con tono normale.

“Ma, che cosa hai detto a tuo padre questo pomeriggio al telefono?” chiese subito Sherlock.

Lei guardò in basso, sopirò e disse: “La stessa cosa che ho detto a mia madre. Cioè che sono da Antonio e che sto bene.” E lo disse con espressione triste.

“Bene, ma ti consiglio di riposarti per domani mattina.”

Eva spense la tv, lo guardò con aria interrogativa dicendo: “Perché? Che succederà domani?”

Anche John lo guardò con la stessa espressione di Eva.

“Domani mattina andremo insieme dalla polizia per perquisizione dell’appartamento di Antonio Ruggeri. E visto che tu lo conoscevi bene, potrai venire con noi.” Spiegò lui con tono normale.

La ragazza rimase sorpresa ma lui aggiunse: “In fondo è quello che ho detto anche stamattina, è anche uno dei motivi per cui ti ho fatto restare qui.”

“Sherlock… io non credo che lei abbia voglia di andare in quell’appartamento.” Disse John con tono un po’ imbarazzato.

“E poi non c’è una squadra di polizia li a perquisire la casa per trovare qualcosa di sospetto? Oppure non è compito tuo?” aggiunse Eva dubbiosa.

“Si, ma la squadra di Scotland Yard è sempre stata lenta nei casi, per questo chiamano me.”

“Modesto.” Disse Eva tra se a se.

“E poi io controllerò il suo computer per trovare delle e-mail o dei file sospetti, tu con la polizia controllerai la casa, e tu hai delle probabilità in più per scoprire qualcosa.”

“E se non voglio venire?” chiese lei con tono di sfida e braccia conserte.

“Io credo che tu voglia venire.” Ripose lui di rimando e si guardarono al lungo negli occhi.

John guardò la scena con aria sorpresa ma non disse nulla.

“Okay. Verrò se posso dare una mano.” Disse lei sospirando pazientemente.
Lui fece un piccolo sorriso trionfante dicendo: “Bene.”

E tornò al divano, prese una piccola rivista e cominciò a leggere.
“Domani a che ora?” chiese Eva a lui.

“Se ti svegli alle nove e mezza sarebbe perfetto.” Ripose lui con tono normale.

Eva lo guardò con aria paziente ma non ripose, accese la TV, abbassò il volume e la guardò.

John dalla scena rimase un po’ sorpreso e colpito dai comportamenti di entrambi, ma ritornò al suo blog e non si parlarono per tutta la sera.

Alle dieci e mezza di sera andarono a letto, Eva presa una pillola di valeriana che aveva in borsa, la prese con un po’ di acqua e cercò di dormire.

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Nota della autrice:
Bene! Come si dice...
"Quando John cera di meterla a suo
agio, Sherlock rovina tutto con le sue 
idee e piani" più o meno
Spero che questo capitolo
vi sia piacuto!
Rigazio a tutti e...
alla prosima!
Ciao!
Evola

   
 
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