Fanfic su artisti musicali > Pierce the Veil
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Autore: Layla    15/02/2016    1 recensioni
Leah è la dottoressa dei Pierce The Veil, ama Mike Fuentes da anni, ma proprio quando lei decide che è arrivato il momento di dichiararsi lui inizia una relazione con Alysha Nett.
Lei scappa e, ascoltando il consiglio dell'amico Jacky Vincent, diventa medico dei Falling In Reverse.
Ma la fuga non risolve nessuno dei suoi problemi e sarà chiaro quando le due band dovranno fare un tour insieme.
Leah dovrà fare i conti con i suoi sentimenti e decidere chi vuole veramente: Ronnie o Mike.
Asia è la merchgirl dei Falling in Reverse, da sempre innamorata di Jacky riesce a vivere con lui una notte di passione che porterà a delle conseguenze. Asia vuole scappare, riuscirà a capire che non è la cosa giusta?
Delilah è la nuova dottoressa dei Pierce The Veil. Stringe amicizia con Ronnie, ma quando le cose si faranno serie vorrà scappare. Riuscirà a non farlo e ad affrontare le sue paure?
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Mike Fuentes, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Epilogo :  future hearts.

 
Asia p.o.v

 
Mio figlio non ha voglia di nascere.
Avrebbe dovuto nascere una settimana fa, ma il giorno fatidico è passato senza doglie o dolori di sorta e Jacky è molto agitato. Teme che ogni momento sia buono per partorire e non ha tutti i torti, ma non aiuta vederlo aggirarsi come una bestia in gabbia per la casa.
Questi mesi sono stati stressanti per noi.
Molto stressanti.
Per prima cosa ho dovuto dire a mio padre che presto sarebbe diventato nonno ed è un miracolo che la villa di Jacky non sia crollata a suon di urla. Mi ha chiesto se la loro esperienza non mi ha insegnato nulla, se non so che esistono la pillola e i preservativi e che le rockstar non sono le persone più affidabili di questa terra,
Gli ci sono volute due settimane per non dare di matto ogni volta che si sfiorava l’argomento e – credetemi – è stata dura avere a che fare con un padre che si rifiutava di accettare che la sua principessa era cresciuta e si era trovata un castello in cui vivere con il suo principe cacca.
Mia madre non è stata avvisata.
I genitori di Jacky ovviamente sono stati avvisati e nemmeno loro l’hanno presa bene, hanno detto che lui è troppo giovane per fare il padre, che fa un lavoro troppo instabile, che io potrei essere una ricattatrice mangia soldi e che il bambino potrebbe non essere suo.
Credono tutti in noi in un modo che fa paura.
Davvero, se non fosse per il sostegno dei Falling In Reverse e dei Pierce The Veil avremmo sclerato di brutto.
Jacky intanto sta facendo avanti e indietro dal suo studio con la scusa che non trova mai la chitarra giusta per scrivere, in realtà anche se avesse tutte le chitarre prodotte nella storia della musica davanti si alzerebbe comunque.
Il problema non è la chitarra: sono io.
“Jacky!”
Lo chiamo.
“Cosa c’è?
Tutto bene?”
Io annuisco.
“Jacky, siediti qui.”
Gli faccio segno di sedersi a me.
“Ascoltami, lo so che sei agitato, ma non ti devi preoccupare.
La stanza per il bambino è pronta, abbiamo tutto quello che gli serve e di sopra c’è la mia borsa con le cose che mi serviranno in ospedale che è pronta per l’uso.
È tutto sotto controllo.”
Lui annuisce piano, non del tutto convinto.
“Non hai paura, Asia?”
“Sì, ne ho. Lo stress fa male al bambino, però, per questo cerco di stare calma. Credi che a me non mandi in para il fatto che non è ancora nato?
Ogni tanto sogno che avrò una gravidanza di venti mesi e che Christopher nascerà con le fattezze di un bambino di due anni.”
Lui sospira.
“Sì, hai ragione.
Adesso vado nello studio a comporre sul serio.”
Io annuisco, lui si alza.
Non ha nemmeno raggiunto la porta del salotto che sento qualcosa di liquido colare tra le mie gambe: mi sa che ci siamo.
“Jacky.”
Dico con una strana voce stridula.
“Non ti allarmare, ma mi si sono rotte le acque.”
Lui reagisce come se avesse preso una scossa e poi corre al piano di sopra, scende poco dopo con la borsa in mano e me la porge. Io lo guardo senza capire e lui non mi dà spiegazioni, mi prende semplicemente in braccio, apre la porta e mi deposita sul sedile della sua macchina.
Poi torna dentro, chiude a chiave tutto, inserisce l’antifurto e si mette al volante. È pallidissimo.
“Stai bene?
Cioè, sembra che stai per morire, vuoi che chiami Leah o Delilah?”
“No, è mio figlio e io ti porterò in ospedale. Lì si prenderanno cura di me, se ce ne sarà bisogno.”
Mette in moto e quasi si scontra con il cancello, sono io ad aprirlo all’ultimo minuto e a richiuderlo, anche la mia ansia sta salendo perché i dolori si fanno più forti.
“Vai più veloce che puoi.”
Lo supplico con voce dolorante, lui annuisce piano.
Sembra meno pallido rispetto a prima, forse perché ora si sta redendo conto che ha la situazione sotto controllo.
Guida piuttosto velocemente, superando più macchine che può, una vena pulsa lungo la sua tempia e vedo delle goccioline di sudore scivolare verso l’orecchio.
I dolori si fanno sempre più forti.
“Vai più veloce!”
Urlo.
Lui brucia un semaforo rosso, le mani così strette sul volante che le nocche sono diventate bianche per la tensione.
Subito dopo sentiamo una sirena, io guardo nello specchietto: una volante della polizia ci fa cenno di accostare.
Merda!
Jacky si ferma e un uomo sulla quarantina gli chiede patente e libretto, io mi metto a strillare come un’aquila facendo sobbalzare il pover’uomo.
Jacky e il poliziotto si scambiano un’occhiata spaventata, per fortuna la collega  del poliziotto è un donna e prende in mano una situazione.
“Craig, dammi una mano a portarla nella nostra macchina! La portiamo noi all’ospedale, lei ci segua.”
Jacky annuisce e Craig mi depone sul sedile passeggeri, la donna si mette al volante e mette in moto, schiacciando il pedale dell’acceleratore più che può, io continuo a urlare.
“È qui! Sta per nascere!”
“Non preoccuparti, tesoro! Ce la faremo ad arrivare in ospedale, tu stai calma.”
Una poliziotta che ti chiama “tesoro”è davvero una cosa strana, mi dico mentre la città passa dal mio finestrino.
Vedo l’imponente edificio dell’ospedale di Las Vegas avvicinarsi, ce la posso fare. Devo solo stare calma.
Stai calma, Asia.
Stai calma, che partorirai in ospedale.
Entriamo nel complesso ospedaliero, la donna si ferma davanti al pronto soccorso e il suo compagno mi tira fuori dalla macchina.
“È incinta!”
Urla lei.
Immediatamente arrivano quattro o cinque infermieri e un dottore, io perdo conoscenza.

 

Mi sveglio in una stanza bianca tra infermieri e medici.
“Sia ringraziato il cielo.
Signora, abbiamo bisogno della sua collaborazione. Manca poco alla nascita del bambino, spinga e respiri come le hanno insegnato al corso.”
“Dov’è Jacky?”
Articolo io.
“Chi è?”
“Il padre.”
“Ah!”
Esclama il dottore.
“Fatelo entrare!”
Lui irrompe nella stanza pallido come un cencio e mi stringe immediatamente la mano.
“Adesso spinga.”
Io faccio come mi viene ordinato, spingo più e più volte, urlando e stritolando la man di una Jacky sempre più pallido.
Con l’ultima spinta sento il bambino uscire da me, l’infermiera taglia il cordone ombelicale e lo lava, poi me lo porge. Non appena appoggio Christopher contro il mio seno sento un’ondata di amore per questo fagottino sommergermi. Non posso credere di essere stata davvero sul punto di abortire e non dargli mai la possibilità di nascere.
Un paio di lacrime scendono dai miei occhi, ma le asciugo subito.
“Grazie, Jacky.”
“Eh?”
Lui smette di fissare incantato suo figlio.
“Grazie, Jacky.
Grazie per avermi fermata qualche mese fa e avermi impedito di fare la cazzata del secolo. Se avessi abortito questa meraviglia non ci sarebbe.”
“Grazie a te per aver partorito nostro figlio.”
Mi dice con voce incrinata.
Accarezza piano il corpo di Chris e poi mi dà un bacio in fronte.
“Signora…”
“Vincent.”
“Signora Vincent, è ora di allattarlo.”
Io mi scopro e lui si attacca a me, non c’è niente da fare, amo già questo bambino. So che darei la vita per difenderlo dal mondo e dalle sue brutture, so che farei del mio meglio per farlo sentire amato e voluto.
So già che lo amerò fino al mio ultimo respiro.
“Abbiamo dato origine a qualcosa di molto bello.”
Mugugno stanca.
L’infermiera arriva e con gentilezza me lo toglie.
“Adesso lo portiamo nella nursery e lei potrà riposare.”
“Sì, credo di averne bisogno.
Jacky, puoi avvisare tu tutti?
Credo vorranno venire.”
“Anche tuo padre?”
Io gli sorrido.
“Sì, anche lui. Non preoccuparti, non credo ti ucciderà.”
Lui annuisce e ci baciamo, poi gli occhi mi si chiudono di nuovo. Nessun corso preparto può prepararti all’immensa fatica che è partorire: spingere, sudare, urlare, spingere di nuovo, provare dolore.
È come scalare una montagna quando ti dicono che al massimo sarà una passeggiata su una collina, ma io ce l’ho fatta.
Il mio miracolo è nella nursery e io posso riposare tranquilla, almeno per un po’.
Non vedo l’ora di vedere le persone a cui voglio bene e mostrare loro Christopher.
Mi sveglio verso le sei, sono ancora piuttosto stanca, ma più riposata rispetto a prima. Sbadiglio e do un’occhiata a una delle riviste che Jacky ha lasciato qui prima di andarsene: sono riviste di tatuaggi. Mi voglio fare un tatuaggio che mi ricordi per sempre questo evento.
Alle sette arriva un inserviente con la cena: prosciutto, pollo, una mela e una scatolina di marmellata, non certo una cena da re. Io però ho fame e divoro tutto molto velocemente e l’uomo lo nota.
“Ha fame, signora?”
“Sì, ho partorito il mio primogenito oggi.”
Dico con una nota di orgoglio nella voce.
“Oh, sono felice per lei. Congratulazioni!”
Come premio riesce a reperire un pezzo di crostata e me lo porta, è ottima.
“Grazie mille!”
Lui mi sorride e se ne va.
Dopo cena arrivano Jacky e mio padre, hanno entrambi gli occhi lucidi.
“Ci siamo fermati a vedere Christopher alla nursery, è davvero bello.”
Mi dice mio padre, poi mi accarezza i miei corti capelli verdi.
“Sono così orgoglioso di te! La mia bambina mi ha reso nonno di un bimbo meraviglioso.”
“Grazie, papà.”
“Oh, quasi dimenticavo!”
Mi porge un mazzo di fiori e dei cioccolatini, Jacky fa lo stesso.
“Grazie, ma non dovevate!”
“Non partorisci tutti i giorni!”
Risponde un voce velata di ironia, Ronnie, Delilah, Leah e Mike sono sulla porta. Anche loro hanno in mano dei mazzi di fiori e scatole di cioccolatini e biscotti.
“Gli altri stanno arrivando.”
“Chi sono gli altri?”
“Ryan, Derek e i Pierce The Veil con le loro ragazze.”
“Oh, wow!
Jacky, per favore, vai da un’infermiera e fatti dare dei vasi per tutti questi fiori e per quelli che arriveranno.”
“Certo, piccola.”
Mi dà un bacio sulla fronte e sparisce.
“Come è andato il parto?”
Mi chiedono all’unisono Delilah e Leah, deve essere una deformazione professionale dei medici. Io racconto loro di come sono arrivata su di una macchina della polizia e di come sono svenuta.
“Hai deciso di partorire nel modo più difficile.”
Ridacchia Leah.
“Ma deve essere bello arrivare in ospedale su una macchina della polizia.”
“Perché Mike?”
“Chi è arrivato in ospedale su una macchina della polizia?
Jacky ha deciso di impazzire proprio oggi?”
La voce ridente di Jaime si inserisce nella conversazione.
“Grazie della fiducia, Preciado.”
“Ciao, Jacky! Ma io mi fido di te!”
“See, datemi i fiori che ho i vasi.”
Jaime e Viviana, Vic e Liz, Sofia e Tony consegnano i mazzi a Jacky che li infila in un vaso e poi li dispone attorno al mio letto e impila con metodo le confezioni di cioccolatini e biscotti nel mio comodino.
“Comunque non ci hai detto chi è arrivato in ospedale su una macchina della polizia.”
“Sono stata io!”
Esclamo.
“Jacky è passato con il rosso e una volante l’ha fermato. Io mi sono messa a urlare per via delle contrazioni e se una poliziotta capace di guidare come un pilota di formula uno non mi avesse portato in ospedale avrei partorito in macchina.”
“Figo! Pensa a quando lo racconterai a tuo figlio!
A proposito, come lo volete chiamare?”
“Christopher. Fuentes, frena il tuo orgoglio. Non lo chiamiamo così per te, ma perché è il nome di mio nonno.”
“Nah, non ci credo.”
“Credile. Mio padre si chiamava Christopher.”
Tutti guardano mio padre come se fosse la prima volta che lo vedessero.
“Lei è il signor Parker?”
“Sì.”
“Complimenti per aver contribuito a mettere al mondo una ragazza così speciale.”
“Jaime, non fare il figo con il padre della mia ragazza.
Sono io il suo ragazzo e io ho il diritto di dire cose del genere. Vivi, digli qualcosa!”
Ridono tutti, compreso mio padre.
“Scusa, Jacky. Ti rendo il merito di aver messo al mondo quel figo di tuo figlio!
Gli insegnerò a suonare il basso quando avrà l’età giusta.”
“Ma anche no. Sarò io a insegnargli a suonare la chitarra, sono io suo padre!
Viviana, digli qualcosa.”
“Jaime, smettila di punzecchiare Jacky.”
Lo riprende divertita lei.
Un’infermiera entra nella stanza e si guarda intorno.
“Questa paziente ha bisogno di riposare! C’è troppa gente e troppo rumorosa!
Vi chiedo di lasciare la stanza, ovviamente il padre del bambino può rimanere.”
“Signora!”
Richiamo la sua attenzione.
“Quando potrò andare a casa?”
“Tra un paio di giorni, signorina Parker.”
“E quando posso avviare le pratiche per riconoscere il figlio come mio?”
“Anche domani, signor Vincent.”
La donna se ne va e io guardo la mia strana famiglia allargata fatta di amiche e amici che sono come fratelli e sorelle per me.
“Avete sentito l’infermiera, è ora di andare. Grazie a tutti per essere venuti, per i fiori, i cioccolatini e i biscotti. Magari potreste venire scaglionati domani, mi farebbe piacere vedervi.”
“Va bene, riposa. Mi raccomando.”
“Va bene, Leah.”
Dopo un lungo giro di saluti se ne vanno tutti e rimaniamo solo io e Jacky.
“Sei davvero felice, Jacky?”
“E me lo chiedi?
Certo che sono felice e sono un po’ invidioso di Jaime che mi toglie le parole di bocca quando si tratta di te. Questo è uno dei giorni più belli della mia vita!
A proposito… C’è una cosa che vorrei chiederti.”
Si inginocchia e da una delle tasche del suo giubbino di jeans tira fuori una scatoletta di velluto blu, io mi porto le mani davanti al volto.
“Vuoi sposarmi, Asia?”
“Io… cazzo, sì!
Certo che voglio sposarti!”
Lui sorride e con le mani che tremano infila l’anello sul mio anulare, io lo guardo senza parole. È un semplice anello di oro bianco con un diamantino, ma per me è il più bello del mondo: simboleggia l’unione con il ragazzo che amo.
“Ti piace?”
“È meraviglioso, Jacky.”
Rispondo radiosa.
“Non potevi farmi sorpresa più gradita!”  
“Sono felice che ti piaccia, avevo paura che dicessi di no.”
“Perché?”
“Magari mi avresti detto che era troppo presto e che non ci conosciamo abbastanza.”
“Effettivamente è vero, ma non mi importa.”
Ci sorridiamo a vicenda, poi lui si toglie le scarpe e entra nel letto con me, coccolandomi e baciandomi fino a che non arriva un’infermiera.
È scandalizzata e intima al mio futuro marito di uscire dal mio letto, lui lo fa ridendo come un bambino.
“Adesso è meglio che vada, ci vediamo domani.
Tu riposa, mi raccomando.”
Mi dà un bacio sulla fronte ed esce dalla stanza, mi manca già.
Sospirando mi guardo intorno, sono circondata da fiori magnifici – simbolo dell’affetto che i miei amici provano per me – e ho un anello al dito, senza contare Christopher.
Se qualcuno un anno fa mi avesse detto che sarei stata madre e futura sposa di Jacky Vincent gi avrei riso in faccia, oggi invece è la mia realtà.
Mi piace?
Da morire.
Mi sento come se una fiaba si fosse avverata per me, quella della piccola merchgirl dalla famiglia traballante, innamorata della rockstar di turno che ce la fa a far capitolare il suo amore.
È una bella sensazione.
Sospirando felice mi lascio cadere sui cuscini del letto e chiudo gli occhi.
Sono al settimo cielo e non vorrei mai scendere.
Presto sarò una ragazza sposata.
Mi addormento, la mia vita si è finalmente raddrizzata e devo ringraziare Jacky.
Sì, credo che lo farò cercando di essere una brava moglie e madre.
Buonanotte, Asia.

Angolo di Layla.

Ringrazio Nico_Ackerman per la recensione. Ecco, non uccidermi... ma l'epilogo è solo uno. Ancheio credevo di averne scritti due ed ero mega convinta, solo che, ecco, mi sono confusa con un'altra fiction che stavo scrivendo insieme a questa e che ha davvero due epiloghi. Questa ne ha solo uno. Scusa,mi, scusami, scusami. Spero ti piaccia.

   
 
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