Epilogo : future
hearts.
Asia
p.o.v
Mio
figlio non ha voglia di nascere.
Avrebbe
dovuto nascere una settimana fa, ma il giorno fatidico è
passato senza doglie o
dolori di sorta e Jacky è molto agitato. Teme che ogni
momento sia buono per
partorire e non ha tutti i torti, ma non aiuta vederlo aggirarsi come
una
bestia in gabbia per la casa.
Questi
mesi sono stati stressanti per noi.
Molto
stressanti.
Per
prima cosa ho dovuto dire a mio padre che presto sarebbe diventato
nonno ed è
un miracolo che la villa di Jacky non sia crollata a suon di urla. Mi
ha
chiesto se la loro esperienza non mi ha insegnato nulla, se non so che
esistono
la pillola e i preservativi e che le rockstar non sono le persone
più
affidabili di questa terra,
Gli
ci sono volute due settimane per non dare di matto ogni volta che si
sfiorava
l’argomento e – credetemi – è
stata dura avere a che fare con un padre che si
rifiutava di accettare che la sua principessa era cresciuta e si era
trovata un
castello in cui vivere con il suo principe cacca.
Mia
madre non è stata avvisata.
I
genitori di Jacky ovviamente sono stati avvisati e nemmeno loro
l’hanno presa
bene, hanno detto che lui è troppo giovane per fare il
padre, che fa un lavoro
troppo instabile, che io potrei essere una ricattatrice mangia soldi e
che il bambino
potrebbe non essere suo.
Credono
tutti in noi in un modo che fa paura.
Davvero,
se non fosse per il sostegno dei Falling In Reverse e dei Pierce The
Veil
avremmo sclerato di brutto.
Jacky
intanto sta facendo avanti e indietro dal suo studio con la scusa che
non trova
mai la chitarra giusta per scrivere, in realtà anche se
avesse tutte le
chitarre prodotte nella storia della musica davanti si alzerebbe
comunque.
Il
problema non è la chitarra: sono io.
“Jacky!”
Lo chiamo.
“Cosa
c’è?
Tutto
bene?”
Io annuisco.
“Jacky,
siediti qui.”
Gli faccio segno di sedersi a me.
“Ascoltami,
lo so che sei agitato, ma non ti devi preoccupare.
La
stanza per il bambino è pronta, abbiamo tutto quello che gli
serve e di sopra
c’è la mia borsa con le cose che mi serviranno in
ospedale che è pronta per
l’uso.
È
tutto sotto controllo.”
Lui annuisce piano, non del tutto convinto.
“Non
hai paura, Asia?”
“Sì, ne ho. Lo stress fa male al bambino,
però, per questo cerco di stare
calma. Credi che a me non mandi in para il fatto che non è
ancora nato?
Ogni
tanto sogno che avrò una gravidanza di venti mesi e che
Christopher nascerà con
le fattezze di un bambino di due anni.”
Lui sospira.
“Sì,
hai ragione.
Adesso
vado nello studio a comporre sul serio.”
Io annuisco, lui si alza.
Non
ha nemmeno raggiunto la porta del salotto che sento qualcosa di liquido
colare
tra le mie gambe: mi sa che ci siamo.
“Jacky.”
Dico con una strana voce stridula.
“Non
ti allarmare, ma mi si sono rotte le acque.”
Lui reagisce come se avesse preso una scossa e poi corre al piano di
sopra,
scende poco dopo con la borsa in mano e me la porge. Io lo guardo senza
capire
e lui non mi dà spiegazioni, mi prende semplicemente in
braccio, apre la porta
e mi deposita sul sedile della sua macchina.
Poi
torna dentro, chiude a chiave tutto, inserisce l’antifurto e
si mette al
volante. È pallidissimo.
“Stai
bene?
Cioè,
sembra che stai per morire, vuoi che chiami Leah o Delilah?”
“No, è mio figlio e io ti porterò in
ospedale. Lì si prenderanno cura di me, se
ce ne sarà bisogno.”
Mette
in moto e quasi si scontra con il cancello, sono io ad aprirlo
all’ultimo
minuto e a richiuderlo, anche la mia ansia sta salendo
perché i
dolori si fanno più forti.
“Vai
più veloce che puoi.”
Lo supplico con voce dolorante, lui annuisce piano.
Sembra
meno pallido rispetto a prima, forse perché ora si sta
redendo conto che ha la
situazione sotto controllo.
Guida
piuttosto velocemente, superando più macchine che
può, una vena pulsa lungo la
sua tempia e vedo delle goccioline di sudore scivolare verso
l’orecchio.
I
dolori si fanno sempre più forti.
“Vai
più veloce!”
Urlo.
Lui
brucia un semaforo rosso, le mani così strette sul volante
che le nocche sono
diventate bianche per la tensione.
Subito
dopo sentiamo una sirena, io guardo nello specchietto: una volante
della
polizia ci fa cenno di accostare.
Merda!
Jacky si ferma e un uomo sulla quarantina gli chiede patente e
libretto, io mi
metto a strillare come un’aquila facendo sobbalzare il
pover’uomo.
Jacky
e il poliziotto si scambiano un’occhiata spaventata, per
fortuna la
collega del
poliziotto è un donna e
prende in mano una situazione.
“Craig,
dammi una mano a portarla nella nostra macchina! La portiamo noi
all’ospedale,
lei ci segua.”
Jacky annuisce e Craig mi depone sul sedile passeggeri, la donna si
mette al
volante e mette in moto, schiacciando il pedale
dell’acceleratore più che può,
io continuo a urlare.
“È
qui! Sta per nascere!”
“Non
preoccuparti, tesoro! Ce la faremo ad arrivare in ospedale, tu stai
calma.”
Una poliziotta che ti chiama “tesoro”è
davvero una cosa strana, mi dico mentre
la città passa dal mio finestrino.
Vedo
l’imponente edificio dell’ospedale di Las Vegas
avvicinarsi, ce la posso fare.
Devo solo stare calma.
Stai
calma, Asia.
Stai
calma, che partorirai in ospedale.
Entriamo
nel complesso ospedaliero, la donna si ferma davanti al pronto soccorso
e il
suo compagno mi tira fuori dalla macchina.
“È
incinta!”
Urla
lei.
Immediatamente
arrivano quattro o cinque infermieri e un dottore, io perdo conoscenza.
Mi
sveglio in una stanza bianca tra infermieri e medici.
“Sia
ringraziato il cielo.
Signora,
abbiamo bisogno della sua collaborazione. Manca poco alla nascita del
bambino,
spinga e respiri come le hanno insegnato al corso.”
“Dov’è
Jacky?”
Articolo io.
“Chi
è?”
“Il padre.”
“Ah!”
Esclama il dottore.
“Fatelo
entrare!”
Lui irrompe nella stanza pallido come un cencio e mi stringe
immediatamente la
mano.
“Adesso
spinga.”
Io faccio come mi viene ordinato, spingo più e
più volte, urlando e stritolando
la man di una Jacky sempre più pallido.
Con
l’ultima spinta sento il bambino uscire da me,
l’infermiera taglia il cordone
ombelicale e lo lava, poi me lo porge. Non appena appoggio Christopher
contro
il mio seno sento un’ondata di amore per questo fagottino
sommergermi. Non
posso credere di essere stata davvero sul punto di abortire e non
dargli mai la
possibilità di nascere.
Un
paio di lacrime scendono dai miei occhi, ma le asciugo subito.
“Grazie,
Jacky.”
“Eh?”
Lui smette di fissare incantato suo figlio.
“Grazie,
Jacky.
Grazie
per avermi fermata qualche mese fa e avermi impedito di fare la cazzata
del
secolo. Se avessi abortito questa meraviglia non ci sarebbe.”
“Grazie a te per aver partorito nostro figlio.”
Mi
dice con voce incrinata.
Accarezza
piano il corpo di Chris e poi mi dà un bacio in fronte.
“Signora…”
“Vincent.”
“Signora Vincent, è ora di allattarlo.”
Io mi scopro e lui si attacca a me, non c’è niente
da fare, amo già questo
bambino. So che darei la vita per difenderlo dal mondo e dalle sue
brutture, so
che farei del mio meglio per farlo sentire amato e voluto.
So
già che lo amerò fino al mio ultimo respiro.
“Abbiamo
dato origine a qualcosa di molto bello.”
Mugugno stanca.
L’infermiera
arriva e con gentilezza me lo toglie.
“Adesso
lo portiamo nella nursery e lei potrà riposare.”
“Sì, credo di averne bisogno.
Jacky,
puoi avvisare tu tutti?
Credo
vorranno venire.”
“Anche
tuo padre?”
Io gli sorrido.
“Sì,
anche lui. Non preoccuparti, non credo ti
ucciderà.”
Lui annuisce e ci baciamo, poi gli occhi mi si chiudono di nuovo.
Nessun corso
preparto può prepararti all’immensa fatica che
è partorire: spingere, sudare,
urlare, spingere di nuovo, provare dolore.
È
come scalare una montagna quando ti dicono che al massimo
sarà una passeggiata
su una collina, ma io ce l’ho fatta.
Il
mio miracolo è nella nursery e io posso riposare tranquilla,
almeno per un po’.
Non
vedo l’ora di vedere le persone a cui voglio bene e mostrare
loro Christopher.
Mi
sveglio verso le sei, sono ancora piuttosto stanca, ma più
riposata rispetto a
prima. Sbadiglio e do un’occhiata a una delle riviste che
Jacky ha lasciato qui
prima di andarsene: sono riviste di tatuaggi. Mi voglio fare un
tatuaggio che
mi ricordi per sempre questo evento.
Alle
sette arriva un inserviente con la cena: prosciutto, pollo, una mela e
una
scatolina di marmellata, non certo una cena da re. Io però
ho fame e divoro
tutto molto velocemente e l’uomo lo nota.
“Ha
fame, signora?”
“Sì, ho partorito il mio primogenito
oggi.”
Dico con una nota di orgoglio nella voce.
“Oh,
sono felice per lei. Congratulazioni!”
Come
premio riesce a reperire un pezzo di crostata e me lo porta,
è ottima.
“Grazie
mille!”
Lui mi sorride e se ne va.
Dopo
cena arrivano Jacky e mio padre, hanno entrambi gli occhi lucidi.
“Ci
siamo fermati a vedere Christopher alla nursery, è davvero
bello.”
Mi
dice mio padre, poi mi accarezza i miei corti capelli verdi.
“Sono
così orgoglioso di te! La mia bambina mi ha reso nonno di un
bimbo
meraviglioso.”
“Grazie, papà.”
“Oh, quasi dimenticavo!”
Mi
porge un mazzo di fiori e dei cioccolatini, Jacky fa lo stesso.
“Grazie,
ma non dovevate!”
“Non
partorisci tutti i giorni!”
Risponde
un voce velata di ironia, Ronnie, Delilah, Leah e Mike sono sulla
porta. Anche
loro hanno in mano dei mazzi di fiori e scatole di cioccolatini e
biscotti.
“Gli
altri stanno arrivando.”
“Chi sono gli altri?”
“Ryan, Derek e i Pierce The Veil con le loro
ragazze.”
“Oh, wow!
Jacky,
per favore, vai da un’infermiera e fatti dare dei vasi per
tutti questi fiori e
per quelli che arriveranno.”
“Certo,
piccola.”
Mi
dà un bacio sulla fronte e sparisce.
“Come
è andato il parto?”
Mi chiedono all’unisono Delilah e Leah, deve essere una
deformazione
professionale dei medici. Io racconto loro di come sono arrivata su di
una
macchina della polizia e di come sono svenuta.
“Hai
deciso di partorire nel modo più difficile.”
Ridacchia Leah.
“Ma
deve essere bello arrivare in ospedale su una macchina della
polizia.”
“Perché Mike?”
“Chi è arrivato in ospedale su una macchina della
polizia?
Jacky
ha deciso di impazzire proprio oggi?”
La voce ridente di Jaime si inserisce nella conversazione.
“Grazie
della fiducia, Preciado.”
“Ciao, Jacky! Ma io mi fido di te!”
“See,
datemi i fiori che ho i vasi.”
Jaime e Viviana, Vic e Liz, Sofia e Tony consegnano i mazzi a Jacky che
li
infila in un vaso e poi li dispone attorno al mio letto e impila con
metodo le
confezioni di cioccolatini e biscotti nel mio comodino.
“Comunque
non ci hai detto chi è arrivato in ospedale su una macchina
della polizia.”
“Sono stata io!”
Esclamo.
“Jacky
è passato con il rosso e una volante l’ha fermato.
Io mi sono messa a urlare
per via delle contrazioni e se una poliziotta capace di guidare come un
pilota
di formula uno non mi avesse portato in ospedale avrei partorito in
macchina.”
“Figo! Pensa a quando lo racconterai a tuo figlio!
A
proposito, come lo volete chiamare?”
“Christopher. Fuentes, frena il tuo orgoglio. Non lo
chiamiamo così per te, ma
perché è il nome di mio nonno.”
“Nah, non ci credo.”
“Credile. Mio padre si chiamava Christopher.”
Tutti guardano mio padre come se fosse la prima volta che lo vedessero.
“Lei
è il signor Parker?”
“Sì.”
“Complimenti
per aver contribuito a mettere al mondo una ragazza così
speciale.”
“Jaime,
non fare il figo con il padre della mia ragazza.
Sono
io il suo ragazzo e io ho il
diritto
di dire cose del genere. Vivi, digli qualcosa!”
Ridono tutti, compreso mio padre.
“Scusa,
Jacky. Ti rendo il merito di aver messo al mondo quel figo di tuo
figlio!
Gli
insegnerò a suonare il basso quando avrà
l’età giusta.”
“Ma anche no. Sarò io a insegnargli a suonare la
chitarra, sono io suo padre!
Viviana,
digli qualcosa.”
“Jaime, smettila di punzecchiare Jacky.”
Lo riprende divertita lei.
Un’infermiera
entra nella stanza e si guarda intorno.
“Questa
paziente ha bisogno di riposare! C’è troppa gente
e troppo rumorosa!
Vi chiedo
di lasciare la stanza, ovviamente il padre del bambino può
rimanere.”
“Signora!”
Richiamo
la sua attenzione.
“Quando
potrò andare a casa?”
“Tra un paio di giorni, signorina Parker.”
“E
quando posso avviare le pratiche per riconoscere il figlio come
mio?”
“Anche domani, signor Vincent.”
La donna se ne va e io guardo la mia strana famiglia allargata fatta di
amiche
e amici che sono come fratelli e sorelle per me.
“Avete
sentito l’infermiera, è ora di andare. Grazie a
tutti per essere venuti, per i
fiori, i cioccolatini e i biscotti. Magari potreste venire scaglionati
domani,
mi farebbe piacere vedervi.”
“Va
bene, riposa. Mi raccomando.”
“Va bene, Leah.”
Dopo un lungo giro di saluti se ne vanno tutti e rimaniamo solo io e
Jacky.
“Sei
davvero felice, Jacky?”
“E me lo chiedi?
Certo
che sono felice e sono un po’ invidioso di Jaime che mi
toglie le parole di
bocca quando si tratta di te. Questo è uno dei giorni
più belli della mia vita!
A
proposito… C’è una cosa che vorrei
chiederti.”
Si
inginocchia e da una delle tasche del suo giubbino di jeans tira fuori
una
scatoletta di velluto blu, io mi porto le mani davanti al volto.
“Vuoi
sposarmi, Asia?”
“Io… cazzo, sì!
Certo che voglio sposarti!”
Lui
sorride e con le mani che tremano infila l’anello sul mio
anulare, io lo guardo
senza parole. È un semplice anello di oro bianco con un
diamantino, ma per me è
il più bello del mondo: simboleggia l’unione con
il ragazzo che amo.
“Ti
piace?”
“È
meraviglioso, Jacky.”
Rispondo radiosa.
“Non
potevi farmi sorpresa più gradita!”
“Sono
felice che ti piaccia, avevo paura che dicessi di no.”
“Perché?”
“Magari mi avresti detto che era troppo presto e che non ci
conosciamo
abbastanza.”
“Effettivamente è vero, ma non mi
importa.”
Ci
sorridiamo a vicenda, poi lui si toglie le scarpe e entra nel letto con
me,
coccolandomi e baciandomi fino a che non arriva un’infermiera.
È
scandalizzata e intima al mio futuro marito di uscire dal mio letto,
lui lo fa
ridendo come un bambino.
“Adesso
è meglio che vada, ci vediamo domani.
Tu
riposa, mi raccomando.”
Mi dà un bacio sulla fronte ed esce dalla stanza, mi manca
già.
Sospirando
mi guardo intorno, sono circondata da fiori magnifici –
simbolo dell’affetto
che i miei amici provano per me – e ho un anello al dito,
senza contare
Christopher.
Se qualcuno
un anno fa mi avesse detto che sarei stata madre e futura
sposa di Jacky Vincent
gi avrei riso in faccia, oggi invece è la mia
realtà.
Mi
piace?
Da
morire.
Mi
sento come se una fiaba si fosse avverata per me, quella della piccola
merchgirl dalla famiglia traballante, innamorata della rockstar di
turno che ce
la fa a far capitolare il suo amore.
È
una bella sensazione.
Sospirando
felice mi lascio cadere sui cuscini del letto e chiudo gli occhi.
Sono
al settimo cielo e non vorrei mai scendere.
Presto
sarò una ragazza sposata.
Mi
addormento, la mia vita si è finalmente raddrizzata e devo
ringraziare Jacky.
Sì,
credo che lo farò cercando di essere una brava moglie e
madre.
Buonanotte,
Asia.
Angolo di Layla.
Ringrazio Nico_Ackerman
per la recensione. Ecco, non uccidermi... ma l'epilogo è
solo uno. Ancheio credevo di averne scritti due ed ero mega convinta,
solo che, ecco, mi sono confusa con un'altra fiction che stavo
scrivendo insieme a questa e che ha davvero due epiloghi. Questa ne ha
solo uno. Scusa,mi, scusami, scusami. Spero ti piaccia.