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Autore: Marti Lestrange    16/02/2016    3 recensioni
Dalla storia:
["Harry è bellissimo e vorrei percorrere il suo corpo fino a che cala la sera e la luce sparisce, vorrei scoprirne ogni anfratto e contare ogni singolo neo, vorrei baciare i suoi tatuaggi e contarli fino ad addormentarmi, vorrei perdere il senno dentro e fuori di lui, senza mai uscire da questa stanza."]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Per Emma
e i nostri scleri
e le mani di Harry e gli occhi di Louis
e la nostra canzone
e i lieti fini.




 I'll walk that line.

 
 
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"I wanna sleep next to you
But that's all I wanna do right now
So come over now and talk me down".
 
 

La prima volta in cui vedo Harry Styles, fuori fa freddo. 
Durante la notte è caduta la prima neve e i tetti di Londra sono imbiancati e le strade luccicano di ghiaccio. I gatti randagi si sono rifugiati nel sottotetto del palazzo dove vivo, a Shoreditch, e poco prima di uscire di casa ho lasciato loro qualche avanzo del cibo cinese della sera prima. 
Lo Starbucks accanto a Piccadilly Circus è tranquillo, ci sono solo alcuni clienti cinesi raggruppati accanto alla vetrina, concentrati sui loro smartphones di ultima generazione. Io controllo il mio vecchio iPhone con lo schermo crepato: sono le nove e ho già bevuto due bicchieri di caffè.
Sento la porta aprirsi e richiudersi, ma non alzo la testa e continuo a fissare il piano in legno ormai consunto del tavolino davanti a me. Forse, fissandolo intensamente, finirà per sparire e con esso la mia miserabile esistenza. 
È solo quando sento la sua voce - roca, bassa, intensa - che mi stropiccio gli occhi stanchi e mi volto verso il bancone. È alto - altissimo - e indossa un cappotto nero a macchie bianche, il cappotto più strano che io abbia mai visto. Per intenderci, il tipico cappotto che potresti trovare in qualche negozio strambo a Camden e che non indosserei nemmeno ad Halloween - ma che a lui sta bene. I capelli castani gli arrivano alle spalle, larghe e solide, e si arricciano leggermente sul fondo. Ci passa una mano attraverso in un gesto stanco che sa di consuetudine e noto gli anelli che porta alle dita che catturano le luci della caffetteria. 
Quando si volta rimango a guardarlo perché cazzo, è l'essere umano più bello e sensazionale che mi sia capitato di vedere da qualche mese a questa parte. Anzi, in tutta la mia vita schifosa. Sotto il cappotto indossa una camicia bianca aperta sul collo e sotto di essa si intravede la pelle chiara e un paio di collane d'argento. I jeans neri sono strettissimi e mettono in evidenza le gambe lunghe e forti e tirano sui punti giusti e non posso far altro che ringraziare mentalmente chiunque glieli abbia consigliati o venduti. Ai piedi porta un paio di stivaletti marroni sui quali mi soffermo poco, rapito come sono da tutto il resto. 
Le labbra sono dischiuse dopo aver sorseggiato dal suo bicchiere e leggermente umide di caffè - belle e rosa e vorrei baciarle e morderle, e questa consapevolezza mi colpisce al basso ventre in modo rapido e doloroso e per un attimo chiudo gli occhi, per poi puntarli nei suoi. Sono verdissimi alla luce dei lampadari e ad un certo punto mi fissano, mi guardano sinceramente sorpresi, come se non fossero abituati a tutte queste attenzioni. Ci guardiamo per un lungo istante e poi lui abbassa lo sguardo e mi supera, diretto all'uscita, e sorride leggermente sotto i baffi, mordendosi le labbra.
E io rimango lì, a guardarlo andare via, e continuo a fissare la porta anche dopo che il mio caffè è diventato freddo.
 
 
§
 
 
La seconda volta in cui vedo Harry Styles, fuori fa sempre freddo.
Gennaio spinge contro i vetri e il gelo si insinua nelle ossa. Londra è ammantata d'inverno e io sono rimasto seduto in quel dannato Starbucks per una settimana intera, sperando di rivedere il Ragazzo Misterioso, ma senza successo. Ho sprecato sette mattine della mia vita e l'ottava ripeto mentalmente tra me e me che è proprio l'ultima, mentre varco l'ingresso della caffetteria, chè tanto quel tipo non sarebbe tornato più e mi sarei dovuto rassegnare. 
E invece mi fermo sulla soglia, a guardarlo bere dal suo bicchiere, seduto al tavolo al quale ero seduto io sette giorni prima. Lui si volta e mi guarda, sorridendo impercettibilmente. Poi alza leggermente il mento, come a volermi dire "ti avvicini o no?". 
Raccolgo la sfida.
Mi siedo proprio di fronte a lui, su una scomoda sedia foderata di un velluto bordeaux ormai sbiadito e poggio i gomiti sul tavolo e lo guardo. Anche lui mi guarda, le sopracciglia aggrottate come se volesse studiarmi - come se volesse capirmi.
- Harry Styles - rompe il silenzio dopo alcuni secondi di attesa, allungando una mano grande verso di me. Lancio un'occhiata agli anelli che porta alle dita e poi gliela stringo e la sua pelle è calda e morbida contro la mia. La sua presa è forte e ferma e il suo sguardo verde come i prati di Hyde Park a primavera è limpido e così bello che per un momento mi ci perdo. 
Lo ritrovo a fissarmi e questa volta le sopracciglia sono inarcate. È come se fosse in attesa di qualcosa e così mi riscuoto dai miei pensieri.
- Mi chiamo Louis. Louis Tomlinson - mi affretto a replicare, affrettandomi ad interrompere il contatto tra le nostre epidermidi che minaccia seriamente di darmi alla testa. Cerco di regolarizzare il respiro e mi sento ridicolo. 
- Ci siamo già visti da qualche parte? - mi chiede poggiando le grandi mani sul tavolo, i palmi aperti contro il legno, e si sporge in avanti, più vicino. Sento l'odore del suo profumo.
- A parte l'altra volta, dici? Non mi sembra - rispondo. "Altrimenti me lo sarei ricordato, puoi scommetterci", aggiungo tra me e me. Scrollo le spalle.
Lui annuisce - Harry annuisce e pronunciare quel nome anche solo nella mia mente è come carezzare della seta. 
- Posso offrirti qualcosa? Caffè, tè...?
- Un tè, grazie. Con il latte - mi affretto ad aggiungere.
Lui si è già alzato e mi lancia un'occhiata divertita prima di dirigersi al bancone. Io ne approfitto per respirare a pieni polmoni e solo in quel momento capisco che non sarei riuscito a resistere ancora a lungo. Cerdo di darmi una regolata. Cazzo, manco lo conosco.
Harry Styles torna al tavolo e riprende posto, dopo aver appoggiato una tazza di ceramica bianca di fronte a me. Sento odore di Earl Grey e lo sorseggio lentamente, mentre sento addosso il suo sguardo ardito.
Vorrei dirgli di smetterla, chè è un maleducato, visto che nemmeno ci conosciamo - e allo stesso tempo penso a come tutta la situazione sia mortalmente ridicola - ma in fondo mi piace, mi piace essere guardato così, perché di solito sono io il cacciatore e adesso mi ritrovo nella parte della preda. E la cosa potrebbe piacermi più del dovuto. Dannato Harry Styles che mi ha messo in trappola senza indugi e senza remore. E dannato me che ci sono cascato come un coglione.
- Posso chiederti una cosa, Louis Tomlinson? - e rompe il silenzio così all'improvviso che la tazza trema leggermente tra le mie mani e la devo appoggiare sul tavolo. Alzo lo sguardo - uno dei miei sguardi tipici, sfrontato, quasi scocciato, ricoperto da una patina di spavalderia e arroganza che a pensarci mi viene da ridere - e subito dopo ogni recita cessa, la maschera cade e mi ritrovo come nudo di fronte ad Harry Styles, forse per la prima volta nella mia breve vita, come non era mai successo con nessuno. È come un'epifania.
Mi limito a guardarlo e scrollo le spalle, chè non credo di essere in grado di emettere suoni comprensibili.
- Stai con qualcuno? - e rimango a guardarlo per un po', spiazzato dalla domanda, stupito e a tratti anche infastidito (come si permette di farmi una domanda così personale?).
- E tu? - replico quindi, spavaldo, bevendo un sorso del mio tè senza smettere di guardarlo.
- Forse.
- Forse non è una risposta.
- Neanche rispondere con un'altra domanda è una risposta, Tomlinson.
Incasso il colpo con una certa dignità, in silenzio e deglutendo un altro sorso di tè. In effetti ha ragione, ma sono bravo a mettere in crisi gli altri, ad esasperarli e portarli al limite. La maggior parte delle persone che ho conosciuto, e che hanno fatto parte della mia vita per un periodo più o meno lungo di tempo, hanno finito per stancarsi di me e della mia incostanza e strafottenza. Per cui non mi stupirei se anche Harry Styles - un completo sconosciuto - si stancasse di me dopo neanche mezzora e si alzasse e se ne andasse. Forse finirei per riderci sopra. 
- Okay, ho capito che non risponderai.
- È così importante, per te, saperlo?
- Forse.
Sbuffo e anche piuttosto sonoramente. Che cazzo vuol dire "forse"? E perché non la smette di dirlo? Mi urta il sistema nervoso, giuro.
Nessuno dice niente per un po' e io finisco il mio tè ed Harry beve un altro caffè. Starbucks lentamente si svuota e noi rimaniamo lì, cristallizzati a quel tavolo, mentre la vita ci scorre accanto.
- Comunque no - dico alla fine, infastidito e arricciando il naso. 
- No cosa?
- Comunque no, non sto con qualcuno. 
Harry annuisce lentamente e un impercettibile sorriso gli arriccia gli angoli della bella bocca. Cazzo, quanto vorrei baciarlo. Fa quasi male.
- Io sto con qualcuno che non amo - dice Harry poco dopo e io alzo gli occhi dalla tazza ormai vuota che avevo preso a fissare per ammazzare l'attesa di nemmeno io sapevo cosa.
Mi guarda attentamente e io ricambio e dentro di me capisco di conoscerlo un po' meglio, mano a mano che i minuti avanzano e che le parole fluiscono, come se tra noi scorresse una comunione di pensieri.
E poi Harry si alza all'improvviso e il rumore della sedia che gratta sul pavimento appiccicoso mi fa rabbrividire.
- Ora devo andare - dice ed è frettoloso, quasi evasivo, come se quell'ultimo scambio di sguardi tra noi avesse risvegliato qualcosa nella sua coscienza intorpidita, qualcosa che lo rende inquieto.
Io lo guardo con occhi sbarrati e solo dopo mi rendo conto di aver afferrato e stretto i bordi del tavolino, così fortemente che le mani mi avrebbero fatto male.
- Ci vediamo, Louis Tomlinson - mi saluta Harry Styles e lo osservo uscire dalla caffetteria, indossando frettolosamente il cappotto e lasciando dietro di sè qualcosa di incompiuto.
 
 
§
 
 
La terza volta in cui vedo Harry Styles, ci baciamo nel vicolo dietro il solito Starbucks. 
È appena piovuto e l'aria sa di elettricità e la pelle sfrigola. Lo sento dietro ogni terminazione nervosa e lo voglio in ogni parte di me.
Le sue ampie spalle poggiano contro il vecchio muro di mattoni umido e sembra fregarsene di rovinare il cappotto costoso, che tiene aperto su una camicia a motivi floreali che non vedo l'ora di strappargli di dosso. 
Le sue labbra sono morbide e avide e combaciano perfettamente con le mie in ogni dannata parte, come se fossero state create insieme e poi separate da un qualche strambo scherzo del destino. Lo capisco nell'esatto momento in cui lo bacio, dopo averlo spinto contro il muro senza tante cerimonie, mentre gli lecco il labbro inferiore, prima di sbottonargli il cappotto e cercare il suo petto caldo. 
Ci baciamo mentre in cielo scende il tramonto e la luce si colora di rosso, attenuato dalle poche nuvole che ancora popolano l'orizzonte. La pelle di Harry è ancora più bella, sotto questa luce - vorrei percorrerla di baci fino a perdere il senno. 
- Puoi toccarmi, se vuoi - sussurra lui sulle mie labbra, mentre le mie mani indugiano sulla sua camicia, senza osare andare oltre. 
È strano: non ho mai aspettato che un ragazzo mi desse il permesso. Con Harry sembra tutto diverso, nonostante sia uno sconosciuto alla stregua di tanti altri che ho incontrato, baciato, portato a letto e dimenticato la mattina dopo, in qualche alba fredda e ancora con l'odore di sesso addosso. Harry Styles è diverso.
E così infilo una mano sotto la sua camicia e sento la pelle caldissima sotto le dita e i muscoli tesi dell'addome e quelli più spessi del petto e il cuore gli batte a mille e sento l'eccitazione crescere. 
Lui sposta le mani dal mio viso ai miei fianchi e mi avvicina a sè e i nostri corpi adesso sono più vicini e quel contatto mi fa scappare un gemito.
- Sai cosa vorrei? - mi chiede Harry e io riapro gli occhi e lo guardo per un momento, gli occhi liquidi e la bocca rossa. - Vorrei sentire quel lamento ancora e ancora, uscire dalla tua bocca mentre le mie mani sono su di te, Louis Tomlinson. 
Lo bacio ancora e le nostre lingue si scontrano e i respiri si spezzano. Lo voglio così tanto che fa male.
E poi improvvisamente il suono del telefono di Harry mette fine a tutto. Ci separiamo e lui impreca. 
Lo osservo discutere animatamente a qualche passo di distanza. Non riesco a sentire nulla, ma registro la camminata nervosa, la mano tra i capelli e una strana sensazione, come di qualcosa che si è spezzato. 
Torna verso di me e scuote la testa stancamente.
- Devo andare, Louis - dice solo mordendosi un labbro. 
Io annuisco e basta, le mani buttate nelle tasche della felpa. Sto gelando e ripenso al giubbotto che ho lasciato dentro il locale. 
- Ci rivediamo - aggiunge solo Harry Styles e annuisce, come a volersi convincere. 
Infine si volta e se ne va e mi lascia lì, come un cretino qualunque. E poi penso che forse lo sono, un cretino qualunque. Sicuramente sono uno qualunque, uno che ha incontrato per caso in un bar e che ha baciato in un vicolo. Sono uno qualunque e basta.
 
 
§
 
 
La quarta volta in cui vedo Harry Styles, facciamo sesso nel mio letto, piccolo e stretto, incastrato nell'angolo di una stanza umida, nell'appartamento fumoso e buio che divido con Zayn Malik, il mio migliore amico. 
La prima volta in cui vengo dentro di lui lo sento gemere forte e la sua voce si mischia al mio piacere in un vortice di caos primordiale e sensi portati allo stremo. Quando pronuncia il mio nome è come velluto, arriva come musica alle mie orecchie, un fantasma che avrebbe infestato la mia testa per giorni e giorni, senza darmi pace e togliendomi il sonno. 
E dopo bacio e lecco l'impronta delle mie dita addosso a lui, sulla sua pelle chiara, proprio dove lo hanno stretto, e scendo più giù, cercandolo, e le mie labbra sono abili e precise e la sua voce risuona ancora una volta tra le pareti spoglie e scolorite e sento in bocca il suo sapore e quando lo bacio si mischia alla saliva.
Harry è bellissimo e vorrei percorrere il suo corpo fino a che cala la sera e la luce sparisce, vorrei scoprirne ogni anfratto e contare ogni singolo neo, vorrei baciare i suoi tatuaggi e contarli fino ad addormentarmi, vorrei perdere il senno dentro e fuori di lui, senza mai uscire da questa stanza. 
Quando mi risveglio è già sera, il pomeriggio di gennaio è sparito dietro i grattacieli e sento addosso un freddo terribile. Il letto accanto a me è vuoto, a parte un biglietto strappato chissà da dove e scritto frettolosamente. Mi ci va qualche secondo per decifrare la calligrafia di Harry Styles.
 
 
Ti ho detto che sto con qualcuno che non amo.
La verità è che lei mi ama e non posso dirle addio.
Non finisce qui, Louis. Ci rivediamo.
H.
 
 
Stringo il foglio tra le mani fino a che non diventa una palla informe e poi lo lancio attraverso la stanza contro i vetri coperti di brina, imprecando.
 
 
§
 
 
La quinta volta in cui vedo Harry Styles, sono incazzato nero. La sua figura alta e allampanata è fuori dal solito Starbucks che ormai non sopporto nemmeno più e nel quale non metto più piede da due settimane. Gennaio è sfumato in febbraio e piove ormai da cinque giorni senza tregua e a casa Zayn e io abbiamo messo un secchio in corridoio e uno in bagno, in entrambi i punti entra acqua dal sottotetto e un giorno siamo rientrati e abbiamo ritrovato il bagno praticamente allagato. Odio casa nostra, odio avere pochi soldi, odio questo cazzo di tempo - nonostante ci sia nato e nonostante l'Inghilterra sia casa mia. 
Harry è coperto da un ampio ombrello nero, il piede calzato in uno stivaletto nero poggiato contro il muro di mattoni rossi alle sue spalle. Cazzo, è sempre bellissimo. 
Io ovviamente non ho un ombrello, sono bagnato fradicio, il giubbotto di jeans che indosso è zuppo e pesante e sento i capelli appiattiti ai lati del viso e gli occhi acquosi. Tengo le mani in tasca e le mie Vans nere e scolorite sbatacchiano in una pozzanghera. Mi sento uno schifo - nei confronti dell'umanità tutta, ma soprattutto di Harry Styles.
Mi fermo poco distante e lui si scosta dal muro e mi viene incontro, coprendomi con il suo ombrello. È tutto così ridicolo.
- Sei bagnato - dice solo e non c'è nessun "ciao", nè un banale "come stai". In Harry non c'è spazio per i convenevoli. 
Scrollo le spalle e davvero non me ne importa, almeno non più, almeno da quando l'ho visto lì fuori - ma ovviamente non glielo dico. Preferisco tacere, come sempre. La storia della mia vita. 
- Posso accompagnarti a casa? Ti asciughi e poi usciamo a mangiare qualcosa? - propone e lo fa con naturalezza, senza mezzi termini.
Lo guardo e la sua bellezza come sempre mi sconvolge, non me ne capacito e quasi mi sembra assurdo ricordare cosa è accaduto l'ultima volta, i baci folli, gli affondi lenti, le membra intrecciate e i gemiti mai trattenuti. Mi sembra di aver sognato tutto.
- Andiamo - rispondo solo facendogli un cenno con la testa e così camminiamo in silenzio lungo il marciapiede, mentre la pioggia batte sull'ombrello.
Harry insiste per prendere un taxi, che ci lascia proprio davanti al mio brutto palazzo scrostato ed entriamo nell'atrio e c'è odore di kebab. Storgo il naso e prendiamo l'ascensore fino all'ultimo piano. La porta dei vicini è socchiusa e arrivano delle voci alte in una lingua sconosciuta, probabilmente russo o un qualche idioma dell'est. 
Zayn non è in casa, è ancora impegnato al lavoro - in un grande magazzino in periferia - e tutto è silenzioso. Si sentono solo le gocce d'acqua che cadono nei secchi mezzi pieni. Harry lascia l'ombrello sul pianerottolo ed entra con sicurezza, come se venisse a casa mia da sempre. Si toglie il cappotto e lo appoggia sul divano mezzo sfondato, dove Zayn ha lasciato una coperta stropicciata e il joystick scassato della Playstation. Sul tavolino davanti al divano c'è una ciotola con alcuni avanzi di patatine e una lattina vuota di Fanta.
- Scusa per il disordine - dico togliendomi il giubbotto e dirigendomi in bagno. - Siediti dove preferisci. Se vuoi qualcosa da bere cerca in frigorifero.
Gli do' le spalle e non mi preoccupo che Harry si possa sentire a disagio o che non sappia dov'è il frigo o che non voglia sedersi sul nostro divano. E non lo sento neanche seguirmi. Mi accorgo della sua presenza solo quando mi sento afferrare per una spalla e me lo ritrovo davanti, una luce folle nello sguardo e la lingua che percorre le sue labbra.
Io sbarro gli occhi per la sorpresa e quasi mi scappa un'imprecazione, che però trattengo tra i denti.
Harry chiude la porta con un calcio e mi afferra per i fianchi e mi sposta, e le mie spalle sbattono contro il legno scuro e adesso sì che mi scappa un'imprecazione.
- Cazzo, Harry, che stai facendo? - esclamo.
- Sta' zitto, Tomlinson - sussurra lui e poi mi sfila la felpa umida e subito dopo la t-shirt nera e percorre il mio petto con le mani, avido e bramoso. Mi accarezza le spalle e scende lungo i bicipiti, senza smettere di guardarmi. Il suo tocco mi fa reagire e l'eccitazione cresce e cazzo, adesso mi sta baciando il petto e sento la sua lingua e mi tengo alle sue spalle forti per non cadere. 
- Sei bellissimo - sussurra ancora Harry mentre lo sento scendere verso il mio ombelico. Mi mordo le labbra e sento in bocca il sapore del sangue.
Mi sbottona i jeans e quelli cadono a terra mentre la lingua di Harry scende sempre più giù, sempre più in basso e sento freddo solo per un attimo, prima che la sua bocca mi accolga. E allora le mie mani gli tirano i capelli e quasi vi si aggrappano, disperate, la testa reclinata all'indietro contro la porta, gli occhi chiusi e il rumore dei miei gemiti che ora copre quello dell'acqua che zampilla nel secchio accanto alla finestra. 
Harry non si ferma e io, intanto, continuo a morire lentamente, al limite dell'umana sopportazione e sento di non potermi trattenere e quando alla fine esplodo e grido il suo nome tra i denti, Harry non mi lascia andare, non si tira indietro e in quel momento capisco di aver appena avuto uno degli orgasmi più belli della mia banale vita, una di quelle rivelazioni cosmiche che ti lasciano sfinito e stordito e sento le gambe farsi molli ed Harry ancora una volta non mi lascia andare, mi bacia lentamente stringendo le mie mani tra le sue lungo i miei fianchi. Il suo corpo caldo aderisce al mio e sento la sua erezione premere, così la mia mano sguscia via dalla sua e trova la via per i suoi pantaloni, improvvisamente troppo stretti. 
Ed Harry geme sommessamente, il viso nascosto nell'incavo del mio collo ed è il suono più bello del mondo. Gli mordicchio un orecchio e gli lecco la mascella, mentre l'altra mano è ancora intrecciata alla sua. Con la sua mano sinistra si afferra alla mia schiena e, quando minaccia di scendere più in basso solo per distrarmi, gli mordo il collo e lo sento ridere. 
- Non ti azzardare, Styles - sussurro.
Ed Harry non si muove e quando viene nella mia mano io cerco le sue labbra e lo bacio avidamente, senza la tenerezza che lui mi ha riservato in precedenza, ma con forza e con poca cortesia. 
- Cazzo, Louis, mi fai uscire di testa - dice alla fine sulle mie labbra e io sorrido sornione. 
- Sono ancora arrabbiato con te, Harry Styles.
Lui mi guarda, contraddetto e stupito. Poi capisce.
- Scusa.
Dentro di me so di averlo perdonato già da tempo.
 
 
§
 
 
La sesta volta in cui vedo Harry Styles, cambio strada e faccio finta di niente. Sta sotto casa mia e cammina lungo il marciapiede, avanti e indietro, visibilmente impaziente. Mi aspetta, lo capisco anche guardandolo da lontano, così come io ho aspettato lui per una settimana. Ho aspettato che mi telefonasse dopo quello che era successo a casa mia; ho aspettato che mi chiamasse per nome, con quella voce roce e bassa e sua, e mi dicesse "ho bisogno di te, ci sei?"; ho aspettato che Harry Styles si ricordasse di me. E ho aspettato - e sperato - invano. Mi sento uno stupido a pensarci adesso.
E così lo evito, giro l'angolo e riprendo la metropolitana senza nemmeno guardare in quale direzione. Prendo il telefono e chiamo Zayn, so che è a casa, ha il giorno libero. Mi sento un bambino a chiedergli di tenere d'occhio Harry, di chiamarmi quando se ne andrà. Zayn dice sì senza fare domande. 
Passano due ore durante le quali vago per Notting Hill: faccio un giro in libreria - io che non leggo da anni - e compro un vecchio album dei Rolling Stones in un piccolo negozio di dischi, dove una ragazza bionda mi studia con attenzione da dietro il bancone. 
- Quest'album è una chicca - commenta quando glielo porgo per pagare. - Sei un fan storico, eh?
- Non proprio - replico scrollando le spalle. Non mi piacciono le chiacchiere di circostanza. - È solo che piacciono a... - e mi trattengo dal dire "Harry", in fondo lei non capirebbe - ... ad una persona - concludo invece.
La ragazza annuisce e mi porge il resto, così esco di lì e mi chiedo quando sia diventato così patetico.
Zayn mi richiama: Harry non sembra volersene andare. Gli chiedo di dirgli che sono fuori Londra, da mia madre, così forse deciderà di andarsene, una buona volta. E funziona, perché il mio amico mi richiama circa un quarto d'ora dopo e mi dice che Harry se n'è andato. 
- Cazzo, amico, mi sono dovuto inventare un sacco di palle - esordisce Zayn quando mi vede rientrare, circa mezzora dopo. 
Mi lascio cadere sul divano e sbuffo, mentre il mio coinquilino mi porge una lattina di birra. - Tieni, te ne serve proprio una.
- Quindi che gli hai detto? - gi chiedo poco dopo.
Zayn si stringe nelle spalle. - "Hey, amico, tu devi essere Harry" - inizia. - "Louis mi ha tanto parlato di te che ti ho riconosciuto subito. Se stai aspettando Louis, è fuori Londra, a casa di sua madre. Non so quando abbia intenzione di rientrare". E quell'Harry è rimasto in silenzio per tutto il tempo, cazzo. Mi sembrava una fottuta statua di cera. 
- Cosa ha risposto? - e sento il cuore battere troppo forte e cerco di regolarizzare il respiro. Harry mi fa uno strano effetto anche quando non c'è. 
- Mi ha ringraziato e se n'è andato, tutto qui. È un tipo piuttosto... come dire... ombroso, eh?
- Già - commento solo sospirando e continuando a sorseggiare la mia birra.
 
 
§
 
 
La settima volta in cui vedo Harry Styles, capisco che non posso scappare. Sento suonare, così metto in pausa "Fifa 16" e mi alzo dal divano. Addosso ho una tuta dell'Adidas sformata e una t-shirt della Vans bianca che ha visto tempi migliori e una spiccata voglia di non fare niente che mi perseguita da giorni.
Apro la porta e quello che mi ritrovo davanti è fuori dalla sfera del possibile, almeno all'apparenza - almeno fino a quel momento, quando l'ho immaginato solo come un sogno lontano e nebuloso: Harry Styles, con addosso un corto cappotto nero e, subito sotto, un maglione dello stesso colore, un paio di jeans scuri e i fidati stivaletti marroni. Un cappellino nero gli doma i riccioli castani e alcuni residui di nevischio gli sono rimasti incastrati tra le pieghe dei vestiti e tra i capelli e gli occhi verdi gli brillano in modo innaturale ed è così bello che vorrei morire e basta, solo perchè così morirei con la sua immagine come ultimo ricordo, per sempre impressa dietro le palpebre. 
- Harry? - esclamo e mi esce in un sussurro strozzato.
Il suo viso si apre in un sorriso timido e cazzo, è ancora più bello. Non ho mai visto nulla di più bello di Harry quando ride.
- Ti ho trovato - risponde solo lui e sembra senza fiato, come se avesse fatto tutti i sei piani a piedi e correndo.
Apro la porta come ad invitarlo ad entrare e mi faccio da parte e lo osservo farsi strada fino al piccolo salotto, spedito e sicuro di sè.
- Ascolta - inizia non appena lo raggiungo. Tiene le mani buttate nelle tasche del cappotto e parla velocemente. - So che molto probabilmente non vuoi vedermi, non dopo quello che è successo. Siamo stati insieme e sono sparito, poi sono riapparso e sono sparito di nuovo.
- Hai omesso di proposito il pompino che mi hai fatto contro la porta del bagno e il lavoro di mano che subito dopo ti ho fatto io, ché tanto ce li ricordiamo bene, o li hai omessi perché li hai dimenticati? Perché c'è differenza - aggiungo e so di essere stato stronzo e volgare, ma a volte è la cosa che mi riesce meglio.
Harry mi guarda per un momento. - Non ho dimenticato niente, Tomlinson.
Annuisco e mi stringo nelle spalle, puntando lo sguardo sui miei calzini scuri.
- So che l'altra volta non hai voluto vedermi e basta, non ho creduto alla balla di tua madre neanche per un attimo.
- Di mia madre? Guarda che hai parlato con Zayn, lui è mio amico, non mia madre.
- Smettila di fare lo stronzo sarcastico con me, d'accordo? Non fa ridere - ed Harry alza un po' di più la voce e vorrei tanto mordermi la lingua per farmi tacere.
- D'accordo, d'accordo - mi arrendo alzando le mani in segno di resa.
- Quello che voglio dirti è che hai tutte le ragioni per odiarmi e non volermi più vedere, ma sono qui per darti almeno una ragione valida per non farlo - dice Harry sospirando.
Ora alzo gli occhi su di lui e lo guardo con attenzione. Il mio cuore ha perso un battito ma mi impongo di restare calmo e ascoltare.
- Il fatto è che mi hai fregato, Louis Tomlinson. Mi hai fregato dalla prima volta in cui ti ho visto in quel caffè, quando mi hai guardato come si guarda qualcosa di sorprendente. La seconda volta ho preso coraggio e ti ho parlato e non sapevo cosa diavolo fare perché non avevo mai conosciuto qualcuno come te, qualcuno per cui rischiare il tutto e per tutto, qualcuno di pericoloso e bello e allo stesso tempo tormentato ed è vero quello che ti ho detto: stavo con qualcuno che non amavo. Ho dovuto chiudere quel capitolo della mia vita prima di venire qui, prima di essere completamente sincero con te. 
Lo ascolto quasi trattenendo il respiro e ho paura che tutto finisca da un momento all'altro.
- Quando ci siamo baciati nel vicolo ho pensato che sarei morto. Lo giuro. E sono scappato via come un codardo perché ho rischiato di perdere il controllo e non potevo permettermelo. Avevo ancora delle questioni in sospeso e mi stavo prendendo di te troppo intensamente e le due cose minacciavano di schiacciarmi. Quando siamo stati insieme, nel tuo letto, e sei entrato dentro di me, lì ho capito che fino a quel momento non ero mai stato me stesso, non ero mai stato completo. E tu mi hai ridato parti di me che credevo dimenticate e so che può sembrare frettoloso e mortalmente patetico, ma è così, che tu ci creda o no. Scriverti quel biglietto è stata una sofferenza, ma ho dovuto. Lei mi amava davvero, Louis Tomlinson, e l'ho lasciata per te la sera stessa in cui sono tornato a casa. Non avrei potuto reggere oltre quella farsa, quella vita a metà. Quando siamo tornati qui, nel tuo appartamento, nel tuo bagno, lì sono morto una seconda volta e lì ho capito quanto avessi da perdere, quanto mi tenessi in pugno e quanto mi sarei autodistrutto dandoti una possibilità, aprendoti il mio cuore, perché non ero sicuro di nulla, capito? Di nulla. Quando finalmente ho preso coraggio e sono tornato a cercarti, il tuo amico Zayn mi ha detto che non c'eri e lì ho capito che non volevi vedermi perché forse ci sei stato male e questa prospettiva apriva uno spiraglio, una piccola possibilità che tu non mi spezzassi il cuore. E così eccomi qui, Louis Tomlinson, e non so davvero cos'altro dire per farti capire che mi dispiace, che sì, sono stato un coglione, un codardo, uno stupido e tutti gli insulti che vuoi, però sappi che mi sei mancato, ogni singolo giorno. Nonostante io non sappia quasi nulla di te, mi piaci da morire, il che è decisamente irrazionale ma chi se ne frega, al diavolo la razionalità. Ho mandato al diavolo molte cose, per te. 
Tra noi cade il silenzio, un silenzio carico e profondo. Ho la gola secca e non riesco a tirare fuori le parole e le cose che vorrei dirgli e le domande che vorrei fargli. Ho i pensieri troppo incasinati e quel "non ero mai stato me stesso, non ero mai stato completo" mi ha squarciato il cuore, davvero, non ci sono altre definizioni più calzanti.
- Harry - inizio lentamente e sento la mia voce bassa e roca e così me la schiarisco, sperando che vada meglio. 
E poi faccio l'unica cosa che in quel momento forse non dovrei fare, ma è l'unico modo per fargli capire che anche io non sono mai stato me stesso, anche io non ero mai stato completo - non prima di lui. Mi avvicino con pochi passi e lo bacio, stringendogli le guance tra le mani, quasi con disperazione. Lo bacio come se fosse l'unica cosa che conta - ed effettivamente è proprio così.
Harry mi cinge la vita e fa aderire il suo corpo al mio e risponde al bacio con passione, mentre fuori ha ripreso a nevicare.
Ora siamo completi - tutti e due.
 
 
§
 
 
[Dieci mesi dopo.]
Ad Holmes Chapel nevica dal giorno della Vigilia di Natale. Fuori fa freddo, ma dentro abbiamo acceso i camini e sembra un piccolo paradiso. 
Mia madre sta preparando il tè e aspettiamo Gemma e il suo ragazzo per cena. Lottie è arrivata stamattina e dorme nella stanza accanto e il mio amico Niall non ha fatto altro che provarci con lei da quando ha messo piede a casa. Zayn arriverà solo l'indomani, ha passato il Natale a casa dei suoi a Bradford, mentre Liam è in cucina a preparare qualche dolce insieme al mio patrigno Robin. 
Mi stiracchio e mi volto. Louis dorme nel mio letto, la testa sprofondata nel cuscino, le labbra schiacciate e il respiro regolare. È bellissimo e mi soffermo ad osservarlo, con i suoi jeans sdruciti ma che sanno di bucato e una maxi felpa dell'Adidas, i capelli castani spettinati e le palpebre che nascondono due occhi azzurri belli come il cielo. Lo osservo e non posso credere che sia mio - e da così tanto tempo. Lo osservo e non posso credere di stare bene - per la prima volta dopo tanti anni. 
Allungo una mano e gli accarezzo una guancia.

 
Ringrazio Troye Sivan e la sua "Talk me down" per avermi ispirato titolo e citazione, senza i quali sarei ancora qui a cercare. E ovviamente ringrazio Alice per l'attenta lettura e la pazienza e l'appoggio e Lucrezia che è stata mia silenziosa complice in questo misfatto.
 
 
   
 
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