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Autore: Eli87    22/03/2009    3 recensioni
"Bene, io che mi perdo in un bosco e mi procuro una ferita da morire quasi dissanguata era una cosa plausibile. Ma molte cose non tornavano. Che ci facevo da sola nel bosco?" il seguito di twilight, dopo l'abbandono di Edward secondo me.
Genere: Romantico, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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--------------Bella POV----------------

--------------Bella POV----------------

“Ahiù” dissi.

Ero confusa. Dove mi trovavo? Provai ad aprire gli occhi, li richiusi, troppa luce, ora bruciavano.

“Bella” sentii una voce familiare chiamarmi con voce rotta dal pianto e allo stesso tempo esaltata.

“Charl-papà” dissi, aprendo finalmente gli occhi lentamente.

“Lo sapevo che ti saresti svegliata” disse con le lacrime agli occhi.

“Che cosa è successo? Dove sono?” chiesi sorpresa.

“Non ti ricordi? Siamo all’ospedale di Forks, hai avuto un brutto incidente” disse con una voce amareggiata.

“Quanto tempo…da quanto tempo sono qui?” sospirai.

“sei stata in coma per ventitré giorni” disse e poi continuò “ma adesso sei sveglia, insomma ti sei svegliata è stupendo, andrà tutto bene cara”.

“ma cosa mi è successo?” dissi, non ricordavo proprio niente, era situazione sgradevole, avevo un gran mal di testa.

“Ma come non ti ricordi?” chiese lui stupito, “qual è il tuo ultimo ricordo?” chiese impaurito.

“Mi ricordo…mi ricordo che sono venuta a vivere da te a Forks e…e e questo è tutto…” dissi confusa mentre provavo a ricordare qualche dettaglio in più.

“Oh, cara stai tranquilla, ricomincerai, ricominceremo da capo” disse abbracciandomi, facendo lo slalom tra i fili della flebo.

“Ma come ho fatto a conciarmi così?” chiesi ancora annebbiata guardandomi.

“Bella, ventitre giorni fa ti sei persa nel bosco, non riuscivamo a trovarti, non so come, ti sei procurata una brutta ferita alla testa e hai perso molto sangue” disse piangendo, “poi grazie a Dio, Sam Umley ti ha trovata prima che fosse troppo tardi”.

Bene, io che mi perdo in un bosco e mi procuro una ferita da morire quasi dissanguata era una cosa plausibile. Ma molte cose non tornavano. Che ci facevo da sola nel bosco?

A quel punto Charlie chiamò un infermiera, e due signore in carne saltellarono subito nella mia stanza “bentornata cara” disse quella con i capelli ricci e gli occhiali spessi, “grazie” risposti, “sarà il caso chiamare il dott. Cullinger per farti visitare” continuò l’altra con i capelli biondi tinti, “ma adesso sto bene” reclamai. Non amavo molto gli ospedali, anche se, a causa della mia goffaggine ero stata parecchie volte costretta ad andarci.

Dopo qualche minuto arrivò il dott. Cullinger. Un nome che mi era quasi familiare. Ma più mi sforzavo di ricordare e più incontravo nella mia testa domande senza risposta. Ero troppo esausta per provarci adesso, mi arresi.

“Bene, Isabella direi che i tuoi valori sono tutti nella norma” sentenziò il dottore leggendo la mia cartella, poi continuò “devi solo fare qualche settimana di riabilitazione per riacquistare appieno le tue capacità motorie”.

Ma quali cavolo di capacità motorie?

Io non ero in grado di reggermi in piedi già prima che rimanessi bloccata a letto. E adesso va glielo a spiegare a Mr Sappientone. Mi avrebbero tenuta in ospedale per la riabilitazione per anni e anni prima di accorgersi che ero così di natura.

I miei pensieri furono interrotti da Charlie “non ti preoccupare cara ho preso qualche mese di ferie che avevo in arrestato, potrò accompagnarti a scuola e in ospedale il pomeriggio per la riabilitazione” disse con un sorriso.

scuola? Riabilitazione? ma forse ero morta ed ero finita all’inferno per caso?

 

--------------Edward POV----------------

 

 

 

Ero immobile come una statua.

Da giorni non mi nutrivo.

 

Ventitre lunghi giorni, ero partito da ventitré giorni, l’avevo lasciata da ventitre giorni.

 

Sentivo i pensieri della mia famiglia, delusione, tristezza, preoccupazione.

 

Vivevo in una sorta di stato di catalessi.

 

La vita senza di lei non era vita.

 

Chissà che faceva?

 

Che pensava?

 

Se piangeva.

 

Il suo viso era sempre presente nei miei pensieri, il suo viso di quando mi sorrideva, di quando la timidezza si impadroniva di lei e le sue guance si colorivano di quel rosa così delizioso, del suo profumo.

 

Ma era giusto così, doveva vivere la sua vita, doveva avere dei figli, sposarsi, invecchiare, morire e avere uno scopo nella vita.

 

Allora perché mi sentivo così, sapevo che sarebbe stato meglio per lei, perché non riuscivo a vederla così, perché ero così egoista ?

 

Carlisle e Esme erano preoccupati per me, pensavano che finalmente dopo tutto questo tempo avessi trovato l’amore, avessi trovato una ragione per la mia esistenza, la felicità.

 

E adesso cosa mi rimaneva?

 

Sedevo su una spiaggia isolata in California, pioveva, scrissi il suo nome sulla sabbia e poi lo cancellai.

 

Poteva un corpo di pietra, una statua, un corpo freddo e morto sentire tutto quel dolore?

 

Sì.

 

Emmett e Alice erano quelli più arrabbiati. Alice era triste per aver perso la sua migliore amica, vicino a lei Alice si sentiva così normale, così umana.

 

Emmett decise dare voce ai suoi pensieri, a quei pensieri che per giorni avevo sentito echeggiare nella mia mente, “Ed, sei uno stupido, perché l’hai fatto? Perché l’hai lasciata così? Come pensi che lei possa fare come se non fossi mai esistito? Come se non fossimo mai esistiti? Lei ti ama, voleva perdere la sua mortalità, dannarsi pur di stare con te. Non capisci che l’hai distrutta in mille pezzi? Quel cuore che batteva nel suo petto è distrutto.

 

Non risposi, sapevo che aveva ragione.

 

“e adesso cos’hai risolto? Povero stupido. Entrambi avete perso la vostra felicità” disse arrabbiato, tremava.

 

Quella stessa sera decisi di andare via, non potevo più sopportare anche il loro dolore, lo sentivo nei loro pensieri e nei loro volti e sapevo che quel dolore era a causa mia.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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