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Autore: BabyLolita    17/02/2016    2 recensioni
Vorrei dirti quello che penso di te, ma non posso farlo. Vorrei poter esprimere liberamente i miei sentimenti, ma la nostra attuale situazione mi impedisce di confessarti tutto. Vorrei gridare al mondo quanto ti trovo stupenda, ma se lo facessi rovinerei tutto quanto.
La nostra relazione si basa su un accordo che non posso infrangere, perché se ti confessassi ciò che provo davvero, perderei tutto quello che sono riuscito ad ottenere. Perché tu hai bisogno di me, ed io ti amo più di chiunque altro al mondo.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nathaniel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando le nostre labbra si allontanano per l’ultima volta siamo tutti e due senza fiato. Celeste resta avvinghiata a me ancora qualche secondo prima di lasciare la presa.
   «Scusa, non volevo farti male.»
Mi dice alludendo al labbro.
   «Non preoccuparti, abbiamo tutti e due esagerato, in un modo o nell’altro.»
   «Si… hai ragione»
Mi massaggio il labbro. Sto cercando di fare il gradasso, ma in realtà mi fa malissimo. Mi incammino verso il mio asciugamano e Celeste mi segue. Noto che mi sta guardando in modo strano.
   «Che c’è?»
   «Mmmh… penso che domani passerai una brutta giornata.»
   «Perché?»
   «Aspetta e vedrai.»
   «Non hai intenzione di dirmelo?»
   «No. È il mio modo di vendicarmi. Ci vediamo.»
Così dicendo si allontana. La guardo camminare spedita verso l’hotel.
Io davvero…boh.
Recupero le mie cose e mi rivesto, meglio andare a mangiare pranzo. Quando arrivo al ristorante noto che Celeste è già seduta al tavolo. Prendo da mangiare e mi siedo davanti a lei. Lei mi manda un’occhiata inquisitoria.
   «Ancora niente?» mi chiede poi.
   «A cosa ti riferisci?»
   «Lo prendo come un no. Che farai al pomeriggio?»
   «Non lo so. Pensavo di fare un giro in centro. Vuoi venire con me?»
   «Mmmh. Si, potrebbe servirmi.»
   «Servirti?»
   «Si, potremo spacciarlo per un appuntamento.»
Il boccone che ho in bocca mi va di traverso.
   «Tutto ok?»
   «Si, si… mi è solo andato di traverso quello che stavo mangiando.»
   «Ti succede spesso? È già la seconda volta che ti succede in questa gita.»
   «Ma tu come…»
   «Ci vediamo dopo.»
Conclude allontanandosi.
Eppure non mi sembra di ricordare che fosse qui la prima volta che ho rischiato di strozzarmi davanti a tutti.
 
Dopo pranzo avviso il professor Faraize che io e Celeste ci saremo diretti in centro. Lui mi raccomanda di non tardare per cena ed io, rassicurandolo, ho ottenuto il permesso di andare. Resto nella hall ad aspettare la mia ragazza e, non appena la vedo, devo stropicciarmi un attimo gli occhi per verificare che ciò che sto vedendo è reale o meno. Celeste indossa un vestito lilla, molto corto ed attillato, ha i capelli raccolti in una treccia laterale ed indossa un ampio cappello da mare. Ai piedi, un paio di sandali leggermente alzati in tinta con i suoi capelli. Non appena mi si avvicina mi guarda con aria assorta.
   «Il gatto ti ha mangiato la lingua?»
   «Ma cosa ti sei messa?»
   «È un appuntamento no? Sei tu quello vestito male. Forza, andiamo.»
Mentre usciamo dall’hotel rimpiango i miei jeans blu e la mia maglietta bianca. Ci dirigiamo verso la fermata della navetta e, non appena arriva, saliamo accomodandoci nei posti centrali. Ci vanno poco più di 10 minuti prima di raggiungere il centro. Non appena arriviamo restiamo spaesati per qualche istante.
   «Dove vuoi andare?» le chiedo poi.
   «Ho voglia di un gelato.»
   «E gelato sia.»
Iniziamo a camminare e, mentre lo facciamo, le afferro la mano. Lei subito si divincola.
   «Sono ancora arrabbiata ti ricordo.»
   «Che appuntamento è se non ci teniamo per mano?»
   «…facciamo così, se riuscirai a placare la mia ira, io accetterò di tenerti per mano.»
La fisso per un istante, so che mi sta sfidando, pensa che non riuscirò a vincere. Sorrido a mia volta, e questo dà il via alla nostra sfida. Mentre passeggiamo per il centro alla ricerca di una gelateria un negozietto attira la mia attenzione. Chiedo a Celeste di fermarsi un secondo e lei annuisce, intenta ad osservare ciò che la circonda. Approfitto della sua distrazione per entrare in quel negozio. So cosa sto cercando. Chiedo al negoziante se hanno ciò che cerco, ma purtroppo mi dicono di no. Ringrazio e mi allontano. Quando torno da Celeste lei è ancora li ferma, bella come il sole, intenta a catturare i dettagli di ciò che la circonda. Quando l’affianco riprendiamo a camminare. Di tanto in tanto mi fermo in alcuni negozietti speranzoso di trovare ciò che sto cercando ma, sfortunatamente, sono tutti buchi nell’acqua. Comincio a pensare di stare cercando qualcosa che non esiste, eppure sento di non dover mollare. Dopo una buona mezz’oretta troviamo una gelateria. Ci accomodiamo ed ordiniamo due gelati.
Sebbene io non sia un’amante dei dolci, il gelato fa eccezione.
Io ordino un cono al limone, mentre Celeste uno alla viola. Mentre mangiamo parliamo del più e del meno. Le chiedo se vuole assaggiare un po’ del mio gelato, ma lei mi risponde dicendomi che non le piacciono le cose aspre. L’appuntamento non sta andando come speravo anzi, temo che lei si stia annoiando. Quando riprendiamo a camminare vorrei tanto prenderla per mano ma lei me lo impedisce. Sbuffo seccato quando noto in lontananza una ruota panoramica. Mi fermo a fissarla e Celeste mi guarda. Le propongo di raggiungerla e lei accetta. Non appena arriviamo ci rendiamo conto che si tratta di una ruota panoramica molto vecchia che, tuttavia, è ancora in funzione. Ci mettiamo in coda e, mentre aspettiamo il nostro turno, noto in lontananza una bancarella. Dico a Celeste di tenermi il posto e faccio una capatina alla bancarella. Ho ancora un’ultima speranza. Quando ritorno in coda è ormai il nostro turno di salire. Io e Celeste ci sediamo uno di fronte all’altra. Dopo un primo istante di silenzio, è lei a rompere il ghiaccio:
   «Sei mai stato ad un appuntamento prima?»
   «No, è il primo, perché?»
   «Si vede che non hai esperienza.»
   «Tagliente come sempre.»
   «È pura sincerità. E comunque non sei ancora riuscito a farmi passare l’arrabbiatura, ed è quasi ora di rientrare.»
   «Vero, ma c’è ancora tempo.»
   «Ad occhio e croce, il giro su questo trabicolo durerà 15 minuti, ne hai ancora 10 a disposizione, come pensi di ribaltare le cose?»
Le mando un’occhiata, lei contraccambia. Mi alzo avvicinandomi a lei e sedendomici accanto.
   «Frena, non ti permetterò di baciarmi.»
   «Non è questo che voglio fare. Chiudi gli occhi e dammi la mano.»
   «Giuro che se fai qualcosa che non voglio ti butto fuori non appena arriviamo nel punto più alto.»
   «Tranquilla, non ho intenzione di sfiorare nient’altro che non sia la tua mano.» lei mi osserva, dubbiosa, poi chiude gli occhi ed ubbidisce. Estraggo dalla tasca ciò che ho comprato dalla bancarella, felice di aver trovato ciò che cercavo. Afferro la sua mano sinistra e tiro fuori dalla confezione il suo regalo. Il suo corpo scatta non appena le accarezzo la mano e noto il suo viso irrigidirsi. Prendo l’anello e glielo faccio scivolare lungo l’anulare sinistro e, non appena ho finito, lascio la presa. «Ecco, puoi aprire gli occhi adesso.»
Lei apre gli occhi ed osserva ciò che le ho infilato al dito. Vedo subito i suoi occhi sgranarsi e diventare leggermente lucidi mentre si porta l’altra mano davanti alla bocca. I suoi occhi sono incollati all’anello che le ho infilato al dito, un anello viola a forma di gatto. Il suo sguardo passa da me all’anello per circa una decina di volte nel giro di dieci secondi, noto che poi cerca di dire qualcosa ma, per la prima volta, è senza parole.
Questa è la prima vera emozione che mi permetti di vedere.
Questa sua reazione è il regalo più bello che lei potesse farmi. La ruota panoramica si ferma, siamo arrivati nel punto più alto.
   «Allora? Sei ancora arrabbiata?»
Lei mi guarda, riassumendo la sua espressione neutrale. Sbuffa e distoglie lo sguardo.
   «No, hai vinto.»
So che, una parte di lei, è arrabbiata per il fatto che io sia riuscita a renderla felice ma so anche che la gioia che prova in questo momento è più forte di qualsiasi altra cosa.
   «Per questa volta, non ti farò volare di sotto.» continua poi.
Sorrido divertito, ma anche felice di aver evitato una morte precoce. Lei si gira verso di me e mi osserva. Restiamo in silenzio, il sole alle nostre spalle sta tramontando.
   «È bello qui, non è vero?» le chiedo poi.
   «Si, molto. Ho un sacco di spunti da annotare nel mio taccuino.»
   «E ti bastano quelli che hai?» Quando sei diventato così intraprendente?
   «Si.»
Rimango sorpreso e amareggiato per la sua risposta.
Pensavo volesse farsi baciare.
Poi ricordo le sue parole inerenti alle cose aspre.
Magari non vuole che la baci per via del gelato. Di certo ho ancora il sapore del limone.
Mentre penso alle cose più improbabili è lei a tirarmi nella sua direzione e a baciarmi per prima. Quando ci separiamo la guardo sorpreso.
   «Pensavo che non volessi essere baciata perché ho mangiato il gelato al limone e non ti piacciono le cose aspre.»
   «In questi minuti sei stato sufficientemente dolce da attutire l’asprezza del limone, quindi smettila di dire stronzate e baciami, prima che l’euforia passi del tutto.»
Non me lo faccio ripetere due volte e la bacio a mia volta, mentre la ruota panoramica riprende a girare. Quando il giro finisce scendiamo e ci avviamo verso la fermata della navetta. Mentre camminiamo è Celeste stessa ad afferrare la mia mano. Mentre le nostre dita si intrecciano sento l’anello che le ho regalato appoggiarsi dolcemente tra gli incavi delle mie dita. Sorrido.
   «Non montarti la testa signor delegato, stai facendo un buon lavoro, ma non per questo devi pavoneggiarti così.»
   «Si, signora.»
Rispondo stringendo la presa. Quando torniamo in hotel sono le sette di sera in punto.
Più precisi di così si muore.
Io e Celeste siamo ancora mano nella mano e tutti ci guardano incuriositi. D’istinto lascio la sua mano, non voglio che gli altri pensino male di lei. Lei mi guarda malissimo e poi si allontana.
Mi sa che ho esagerato di nuovo.
D’istinto la seguo e la fermo prima che entri in camera sua.
   «Fermati.»
   «Che c’è?»
   «Mi sembri arrabbiata.»
   «No, non lo sono.»
   «Certo che lo sei.»
   «No.»
   «E allora perché sei corsa in camera?»
   «Per te.»
   «Me?»
  «Si, non ti sei ancora reso conto dell’enorme stronzata che hai fatto oggi?»
   «Alludi a prima quando ho lasciato la tua mano?»
   «Ma no! Stamattina, al mare, sei stato tutto il giorno senza metterti la crema solare, vero?»
Oh, merda.
Sbianco immediatamente.
Ero talmente furioso per il corso degli eventi che mi sono totalmente dimenticato protezione solare.
Celeste sbuffa. Entra in camera sua e ne esce con una crema dopo sole un una contro le scottature.
   «Domani starai malissimo per via delle bruciature, mi auguro per te che non ti venga una febbre da insolazione, ma visto come sei stato nel pomeriggio non credo che tu abbia nulla di grave, a parte la faccia viola. Fossi in te andrei in camera, farei una doccia e mi coprirei dalla testa ai piedi di crema.»
   «Se lo sapevi avresti potuto dirmelo prima! Perché non l’hai fatto?»
   «Perché ero arrabbiata, e te lo sei meritato»
Così dicendo mi fa la linguaccia e si rinchiude in camera. Rimango imbambolato come un imbecille mentre decido se infuriarmi con lei e buttare giù la porta o correre in camera a cercare di recuperare il disastro che ho combinato. Il buonsenso vince e corro in camera a cercare di salvare ciò che resta del mio corpo bruciato. Chiamo il professor Faraize in camera sua e, spiegandogli la situazione, lo avviso che non mi presenterò a cena. Lui dice di non preoccuparmi e di restare a letto e che se sono affamato, posso usufruire del servizio in camera. Ne approfitto per ordinare qualcosa. Non appena il mio cheeseburger arriva in camera me lo mangio in un sol boccone. Finita la cena mi alzo e mi controllo allo specchio. Ad eccezione della pelle rossissima, non mi pare di avere altri sintomi. Mi corico a letto e cerco di dormire, sicuro che una buona nottata di sonno mi farà recuperare al massimo.
 
La mattina dopo, a dispetto delle mie ipotesi, sto abbastanza male. Ho la febbre e sono tutto indolenzito. Quando il professore viene a bussare alla mia porta riesco ad arrivare a fatica alla maniglia. Quando vede in che condizioni sono mi dice di restare in camera e non muovermi, spiegherà lui la situazione alla dirigente. Lo saluto con un cenno di capo e torno a letto.
Forse dovrei avvisare Celeste… ah, già. Non ho il suo numero. E poi è colpa sua se sto così. Di certo non le interessano le mie condizioni…
mi raggomitolo nel letto e cerco di riaddormentarmi sperando di riuscire a stare meglio.
Dopo qualche minuto qualcuno bussa alla porta.
Chi diavolo è ancora?
   «Chi è?» urlo dal letto.
Non ho nessuna voglia di alzarmi.
   «Sono io.» t’ho, parli del diavolo…
   «Che ci fai qui?»
   «Sono venuta a vedere come stai. Il professor Faraize ha detto che qualcuno doveva restare qui a controllarti, e visto che ieri sono rimasta in tua compagnia ha detto che sono l’unica che può controllare come stai. Anche lui sa che sono la tua unica amica.»
   «Simpatica. Sto bene, ora lasciami stare.»
   «Nath, apri la porta.»
   «No.»
   «Guarda che comincio a battere i pugni fino a quando non vieni qui ad aprirmi se fai i capricci.»
   «Fa quello che ti pare.»
Celeste inizia a battere incessantemente i pungi, sempre più forte, fino a diventare insopportabile. Scocciato mi alzo dal letto e vado ad aprirle. I nostri sguardi si incrociano.
   «Rompi palle.»
   «Capriccioso.»
Alzo gli occhi al cielo, esasperato, e me ne torno a letto, lei mi segue dentro camera mia. Mi butto sotto il piumone mentre lei apre la finestra.
   «Che diavolo stai facendo?!»
   «Faccio uscire i germi.»
   «Si ma io sono ancora qui! Vuoi farmi ammalare ancora di più?!»
   «Fidati di me!»
Sbuffo, imbronciato, e lei mi fissa arrabbiata. Sprofondo con la faccia nel cuscino, non ho più voglia di discutere. Mentre resto sdraiato sento che lei sta trafficando con il bollitore della stanza. Dopo un po’ vedo che mi porge un bicchiere di acqua calda. Mi dice di averci sciolto dentro della tachipirina e di berla. Mi tiro su dal letto e bevo tutto d’un fiato. Poi mi dice di tornare a dormire ed io ubbidisco, sono troppo indebolito per provare a controbattere.
 
Quando riapro gli occhi sono le undici del mattino. Celeste è accanto a me e si è addormentata. La finestra della stanza è chiusa. Mi tocco la fronte. La febbre sembra scesa. Chiamo il servizio in camera e ordino un cappuccino, un cornetto ed un panino. In una decina di minuti il mio ordine arriva alla porta della stanza. Vado a ritirare il tutto e ringrazio il cameriere lasciandogli una piccola mancia. Quando torno sul letto osservo Celeste e sorrido.
Se adesso la svegliassi con un bacio, di certo, mi ucciderebbe.
Le accarezzo la testa, infondo non sono più arrabbiato con lei. Lei si muove nel sonno e, piano piano, si sveglia. Si tira su e si stropiccia gli occhi.
   «Che ore… sono?»
   «Le undici. Tieni, ti ho ordinato un cappuccino e un cornetto, ho pensato avessi fame.»
Lei mi ringrazia e poi fa un lungo sbadiglio. Iniziamo a mangiare, poi lei mi fissa con aria inquisitoria.
   «Come ti senti?»
   «Bene, penso che la febbre sia scesa.»
   «Ottimo. E le bruciature?»
   «Fastidiose, ma nulla di insopportabile.»
   «Spero che questo ti serva da lezione.»
   «Spero che questo ti renda più umana.»
Sbuffiamo e riprendiamo a mangiare. Sappiamo di non essere davvero arrabbiati. Finito lo spuntino decidiamo di restare in camera a guardare la televisione. L’accendo e mi fermo su un canale poliziesco. I miei occhi si illuminano e Celeste mi osserva.
   «Ti piacciono i film polizieschi?»
   «Molto, anche se preferisco i libri.»
   «Non lo sapevo.»
   «Ci sono tante cose che non sai di me.»
La guardo negli occhi. Lei alza un sopracciglio.
Vuoi conoscermi meglio?
Lei si volta a guardare la televisione e poi si sdraia accanto a me.
   «Non hai paura di ammalarti pure tu?»
   «Ho più anticorpi di quello che credi.»
Riprendiamo a guardare la televisione. Verso le una del pomeriggio ordiniamo il pranzo ma, mentre mangiamo, sento che la febbre sta cominciando a risalirmi. Mi alzo dal letto, ho bisogno di farmi una doccia.
   «Dove vai?»
   «A farmi una doccia. Ho sudato e ho bisogno di lavarmi e cambiarmi.»
   «Sicuro di star bene? Mi sembra che la febbre ti stia tornando.»
   «Sto bene, lasciami solo fare la doccia.»
Concludo sparendo dentro al bagno. Apro il getto dell’acqua fredda e mi ci butto sotto. Ho caldo. Ho davvero un sacco caldo. Sento come se il mio corpo stesse bruciando.
Merda, devono essere le scottature…
Quando esco dal bagno indosso solo un paio di boxer ma non mi importa.
Infondo, ieri mi ha visto in costume no?
Celeste mi osserva, ma non sembra in imbarazzo.
   «Stai bene?»
   «Si, ho solo caldo, mi sento la pelle bruciare.»
   «È per via delle bruciature, vieni, ti aiuto a mettere la crema.»
La osservo, e mi sembra di cogliere una sfumatura piccante in quello che mi ha appena detto.
Smettila Nath, stai delirando per via della febbre.
Mi siedo sul bordo inferiore del letto e lei si mette accanto a me. Mi giro di spalle e lei inizia a spalmarmi la crema. È una sensazione estremamente piacevole, ma so che lo è perché è lei a spalmarmela.
È la prima volta che mi tocca così.
Sorrido.
È bello. Vorrei che lo facesse più spesso.
Sento la sua mano scendere verso il basso e mi vengono i brividi.
   «Hai freddo?» mi chiede poi.
   «No, mi stai solo facendo venire i brividi.» ahhh…. Non dovrei essere così diretto. «È bello, vorrei che mi facessi venire i brividi più spesso.»
   «Nath, sta zitto. La febbre ti fa dire cose che in realtà non pensi.»
   «E se invece le pensassi?» morsicati la lingua Nathaniel, stai andando troppo oltre.
   «Ne sarei a conoscenza.»
   «Mmmh… tu pensi di sapere tutto di me?» che stai facendo? Dove vuoi arrivare?
La sua mano rallenta, sembra indecisa.
   «Che stai dicendo?»
   «Sai io… voglio di più di così.» vuoi davvero vuotare il sacco?
   «Nath, non capisco.»
   «Sai cosa? Non c’è bisogno che tu capisca.» ohhh, al diavolo.
Mi giro verso di lei che mi guarda. Non capisco cosa il suo guardo cerca di dirmi ma non mi importa, anche perché io sto osservando le sue labbra. Mi avvicino a lei di scatto.
Ho caldo per colpa tua.
La bacio e, facendolo, la faccio coricare sul letto. Lei è spaesata, però non sembra spaventata. Mi metto sopra di lei.
Ora non ti lascerò andare da nessuna parte.
La bacio intensamente, ma anche dolcemente. Non voglio spaventarla, e nemmeno farle male. Lei non reagisce ma, non facendolo, nemmeno mi respinge. Sembra stia cercando di capire quello che sta succedendo, ma io non ho tempo né voglia di rispondere alle sue domande. Il mio cuore batte velocemente, molto velocemente, e voglio che lei lo sappia. Mi allontano dalle sue labbra e la guardo. Lei mi guarda.
A cosa stai pensando?
Afferro la sua mano e la porto sul mio petto, in prossimità del mio cuore.
Lo senti? Batte così per te. Apri gli occhi, io sono qui.
Lei continua a fissarmi, e mi sembra tornata la ragazza imperturbabile di un tempo.
   «Ti prego, apriti con me.»
Le parole mi escono come un sussurro.
Ti prego, reagisci, in qualsiasi modo, in modo che io possa capire come comportarmi da ora in poi.
Lei non risponde. Sta pensando, ancora, ed io sento di essere rimasto troppo a lungo lontano da lei.
Basta aspettare.
La bacio ancora e, quando ci separiamo, è lei a parlare.
   «Aspetta Nath…»
   «Non ho più voglia di aspettare.»
   «Ma… la febbre…»
   «Hai detto che hai più anticorpi di quello che credo no? Dimostramelo.»
Mi alzo e la tiro su con me. Poi mi siedo sul letto e la faccio sedere sulle mie gambe, rivolta nella mia direzione. Faccio salire le mie mani accarezzandole la schiena e la sento inarcarsi leggermente sotto al mio tocco. Giungo fino alla nuca ed intreccio le mie dita nei suoi capelli. Questa volta è lei che ha i brividi. Lo vedo. Lo sento. La tiro verso di me e la bacio ancora. Lei è titubante, però ricambia quel bacio. Ho caldo, ho sempre più caldo, e la testa inizia a girarmi. La situazione si fa più intensa e, questa volta, sembra che sia lei a far fatica a starmi dietro. Quando ci separiamo lei è senza fiato, ma io la bacio ancora.
Non ne avrò mai abbastanza di te.
Dentro di me un turbinio di emozioni si susseguono. La rabbia per il gesto di Castiel, l’amore che provo nei confronti di Celeste, la confusione che questi momenti creano in me.
Voglio farti mia, adesso. E gridare al mondo che nessun altro ti avrà mai.
Ci separiamo ancora una volta e, per la prima volta in quel vortice di emozioni, la osservo davvero. Ha i capelli scompigliati, gli occhi lucidi e le labbra rosse e leggermente gonfie. Sta ansimando ed il suo viso è rosso tanto quanto il mio.
È vero o è solo un’allucinazione?
Ci fermiamo per un istante. Non riesco a capire cosa sta succedendo. Lei appoggia le mani sul mio petto. La sua pelle sulla mia mi fa fremere. Mi lascio cadere all’indietro. Mi sento esausto. Celeste si appoggia sul mio petto, è ancora senza fiato.
   «Cosa… stiamo facendo?» perché glielo stai chiedendo? Sei tu che hai iniziato. Sai benissimo cosa volevi fare.
   «Penso… che tu abbia provato a passare alla fase 3 di un rapporto senza passare dalla fase due. E, soprattutto, senza chiedere il mio permesso.»
   «Che stai dicendo?»
La testa mi fa male. Non capisco se non afferro le sue parole per via della febbre o per il fatto che non abbiano un senso.
   «Fase 1: baci. Fase 2: preliminari. Fase 3: sesso.»
   «Ah…ahah… penso di essermi immedesimato troppo nel ruolo questa volta… scusa.»
   «Se prometti di non rifarlo più… ti scuso.»
   «Promesso… ora scusa…ma temo che la febbre sia diventata più alta di quanto non fosse in precedenza…ahah.»
Grande Nath, ogni volta che pensi di aver fatto un passo in avanti con lei, in realtà ne fai due indietro. Quando deciderai di scollarti da dosso il ruolo di attore e ti farai avanti davvero?
Celeste si sposta ricomponendosi ed io mi corico sotto il piumone. Non ci metto molto ad addormentarmi nuovamente.
 
Quando riapro gli occhi mi sento davvero bene. La febbre sembra sparita e le bruciature non mi danno nemmeno più tanto fastidio. Cerco Celeste con lo sguardo ma non la vedo.
Strano.
Entro in bagno e mi faccio una doccia, quando esco e torno in camera, Celeste è lì con me.
   «Hey.»
   «Hey, va meglio?» mi chiede.
Sembra strana.
   «Si grazie. Tu?»
   «Si. Senti, dobbiamo parlare di prima.»
Inizio a mordermi il labbro.
Non pensavo che avrebbe affrontato l’argomento, non così presto almeno.
   «Ti chiedo scusa, la febbre mi ha fatto delirare e ho davvero calcato troppo la mano. In quel momento ero davvero convinto che ti sarei stato utile se avessi fatto… quello che ho fatto. Scusami. Prometto di non farlo più “senza il tuo permesso”.»
Ecco. Così dovrebbe andare.
Celeste mi osserva, pare intenta a studiarmi, o a studiare la prossima mossa da fare. La guardo avvicinarsi alla mia valigia ed estrarre la scatola dei preservativi. Sbianco quasi immediatamente mentre lei torna a fissarmi con quel suo sguardo indecifrabile.
   «Mentre dormivi ho riletto i miei appunti e penso di avere elementi a sufficienza per quanto riguarda la fase “romantica” dell’innamoramento. Quindi pensavo di andare oltre e vedere cosa si prova durante il resto.»
Continuo a fissarla sbigottito.
Non vorrà davvero…
   «Non sarà che ti ho attaccato la febbre?» chiedo tentando di sdrammatizzare.
   «No, sono seria. Infondo penso che sarà utile ad entrambi. Tu sei vergine vero? È perfetto. Tu potrai levarti dalla tua reputazione il fardello del verginello, ed io potrò ottenere da te le informazioni inerenti alle emozioni che prova un maschio durante la sua prima volta. Due piccioni con una fava, non credi?»
La guardo con aria confusa. Non mi ritengo nemmeno offeso del fatto che mi abbia definito con così nonchalance “verginello”. Sono troppo sconvolto dalla sua proposta.
   «S-stai…stai scherzando vero?»
   «Ti ho già detto che sono seria. Ci guadagniamo tutti e due no? Perché stai esitando?»
   «Vuoi che sia così la tua prima volta?! Con qualcuno che non ami?! Vuoi buttarla via così?!»
Oh mio dio… non sarà che lei ha già…
   «Stai parlando per me o per te? Pensavo che a voi maschi non importasse con chi andate a letto. Se per te è un problema farlo con me perché stai solo fingendo di amarmi ma non mi ami davvero basta dirmelo, ed io mi rimangio tutto.»
   «Sto parlando per te. Ti va davvero bene che io sia la tua prima volta?»
  «E dove sta il problema? Avanti. Togliti l’asciugamano. Scommetto che li sotto non indossi nulla, non è vero?»
Rimango basito dalle sue parole. Non so come reagire. Non so cosa fare. I suoi occhi incatenano ancora i miei, ed io mi sento in trappola.





Commento Dell'autrice: Ecco qui il nuovo capitolo =D Questa volta non mi dilungherò nel commento, mi auguro solo che il capitolo sia stato di vostro gradimento =D Alla prossima =D
   
 
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