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Autore: Willows    17/02/2016    1 recensioni
E Mackenzie convinta di essere tanto diversa dalla sorella non l'ha ancora capito che in realtà sono uguali.
No, non uguali, ma speculari ecco, sono due facce di una stessa medaglia, parecchio arrugginita e malconcia, se permetti. Sono entrambe altamente distruttive, ma in maniera opposta.
Mackenzie è esplosiva, come un'eruzione, un tornado, uno tsunami, distrugge tutto ciò che tocca, tutto che che incontra, che ama. Perché questo è l'unico modo che conosce per potere sopravvivere, per poter andare avanti: prendere tutto ciò che ha davanti e distruggerlo fino a ridurlo in briciole. Solo cenere e macerie.
Mentre Ffion, beh lei è implosiva, la distruzione il caos, le avviene tutto dentro. Paradossalmente l'unico modo che conosce di sopravvivere è quello di distruggere se stessa, di annientarsi e annullarsi completamente, fino a ridursi ad un inutile cumulo di pelle, ossa e sangue.
Sono uguali, ma opposte ed è difficile dire chi delle due sia messa peggio.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Lay it all on me.


 
Mackenzie torna a casa alle tre di notte, è stanca e zuppa dalla testa ai piedi, ma si sente più viva che mai. Ha visto il suo viso e sentito la sua voce, provando un piacere così amaro da risultare doloroso, a lungo andare. Solitamente non si concede il lusso di pensare a lui -a quando era vivo, giovane e bello- lo tiene rinchiuso in un angolo della sua mente e fa l’impossibile per allontanare il suo ricordo. Ma alle volte succedono cose come queste, una litigata con Max, la radio che passa la sua canzone preferita, il cielo che assume la sfumatura esatta dei suoi occhi e, improvvisamente, ogni sforzo di allontanarlo diventa vano. I ricordi la colpiscono senza sosta come una pioggia di meteoriti, la feriscono e la mandano in fiamme, Mackenzie brucia, mentre i suoi occhi non vedono che il suo viso e l’unico suono che riesce a sentire è la sua voce. È qualcosa di talmente intimo e intenso che, dopo, si sente fisicamente stanca, come se avesse appena corso per venti kilometri sotto il sole cocente, ma allo stesso tempo si sente viva. È spaventoso, emozionante, doloroso, coinvolgente tutto insieme, è esattamente come la faceva sentire Louis.
E non potrebbe essere altrimenti
Ffion l'aspetta seduta con le gambe incrociate sul divano, ha gli occhi iniettati di sangue per tutte le lacrime che ha versato e uno sguardo preoccupato, che è tutto per Kenny. Non appena la vede entrare dal corridoio di ingresso, si alza di scatto e le porge un enorme asciugamano verdone, mentre un sospiro di sollievo lascia le sue labbra. Sua sorella è di nuovo a casa, sana e salva.
«Fatti una doccia calda- le dice sottovoce, abbracciandola stretta stretta, come se avesse paura che Kenny possa scappare di nuovo- io ti preparo un tè.»
Kenny rimane ferma immobile, rigida con le braccia lungo i fianchi senza ricambiare l’abbraccio della sorella. Non ci sono parole per descrivere come si sente, da una parte vorrebbe andare a letto e dormire per due settimane di fila, dormire fino a quando il suo compleanno non sarà passato e tutta la questione non sarà che un ricordo lontano. Dall’altra parte però sa che non deve arrendersi, non se lo può permettere e deve continuare a lottare, come sempre, nell’unico modo che conosce per andare avanti.
«Lo odio» confessa nell’orecchio della sorella, il tono freddo e lapidario e a Ffion viene nuovamente da piangere perché sa bene quanto siano vere quelle parole. La sua famiglia sta cadendo a pezzi e lei teme di venire travolta dalle macerie della sua distruzione, perché di scappare per mettersi in salvo non ne è mai stata capace.
«Vai a lavarti» ripete con tono strozzato, liberando Kenny dal suo abbraccio e dirigendosi in cucina per prepararle il tè che le ha promesso.
Venti minuti dopo sono entrambe sdraiate nel letto di Kenny, spalla contro spalla, strette l'una all'altra, anche se il letto è ad una piazza e mezza e di spazio ce n’è in abbondanza. Non si sente alcun rumore, tranne i loro respiri pesanti, anche la pioggia ha finalmente smesso di cadere, concedendo a Wellston qualche ora di tregua. Kenny ha i capelli umidicci e delle pesanti calze di lana ai piedi, ogni tanto sorseggia il tè preparatole dalla sorella, mentre con disappunto nota di avere già il naso che cola. Un raffreddore è l'ultima cosa di cui ha bisogno in questo momento, ha troppe cose di cui deve occuparsi per permettersi di ammalarsi.
Ffion è la prima a rompere il silenzio. 
«Sei arrabbiata?» domanda con la voce strozzata, mentre tira più su il piumone e guarda la sorella con occhi timorosi. Non era questo quello che voleva chiederle, ma sono le uniche parole che è riuscita a tirare fuori.
«Si, ma non con te» è la replica immediata di  Kenny, dura e lapidaria. Decisamente incazzata, ma con una calma tale da risultare inquietante. Di Kenny non devi preoccuparti quando urla, sbraita e sbatte le porte, ma quando è calma e ti guarda con tanta freddezza, che uno sguardo è sufficiente a farti tacere.
Ffion annuisce, ma la verità è che non riesce a capire Kenny, non ci è mai riuscita, del resto. Lei avrebbe accettato subito di tornare a Stockebridge, stava già annuendo quando Kenny ha iniziato a protestare.
Ogni metro percorso verso di lui sarebbe una sofferenza, come sale che sfrega su ferite che non si rimargineranno mai perché troppo profonde e infette, ma lo avrebbe fatto per lui, perché anche se adesso non c'è più non si merita di passare quel giorno da solo. Ffion vuole andare perché pensa che sia giusto nei confronti di Louis e non si sentirebbe a posto con la propria coscienza se non lo facesse. 
«Sono ridicoli cazzo, ridicoli- borbotta nuovamente Kenny dopo qualche secondo -tutto questo è colpa loro, lo capisci vero Ffion? Hai idea di quante cose sarebbero diverse, adesso, se solo Max non fosse una gigantesca testa di cazzo fissata con il controllo? Se non avesse fatto ciò che ha fatto? È colpa sua, è tutta colpa sua!»
Si addormentano così, con Kenny che borbotta imprecazioni verso il padre, stringendo i pugni e digrignando i denti, mentre Ffion annuisce e fa del suo meglio per non scoppiare a piangere. Di nuovo.
 
Quella mattina Kenny si sveglia all’alba, quando il sole non ha ancora fatto la sua comparsa nel cielo e la pioggia cade nuovamente e senza sosta sopra tutta Wellston. Lentamente e in silenzio abbandona il tepore del proprio letto, attenta a non svegliare Ffion, che dorme di fianco a lei e si dirige in bagno, intenzionata a lasciare la casa prima che Max o sua madre si sveglino. Si veste velocemente e controvoglia, indossa un paio di skinny jeans scuri e un maglione nero a collo alto, lega i capelli in uno chignon disordinato e si limita ad applicare una passata di burro cacao, prima di afferrare borsa e giubbotto e uscire di casa. Cammina sotto la pioggia, senza ombrello, fino a scuola. Fa freddo e la pioggia le colpisce il viso in potenti sferzate, ma lei si stringe addosso il pesante parka nero e continua a camminare a testa alta, mentre la musica dei Mumford and sons le risuona nelle orecchie. Prima di uscire di casa ha sprecato una manciata di minuti per andare in cucina, afferrare il bloc-notes su cui di solito sua madre appunta la lista della spesa e scrivere a caratteri cubitali:
Io non tornerò a Stockebridge, fine della storia.
Il messaggio iniziale era molto più corto e volgare, rivolto unicamente a Max, ma alla fine ha preferito non esagerare, limitandosi a ribadire la propria posizione. Non cambierà idea e non è intenzionata ad arrendersi e quel biglietto è un chiaro messaggio.
Arriva a scuola con mezz’ora di anticipo, così decide di sedersi sul muretto, riparato dalla tettoia, che si trova di fianco all’ingresso e tira fuori la sua copia del “Dottor Jekyll e Mister Hyde”, pronta ad usare quel tempo per portarsi avanti con la lettura, visto che al momento è ancora molto indietro. È difficile leggere quel libro senza pensare a Louis, deve concentrarsi per evitare che le immagini di suo fratello che recita su un palco non facciano capolino nella sua mente. E ci riesce, almeno per i primi venti minuti.
Dopodiché s’arrende, rimette il libro in borsa e tira fuori una sigaretta dal pacchetto mezzo vuoto.
«Mackenzie? Come mai già a scuola?» domanda una voce stupita alle sue spalle. Kenny tira un paio di boccate alla sigaretta, sospira profondamente e:
«Ciao Liam, c’è sempre una prima volta, ti pare?- domanda senza voltarsi verso il ragazzo- in questo caso prima e ultima.»
Liam si siede di fianco a lei e la osserva con espressione corrucciata, come se non fosse convinto della spiegazione della ragazza, ma allo stesso tempo non osasse chiedere altro. Il solito apprensivo, fifone, pesante Liam.
«Sicura che non sia successo niente? Ffion dov’è?» domanda cautamente, mentre si sistema i capelli e osserva Kenny sempre più preoccupato.
«Cristo Liam, sei in vena di domande oggi, dammi un attimo di respiro!» ribatte scocciata, per poi aspirare l’ultima boccata di fumo e lanciare il mozzicone da qualche parte sul vialetto d’ingresso della scuola. È nervosa e arrabbiata per quello che è successo ieri sera, in più Liam continua a farle tutte queste domande che aumentano la sua agitazione. Mackenzie sente che sta per scoppiare e non ha idea di quello che potrebbe fare, se questo dovesse accadere.
«Hey Liam» dice alzandosi e per attirare l’attenzione del ragazzo, tutto preso ad osservare le proprie scarpe. Improvvisamente le è venuta in mente l’idea perfetta.
«Dimmi Kenny.»
«Hai mai saltato scuola?» lo chiede con un sorriso malizioso e un tono strano nella voce, come se lo stesso sfidando e prendendo in giro contemporaneamente.
«Kenny, no» ribatte categorico.
«E dai, c’è sempre una prima volta per tutto no?» insiste, fissandolo dritto negli occhi, mentre sbatte le palpebre con aria civettuola. Lui fa finta di pensarci per qualche secondo, prima di annuire e afferrare la mano che Kenny gli porge come invito, per poi seguire la ragazza sotto la pioggia, in direzione della propria macchina. Mackenzie ottiene sempre quello che vuole, ma con Liam è fin troppo facile.
 
«E se ci beccano?» domanda Liam per l’ennesima volta.
Lui e Kenny sono seduti in macchina, la pioggia che sbatte contro il parabrezza e il tettuccio produce un rumore assordante e Liam non fa altro che preoccuparsi.
«Beccarci a fare cosa? Hai diciotto anni Liam, puoi fare quello che vuoi!» ribatte sbuffando, le sembra di star parlando con Ffion, lei e Liam hanno la stessa abitudine di preoccuparsi per cose inutili.
«Ma..»
«Ma niente! Non chiameranno nemmeno i tuoi genitori, perché sei maggiorenne e puoi firmarti da solo le giustificazioni, adesso basta preoccuparti, altrimenti tu vai pure a scuola, mentre io rimango qua.»
Quella frase è sufficiente a convincere Liam. Non tanto la parte sull’essere maggiorenne, fin lì ci era arrivato da solo, ma quella in qui Kenny gli ha dato un ultimatum: o stai con me e smetti di preoccuparti, oppure salto scuola da sola. Con ogni probabilità Makcenzie si sarebbe rivolta a qualcun altro per tenerle compagnia, qualcuno molto più solito a saltare la scuola. Qualcuno come Zayn Malik, per esempio. O magari quell’Harry Styles di cui gli ha chiesto il giorno prima. E beh, Liam non può permettere che questo accada e non si tratta unicamente di un fattore di gelosia, sebbene la sua cotta per Kenny sia innegabile. Liam vuole tenere Zayn il più lontano possibile da Kenny perché sa che lui porta solo guai e la ragazza e già abbastanza incasinata di suo senza che qualcuno venga ad aggiungere legna al fuoco.
«Dove vuoi andare?» domanda Liam ormai rassegnato, mentre accende la macchina e esce dal parcheggio scolastico.
«Portami in un posto bello, un posto che ti piace» risponde Mackenzie distrattamente, con lo sguardo fisso fuori al finestrino e le mani strette in grembo.
Liam guida in silenzio per le strade vuote e bagnate, mentre Kenny canticchia la canzone che stanno passando alla radio in quel momento e ogni tanto lo guarda con la coda dell’occhio. È un bravo ragazzo Liam e forse non si merita tutti i casini in cui Kenny lo sta trascinando, ma de resto lei non l’hai mai costretto a fare nulla, quindi è facile scrollarsi di dosso il senso di colpa che ogni tanto l’attanaglia. Soltanto in quel momento, mentre Liam guida attraverso le strade grandi e solitarie di Wellston, Kenny si rende conto di quanto sia stanca e stufa di tutto. Probabilmente le poche ore di sonno mischiate agli avvenimenti della sera prima hanno avuto un brutto effetto su i suoi nervi, perché si sente stranamente fragile, come se stesse camminando in punta di piedi sull’orlo di un precipizio, mentre lotta con tutta se stessa per non cadere giù fra le tenebre. Deve tenere duro, continua a ripetersi nella sua testa, presto passerà tutto.
«Dove siamo?» domanda quanto vede che Liam esce dalla strada principale, per imboccare una stradina laterale e dissestata, che si snoda in mezzo al bosco.
«Alma’s lake» risponde con una scrollata di spalle, gli occhi fissi sulla strada e le mani strette intorno al volante.
«Mi porti al lago mentre piove? Bella mossa genio» lo schernisce, ridacchiando sottovoce, svogliatamente.
«Mi hai chiesto di portarti nel mio posto preferito- ribatte, fermandosi con la macchina in una piccola radura- e io ti ci ho portato.»
Mackenzie si guarda attorno ma non vede nessun lago, solo alberi coperti di muschio, erba, pietre e altri alberi.
«Carino Liam, ma il lago dov’è?»
«Il sentiero non è percorribile in macchina- spiega corrucciato- dovremmo proseguire a piedi.»
Mackenzie allora annuisce e si allaccia stretta il parka, pronta ad avventurarsi sotto la pioggia per vedere questo lago. Non è che passeggiare sotto la pioggia sia il suo passatempo preferito, ma non piove più forte come prima ed è curiosa di vedere questo lago.
«Cosa fai? -domanda stupito Liam, quando vede la ragazza aprire la portiera e fiondarsi fuori dall’abitacolo- non vedi che piove ancora? Aspettiamo almeno che smetta.»
«Dai Liam non fare il noiso! Pioviggina a mala pena e poi sono già tutta bagnata per aver camminato fino a scuola sotto la pioggia, che differenza vuoi che faccia?»
A quelle parole Liam arrossisce violentemente e lentamente esce dalla macchina, mentre Kenny sospira e alza gli occhi al cielo: certe volte Liam si comporta proprio da dodicenne.
Insieme camminano l’uno di fianco all’altro, ognuno stretto nel proprio giubbino, con il cappuccio alzato per proteggersi sia dalla pioggia, che dal vento freddo.
«Come mai è il tuo posto preferito?» domanda Kenny, cercando di non scivolare per terra, anche se è abbastanza difficile visto che la pioggia ha bagnato ogni superficie, rendendola scivolosa. Dopo la terza volta che rischia di finire con il muso per terra, Liam allunga un braccio e le afferra il gomito guidandola gentilmente, ma con fermezza, per tutto il resto del percorso. Il ragazzo rimane per così tanto tempo in silenzio, che Kenny inizia a temere che non abbia sentito la sua domanda, ma quando finalmente escono dal bosco e il lago diventa visibile, il ragazzo inizia a parlare.
«Non sono mai stato al mare- spiega a bassa voce, mentre fissa il lago di fronte a sé- ho sempre voluto vedere l’oceano, ma i miei sono sempre stati più i tipi da montagna.»
«Quindi questo è il tuo mare?» domanda Mackenzie, mentre si osserva intorno. 
Non è niente di particolare, il lago è piccolo, proprio come se lo aspettava, nell’altra sponda ci sono solo albero verdi e imponenti, esattamente come quelli alle sue spalle. Sono due i colori che prevalgono su tutto: il verde dell’erba, del muschio e delle foglie e il grigio del cielo, che si riflette sull’acqua calma del lago. Non è niente di speciale, eppure Kenny riesce a capire perché Liam ci sia affezionato, è uno di quei posti che ti fanno sentire a casa. O che sono in grado di farti sentire la mancanza di casa. Uno di quei posti che non riescono a lasciarti indifferenti, ti provocano comunque qualche emozione, positiva o negativa che sia. E Mackenzie vive per provare emozioni. Non è come Ffion che cerca disperatamente di non provare niente, che vive intrappolata in un passato che finirà per schiacciarla, se non se ne libera al più presto.
Kenzie vive nel presente, qui e ora, il passato se lo lascia alle spalle e non si cura del futuro.
«È meraviglioso, Liam» dice con la voce strozzata, mentre la sua mente si perde in ricordi di tempi passati. Deve assolutamente far vedere questo lago a Ffion, è sicura che lei lo adorerà.
«Kenny, sei sicura di star bene? Ti vedo un po’ pallida.»
La voce di Liam le sembra lontana mille miglia, debole e ovattata. Improvvisamente tutto si fa sfocato e non sa se è per colpa delle lacrime che le riempiono gli occhi oppure se è per colpa della stanchezza che tutto d’un tratto l’ha colpita, indebolendole le gambe e facendole girare la testa. Kenny annuisce debolmente, prima di chiudere gli occhi e lasciare che l’oscurità l’avvolga.
 
Si sveglia parecchie ore dopo, confusa e accaldata. Apre gli occhi lentamente e si tira su di scatto, ma la vista le si offusca e una mano la spinge delicatamente a stendersi di nuovo.
«Hey vacci piano, non vorrai svenire un’altra volta» dice una voce profonda e familiare.
«Harry Styles?» domanda confusa, aprendo gli occhi e mettendosi in posizione seduta più lentamente rispetto a prima, per evitare di star male di nuovo. È seduta su quello che sembra essere un divano, con una pesante coperta in patchwork ad avvolgerla e tenerla al caldo.
Il salone in cui si trova è piccolo, ma accogliente. Le pareti sono color panna e ricoperte da innumerevoli fotografie, tutte con cornici di forma e dimensione diverse. C’è una libreria piena zeppa di libri, che divide la zona soggiorno dalla cucina, mentre dalla parte opposta c’è un comodino su cui è posizionato un televisore. Riesce a vedere delle scale nell’angolo più lontano della stanza, ma non sa dove portino. Non sa nemmeno dove si trovi, a dirla tutta.
«Dove mi trovo? Cos’è successo?» domanda finalmente, con voce gracchiante, mentre si concentra sulla figura di Harry, in piedi proprio di fianco a lei.  Indossa dei jeans scuri e una felpa marrone, ma non porta le  scarpe quindi, con ogni probabilità, Kenny si trova a casa del ragazzo.
«Tieni, bevi questo» la incoraggia, porgendole un enorme bicchiere contenente una bevanda arancione, ma all’ultimo sembra ripensarci, probabilmente non fidandosi della presa della ragazza, e lo avvicina alle sue labbra, in modo che possa lei bere direttamente, senza sforzarsi.
Kenny ingoia due lunghe sorsate, ma non si sente per niente meglio. È ancora debole e la testa le pulsa insistentemente. Era al lago con Liam, prima di svenire, dove si trova lui adesso?
«Dov’è Liam? Mi puoi dire cos’è successo?» domanda nuovamente spazientita. Non sta capendo niente e Harry non fa altro che fissarla con un’espressione preoccupata sul volto, quando invece dovrebbe spiegarle cos’è successo e perché lei si trova lì, con lui.
«Ti racconterò cos’è successo solo dopo che avrai mangiato qualcosa, hai ancora l’aria di chi sta per svenire da un momento all’altro» risponde in tono autoritario, non ammettendo repliche.
La ragazza annuisce, mentre si stringe addosso la coperta. È dal giorno prima che non mangia qualcosa e adesso sta letteralmente morendo di fame.
«Siamo a casa tua?» domanda, mentre mastica lentamente il panino al formaggio e prosciutto che Harry le ha appena preparato. Il salone è molto bello, accogliente e arredato con gusto, le piace.
«Si, questa è casa mia» risponde pacato, mentre si siede dalla parte opposta del divano rispetto a Kenny e la osserva mangiare.
«Mi spieghi cos’è successo? Perché mi trovo qua? Dov’è Liam?» domanda nuovamente.
«Liam è il tuo ragazzo? Quello con cui eri prima?»
«Oh Dio no, no! Liam non è il mio ragazzo!» si affretta a chiarire, ridendo sommessamente, perché trova assurda anche solo l’idea di poter stare con Liam.
«Oh, sembrava così preoccupato che ho pensato stesse insieme- spiega, mentre si lega i capelli in uno chignon disordinato- comunque non è successo niente. Mi trovavo per caso ad Alma’s lake quando ho visto il tuo amico, Liam giusto?, che correva per il bosco con te in braccio.»
«E come mai mi hai portato qua?»
«Vedendo l’avversione che ha tua sorella nei confronti degli ospedali ho pensato fosse un tratto di famiglia e poi non volevo far chiamare i tuoi genitori e fargli prendere uno spavento inutile. Ho detto a Liam di tornare a scuola, anche se sembrava parecchio diffidente nei miei confronti, non voleva proprio lasciarti da sola con me.»
Kenny lo fissa confusa per qualche secondo, continuando a non capire per quale motivo si sarebbe offerto di portarla a casa sua. Non che si stia lamentando, lei odia gli ospedali, ma non ha alcun senso che un ragazzo che conosce appena si sia voluto assumere una responsabilità del genere, non sapendo, per altro, che cosa le fosse successo prima.
«Sono un dottore- aggiunge Harry dopo qualche secondo, notando la confusione della ragazza- beh una specie.»
Mackenzie spalanca gli occhi sorpresa, adesso ha tutto più senso: non ha voluto portarla in ospedale perché era in grado, da solo, di stabilire cosa avesse. E adesso capisce anche perché il ragazzo si trovava a casa di Zayn dopo che quest’ultimo aveva subito l’aggressione da parte di Santini.
«Allora cosa mi è successo, dottore?» domanda, schernendolo appena.
«Solo un calo di zuccheri, ma dovevi essere esausta visto che hai dormito per quasi quattro ore.»
Harry si alza e prende il piatto ormai vuoto di Kenny, per poi sparire in cucina e ritornare con un’altra bottiglia d’acqua e una barretta di cioccolato bianco.
«Mmh il cioccolato bianco è il mio preferito- esulta Kenzie afferrando la barretta la volo e iniziando subito a scartarla- Ffion preferisce quello al latte invece.»
Lo dice in tono malizioso, come se stesse alludendo a qualcosa, ma Harry si limita a sospirare ed alzare gli occhi al cielo, perché ormai conosce bene i modi di fare di Kenny.
«Aspetta, hai detto quattro ore? Così tanto? Che ore sono adesso?»
«Sono le due e mezza, quasi le tre- risponde dopo aver consultato l’orologio con il cinturino di pelle marrone che porta al polso- vuoi che ti riporti a casa?»
«Mi faresti una favore enorme, grazie Harry» afferma con sincerità, colpita dalla generosità del ragazzo.
«Nessun problema, solo vedi di fare in modo che questa sia l’ultima volta che devo soccorrere una delle sorelle Lynch, intesi?» replica, facendole l’occhiolino.
Kenzie aspetta che abbia lasciato la stanza, prima di urlare:
«Oppure potrei fare in modo che la prossima volta che una delle sorelle Lynch sia sdraiata sul tuo divano, si tratti di Ffion. Che ne dici?»
 
La cena, quella sera, sembra una replica di quella della sera precedente. Sono tutti seduti in silenzio a mangiare, ogni tanto si sente il rumore delle posate che sbattono contro i piatti e il ticchettio dell’orologio. Mackenzie sta sfoggiando la sua faccia da incazzata, con tanto di sopracciglia corrucciate e bocca serrata, mentre Ffion fa vagare lo sguardo ansiosamente tra il volto della sorella e Max. È terrorizzata che possa ripetersi la scenata del giorno prima, che Kenny scappi di nuovo di casa e forse quella sarà la volta in cui non tornerà più. La volta in cui l’abbandonerà, così come l’ha abbandonata Louis.
«Mackenzie- dice Clarice, interrompendo il silenzio pesante- io e tuo padre ne abbiamo parlato e abbiamo deciso che non è giusto che tu venga a Stockebridge con noi, se non te la senti. So quanto hai sofferto e non mi sembra giusto spingerti a compiere un passo, che non sei ancora pronta a fare. Capisco che per te è un periodo molto delicato, visto che c’è in mezzo il tuo compleanno, ma io e tuo padre dobbiamo andare.»
Mackenzie si blocca con la forchetta a metà strada verso al sua bocca, stupita. Non credeva che i suoi genitori si sarebbero arresi così facilmente, pensava che avrebbe dovuto faticare molto di più per fare in modo che loro la lasciassero stare a casa.
«Quindi cosa fate? Andate solo voi due? O viene anche Ffion con voi? Mi lascereste davvero a casa da sola il giorno del mio compleanno?»
Non che gliene importi qualcosa, vuole solo sapere se siano disposti a fare una cosa del genere.
«Non incolpare noi per una tua decisione- ribatte Max- se vuoi passare il giorno del tuo compleanno con la tua famiglia è sufficiente che tu ci segua a Stockebridge»
«Questo non avverrà mai» replica, emettendo una singola risata nasale.
«Perfetto allora passerai il giorno del tuo compleanno qui, ovviamente non sarai da sola, chiameremo qualcuno che possa venire a sorvegliarti» lo dice come se trovasse assurda anche solo l’idea che Mackenzie possa stare a casa da sola per un paio di giorni.
«Sorvegliarmi? Cosa sono, una carcerata? Max ho diciotto anni, posso stare a casa da sola, so badare a me stessa!»
Mackenzie è sempre più sconcertata di fronte alle parole del padre, quell’uomo ha completamente perso il lume della ragione.
«Mackenzie, se vuoi stare a casa da sola, le condizioni sono queste- interviene sua madre, nel tentativo di evitare l’ennesima discussione - ci dispiace molto perderci il tuo compleanno, ma noi dobbiamo andare.»
Mackenzie sta per scoppiare, è a tanto così dall’alzarsi in piedi e fare una scenata peggiore di quella del giorno prima, è pronta a sbattere i piedi per terra, urlare e scappare di nuovo- perché no?- quando sente una mano fredda poggiarsi sulla sua coscia. D’istinto si gira e vede che Ffion la guarda con occhi terrorizzati e supplichevoli, la sta implorando con lo sguardo di trattenersi e non fare una scenata.  Mackenzie toglie la mano della sorella con un gesto bruto e deciso, poi si alza in piedi e si sfrega il viso con le mani, mentre prende dei respiri profondi per calmarsi.
«Va bene- risponde, mentre lotta contro se stessa per non scoppiare- va bene, starò a casa con chiunque vorrete voi, non m’interessa.»
“Fallo per Ffion, fallo per Ffion” si ripete nella sua testa come un mantra.
«Anche io- dice una voce bassa e spaventata, rompendo il silenzio in cui è avvolta la cucina- anche io starò a casa con Kenny, non voglio venire a Stockbridge.»
Mackenzie spalanca gli occhi stupita, non si aspettava questa mossa di Ffion, anzi era certa che la sua piccola e masochista sorellina non vedesse l’ora di andare a trovarlo, per aggiungere sale alle ferite e soffrire solo un altro po’.
«Perfetto- risponde Max, cercando di fingere indifferenza, ma è evidente che le parole di Ffion l’hanno preso in contropiede- staremo via tre giorni e due notti, partiamo il dodici di mattina presto e torniamo il quattordici sera.»
«Vado subito a chiamare Harry per dargli conferma!» esclama Clarice sorridente, felice di essere giunta ad un compromesso con le sue figlie.
«Harry Styles?» domandano insieme le due sorelle e Kenny non può fare a meno che lanciare un’occhiata maliziosa a Ffion.
«Certamente, sarà lui a occuparsi di voi mentre noi staremo via!» ribatte la madre, lasciando le due figlie a bocca aperta. Mackenzie esulta internamente, perché sa che con Harry qua potrà fare quello che vuole senza problemi, avrà anche più libertà di quanta non ne abbia ora con i suoi genitori.
«Potrebbe dormire in camera tua, visto che hai un letto in più» sussurra Kenzie nell’orecchio di Ffion, notando con soddisfazione il modo in cui le sue guance si tingano di rosso per l’imbarazzo, per poi salire in camera sua e chiudersi dentro.
Estrae il telefono dalla tasca dei propri jeans, ignora i messaggi preoccupati e insistenti di Liam e scorre sulla rubrica, finché non giunge alla lettere zeta e non trova il contatto desiderato, per poi far partire la chiamata.
«Zayn, sono Kenny, stasera dobbiamo vederci, so la data dell’ultima rapina. La faremo il 13 dicembre, il giorno dopo il mio diciottesimo compleanno.»



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Ciao!
Scusate l’assurdo ritardo, ma ho passato tutto gennaio a studiare per la sessione invernale, senza nemmeno un minuti libero per poter scrivere! Finiti gli esami sono successe alcune cose in famiglia, che mi hanno tolto un po’ la voglia di scrivere, motivo per cui pubblico solo ora. È un po’ un capitolo di passaggio, ma serve ad introdurre il prossimo dove, vi avverto, succederà di tutto. Infatti ci saranno tutti i personaggi (anche Zayn finalmente farà il suo ritorno dopo due capitoli in cui viene solo nominato) tranne forse Liam.
Scusate, ma non ho molto da dire. Se avete qualche dubbio/domanda non esitate a contattarmi su
facebook o ask, mi fa sempre piacere parlare con qualcuno di nuovo!
Grazie per aver letto, alessandra.

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