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Autore: Layla    19/02/2016    0 recensioni
Nella vita è meglio seguire il tuo cuore o quello che le persone a cui vuoi bene pensano sia meglio per te?
Questa domanda mi perseguita da quando Charles mi ha chiesto si sposarlo e io ho detto di sì, sentendomi addosso la pressione dei miei genitori.
Mi chiamo Emily Ritchie e sono la sorella minore di John Simon Ritchie, meglio conosciuto al mondo come Sid Vicious.
Esatto, il bassista dei Sex Pistols. Quello che è morto per overdose dopo aver ucciso la sua ragazza Nancy.
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Mi sembra che tutto questo sia successo una vita fa, Sid è morto e a Johnny non è più permesso stare nella mia vita, eppure è tutto così vivido.
Mi prendo la testa tra le mani e guardo l’abito bianco appeso al mio armadio, sa di prigionia e vita controllata, sa di catene, sa di tutto quello che odio.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Johnny Rotten, Nuovo personaggio, Sid Vicious, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Fuck the world! This is my life!

Nella vita è meglio seguire il tuo cuore o quello che le persone a cui vuoi bene pensano sia meglio per te?
Questa domanda mi perseguita da quando Charles mi ha chiesto si sposarlo e io ho detto di sì, sentendomi addosso la pressione dei miei genitori.
Mi chiamo Emily Ritchie e sono la sorella minore di John Simon Ritchie, meglio conosciuto al mondo come Sid Vicious.
Esatto, il bassista dei Sex Pistols. Quello che è morto per overdose dopo aver ucciso la sua ragazza Nancy.
Non so se Sid sia colpevole, ma se lo fosse – per quanto l’omicidio sia una cosa deprecabile da ogni punto di vista – è stata l’unica azione sensata che abbia mai fatto in vita sua.
Odio Nancy, perché per causa sua ho perso mio fratello. È stata lei a fargli provare la maledetta eroina e a rovinargli la vita, ammazzarla è stato l’unico modo per liberarsi di lei, peccato sia successo troppo tardi.
Mi guardo le mani con le unghie dipinte di un casto bianco e penso che quella zoccola è riuscita a far scordare a mio fratello l’unica promessa che mi abbia mai fatto: stare lontano dall’eroina.
Mamma è una tossica, sapevamo entrambi cosa comportasse la tossicodipendenza: la rota, le urla quando era in astinenza, la ricerca spasmodica di soldi, le siringhe, trovarla in bagno mezza morta, le overdosi.
Un inferno praticamente e lui ci è caduto dentro lo stesso, ignorando me, ignorando Johnny.
Johnny Rotten era il suo migliore amico, un angelo custode nella forma più improbabile del mondo, ed è l’unico ragazzo che abbia mai amato.
Magro, nervoso, con due occhi castani sempre velati di ironia e capelli arancioni irti in testa, questo è Johnny. Lui era la mente dei Sex Pistols, intelligente abbastanza da capire che con quelli avrebbe ottenuto la fama, ma non così furbo da non farsi manovrare da Malcom Mclaren e da Vivienne Westwood e soprattutto era buono.
Aiutava Sid come poteva, evitava che si ubriacasse troppo o quando succedeva lo portava a casa ubriaco facendosi mezza Londra a piedi con mio fratello come peso morto, lo difendeva dalle risse e lo mise in guardia fino all’ultimo giorno da Nancy.
Ricordo litigi in cui gli intimava di smettere di frequentare quella drogata se non voleva finire come sua madre, ma Sid era troppo preso da lei: quella vacca americana era il primo amore di mio fratello.
Mi sembra che tutto questo sia successo una vita fa, Sid è morto e a Johnny non è più permesso stare nella mia vita, eppure è tutto così vivido.
Mi prendo la testa tra le mani e guardo l’abito bianco appeso al mio armadio, sa di prigionia e vita controllata, sa di catene, sa di tutto quello che odio.
Mi alzo piano e apro il mio armadio, in un angolo c’è una minigonna a fantasia scozzese piena di spille da balia, un paio di calze a rete nere, una maglia piena di tagli, un maglione anche quello pieno di tagli, un chiodo di pelle e un paio di anfibi.
Senza fare rumore li indosso e poi vado davanti alla finestra, assalita all’improvviso da una pioggia di ricordi.

{“Emily, Emily!”
Cerca di urlare una voce smorzata, una voce acuta che conosco abbastanza bene.
Io mi affaccio alla finestra, già pronta per una serata da trascorrere con mio fratello e i suoi amici, solo che Sid è già uscito, io non ho tutta questa libertà.
Alzo un pollice per fare segno a Johnny che l’ho visto e apro la finestra, poi mi allungo fino a raggiungere un ramo e con molta cautela mi ci appendo prima con le mani e poi con i piedi. Quando sono totalmente sul ramo, do un piccolo calcio alla finestra per chiuderla e scendo. Scavalco anche il cancello e poi finalmente mi ritrovo tra le braccia della mia testa rossa preferita. È magro, ma non mi importa molto, per me è sexy lo stesso. Ci baciamo con foga, sotto lo sguardo dei nostri amici che evitano di scoppiare a ridere e di fare battute idiote solo per non farci scoprire dai miei.
Ce ne andiamo e raggiungiamo uno dei pub di Londra, Johnny mi bacia ancora e poi mi dà in mano una pila di cassette.
“Vendile tutte, baby.”
“Va bene, Rotten, ma voglio essere ricompensata.”
“Dopo il concerto, c’è sempre una certa tensione che va sciolta.”
Mi fa l’occhiolino e Sid gli dà un’amichevole botta sulla nuca.
“Smettila di fare il malato di sesso con mia sorella.”
Il suo tono comunque è divertito, a lui va bene la nostra relazione, ma se ci beccassero i miei sarebbero capaci di far cadere la casa a suon di urla, non tanto mia madre, ma il mio patrigno. È un sacerdote e già ci rammarica di non essere riuscito a portare Sid sulla retta via e non vuole fallire con me.
I ragazzi salgono sul palco e io dispongo le poche cassette su un tavolino che ci ha concesso il proprietario, che li osserva montare le loro attrezzature scettico, anche perché è arrivata gente che lui di sicuro considera strana. Non appena iniziano a suonare la prima canzone storce le labbra e si rifugia disperato dietro il bancone.
I ragazzi suonano per un’ora davanti a una folla che salta e fa un casino impressionante e che va in delirio quando Sid molla il suo basso – che tanto non è collegato alle casse – e si butta su di loro.
Alla fine qualcuno viene da me e compra le cassette e sbircia senza pudore nella mia scollatura, io stringo i denti, ma alla fine vendiamo tutto.
I ragazzi escono dal backstage e il proprietario offre loro un boccale di birra ciascuno come concordato e il mio me lo devo pagare da sola.
“Ok, ragazzi. Sgombrate la vostra roba.”
Dice spiccio il proprietario.
“Non può aspettare ancora un attimo e darci un’altra birra, magari?”
Gli chiede sfrontato Johnny.
“Solo se me la pagate.”
Sbuffano tutti e iniziano a caricare la roba nel vecchio furgone del padre di Steve Jones, è lì che tengono la loro attrezzatura: nel garage del loro chitarrista.
Sid e Paul se ne vanno e lasciano solo me e Johnny nel freddo della strada londinese, ma lui mi abbraccia e il freddo non lo sento più.
“Cosa ne dici di riscuotere la tua ricompensa?”
Mi sussurra nell’orecchio dandomi i brividi.
“Mi chiedevo quando me l’avresti chiesto.”
Ci incamminiamo mano nella mano verso l’appartamento del rosso, pronti per una notte di sesso, se lo sapesse il reverendo mi farebbe probabilmente un esorcismo.}

Allungo la mano e apro la finestra, come facevo solo qualche anno fa per andare dalla uniche persone che mi accettassero davvero, afferro la borsa e mi afferro al ramo, spingo e arrivano anche i piedi. Sogghignando come farebbe Johnny chiudo la finestra con un calcio e scendo fino a terra, poi scavalco il cancello e mi dirigo a una fermata della metro.
Tra poche ore dovei sposarmi, ma Johnny è l’unico che abbia mai amato davvero e non posso davvero farmi chiudere in gabbia, non di nuovo.
L’ho già permesso una volta al reverendo e non intendo concedere il bis, Charles non mi avrà.
Io voglio la libertà.

{“Fammi capire, Emily… Con tutta la fatica che ho fatto per farti studiare ed evitare che finissi nel giro di tuo fratello, tu frequenti quel teppista?”
“Non è un teppista!”
Urlo al reverendo.
“Ha più cervello di te!”
Lui mi dà una sberla.
“Basta! Non tollero più queste cose, tu non lo frequenterai più se vuoi vivere in questa casa.”
“Bene, me ne vado.”
Lui ghigna e in questo momento più che un prete sembra uno dei diavoli che si impegna tanto a combattere.
“E lasciare da sola tua madre distrutta per la morte di Johnny?”
Io apro la bocca per dire qualcosa e stringo i pugni, vorrei dargliene uno su quella faccia da bastardo che si ritrova: ha toccato un tasto dolente.
Non posso abbandonare mia madre, non adesso che si sente così in colpa per la morte di Sid.
“Ti odio.”
Gli sputo in faccia.
“Non ti illudere, anche se indossi questa veste da prete finirai all’inferno, Christopher Beverley.”
Lui mi dà un’altra sberla.
“Ti ho anche trovato un ragazzo, è il figlio di un mio amico.”
Io salgo in camera mia e piango tutte le mie lacrime, verso sera qualcuno chiama il mio nome, io scendo dall’albero in pigiama. Johnny mi guarda incredulo.
“Cosa è successo?”
“Io e te non possiamo più vederci, il bastardo l’ha scoperto e se continuiamo la nostra relazione mi butterà fuori di casa. Non posso lasciare mia madre da sola, non adesso che si sente così in colpa per Sid.
Mi dispiace, Johnny.”
Lui stringe i pugni e i suoi occhi mandano un’occhiata di puro disprezzo verso la porta di casa mia.
“Va tutto bene, Emily.
Solo, ricordati una cosa: quando avrai bisogno di me io ci sarò sempre per te.”
Poi si allontana a passi ciondolanti sconfitto e consapevole di avere fatto la cosa giusta per me, io piango di nuovo.
Odio il reverendo.}

Entro nella fermata della metro e aspetto il primo convoglio che mi porti in direzione della casa di Rotten, dei ragazzi mi fischiano e schiamazzano. Io alzo il medio, senza nemmeno guardarli con il volto deformato da una strana smorfia.
Quei piccoletti non lo sanno nemmeno, ma è così che è iniziata tra me e Johnny e, Cristo, lui sarà l’unico ad avere avuto il piacere di abbordarmi in metro.

{Sono le dieci di sera, sono stata a studiare fino a ora da una mia compagna di classe, antipatica come la merda, ma secchia.
Scendo dal convoglio e un gruppo di ubriachi si avvicina a me: sono tutti giovani e io mi metto in posizione di difesa.
Il primo ad avvicinarsi è uno con i capelli irti in testa di un arancione innaturale.
“Ehi, bella! Vuoi uscire con noi?”
“No, non ci penso nemmeno.”
“Eddai!”
Mi punta addosso i suoi occhi castani e, anche se è carino, non mi faccio abbordare da degli sconosciuti in metropolitana.
“Rotten, fermati, coglione!
È mia sorella Emily.”
Io guardo stupita Sid.
“Oh, scusami, bellezza.
Ehi, ma puoi uscire con noi dopo, il tuo fratellone ti farà da guardia del corpo.”
Io guardo dubbiosa Sid, magro come è le prende sempre in tutte le risse, ma alla fine annuisco stregata dagli occhi di questo Rotten.
Mi allontano da loro e arrivo finalmente a casa mia, lì mi invento la classica scusa che ho dimenticato qualcosa dalla mia compagna di classe e raggiungo Sid e i suoi amici giù nella metro.
Con loro mi faccio trascinare nei quartiere più brutti di Londra, bevendo troppa birra per una principiante in fatto di alcolici e fumando la mia prima sigaretta. Ridono tutti quando sputo il fumo e rischio di strozzarmi.
Bastardi!
Se il reverendo sapesse cosa sto facendo darebbe di matto, sa che ha perso la sua battaglia con Sid, ma con me non vuole perdere e picchia se vede che mi ribello.
Mia madre?
Sempre troppo fatta per intervenire, ma comunque è una di quelle che crede che ogni tanto sia giusto per una donna prenderle dal proprio uomo.
Stronzate.
Uno che ti ama non ti picchia, si può demolire la casa a forza di urla, gridarsi addosso di tutto: che ci si odia, che si maledice il giorno in cui ci si è incontrati, che è una testa di cazzo che non capisce niente.
Ecco quello si può fare, ma mai picchiarsi.
Sono così immersa nei miei pensieri che non mi accorgo che gli altri mi hanno lasciato indietro e con me c’è solo Johnny Rotten.
“Cosa c’è, piccoletta?”
“Dove sono gli altri?”
“Qualche metro davanti a noi, tu ti sei come incantata.”
I suoi ironici occhi castani mi fanno arrossire.
“Stavo pensando a cose mie.”
“Del tipo? A quanto sia buono il reverendo?”
Io lo guardo con gli occhi sgranati, come ha fatto a capirlo?
“Non so leggere nella mente, ma Sid da ubriaco parla e parla tanto. Dice che il reverendo ti picchia e tua madre non fa un cazzo per fermarlo. Lui vorrebbe fare qualcosa, ma sa che con il suo fisico non otterrebbe altro che botte.”
Io abbasso gli occhi.
“Sì, più o meno stavo pensando a queste cose.”
Lui si avvicina a me e mi alza il volto, senza dire nulla mi bacia e poi infila di prepotenza la lingua.
Potrei fermarlo, ma non voglio questo bacio mi piace davvero troppo, anche se immagino che per lui non significhi nulla.
Sid ci raggiunge e ci osserva un po’corrucciato.
“Io e Emily dobbiamo andare a casa.”
“Sta bene, Vicious. Vedete di rimanere vivi.”
Io e mio fratello lo salutiamo e percorriamo in silenzio la strada cha porta a casa nostra, nel cielo si stanno ammassando delle nuvole scure e tira un’aria fredda anche se siamo ad agosto.
Entriamo in casa e non c’è nessuno che ci aspetta, la predica la riceverò domani.
“Buonanotte, Sid. Io vado a letto.”
Entro in camera mia e mi metto in pigiama, poco dopo un tuono si abbatte con forza su Londra, come a volerla distruggere, come se la natura fosse arrabbiata con quest’abominio umano e lo volesse cancellare, poi c’è il bianco di un lampo.
Pochi secondi dopo qualcuno bussa delicatamente alla mia porta: è Sid in mutande.
“Posso dormire con te?”
Non gli sono mai piaciuti i temporali, c’era un temporale della madonna quando mio padre se ne è andato di casa dicendo che non sopportava più una madre tossica che non sapeva badare a due bambini demoniaci.
“Certo.”
Ci infiliamo sotto le coperte e lui si accuccia sul mio petto, io gli accarezzo i capelli ispidi.
“Grazie, Emily.”
“Di niente.”
“Grazie di aver voluto conoscere i miei amici, per me vuol dire tanto.”
“Sono simpatici.”
“Ti piace Johnny?”
“Ci siamo baciati.”
“A me va bene, lui è a posto.”
Borbotta prima di mettersi a dormire.
Non saprei esprimere a parole l’amore che provo per questo fratellone un po’disastrato, per lui ammazzerei se fosse necessario.}

E forse avrei dovuto ammazzare Nancy quando l’ho vista la prima volta, forse a quest’ora avrei ancora mio fratello e Johnny. Adesso però Johnny me lo sto andando a riprendere perché pochi sanno che davvero lui è una persona a posto.
Sono seduta in un vagone mezzo vuoto, c’è solo un gruppo di ragazzi che mi guarda, io stringo con forza il coltello a serramanico che mi ha regalato Rotten. Lui voleva che la sua piccolina viaggiasse al sicuro sulla metro e davvero non esiterei a tirarlo fuori se uno di questi stronzetti si avvicinasse troppo.
Sono solo figli di papà che giocano a fare i punk, la povertà vera non l’hanno mai conosciuta, non sanno cosa voglia dire rinunciare a mangiare quando hai fame perché di soldi non ce ne sono o indossare un capo di seconda mano che arriva da qualche parente finto caritatevole.
Non sanno cosa si prova quando la rabbia bruciante e la voglia di rivalsa ti divorano, perché vorresti un vestito di marca o un posto nel mondo, ma sai che con le tue umili origini non puoi pretendere troppo, che l’unico mare che vedrai sarà quello di Brighton fuori stagione per non spendere troppo, ammesso che tua madre non abbia usato i soldi per le vacanze per la droga.
Loro comprano i vestiti sdruciti, tagliuzzati e sapientemente logorati nel negozio di Vivienne, vanno ai concerti, bevono e poi studiano diligentemente pensando di essere veri punk.
Sono solo il frutto di una moda, gente che Johnny odia e Dio solo sa se è vero e di come si sia sentito fregato quando ha capito che era solo un ingranaggio in piani più grandi di lui e Rotten odia essere sfruttato.
Johnny Rotten vuole essere libero.
Libero di vestire come gli pare senza dettare mode.
Libero di fare la musica che gli pare senza doverci mettere il marchio “Sex Pistols”.
Libero e basta.
Scendo alla mia fermata e salgo le scale deserte, le mani strette a pugno su quel coltello che i miei nemmeno sanno che esiste.
Sona in periferia, ci sono alti casermoni e un’aria di sconfitta. Lui non ha voluto cambiare casa, non ancora, da ciò che ho sentito dire dice che vuole rimanere lì per ricordarsi ancora per un po’ chi è per poter andare avanti e fare nuove cose. Si sta leccando le ferite della morte di Sid esattamente come me.
In questa notte  due cuori distrutti torneranno a essere uno che funziona, se lui vorrà.

{Sto uscendo da scuola e sono piuttosto in ritardo a dire il vero, quindi non mi accorgo subito della figura mollemente appoggiata a un albero. Magro, nervoso, con un chiodo di pelle, jeans che vanno in pezzi, anfibi e capelli arancioni irti in testa: Johnny Rotten.
“Ehi, Emily!”
Esce dal suo nascondiglio dietro l’albero e io faccio cadere i libri che stavo tentando di infilare in borsa. Cosa ci fa qui?
Cosa vuole da me?
“Rotten?”
Lo guardo sorpresa, poi mi chino a prendere i libri e lui mi dà una mano.
“Sono io.”
Eccolo il suo sorriso storto, quello da cinico che se ne sbatte di chiunque.
“Come mai sei venuto qui?”
“Io e te abbiamo qualcosa in sospeso.”
Io alzo un sopracciglio.
“Ci siamo baciati, dolcezza o te lo sei dimenticato?”
“Non me lo sono dimenticata, ma non pensavo che per te significasse qualcosa. Quante ne hai baciate dopo di me?”
“Nessuna, la maggior parte delle donne sono cagne, ma tu sembri diversa.”
“Come cagne?”
Gli chiedo istantaneamente furiosa.
“Le donne che frequentano i posti dove vado vogliono solo una cosa.”
Si tocca la patta dei jeans, scandalizzando un gruppetto di ragazzine più piccole di me.
“Non fare il porco qui, spaventi le bambine.”
Lui ride.
“Ecco, vedi? Sei diversa, le donne dei posti dove vado se ne sbattono se mi tocco il cazzo.”
“Che gente frequenti?”
Lui scrolla le spalle, come a dire che non è molto importante.
“E che vuoi fare?”
“Voglio portarti a un appuntamento.”
“E se io non fossi d’accordo?”
Lui mi guarda con la sua aria da impunito, io alzo gli occhi al cielo. Non voglio arrendermi subito.
“E dai, piccola Vicious! Non fare la stronza!”
Questa volta ha uno sguardo da cane bastonato e non riesco a dire di no a questo sguardo.
“Sta bene, ma io mi chiamo Emily.”
“Va bene, Ly.”
“Ly?”
“Mi piace più di Amy e poi c’entra con il mio cognome, mi chiamo Lydon.”
“Ah, marchi il territorio ancora prima di conquistarlo?”
“Ho questa brutta abitudine.”
Io alzo gli occhi al cielo e lo seguo, si infila in un bar e ordina una birra, io una cioccolata.
“Come mai hai deciso di uscire con me?”
So di non essere un gran bellezza, con i miei capelli neri lisci come spaghetti e gli occhi scuri, comunissimi.
“Te l’ho detto sei diversa dalle altre e non farmi ripetere i concetti che non mi piace.”
Beve la sua birra, i miei occhi si fermano sulle freccette e lui se ne accorge.
“Vuoi giocare a freccette?”
“Non so giocare.”
“Ti insegno io.”
“Come mai tu e Sid siete amici?”
“Gli ho salvato il culo in una rissa e mi sembrava il tipo che avesse sempre bisogno di qualcuno attaccato al culo per toglierlo dai guai. È come un bambino, non si sa regolare e poi abbiamo iniziato a frequentare il Sex e uscire con il resto della compagnia.
Il resto è storia, io sono uno di quei cattivi ragazzi da cui il reverendo ti ha messa in guardia.”
Io lo guardo con aria di sfida.
“Me ne sbatto di quello che dice il reverendo, lui non è mio padre e non lo perdonerò mai per picchiarci.”
“Hai carattere, Ly. Mi piace.”
Finisce la birra in un sorso e poi si alza in piedi, chiede le freccette al titolare e poi mi spiega come giocare, io inizio a tirare quegli aggeggi, ma non sono molto brava. È la mira che mi manca, i miei lanci arrivano sempre nella parte più lontana dal centro.
Lui ride e io alzo un sopracciglio.
“Non sapere giocare a freccette è una cosa di famiglia, anche Sid fa schifo.”
Io sbuffo e continuo la mia partita, inutile dire che mi straccia e il centro del cerchio rimane solo un miraggio. Lui paga per tutti e due e poi usciamo, il proprietario del locale mi lancia un’occhiata di biasimo, immagino si stia chiedendo perché una ragazzina vestita ancora con l’uniforme esca con un tale tipaccio, io alzo un medio. Johnny ride accanto a me e mi prende per mano.
Di solito a questo punto iniziano le mie colorite proteste, ma non con lui, mi va bene che mi prenda per mano e che abbia segnato il territorio ancora prima di conoscermi.
Visto che nessuno dei due ha molti soldi passeggiamo lungo il Tamigi fino al tramonto, parlando della nostra vita e delle conoscenze in comune. Mi sento a mio agio con lui, non mi fa paura come dovrebbe fare a una scolaretta. Non è così cattivo come sembra.
Quando il sole sparisce nel Tamigi lo guardo con aria dispiaciuta.
“Devo andare a casa.”
“Va bene.”
Senza aggiungere altro appoggia le mani sulle mie guance e mi bacia con avidità, come se avesse sete di me e io lo contraccambio, perché  mi sono accorta che questo cattivo ragazzo lo voglio nella mia vita e fanculo al reverendo e alle sue prediche.
Quando si stacca si fruga le tasche del giubbotto e mi porge qualcosa: un coltello a serramanico.
“Se qualcuno ti infastidisse tiralo fuori, di solito vedendolo scappano.”
Io lo guardo, faccio scattare la lama affascinata e poi gli sorrido.
“Grazie.”
Gli do un bacio sulla guancia e me ne vado.}

Sono arrivata sotto casa sua, cerco il nome “John Lydon” sui vari campanelli e lo trovo, lo suono e dopo un po’ qualcuno fa scattare la porta elettrica del condominio senza nemmeno chiedere chi ci sia dall’altra parte del campanello.
Entro nel condominio e salgo fino all’ultimo piano, i passi decisi, le spille che tintinnano e che accompagnano il rumore sordo dei Doc Martens. Arrivata alla porta sul cui campanello è scribacchiato “Johnny Rotten” suono. Lui mi apre poco dopo in mutande e con uno sguardo stupito, come se fossi l’ultima persona che si aspettasse di vedere.
“Ly?”
“Sono io, Johnny. Fammi entrare.”
Lui si sposta e si mette almeno una maglietta.
“Cosa ci fai qui? Pensavo che avessi deciso che non potessimo più avere una relazione.”
“Lo so quello che ti ho detto e mi dispiace di averlo fatto, ho fatto uno sbaglio, mi sei mancato tutto il tempo.”
“Anche quando stavi con quell’ameba?”
Io lo guardo stupita.
“Paul me l’ha detto.”
“Sì, anche quando stavo con quello. I miei vogliono che io domani lo sposi, ma io non posso, capisci?
Io non voglio chiudermi definitivamente in gabbia, io voglio vivere e anche Sid vorrebbe che vivessi a modo mio e non come vuole il reverendo. E poi…
Davvero, Johnny, non so come dirtelo. Non mi sei mai uscito dalla testa, stavo con lui e pensavo a te, baciavo lui e pensavo di baciare te e quando voleva fottermi gliel’ho sempre impedito perché questo corpo è tuo se lo vuoi.
Non sarà facile, domani verrà lui e proverà a strapparmi via da te, mi difenderai?
Starai dalla mia parte?”
Prendo fiato.
“Mi amerai anche domani o stasera?”
“Anche dopo e dopo e dopo.
Ly, mi sei mancata.”
Mi bacia come la prima volta che ci siamo incontrati, famelico come un lupo. Le sue mani mi tolgono il giubbotto e piano tutti i vestiti, accarezzando e baciando il mio corpo, imprimendoselo nella memoria, io faccio lo stesso. Tolgo la maglia e accarezzo quel torace magro e pallido, poi gli stringo le gambe attorno al busto, sentendo la sua erezione pulsare contro le mie calze a rete. Siamo una sinfonia di gemiti e sospiri, di mani che accarezzano, di baci.
Mi stende sul letto e io lo tiro su di me dall’elastico delle mutande, faccio per infilarci un mano, ma lui mi blocca. Strano, pensavo fosse troppo impegnato a baciare, succhiare e mordere le mie tette.
Mi toglie le calze e le mutandine e infila un dito dentro di me, lo toglie subito soddisfatto, io vorrei chiedergli perché, ma sento il suo membro entrare in me con una spinta decisa che mi fa urlare.
“Sei mia, Ly. Mia.”
Continua a spingere mentre io gli graffio la schiena e ripeto il suo nome come una nenia, una preghiera. Arriviamo all’orgasmo insieme, travolti da una marea di sensazioni che credevo di non poter provare più: piacere, senso di possesso, amore, felicità.
Rimane sdraiato su di me per quella che mi sembra una perfetta eternità, poi si toglie e mi fa cenno di andare tra le sue braccia. Io mi ci fiondo e vengo chiusa in un abbraccio possessivo.
“Sei mia, ti amo.”
“Sei mio, ti amo.”
Rispondo prima di crollare addormentata.
Il giorno dopo veniamo svegliati da un bussare insistente alla porta, lui si mette mutande e pantaloni, io le mutande e la sua maglietta. Lui apre solo il chiavistello e uno spiraglio della faccia arrabbiata del reverendo fa capolino.
“Brutta puttana, vieni! Devi sposare Charles!”
“Non ci penso nemmeno, io ho scelto e ho scelto Johnny.”
“Io adesso entro e ti porto via.”
Senza farsi alcun scrupolo butta giù la porta e mi rpende con violenza per un braccio e inizia a tirare, Johnny si mette di mezzo e mi porta dietro di lui.
Iniziano a prendersi a botte, ma il bastardo è più pesante del mio ragazzo e lo sta pestando senza pietà. Senza starci a pensare troppo, prendo il coltello dalla tasca del mio giubbotto e lo faccio scattare per poi puntarlo su di lui.
“Vattene da qui o ti ammazzo!”
“Non oserai!”
Alza una mano su di me, ma io lo infilzo con il coltello, la sua faccia è una maschera di rabbia mista a stupore.
Lentamente lo tolgo dalla sua mano, il sangue fresco luccicante che lo macchia.
“Vattene. Vattene da questa casa e dalla mia vita. Se non lo fai ti finisco a coltellate e te la farò pagare per quello che hai fatto alla mia famiglia.”
Lui arretra.
“Bravo, e non farti rivedere o non mi faccio scrupoli a piantartelo nel cuore.”
Lui se ne va correndo come un matto, la mano che sanguina copiosamente. Io prendo la porta scardinata e la rimetto a posto in qualche modo, poi mi occupo di Johnny che si sta rialzando.
“Brava, baby! Hai fatto quello che avrei fatto io e non credo ci sia complimento migliore.”
“Il solito egocentrico.”
Rispondo con un sorriso, poi lo medico.
Quando ho finito lo guardo dritto negli occhi, arde la stessa febbre che c’è nei miei e iniziamo a baciarci. Famelici, un po’ bestie, un po’umani.
E in questo momento sento la felicità scorrermi nelle vene come una droga benefica.
Ce l’ho fatta.
Ho aperto la gabbia e sono libera.
Niente più interferenze, niente più matrimonio combinato.
Vedi, Sid, che ce l’ho fatta?
Torniamo in camera sua ansanti, pronti a rifare quello che è successo stanotte.
Qualcuno dirà che è peccato, che finirò all’inferno, ma per me sa di paradiso.
Il mio paradiso è stare con quel piccolo – grande – teppista di John Lydon e accompagnarlo nella sua vita, qualunque essa sarà.
I due Ly hanno messe le ali e stanno volando e – tutto sommato – non se la stanno cavando male.

 

   
 
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