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Autore: HelplessWhenYouSmile    21/02/2016    1 recensioni
“Ritorna presto stanotte, Thomas.”
“Me la caverò, come sempre.”
“Di’ a tuo padre di non tenerti lì tutta la notte, non puoi lavorare in continuazione.”
“Certe volte è meglio non pensare troppo alle conseguenze, mamma.”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ho sempre amato correre.
Correre è sfogarsi, sfidare i limiti di velocità e degli altri;
è saper amare ogni attimo fuggente, sentirsi, per quel tratto limitato e quelle frazioni di secondo, libero, padrone del mondo e di te stesso.
Pochi nella mia città hanno una vera e propria concezione di libertà.
Conoscono il significato di quella famosa ‘libertad’ solo per sentito dire, quasi fosse una follia che effettivamente una concezione così pura e felice di realtà possa esistere.
Ma se mi dovessi lamentare come quel viziato di un bianco di James, allora per favore Madre, dammi due colpi e fammi ritornare alla realtà, a quella mia tanto amata, quanto odiata, libertad.
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AMY’S POV
“Caro diario, oggi ci trasferiamo. Ieri pomeriggio ho salutato Mary.
Non so nemmeno se questa è l’ultima volta che ti scrivo. Sarebbe troppo difficile ricominciare a scrivere da capo: nuova vita, nuove amicizie, nuova scuola, nuovo tutto. So già che fitta mi prenderà appena il mio cuore realizzerà effettivamente che non è una pura illusione, solo semplice dura realtà. Ma va bene, è per mio padre, tiene molto al suo lavoro.
Il trasferimento, di cui ti ho parlato la settimana scorsa, non era esattamente ciò che ci aspettavamo, viste e considerate le circostanze nelle quali abbiamo vissuto fino ad ora.
Stavamo bene, ma come potremmo non accettare un verdetto del giudice? Se mio padre non viene più considerato idoneo al proprio lavoro, è bene che facciamo le valigie e ce ne andiamo in chissà quale posto sperduto … ma chi ha paura, ha solo da perdere no? E io non voglio perdere, non ne sono abituata e di certo non voglio che mi ci abitui. Guardare in faccia la realtà con occhi chiusi, a volte, è il modo migliore per scappare via e non ammettere tutte quelle inquietudini che ti farebbero restare ferma per tutta la tua vita.”
 
“Amy, per piacere, devi muoverti. Non possiamo sprecare tempo inutilmente, il viaggio è lungo.”
Quelle ultime parole mia madre, poteva pure risparmiarsele.
Dovetti posare la penna, chiudere il diario, guardare per l’ultima volta fuori dalla finestra e andare. Ma se avessi saputo esattamente che la mia vita avrebbe preso una delle svolte più brutte e meravigliose allo stesso tempo che potessi mai immaginare, probabilmente non sarei stata così incerta di partire, avrei subito detto di no … o forse si; dipende da quanta negatività mi circondava quella mattina.
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Dodici ore di viaggio.
Fottutissime dodici ore in macchina ad ascoltare i 1975 e mio padre cantare in sottofondo. Nemmeno le cuffiette hanno potuto deviare quei suoni osceni dalle mie orecchie.
Ma gli occhi sarebbero stati feriti maggiormente subito dopo esser scesi dalla macchina.
Eravamo appena passati da un villino con un giardino modesto con aiuola e tanto di fiori, ad una abitazione sciatta, sul rosa opaco ormai mezzo ingiallito (colore orrendo solo ad immaginarselo) con pochi metri di giardino rinsecchito e finestre di quel verde morto che si vede nei film.
Entrammo senza proferire parola. All’interno non era male, se non consideriamo un po’ di polvere e mobili quasi inesistenti.
“Che bel disegno!”- esclamò mia sorella Anne, di dodici anni.
C’era effettivamente sul muro, accanto a quello che sarebbe dovuto essere un divano, un quadro molto bello. Una ballerina, che credevo  fosse spagnola (d’altronde ancora non sapevo bene come si chiamassero in quella cittadina), con degli splendidi capelli biondi raccolti in una lunghissima treccia, occhi fissi a terra, vestito a due pezzi azzurro; stava ballando, ma ancora non sapevo cosa.
Salii le scale e andai in camera mia. Se escludiamo il fatto che era la metà della mia vecchia cameretta e che la finestra era mezza rotta, posso dire di esser rimasta molto soddisfatta ed entusiasmata in quel momento.
Letto, comodino, scrivania con sedia ed un piccolo armadio. Mi bastava? Un giorno arrivai a pensare che era addirittura troppo.
 
Cenammo fuori quella sera. Anne voleva mangiare i tacos. (come se non li avessimo mai mangiati prima) Papà era taciturno e mamma cercava di rallegrare la comitiva facendo notare ogni singolo negozio che passavamo in macchina, anche se forse per migliorare le cose sarebbe stato meglio parlare di tutto, eccetto quello con cui ci stava cercando di rallegrare.
All’epoca le strade di sera erano deserte, con una marea di negozi, ridotti in condizioni “terrificabilmente da brividi” (come disse successivamente mia sorella), chiusi e nemmeno con insegne illuminate.
Ma “Da zio Carlos” ce l’aveva l’insegna illuminata e sembrava essere un ristorante, con quattro gatti dentro ma pur sempre un ristorante.
“Un tavolo da quattro per favore”-chiese gentilmente mio padre
“ Ah, El señor Walley! Jonas, verdad? Bienvenido! L’aspettavamo tutti. Non capitano molti insegnanti di voi, qui. Vi do un consiglio amico mio: resistir. Vedrà, si abituerà fra un poquito e le cose andranno meglio di come si prospetteranno. Mi chiamo Dolores comunque, per qualsiasi cosa sapete dove trovarmi!”
Rimasi molto colpita dall’allegria di quella donna; bassina, massiccia con capelli corti neri, sorriso a 360 gradi.
Non riuscivo a capire come potesse esser così felice in un luogo che sembrava essere immune della felicità.
Effettivamente i tacos erano buoni ma era tutto così surreale..fino a quando sentimmo delle sirene.
“Ah señor! Mi dispiace, appena arrivato! Non si preoccupi, mi segua, dobbiamo scendere in cantina quando suonan le sirene.
La policía llegó e dobbiamo restare al sicuro.”
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Thomas’ POV


Avevo ancora le mani piene di sangue dal lavoro della notte quando mi avviai a prendere il posto a mensa.
Non ero andato alle lezioni ma avevo fame e senza un posto dove andare.  Entrai facilmente.
Come di consueto ero da solo, il mio amico Hector si era ammalato in quel periodo.
Non ero molto socievole e di questo me ne dispiaceva; ma per ogni persona a cui mi rivolgevo sembrava ci fosse una linea divisoria che ci separasse.
Alla fine nel nostro tipo di vita dividevamo il tempo in divertimento e lavoro, lavoro e divertimento sfrenato. Quando si aggiungeva quel ‘sfrenato’ però, le cose cominciavano a peggiorare e non si riusciva più  ad avere il controllo su ogni tipo di circostanza. Si perdeva la vita come si può perdere una matita tenuta con due dita mentre si corre, facile come tutte le ragazze facili con cui James era stato.
Non potrei  nemmeno riuscire a misurare il livello di odio che provavo verso quel verme bianco. Era l’unico ricco della nostra città; veniva da Londra.
Se gli stavi dietro ricevevi dei premi in denaro, come dei cani a cui si da l’osso se fanno i bravi. Il motivo per cui James si era trasferito da noi lo venimmo a sapere solo dopo e questo causò non pochi problemi.
 
Il gruppetto dei suoi cagnolini stava discutendo vivacemente su un accaduto. L’accaduto.
A volte succedeva.
Era normale ma non si faceva che parlare d’altro quando la policía vino; i poliziotti che arrivano creavano sempre scalpore.
Ormai accadeva frequentemente ma non è mai facile accettare la realtà.
“Non è più possibile, capite? Ci intimoriscono soltanto. Vorrei vederli in faccia quelli lì. Vedere se sgobbano per quasi tutto il giorno come noi al posto di venire qualche volta la sera a creare casino senza senso.”
“Come fai a dire che non hanno una giustificazione? La legge lo prevede, sono costretti..”
“Ma quale legge? Ti sembra ci siano leggi in questa terra? La tierra de los trabajadores non ha leggi, amico mio.”
“Non mi sembra un buon motivo tirare in ballo le leggi per giustificare lo scempio che commettono quei fottutissimi tizi mascherati da ‘difensori dell’ordine’.  Sono loro che creano disordine e mettono sottosopra ciò che prima era ordine!”
“Dio maledica quell’usurpatore che ci ha condotto a questo inferno!”
“Che orrore vedere cosa hanno combinato ieri sera..si dovrebbe farli fuori tutti uno per uno”
“Che è successo ieri sera?”
“ Da Carlos… gli hanno ridotto a frantumi il ristorante.”
“Questa poi! Mica lo sapevo..poveretto, come sta lui?”
“Stanno tutti all’ospedale. Ah Jamie scommetto rosicherai ora che non sei più l’unico bianco in città”.
Quest’ultima affermazione prese l’attenzione di tutti, compreso del londinese, a cui non importava niente dei discorsi che stavano tenendo i suoi scagnozzi.
“Ah si?”- rispose con aria di nonchalance
“È arrivato Jonas Walley con la sua famiglia, il nuovo insegnante di lettere. Da Boston. Peccato che ha trovato un benvenuto un po ‘movimentato’ ieri eh?”
Ci fu una risata vivace, di quelle che si fanno per amarezza e per non finire a disperarsi.
Ma io pregai per James e  la sua famiglia, che ancora non conoscevo, e per Carlos e Dolores, perché non fosse accaduto loro niente di male e  riuscissero a passare anche questa.
Posai il vassoio in una mensola, uscii dalla scuola e senza pensarci cominciai a correre;
Dio solo sa quando mi sentivo meglio.
 



 
Buonasera a tutti coloro che vorranno leggere questa storia!
Sarò breve, non è la prima storia che scrivo ma questo racconto che ho deciso di scrivere è diverso dalla solita storia d’amore tra due teenagers americani o inglesi. Ci troviamo in un paese degli Stati Uniti influenzato dall'America Latina come avete intuito e dal prossimo capitolo scoprirete anche il nome della cittadina. Dal titolo si può capire il tema che verrà portato avanti nella narrazione e a cui tengo particolarmente, essendo anche un argomento attuale. Ma si capirà meglio già nel prossimo capitolo, promesso.
Spero vi piaccia e che mi possiate esprimere le vostre primissime impressioni sulla storia ma soprattutto andando avanti. Grazie se lo farete.
Buona lettura (qualsiasi cosa stiate leggendo. Leggere è per me il ‘correre’ di Thomas e spero lo sia anche per molti di voi!)
Giulia :)
   
 
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