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Autore: MadaraUchiha79    22/02/2016    2 recensioni
Una volta sporcata un anima non può essere mondata.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Madara Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun contesto
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Un boato e il rumore delle vetrate infrante avevano privato dell'udito la maggior parte degli agenti . Le celle di detenzione della centrale erano in parte crollate. Le macerie avevano invaso il già limitato spazio abitabile delle celle. Madara si era salvato per miracolo dal crollo del soffitto. La polvere dello sgretolamento di intonaco e cemento aveva coperto i suoi raffinati abiti scuri, i suoi capelli e la pelle scoperta di mani e viso.
L'uomo si alzò dalla sua posizione a fatica e raggiunse a passi incerti le sbarre. Gli allarmi impazziti e l'illuminazione a intermittenza davano alla vista del suo unico occhio uno scenario apocalittico.
  -Fottuto bastardo. Dovevo aspettarmelo da un codardo come te.-
  - C'era da aspettarselo,Madara.-
La voce di Itachi risuonava pacata,in contrasto alla concitazione di quella situazione. Parlava come se fosse svuotato di angoscia e paura.
  -Non sopporto la tua calma, Itachi. Tokyo è saltata in aria. Quel bastardo ci ha messo in scacco. Siamo fottuti,lo capisci? Tutto quello che ho costruito in questi anni è molto probabilmente andato in macerie,come questa cazzo di cella. E poi...-
 Non completò la frase. Non aveva nemmeno intenzione di pronunciare quell'ipotesi,che, spaventosa si faceva strada nella sua mente. Itachi la esacerbò per lui, con atona brutalità.
  -È probabile che non ci sia stato scampo per coloro che sono là fuori. Nonostante questa cella sia crollata,ha comunque retto l'onda d'urto dell'esplosione, ma chissà che cosa è successo alla mia casa, alle sale giochi,all'ospedale ,alla villa? Se tu non avessi deciso di coronare la tua gelosia morbosa in questo modo perverso,avremmo potuto vivere accanto a loro anche questa apocalisse.-
  - Itachi,non comportarti in questa maniera a dir poco stucchevole, riempiendoti la testa di se e di ma. Che cosa avremmo potuto fare? Disinnescare centinaia di bombe nascoste nel giro di tre minuti? Sei ridicolo. Lasciatelo dire, Itachi.-
 Madara non ricevette alcuna risposta o replica dal nipote. Il silenzio delle loro voci lascito campo libero al suono degli allarmi e alle grida dei poliziotti. Nessuno si sarebbe preoccupato di trarre in salvo due reietti come loro. In casi come quelli, il primo pensiero è sempre la propria pelle.
L'altruismo si perde,fagocitato dalla paura di sopravvivere o  di perdere le cose più importanti. Si scappa, da un pericolo che oramai è stato e non può essere più evitato. Tanta gente era rimasta senza metà,per strada. I passi incerti e spaesati delle persone che si guardavano attorno per constatare la portata dell'esplosione accompagnavano l'andatura sicura di un uomo di media statura. Sembrava che quella serie di ferite diffuse in città non riuscisse ad impressionarlo. Seguiva il suo obiettivo, imperscrutabile. Arrivò di fronte ad una saracinesca accartocciata dalle schegge rilasciate da una delle esplosioni. Il cemento si era trasformato in proiettili e aveva perforato il resistente ferro di quella serranda. Diede uno sguardo all'interno. Sì, era il luogo giusto. Il GPS aveva funzionato più che bene. Lo aveva portato diritto all'auto nera,ora compressa sotto il peso delle macerie.
  - I giovani non capiscono il senso della prudenza -
  Espresse quella frase senza il minimo timore di essere sentito. Il braccio ferito gli faceva male al minimo movimento. Non avrebbe potuto spostare le macerie per poter passare. Decise così di sfruttare il suo fisico minuto per passare dalla finestra posta sul lato dell'edificio. Con la mano sinistra abbatté il poco vetro rimasto attaccato all'infisso.
All'interno del garage aveva riconosciuto la voce familiare di Deidara. Folle più del solito stava spiegando ciò che lo aveva spinto a quella follia con toni poco comprensibili.
  -Io non sono pentito? Perché dovrei esserlo,Izuna?Mh? È la mia ragione di vita!Il mio...-
 Deidara interruppe il suo dire. Si era voltato verso la finestra poco dopo che i vetri rimasti ancora attaccati ad essa caddero a terra con un fastidioso fragore. Qualcuno era entrato da lì e non gli ci volle molto a riconoscerlo .
  - Sasori...no Danna !?-
  -Tradire i propri alleati è triste ma comprensibile se rappresenta una scelta necessaria alla propria realizzazione personale,ma prestare i propri servigi a qualcuno che intende distruggere quello che hai costruito, annientando le tue radici, cancellando parte della tua storia,è stupido,vuoto, insensato.-
  -Non hai il diritto di accusarmi! La mia ARTE è esplosione! -
  Sasori rigirò tra le dita della mano sinistra la pistola che prima teneva nascosta nella tasca interna del giaccone rosso mattone. La puntò sulla fronte di Deidara e accarezzò il grilletto con l'indice.-
  - Allora permettimi di farti esplodere il cervello, Deidara.-
La voce di Izuna fermò i gesti di Sasori.
  - No ,non farlo. Deidara sa ogni cosa e ci servirà per fermare la conclusione finale .-
  Deidara replicò urlando all'affermazione di Izuna.
  - No! Non ti aiuterò mai, moccioso! Io non rinuncerò mai alla mia arte! Mai! Sono ad un passo dal realizzarlo! Non mi lascerò intenerire da un ragazzino storpio!-

Sasori non perse tempo e colpi bruscamente il capo di Deidara con il calcio della pistola. Il biondo, già debole, perse finalmente i sensi e si ammutolì.

-In qualche modo, lo farò parlare io. Conosco bene Deidara e so che tasti toccare per fargli cambiare idea. E’ vedere la sua arte realizzata quello che vuole? Lo convincerò a rivolgere le sue intenzioni verso il nostro nemico.-

Izuna non rispose alle parole di Sasori. La sua preoccupazione era diretta ad Akane, ancora priva di conoscenza, distesa a pochi metri da lui.

-Ho bisogno d’aiuto.-

Lo disse quasi piangendo, stringendo i propri pugni fino a farsi male.

-Lo so, ho già chiamato la squadra per questo. E’ soltanto questione di tempo e saremo di nuovo riuniti, più forti di prima, anche perché i nostri nemici storici diventeranno sicuramente nostri alleati.

Ferito, legato ad una sedia da pesanti catene di ferro, al cospetto di Nagato. Era finito così, Jiraiya. Il sangue perduto lo aveva privato di forza e sensi per opporsi. Era faticoso persino replicare alle accuse di quel ragazzo che aveva tutta l’intenzione di infierire su di lui.

-Jiraiya-sensei, è giunto il momento di rendere conto di tutte le azioni passate. Il Dio di questa era ha già punito i chi ha vissuto alle sue spalle. E’ rimasto solo lei.-

Nagato teneva un lungo chiodo stretto tra le dita. Jiraiya lo fissò appena da sotto quelle palpebre stanche e quasi chiuse.

-Non è il modo giusto.-
-Lo ha ripetuto fino alla nausea, ma non mi ha ancora convinto. Per quanto ha intenzione di proseguire? Fino a che non morirà?-

L’ultima parola venne pronunciata in maniera più rumorosa da Nagato e corrispose ad un grido di dolore di Jiraiya. Il lungo chiodo si era conficcato sul palmo della mano sinistra a causa di una pressione folle delle dita del ragazzo. Quanta rabbia poteva animarlo a quel modo?  

-Non è che l’inizio! I peccati che lei ha compiuto verranno epurati dal suo sangue! Ogni dolore inflitto a noi,sarà ripagato con quello che arrecherò alla sua pelle. Konan voleva occuparsi di questo, ma ho preferito farlo di persona. La torturerò fino a toglierle la vita. Se lei non ci avesse abbandonato, se Madara non ci avesse tradito, tutto sarebbe andato in modo molto diverso.-
-Non è ferendo allo stesso modo qualcun altro che si sazia il proprio cuore ferito…Comprendere il dolore, dovrebbe portare a non ripeterlo, a non infliggerlo, ad evitare che gli altri soffrano quanto tu hai sofferto. Tutti abbiamo perso qualcosa, ma soltanto gli egoisti pensano di vivere di vendetta  e rimorso.-
-Io egoista?!-
Fuori di testa, Nagato si armò di un martello, uno dei tanti contenuti in quella sala attrezzata proprio per le torture. Abbattè il suo peso sul chiodo che andò a conficcarsi più in profondità, trapassando la mano del poliziotto da parte a parte e puntellandola sul legno della sedia.
-Siete stato voi,l’egoista, e per questo pagherete. La vostra morte verrà solo dopo una lunga agonia!-

Il parabrezza era saltato e lo sportello del passeggero era rientrato abbastanza da incastrargli una gamba. Sasuke tentava in tutti i modi di liberarla, ma quella dannata plastica e quella lamiera, non avevano la più pallida intenzione di smuoversi. Hashirama era riverso sul volante. Era strano che un poliziotto, ligio al suo dovere, non avesse indossato la cintura di sicurezza. Probabilmente era privo di sensi. Respirava ancora, anche se il sangue di una ferita che aveva sulla sua fronte, lasciava uscire parecchio sangue. Sasuke lo scosse, ma l’altro non si risvegliò.

-Dannazione! Dannazione! Svegliati imbecille! -

Sasuke era preoccupato da quelle fiamme che avvampavano sul marciapiede. Se solo avessero lambito l’auto sicuramente carica di carburante, sarebbero saltati in aria o morti carbonizzati. Cercò il telefonino all’interno della tasca sinistra dei pantaloni, ma non c’era. Era dall’altra parte, sicuramente.  Si impegnò a spingere il braccio destro sotto la plastica spaccata e deformata del rivestimento dello sportello. Fu un impresa dolorosa riuscire a recuperare quell’oggetto tanto usato.  Premette il tasto di accensione per visualizzare il bloccaschermo. Il touch screen era incrinato e i cristalli liquidi distrutti in parte. Non vedeva ciò che faceva, se non la cornetta verde che gli consentiva di chiamare. La premette due volte, sperando che il primo numero nel registro chiamate fosse utile a qualcosa. Il telefono squillò più volte e ad esso rispose la voce di Shisui.

-Sasuke! Chiamo da tanto al tuo numero!-
-Shisui, dove sei? E’ una fottuta emergenza! Sono un un’auto che sta per essere bruciata, esploderemo cazzo! Esploderemo!-
-Dove ti trovi esattamente?-
-Non sono molto distante da casa mia!-
-Io sono vicino all’ospedale. In qualche modo prenderò una macchina e ti raggiungerò. Cerca di resistere!-
-Non dipende da me, dannazione! Muoviti, Shisui! Muoviti!-

Shisui chiuse la chiamata. Si trovava nel parcheggio dell’ospedale. Le macerie e le fiamme di alcune auto contagiate dall’esplosione gli rendevano difficile il concentrarsi. Si avvicinò alla prima macchina ancora integra. Sfondò il finestrino con un paio di gomitate ben assestate, rese più forti dalla fretta e dalla preoccupazione. Una volta aperte le portiere, entrò nell’abitacolo e fece partire il motore agendo sui fili dell’avviamento posti dietro il volante. Era esperto in furti d’auto e non ci mise molto a muovere quell’utilitaria fuori dal parcheggio, in direzione della casa di suo cugino.  Arrivò appena in tempo, tanto che le fiamme si erano iniziate a propagare a pochissima distanza dall’abitacolo della macchina di Hashirama. Scese dall’auto e corse in soccorso del cugino e tentò di forzare lo sportello sfondato. Non gli fu possibile aprirlo, così decise di passare dall’altra parte. Aprì lo sportello del guidatore e tirò fuori Hashirama ancora privo di conoscenza.  Lo distese a terra, alla rinfusa. Era soltanto un sbirro e non meritava nessuna attenzione.

-Cosa pensi di fare, Shisui? Eh?-
-Questa macchina può ancora muoversi. Dobbiamo raggiungere uno dei garage della famiglia e rimuovere lo sportello.-
-Hai intenzione di lasciarlo lì?-
-Sì, in questo momento non posso pensare ad uno sbirro. Meno ce ne sono di loro, meglio è.-

Sasuke osservò il cugino, oramai salito al posto di guida. Non si espresse oltre.  Forse era meglio partire subito, anche se ciò avrebbe significato abbandonare un uomo ad un probabile triste destino.

-Andiamo.-
Disse Sasuke con voce ferma.
-Voglio uscire da questa merda, cazzo!-
Shisui annuì e compì una retro marcia.  L’urto frontale che la macchina aveva subito quando Hashirama ne aveva perso il controllo in seguito all’esplosione, l’aveva gravemente danneggiata. La destinazione, però non era lontana, fortunatamente.

Rasetsuya e Yoake avevano compiuto la strada a ritroso, ma essa risultava interrotta. Non poterono raggiungere la centrale e decisero di fermarsi in maniera da contattare qualcuno degli altri attraverso un telefono pubblico. Si erano fermate presso un bar semi distrutto. Le esplosioni avevano dilaniato l’edificio in più punti e avevano portato a diversi crolli. Avventori e lavoratori avevano lasciato l’edificio incustodito. La musica della radio suonava ancora e il grosso schermo led trasmetteva le notizie dell’ultim’ora. Alcuni tavoli erano stati schiacciati dal peso delle macerie e con essi anche la vita di ignari avventori, giovani per lo più.
-Il telefono non funziona come il mio fottuto cellulare.-
-E’ normale che le linee saltino in momenti come questo. Anche il mio non riesce ad agganciare un segnale accettabile.-
-Questa zona è quella più danneggiata…Siamo isolate, completamente. Persino le strade sono interrotte. Passare quelle voragini è impossibile anche per me, con la mia macchina ridotta in questo modo.-
-C’è sempre una possibilità, soltanto che nel panico non riusciamo a  vederla. Questo quartiere era gestito da Orochimaru Hebiyama e io lo conosco molto bene, in ogni singolo dettaglio. Ci sono dei passaggi che non saranno sicuramente stati toccati dalle esplosioni, vie sicure attraverso le quali passavano le merci più importanti. Non dobbiamo fare grandi spostamenti, dobbiamo arrivare al carcere.-
-Il carcere?-
-Sì. C’è una persona che voglio assolutamente vedere.-
-Non farò un viaggio inutile. Ho i miei parenti e i miei amici da salvare.-
-Portarli via da una cella crollata non li salverà da un pericolo più grande.  Dobbiamo fermare il problema di fondo, Rasetsuya. Solo a quel punto potremmo dire di essere riusciti a salvarli.-
Rasetsuya non seguiva il discorso di Yoake.  Lei era impulsiva e non perdeva tempo a riflettere, ad ideare strategie. Voleva risolvere tutto e subito, ma con molta probabilità, il piano della ragazza dai capelli color cioccolato proponeva una soluzione precisa e definitiva. Aveva visto fino a poco prima che l’amore che quella giovane provava per Itachi era più che autentico e Rasetsuya sapeva che quando una persona così razionale e controllata si innamora per davvero, lo fa così immensamente da non poter nemmeno concepire il mondo senza l’altro. Anche se lui aveva altri modi, Madara si poteva dire molto simile a Yoake.
Questo la portò a sorridere leggermente.

-Immagino che sarà una strategia che non lascerà aperture al nostro nemico.-
-No, nemmeno una. Lo intrappoleremo da ogni fronte e otterremo la nostra libertà.-
-Allora andiamo in carcere, ma sarà la prima e l’ultima volta, ok?-
-Faccio strada, utilizzeremo il passaggio che è servito a Kimimaro Kaguya per evadere la prima e unica volta che fu arrestato.-

La guida di Yoake condusse le due donne a percorrere un passaggio sotterraneo che partiva dal retrobottega del bar. Le esplosioni avevano crepato le pareti scavate nel sottosuolo e per certi tratti, avevano scoperto l’esterno. 

-Se queste bombe sono state la preparazione di qualcosa di più grosso, non oso immaginare che potenza distruttiva avrà l’ultimo atto.-
-Molto probabilmente raderà al suolo l’intera città. Sembra che il nostro nemico non abbia la benché minima paura di autodistruggersi.-
-Un po’ come tutti noi.-

I telegiornali passavano incessanti alla tv dell’atrio riservato ai detenuti in ora d’aria.  Orochimaru osservava attentamente le immagini che correvano sullo schermo. Al contrario del solito, egli non riusciva a ghignare soddisfatto della distruzione, no.  La sua espressione era rigida, quasi contorta da una strana rabbia.

-Ti avevo consigliato di non avvicinarti a loro, Jiraiya.-

Anni di attività illecita e accumulo di ricchezze fuori dal normale erano andati in fumo in una manciata di minuti. Tutto completamente perduto, come il prestigio del suo nome all’interno di quella città. Una caduta pazzesca dall’Olimpo del dominio, gli aveva fatto perdere la voglia di pianificare la sua liberazione.  L’intera compagine dei suoi sostenitori si era venduta ad altri. La serpe era rimasta sola a strisciare nel buio di una prigione.  Era rassegnato? No, non lo era, ma da quella posizione non riusciva più a vedere nemici e alleati con chiarezza.
Rimpiangeva di aver collaborato con Shimura e di aver perso così tanto per colpa di quell’Uchiha troppo esuberante, un fallito.
Il suo annegare nel rammarico venne interrotto dalla voce atona del secondino che lo richiamò. Aveva una visita. Inutile dire che rimase sorpreso, ma con tutta la calma del mondo raggiunse la sala designata agli incontri con le persone libere.

-Non mi aspettavo di vederti proprio qui, Kaguya Ootsusuki.-
  
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