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Autore: AnnabethJackson    22/02/2016    4 recensioni
Zach scosse la testa, facendo un sorriso amaro. «È assurdo.»
«Che cosa è assurdo?» domandò Hailey, anche se sapeva esattamente a cosa lui si stesse riferendo.
Zach rimase in silenzio per qualche istante, poi fece un cenno con il mento. «Questo» disse. «Io e te, qua. Dopo cinque anni.»
Calò il silenzio: che cosa si poteva dire dopo una frase del genere?
"Sì, è assurdo. E sì, sono passati cinque anni. Ma che ti aspetti, Zach?" Se Hailey avesse risposto in quel modo, al suo posto se ne sarebbe andata via senza un'altra parola. Dopotutto, tra i due, era lei a dovergli delle spiegazioni.
«Pensavo di non vederti mai più, sai? Non dopo cinque anni in cui non ti sei più fatta viva.»
«Mi dispiace. Non era mia intenzione andarmene così, credimi.»
«Non era tua intenzione? Davvero?»
«No, Zach» sussurrò. «Te lo giuro. É che... Ho dovuto.»
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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0.PROLOGO
 


5 ANNI PRIMA


 

Libero.

Ecco come si sentiva Zach Powell mentre camminava sull'interminabile marciapiede dell'isolato di Hailey, con le mani inserite nelle tasche dei jeans slavati e lo sguardo che pareva seguire l'avanzare regolare e cadenzale dei suoi piedi, uno davanti all'altro. Ma in realtà i suoi occhi non vedevano le Nike nere e bianche che calzava, leggermente più lunghe della sua misura; bensì Zach era concentrato su alcuni sassolini che stava calciando da un po', esattamente come faceva alcune volte da piccolo mentre camminava al fianco di sua madre, mano nella mano, sempre percorrendo quella stessa via.

A quel tempo Amelia non era ancora arrivata a fidarsi di lui tanto da permettergli di andare a far visita a Hailey da solo in autonomia, malgrado le innumerevoli volte in cui era stato a casa della sua migliore amica. Inoltre, il mezzo buco di topaia in cui vivevano lui e sua madre distava poco più di un isolato, una lunghezza relativamente troppo grande per un bambino di prima elementare. Così aveva tartassato Amelia per oltre due anni e, solo in seguito a continue suppliche, infine era riuscito a convincerla.

Zach ricordava bene il momento in cui aveva alzato lo sguardo la terza volta che aveva fatto quella strada a piedi, dopo aver seguito con gli occhi il percorso del sasso bianco calciato per tutta la durata di quella che, al tempo, gli sembrava una lunga passeggiata. Davanti a lui aveva visto Hailey appoggiata al tronco del faggio gigante piantato nel suo giardino, intenta a leggere uno dei libri che aveva sempre in mano e, forse a causa del vestito bianco che indossava e dei capelli biondi lasciati liberi al vento, gli era sembrata quasi surreale alla luce soffusa del sole che filtrava attraverso le foglie dell'albero.

Si fermò dopo una decina di metri, così, senza una vera e propria ragione, e chiuse gli occhi per qualche breve istante, beandosi della sensazione di leggerezza e spensieratezza che la libertà gli conferiva.

Finalmente poteva tirare un sospiro di sollievo: la scuola era ufficialmente finita, per sempre, a meno che Zach non avesse voluto frequentare il college.

Produsse uno sbuffo di divertimento a quell'idea che, in realtà, non era poi così malvagia. Dopotutto, per ottenere un lavoro che gli garantisse un mantenimento sufficiente per andarsene di casa e aiutare la madre con gli eventuali problemi finanziari, aveva seriamente bisogno di una laurea. Inoltre doveva davvero cominciare a pensare con serietà al suo futuro, anche quello lontano: e se, in un tempo non troppo vicino, avesse deciso di mettere su famiglia? Come avrebbe fatto a mantenere una moglie e degli ipotetici figli? Certo, prima, però, doveva trovare una ragazza che facesse al caso suo. Non voleva rischiare di finire bloccato in un matrimonio insoddisfacente, proprio come succedeva alla maggior parte degli adulti negli ultimi decenni, per poi divorziare qualche anno dopo la nascita di un piccolo pargoletto che avrebbe sofferto a causa dell'assenza di uno dei due genitori per tutta la durata dell'infanzia e dell'adolescenza. Quel senso di abbandono gli era fin troppo familiare per poterlo ignorare e fare l'indifferente.

In poche parole, voleva essere diverso da suo padre.

Di nuovo, rise tra sé e sé, dandosi dello stupido.

C'era tempo per pensare a quelle cose: che senso aveva trastullarsi il cervello per questioni non imminenti? Insomma, non erano bastati tutti quei discorsi seri che aveva fatto con Hailey per anni per averne piene le palle per un po' di tempo? Certo, nel caso di Hailey tutto era diverso: abituata a pianificare ogni singola cosa della sua vita nei minimi particolari con un margine di tempo considerevole, non era strano che avesse deciso l'università che avrebbe frequentato dopo il diploma già diversi anni prima.

Davvero, Zach era stato molto felice quando, finalmente, Hailey aveva smesso di parlare solo e soltanto di domande d'iscrizione e corsi da frequentare. Certo, aveva dovuto sopportare quello strazio per mesi, ma, alla fine, Zach doveva riconoscere che un po' gli era stato utile: ora sapeva recitare a menadito sia la storia della Columbia che quella della Boston University.

Ma Hailey era Hailey, e Zach era Zach. Lui viveva nel presente, lei proiettando tutte le scelte verso il futuro. E così sempre era stato.

Il ragazzo scosse la testa per scacciare quei pensieri, riprendendo poi a camminare.

Aveva o no deciso di rimandare la questione ad Agosto, solo dopo il suo compleanno? Sul serio, al massimo avrebbe dovuto saltare un semestre: la fine del mondo, a sentire Hailey, ma lui era ben felice di prendersi qualche mese di pausa dai libri. Dopotutto, non era mai stato quello che si definisce propriamente un genio, non se messo a confronto con Hailey e la sua carriera scolastica.

E poi non era riuscito nemmeno a godersi nemmeno un singolo istante di quella prima settimana di libertà dopo la consegna dell'agognato diploma: Amber non aveva smesso un solo momento di assalirlo con chiamate e messaggi, e ovviamente di visite a sorpresa a qualsiasi ora del giorno, cercando di convincerlo a tornare insieme, come già aveva fatto qualche mese prima, quando avevano deciso di prendersi una piccola pausa che poi si era rivelata essere fatale per la loro relazione.

Zach era stato chiaro fin dall'inizio: dopo il ballo di fine anno, a cui Amber teneva tantissimo, avrebbero rotto ufficialmente e definitivamente, sebbene la loro storia fosse terminata già un mese prima di quell'evento. Che poi, al ballo, lei lo aveva abbandonato già dopo il primo lento, concentrata sul farsi la compagna pubblicitaria dell'ultimo minuto per la tanto agognata corona di reginetta. Così Zach, ben felice di essersi liberato di quella ragazza – la quale era stata più una tortura che un piacere a ben pensare – prima del previsto, se n'era andato con...

Il ragazzo scosse la testa ostentatamente, scacciando il ricordo appena affiorato nella sua mente. Non doveva assolutamente ripensare a ciò che era successo dopo essere scappato dal ballo quella sera: l'avventura vissuta con lei era stata, senza ombra di dubbio, la migliore di tutta la sua vita e c'era mancato davvero poco che il giorno seguente lui avesse provato a darvi una continuazione duratura, proponendo ad Hailey di uscire per un vero e proprio appuntamento, ma nei giorni seguenti lei si era comportata come se nulla fosse accaduto, e non ne avevano più parlato. Anzi, le cose tra loro, dopo, erano persino peggiorate, malgrado Zach avesse stampato nella mente il sorriso di Hailey quella notte, così radioso e leggero da sembrargli ogni volta che ci pensava un miraggio mistico.

Erano migliori amici da una vita, eppure non si era mai sentito così lontano da Hailey come nei giorni seguenti al ballo: stranamente tra loro non c'era stato imbarazzo, com'era logico che fosse, ma, al contrario, il loro rapporto si era come congelato e lui non sapeva più che fare. Aveva una voglia matta d'invitarla a uscire con lui, pronto anche a rischiare di compromettere qualsiasi cosa pur di avere un pretesto per poterla baciare di nuovo, ancora e ancora.

Dio, dopo averle assaggiate, le labbra di Hailey erano diventate come una droga di cui lui ne era dipendente.

E poi, quella mattina, dopo essersi svegliato nel suo letto stranamente presto, si era accorto di una cosa strana: non vedeva Hailey da una settimana, esattamente dal pomeriggio seguente alla consegna del diploma. Zach ricordava di averla sentita dire che sarebbe andata alla festa organizzata al lago quella stessa sera, ma, forse a causa di un paio di birre di troppo, lui non ricordava affatto di averla vista in giro. Né quella sera, né nei giorni seguenti, e lui era stato così occupato a scacciare Amber da non essersene accorto prima. Ed era molto strano perché, malgrado Hailey non amasse molto le feste, difficilmente non vi partecipava, in sua compagnia oppure con Allison.

Ma la preoccupazione di Zach non derivava principalmente dal fatto che Hailey non si fosse fatta vedere al raduno sulla spiaggia: in quasi dodici anni di stretta amicizia, non era mai capitato che lei saltasse il loro abituale pomeriggio del mercoledì, alternativamente a casa dell'uno e dell'altra. Anche a costo di uscire con giaccone e sciarpa in preda ai brividi della febbre, non era mai mancata una singola volta.

Eppure, dall'ultima volta ne erano passati ben due, di mercoledì, ma di Hailey nessuna traccia.

Ovviamente Zach aveva tentato di contattarla con i messaggi e le chiamate, ma il telefono suonava testardamente a vuoto, ancora e ancora, così non c'era stato altro da fare che uscire dal letto, mettere un paio di jeans e una maglietta raccattati dal mucchio sul pavimento, e infilare le scarpe, diretto a casa della sua migliore amica – che forse, sperava, sarebbe diventata presto qualcosa di più.

Non c'era stato bisogno di avvisare Amelia: era tornata tardi da un appuntamento con Burt, l'uomo del momento. Anche se, pensandoci bene, Burt girava in casa già da cinque mesi, un record rispetto a tutti gli altri che erano venuti prima, i quali di solito se ne andavano via nel giro di poche settimane.

E, sempre paragonato al resto degli uomini, Zach doveva ammettere che Burt gli piaceva molto, sopratutto perché sua madre sembrava essere davvero felice in sua compagnia.

Questo per Zach era l'importante: vedere Amelia sorridere aveva davvero il potere di rallegrargli la giornata, a dispetto di qualsiasi cosa potesse andare storto al di fuori di casa. Dopotutto, aveva passato anni – per non dire tutta la sua infanzia – guardando la madre sottoposta a turni sfiancanti in un locale appena fuori città per permettere a lui di avere tutto ciò di cui aveva bisogno, schiacciata dalle numerose bollette della casa e dal resto delle spese necessarie per mantenere un figlio. Zach aveva fatto di tutto pur di alleggerire quel carico ad Amelia ed era stato davvero felice quando lei aveva trovato un posto come segretaria in uno studio di notai: i problemi finanziari erano stati lentamente dimenticati, lasciati alle spalle, e le cose erano diventate più facili, anche grazie al lavoro infrasettimanale di cameriere di Zach.

Zach pensò che, se si fosse trovato al posto di Amelia, difficilmente sarebbe stato in grado di cavarsela da solo, non senza trascurare il proprio figlio: Amelia, invece, era riuscita dove molti avrebbero fallito, distribuendo in modo uniforme il suo tempo tra lavoro e famiglia, sacrificando ovviamente ogni minuto di libertà che poteva ritagliarsi.

Sì, senza dubbio sua madre era la donna più in gamba che avesse mai conosciuto e le sarebbe sempre stato grato per tutto ciò che aveva fatto.

Raggiunse il pianerottolo della casa di Hailey con un sorriso in volto, superando con un balzo i due gradini che lo separavano dalla porta tinteggiata di bianco. Quante volte si era trovato parallelamente nella stessa situazione? Era impossibile stimarne il numero esatto, eppure quello era destinato a essere un giorno completamente diverso da tutti gli altri e Zach lo comprese poco prima di alzare il pugno per bussare.

Vide la propria mano muoversi come al rallentatore, per picchiare sul legno levigato della porta e attendere, con il rimasuglio del sorriso di prima stampato in volto.

Conosceva il signor Anderson – come lui si ostinava a chiamare malgrado il numero infinito di volte in cui Peter gli aveva detto che il nome di battesimo andava benissimo – da tantissimo tempo e per lui era diventato quasi un padre. Se aveva un problema, un dubbio che riguardava l'essere uomo, si rivolgeva sempre e soltanto al signor Anderson, sicuro che lui avrebbe trovato la risposta giusta, che gli avrebbe dato il consiglio migliore per ogni situazione. Non una volta lo aveva deluso.
Non ancora, almeno.

Ma quando la porta di aprì, lentamente, e davanti a lui comparve la figura intera del signor Anderson, Zach sentì che qualcosa non andava. Eppure, il sorriso continuò a persistere sul suo volto.

Peter indossava il suo maglione del giovedì, quello color panna che era finito così tante volte in lavatrice da essere diventato più grigio che non della tinta originale. Zach non sapeva perché il signor Anderson si ostinasse a indossarlo, giovedì dopo giovedì, accompagnato da un pantalone di lino e dalle sue espadrillas a righe. Con i capelli biondi che si ritrovava poi, impersonava un po' lo stereotipo del perfetto padre di famiglia, vestito a tema per la messa domenicale delle dieci. Zach, però, sapeva che quell'uomo aveva poco in comune con ciò che pareva sembrare.

« Salve, signor Anderson. Come va? » domandò, togliendo educatamente le mani dalle tasche, proprio come gli aveva insegnato l'uomo davanti a lui un bel po' di tempo prima.

« Ciao, Zach. Va tutto bene, grazie. »

Quella era la risposta che il signor Anderson gli dava sempre quando lo incontrava, ma, in qualche modo, quel giorno era diversa. Zach non riusciva a capire se fosse il tono di voce apparentemente ostile oppure l'espressione, perché, a differenza delle altre volte, Peter non aveva ancora ricambiato il suo sorriso, malgrado si potessero vedere bene le numerose rughe di espressione che gli incorniciavano gli occhi, le quali suggerivano quanto quell'uomo avesse riso in vita sua.

Fu allora che anche il sorriso di Zach cominciò a incrinarsi.

« Hailey è in casa? » domandò imperterrito lui, decidendo di non far caso a tutti gli indizi che, al contrario, suggerivano di starsene in silenzio.

Perché il signor Anderson lo stava fissando con quella strana espressione? Guardarlo negli occhi era come stare davanti al lago durante i giorni di tempesta, quando il vento infuriava e le onde dell'acqua si increspavano. Eppure, Zach era sicuro che Peter non fosse arrabbiato: nel quel caso l'uomo si sarebbe limitato ad aprirgli la porta, per poi chiudersi nel suo studio senza un minimo cenno di saluto.

Che diavolo stava succedendo?

Dopo qualche secondo, il signor Anderson scosse la testa, lentamente, senza mai smettere di guardarlo in quel modo strano, quasi come se fosse contrario alla domanda che il ragazzo aveva appena posto.

Zach si diede mentalmente del deficiente: che andava a pensare? Perché mai Peter doveva essergli contrario?

Okay, Hailey non era in casa. Zach evitò di domandarsi dove fosse, sicuro che, probabilmente, la ragazza fosse andata a rintanarsi in biblioteca per sfuggire al caldo torrido degli ultimi giorni. Dopotutto, Hailey diceva sempre che, in biblioteca, si potevano trovare le risposte a tutti i problemi della vita, da un esame particolarmente difficile, fino ad arrivare alla frescura e al calore che, rispettivamente, il ventilatore e il termosifone conferivano in base alla stagione corrente. Con tutte le probabilità, era già entrata nella fase “preparazione per la Columbia University” di cui gli aveva fatto cenno circa un centinaio di volte, e quindi necessitava di tutti i libri sull'architettura disponibili in biblioteca, malgrado Zach fosse sicuro che Hailey li avesse già letti tutti nel corso della sua infanzia e adolescenza.

« Okay, non importa » mormorò Zach, alzando un angolo della bocca. « Passerò più tardi. »

Il ragazzo non si aspettava certo di vedere Peter scuotere il capo nuovamente, sempre con la stessa espressione stampata in volto. Questa volta, però, l'uomo si passò una mano sulla fronte, massaggiando per qualche secondo la zona centrale, come se fosse stanco e avesse seriamente bisogno di uno stacco dal problema che lo affliggeva.

E, con quel gesto, Zach ebbe la certezza sicura che qualcosa non andava sul serio e che lo sguardo contrariato del signor Anderson era davvero rivolto a lui.

Fu allora che la sua realtà ebbe fine, inesorabilmente; la realtà del primo incontro con Hailey a sei anni, quella della loro amicizia, quella della loro migliore amicizia, quella del primo giorno di superiori e quella della notte del ballo.

Tutto finì, l'era di Hailey, della sua migliore amica Hailey, terminò.

Un attimo prima che Peter aprisse bocca per dire le parole inevitabili, Zach comprese che non avrebbe mai dimenticato quel momento, l'istante esatto in cui capì che tutto ciò che c'è di bello al mondo, purtroppo, ha una fine. Eppure, ascoltare quelle parole fu la cosa più difficile che avesse mai fatto fino a quel momento.

« Non è più qui, figliolo » mormorò Peter, guardandolo intensamente negli occhi. « Hailey se n'è andata. »
 




Al piano superiore di quella stessa casa bianca, seduta davanti a una vecchia scrivania in mogano, talmente antiquata da non essere più nemmeno levigata, Hailey poteva sentire tutto ciò che veniva detto giù, sul pianerottolo.

Avrebbe potuto evitarsi un sacco di dolore chiudendo la porta della camera, o mettendo gli auricolari nelle orecchie, ma, sinceramente, non ne aveva voglia. Da vera masochista non era riuscita a resistere alla tentazione di ascoltare un'ultima volta il suono rassicurante della voce di Zach, talmente familiare che molto spesso riusciva a riprodurla fedelmente in sogno. Se proprio doveva andarsene per quello che lei aveva calcolato essere molto tempo, udirlo un'ultima volta sarebbe servito solo a prolungarne il ricordo doloroso, lo sapeva, ma ne sentiva la necessità fisica, oltre che mentale.

Chiedere a suo padre di mentire era stato un gesto ignobile e codardo, ne era consapevole. Ma, costretta a prendere in fretta delle decisioni che avrebbero condizionato per sempre la sua vita, non le era venuto in mente nient'altro. Dopotutto, aveva fatto un piano ed era intenzionata a seguirlo fino alla fine.

Così, con una penna in mano e un foglio quasi completamente bianco davanti a sé, riprese a scrivere da dove si era interrotta, mentre una lacrima silenziosa cadeva sulla carta, sbiadendo qualche parola d'inchiostro. Ma Hailey non se ne curò e lasciò che il suo viso continuasse ad essere solcato da gocce amare, che sapevano di rammarico e abbandono.

Tanto era consapevole che quel pianto non era il primo, né, sicuramente, sarebbe stato l'ultimo.
 




Caro Zach,

No, aspetta. L'appellativo "caro" non va affatto bene per le circostanze. Dopotutto, cosa sei tu per me? Un amico? Il mio migliore amico? Oppure il ragazzo di cui mi sono innamorata giorno dopo giorno, anno dopo anno?

Okay, forse è meglio se ricomincio dall'inizio.
 

...

Ehi Zach,

Ciao.

Ho promesso a me stessa che in questa lettera non avrei fatto la drammatica, restando su toni più scherzosi. Ma insomma, non è così facile vista la situazione, non trovi? Ah, già, tu non lo sai.

Dio, che stupida che sono.

Sto qui a scrivere di umorismo da quattro soldi quando questa lettera non ha nemmeno senso, perché so già che non avrò mai il coraggio di spedirtela, oppure di fartela tramite papà o Allison. Probabilmente, una volta messo il tappo alla penna, riporrò questo foglio di carta nel cassetto della mia scrivania, sotto qualche libro, dove so che tu non guarderesti mai, nemmeno se per caso ti ritrovassi a mettere a soqquadro la mia camera...

Che idea stupida, eh? Decidere di andarmene senza dirti nulla, mandando mio padre a fare l'ambasciatore che non porta pena per evitare di cadere in trappola ai tuoi occhi. Il problema è che, solo guardandomi, riesci sempre a farmi parlare, anche quando non vorrei. E questa volta proprio non posso permettermi di lasciarmi sfuggire una sola parola, anche a costo di non poterti dire addio.

Ora, proprio in questo momento, ti sto ascoltando dalla mia camera mentre parli con mio padre, ed è difficile resistere alla tentazione di scendere le scale, correrti incontro, buttarmi tra le tue braccia e raccontarti tutto. Tu che sei sempre stato il mio confidente, colui che mi ascoltava attentamente anche nel cuore della notte e che mai si lamentava. Dio, quanto mi manca tutto questo.

Zach, non sai quanto io stia soffrendo nel scriverti questa lettera, proprio ora che la scuola è finita e che il nostro futuro è appena cominciato.

Sai, come un'ingenua credevo proprio che dopo il liceo le cose sarebbero cambiate per me, per te, per tutti... E, in un certo senso, è curioso scoprire che avevo ragione, come sempre: le cose stanno davvero per cambiare, ma non come avevo ardentemente sperato negli ultimi anni, stando al tuo fianco. Anzi, se devo essere sincera, questo risvolto ha dell'incredibile: come posso essere stata così stupida? Come possiamo essere stati così stupidi, tu ed io?

Davvero, ho sentito tante storie simili alla mia, ma non avrei mai creduto possibile che potesse succedere a me; non così presto, almeno. Io che pianifico tutto fin da quando ero bambina, io che avevo programmato così bene il futuro da sembrare fin troppo perfetto.

Già... Ovviamente non avevo messo in conto gli imprevisti che possono sempre sorgere.

Imprevisti.

Che buffa parola. Dopotutto, è giusto chiamarlo così? Un imprevisto? Perché, se devo essere sincera, io penso che tutto ciò sia solo un cattivo scherzo del destino che, proprio nel momento in cui pensavo a un risvolto positivo per noi due, ha deciso di fare il bastardo doppiogiochista, mettendomi definitivamente in panchina. Evidentemente, non siamo destinati ad appartenerci, malgrado la notte incredibile che abbiamo passato. Sono certa di non esagerare quando dico che è stata la più bella di tutta la mia vita. Non rimpiango un singolo momento passato insieme a te Zach, devi credimi.

Sto parlando per metafore, vero? Presumo che tu non ci stia capendo proprio nulla di tutto questo mio straparlare... Va beh, sai anche tu quanto mi sia facile perdermi in un bicchiere d'acqua quando vado nel panico. E sì, se te lo stai chiedendo, al momento sono nel più completo panico.

Un panico che mi blocca il respiro, che mi fa lacrimare gli occhi come poche altre volte prima d'ora. Un panico che mi costringe ad abbandonare tutto e tutti in modo da poter tornare a respirare.

Ho bisogno di andarmene, Zach. Scappare da questa piccola città, da questa casa così intrisa di ricordi... da te. Non ce la faccio più a vederti con un'altra ragazza che non sia io. Perché sì, sono gelosa. Così gelosa che più volte sono stata sul punto di strozzare con le mie stesse mani tutte le tue, cosiddette, commensali. Ma questo te l'ho già detto, no?

E poi c'è quel piccolo, minuscolo particolare. Il vero motivo per cui me ne devo andare immediatamente, prima che il virus del pettegolezzo diventi un focolaio epidemico in tutta la città, arrivando alle tue orecchie prima ancora che io possa dire o fare qualcosa.

Ciò che mi preme tu capisca, però, è che lo faccio per te, solo e esclusivamente per te. So cos'hai passato, ciò che hai dovuto sopportare nella vita, e proprio non ce la farei a vederti morire sotto ai miei occhi, schiacciato da quest'obbligo solo perché ne sei per metà responsabile.

Io voglio il meglio per il mio migliore amico, per il mio amore. Io voglio che tu possa goderti la vita appieno come hai sempre desiderato, esattamente nel modo in cui me ne hai parlato il primo giorno delle superiori, ricordi?

Non ti meriti quest'ulteriore fardello sulle spalle, Zach, perché sei una persona d'oro, pronta persino a sacrificare la vita per il bene di chi ami. Quindi, ora, io voglio fare questo regalo a te: per una volta sarò io a sacrificarmi, proprio come hai fatto tu nei miei confronti sempre e comunque.

Me ne vado sapendo che il mio rimpianto più grande sarà sempre quello di non averti mai detto quanto ti amo, quanto tu sia stato essenziale nella mia vita fino ad ora. E, con tutte le probabilità, lo sarai per sempre.

Senza di te non sarei la Hailey di oggi. Senza di te sarei ancora una stupida bambina di sei anni, con uno stupido cappello a visiera e la convinzione di essere sola al mondo. Senza di te, Zach, la mia vita, per quanto interessante e ricca possa essere, non avrebbe alcun senso.

Per questo ti ringrazio di avermi trovata su quello scoglio, di esserti avvicinato per parlarmi malgrado il mio caratteraccio, e di avermi salvata, in tutti i sensi.

Zach, sono lusingata e onorata di averti avuto come migliore amico e, ora, come padre di mio figlio.

Addio per sempre, 
Hailey






Annie ☚ Corner


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Ho deciso di aprire questo primo "spazioautrice" con Daniel perché... bho, perché sì e basta (?)
Salve a tutti, sono AnnabethJackson e questa è la mia storia. Non vi sto a scrivere tutta la mia autobiografia; vi basti solo sapere che sono approdata in questo mondo di originali dopo diversi anni in quello delle fanfiction. Una nuova avventura sotto molti punti di vista, insomma.
Dunque, preciso che a questa storia tengo molto.
Il motivo è dovuto al fatto che ci sto lavorando parecchio su, sia a livello di scrittura ma anche di intreccio...
Da questo prologo, probabilmente, vi sembrerà una trama trita e ritrita, ma io vi chiedo di dargli tempo. I capitoli seguenti saranno molto più lunghi, ve lo garantisco :) Per quanto riguarda l'aggiornamento vi avverto già che passeranno ere tra un capitolo e l'altro, come mio solito, ma prima o poi continuerò sempre.
Ringrazio anticipatamente se qualcuno deciderà di lasciare un commento e/o seguire la storia. (Vi raccomando anche di segnalarmi errori nel caso in cui ne troviate >.<)
Null'altro. Credo.
Grazie di aver letto fino a qui!
Al prossimo capitolo,

Annie 
 

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