Storie originali > Commedia
Segui la storia  |       
Autore: DaisyBuch    22/02/2016    0 recensioni
Vivienne ha vent'anni ed è rimasta orfana da poco. Insieme ai suoi due fratelli Gabriel e Dianne si trasferisce nella casa in campagna dei nonni, lontana dai suoi amici e soprattutto dalla sua amata casa in città. Sempre razionale e introversa, scoprirà che la vita nel paese nasconde molti segreti e l'incontro con lo psicologo Gustav non farà che confonderla sempre di più sulla realtà della storia
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sistemo la nuova camera il meglio possibile. Ognuno ha una stanza per sé, ma dato che Dianne ha paura a dormire da sola per un po’ dormirà con me nella mia stanza. E’ tutta rosa con tema floreale, il letto è ricoperto da una fodera bianca traforata, sicuramente opera della nonna, Katerina, c’è una scrivania di legno chiaro, con delle peonie in un vaso ed un enorme armadio dello stesso colore della scrivania.
La prima cosa che ho fatto è stato mettere il portatile sulla scrivania, per rendere più familiare possibile la stanza, messo un po’ di libri sul davanzale e poi sistemare i miei vestiti nell’armadio. Dopo di chè ho sistemato la cameretta di Dianne, facendo lo stesso lavoro con la mia ma organizzando i peluches secondo i suoi metodi ordinatissimi.
-Yvette sta vicino a me! Davanti a Timoty.- insisteva indicando. Io arrancavo nel buio, aveva più di dieci pupazzi e non ricordavo a memoria tutti i nomi.
-Questa?- chiesi indicando la giraffa.
-Lui è Timoty.- mi corresse.
-Oh, bene. Timoty la giraffa. E invece Yvette è la bambola?- chiesi prendendola delicatamente.
-Si, lei dorme con me.- mi disse apprensiva.
-Va bene, così è ok?- chiesi un’ultima volta. I pupazzi erano disposti per tutto il contorno del letto, separandola dal muro.
Lei annuì.
-Fantastico. Ora esercitati un po’ con le parole, ti va? Devi essere in gamba per questa scuola.- azzardai alzandomi.
-Gabriel dice che questa è più facile perché è una scuola di paese.- alzò la voce per riprendere la mia attenzione.
Io sospirai e mi risedetti di nuovo sul letto accanto a lei.
-Non devi dar ascolto a tutto quello che ti dice Gabriel.- le dissi.
Lei mi fissò con gli enormi occhi scuri e strinse la bambola.
-Dai tesoro, ora vai ad esercitarti.- dissi, e mi alzai di nuovo per andare a controllare Gabriel.
Lui era ubicato nella stanza di sotto, era quella degli ospiti. Lo avevano messo lì perché era la meno femminile, dato che i nonni avevano due figlie: nostra madre e la zia Bettany. Zia Bettany non era papabile come nostra parente per l’affido poiché non vive più in Francia da molti anni, si è trasferita in Spagna per lavoro. Nostro padre Hector la dipingeva sempre come la sorella maggiore più snob, più artistica e libertina, ma io la avevo vista fino ai miei quattordici anni, dopo di che la vidi solo sulle cartoline di Natale. Mi regalava sempre delle sciarpe orribili.
Scesi le scale e passai davanti alla stanza di Gabriel, se ne stava disteso sul letto con il torso appoggiato al cuscino a scrivere. Lui scriveva e sentiva musica. Nient’altro. Ma almeno leggeva, cosa di cui era pienamente felice. Cose strane, per lo più fumetti e libri horror, ma non era mai stato un ragazzo stupido o immaturo. Piuttosto..irresponsabile.
Bussai alla porta aperta prima di entrare e lui si tolse una cuffietta.
-Che c’è.- chiese senza guardarmi.
-Tutto ok?- chiesi, guardando la valigia che non era nemmeno stata aperta.
-Si.- rispose secco. –Pensi di riuscire a far comprare ai nonni un wi-fi?- chiese scostante.
Alzai gli occhi al cielo. –Ci vado tra un po’, vuoi venire?- chiesi ma lui mi guardò e scosse la testa. Tipico.
Sistemai altre cose in casa, aprii qualche libro ma non riuscii a concentrarmi. Così guardai fuori dalla finestra della mia stanza e vidi i nostri nonni nell’orto che, sotto al sole, continuavano a lavorare.
Era fine Agosto, e prima di guidare verso il paese mi guardai un attimo allo specchio e non riuscii a trattenere le lacrime. Erano tre settimane che piangevo senza sosta, non davanti a Dianne e Gabriel ovviamente. Non erano piccole gocce, piuttosto singhiozzi incontrollabili. Mi asciugai gli occhi dopo cinque minuti e feci un grande respiro, mi sistemai i capelli neri e ricci e presi in mano le chiavi della macchina.

Quanto mi mancava il centro commerciale. Può sembrare strano, ma quando mi sentivo persa andavo lì, c’era una enorme libreria, tanti negozi di vestiti, tanti bar e catene di ristoranti, tante persone che mi tenevano astrattamente compagnia. Qui mi sentivo sempre più sola. Passeggiavo dentro questo piccolo negozietto che vendeva elettronica, nemmeno dieci minuti ed avevo esaminato tutti gli articoli, non c’era una vasta scelta. La tipa mi guardava incuriosita, mi aveva già squadrata da capo a piedi.
Ovviamente non sembravo una turista, ma quando mi ero avvicinata per pagare ciò che avevo scelto aveva evidentemente deciso di scavare più a fondo.
-Tu devi essere la nipote di Katerina e Louis Boyer, ho sentito di tuo padre mi dispiace molto..- azzardò e con voce melliflua.
Io la guardai non riuscendo a trattenere lo stupore misto ad indignazione. Come faceva a sapere così tanti dettagli? Come mi aveva riconosciuto?
-Ecco.- la pagai. Lei, scocciata dalla mia risposta, ma soprattutto dal non aver ricevuto informazioni, prese i soldi e mi sorrise fintamente cordiale.
Io la guardai altrettanto cordiale.  –Lo scontrino?- le sorrisi dolcemente.
Lei corrucciò la fronte, come se fosse qualcosa di sconosciuto. Me lo fece altrettanto scocciata ed io presi la busta e me ne andai di fretta.
Per il nervoso mi chiusi in macchina e cominciai a grattare il volante, respirai profondamente più volte con la fronte appoggiata ad esso.
Qualcuno bussò al finestrino accanto alla mia faccia ed io saltai letteralmente dallo spavento.
Guardai il ragazzo davanti a me che cercava di parlarmi. Abbassai il finestrino.
-Tutto bene?- mi chiese. Era altissimo, dovetti abbassarmi per poterlo guardare in faccia.
-Oh ehm.. si. Grazie.- sorrisi appena. Scorsi degli occhi verde scuro e dei capelli neri, la carnagione color del cioccolato.
Lui mi sorrise di rimando, un sorriso largo ed enigmatico, e camminò via con le mani dentro le tasche dei pantaloni. Io scossi la testa e tornai a casa.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: DaisyBuch