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Autore: njaalls    22/02/2016    1 recensioni
Bellamy è impulsivo, testardo, dinamico, è un gioco d'artificio sempre pronto ad esplodere e a Clarke ricorda un angelo con un fucile che ha scelto la sua battaglia e un motivo per cui combatterla.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Molto post 3xO5 (quanto ho amata quella puntata?), ho voluto creare qualcosa sulla base della canzone dei The Cab, Angel with a shutgun: nonostante la mia idea iniziale fosse molto più... violenta, ne è uscita questa os introspettiva (o quasi).
Ho scoperto queto brano guardando video Bellarke su you tube, perciò vi consiglio di guardare il video originario (
link) e di ascoltare la canzone.
- njaalls


 

Bellamy Blake è impulsivo, testardo, dinamico, è un gioco d'artificio sempre pronto ad esplodere ed è una delle persone più caparbie che esistano.
C'è il rumore del vento, il silenzio tra le file di bocche cucite per il nervosismo del momento e, o si combatte, o si muore, quindi Bellamy si è già armato.
Le sue spalle sono un fascio di nervi, le sopracciglia aggrottate e labbra serrate che gli fanno irrigidire la mascella squadrata, osserva il campo sterminato davanti a loro e si ripete che andrà tutto bene, che loro non sono così esposti e che se la caveranno. Come sempre.
Il suo sguardo scivola furtivo sulla figura minuta che gli sfiora appena il braccio, lei ricambia lo sguardo con espressione corrucciata e una consapevolezza che è la stessa: la proteggerà anche a costo di rimetterci la sua, di vita, perché è così che Bellamy si comporta, quindi sempre e comunque prima gli altri. Prima Octavia e Clarke che hanno un posto quasi speciale, rispetto a se stesso e rispetto a chiunque altro in quel mondo, e lui non se ne rammarica neanche per un istante, mentre loro un po' ne sono spaventate. Terrorizzate.
Sua sorella è con Lincon chissà dove e per la fiducia che ripone nei due, non se ne preoccupa, perché se ci sono delle cose che ha imparato da quando sono approdati sulla terra è che la sua O non è più una bambina, che è cresciuta e ora ha quel lato guerriero che un po' gli ricorda il proprio, o non sarebbero fratelli. Vorrebbe essere perdonato e sapere che potrebbe morire, ma che comunque loro sarebbero in pace, ma lei è stata chiara sul loro rapporto, quindi Bellamy stringe i denti e deve solo cercare di non farsi ammazzare —non farli ammazzare— per rivedere la donna che Octavia è diventata.
Sei morto per me.
Clarke cerca lo sguardo dell'uomo che gli copre il fianco destro, che in un modo o nell'altro c'è sempre per lei, per proteggerla anche quando vorrebbe solo restare sola e assumersi tutte le colpe dei propri sbagli: nonostante tutto gliene è infinitamente grata o non sarebbe sopravvissuta troppo a lungo senza Bellamy Blake a salvarla ogni volta.
Non vuole che vada così: non vuole quella guerra, non vuole doversi muovere sempre armata o circondata da qualcuno che la protegga, come se lei non fosse abbastanza per se stessa, o che lui sia lì a rischiare la vita per lei, pronto a parare qualsiasi ostacolo e minaccia al suo posto.
Bellamy è impulsivo, testardo, dinamico, è un gioco d'artificio sempre pronto ad esplodere e a Clarke ricorda un angelo con un fucile che ha scelto la sua battaglia e un motivo per cui combatterla.
Bellamy è un soldato, un guerriero, un uomo che lotta in ciò in cui crede, ma Clarke non lascerà che si esponga più di quanto già non faccia, perché per lei non è né un soldato né un guerriero: è il suo migliore amico, suo fratello, l'unico che creda il lei quando nessun altro è disposto a farlo. Bellamy e Clarke sono le facce di una stessa medaglia che sarebbero disposti a morire per salvare l'altro e non si pentono un solo istante per quei loro pensieri suicidi.
Lei annuisce quando lui la incastra nei suoi occhi profondi e lo sanno: sanno che sono due anime gemelle che usciranno da quella guerra insieme o non lo faranno proprio, perché nei loro abiti consumati sono pronti a lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare da capo o lottare con dignità e morire sapendo di aver fatto il massimo per l'altro.
Bellamy impugna il suo fucile e lancia una rapida occhiata a Lexa, qualche combattente più a sinistra, mentre questa sfida il campo di battaglia con il suo sguardo glaciale e lui vorrebbe solo sprofondare giù con Clarke, trascinarla via, perché non se lo merita ed è solo una ragazzina cresciuta troppo in fretta.
Il suono di un corno da qualche parte si propaga per tutte le file, Clarke trattiene un respiro e Bellamy è pronto a tenerli in vita.





«Noi non combattiamo corpo a corpo con l'esercito. Abbiamo dei soldati che lo fanno per noi. Muoiono per noi, Clarke»
Lo sguardo che Lexa rivolge a Bellamy è freddo e palese: per lei non è altro che uno come un altro, uno dei suoi uomini le cui vite dipendono dalle parole senza affetto che lei sperpera al vento, alle masse, come un mantra a cui tutti credono. Per lei Bellamy è un guerriero, un soldato, un corpo la cui anima è sacrificabile e lui così ci si sente davvero, solo non per una donna che ha il gelo dentro. Bellamy è il cuore di Clarke, il primo che smetterà di battere, se le cose dovessero mettersi male, perché lo sanno entrambi che cercherà di fare l'er
oe e salvarle la pelle ad ogni costo, così le lancia uno sguardo ammonitore quando lei prova a replicare alle parole di Lexa: non hanno bisogno che le diano una risposta, lo sanno entrambi che lui proteggerà Clarke Griffin fino alla fine, ma la ragazzina lo ignora e si volta verso l'altra, con i capelli biondi che le volano sulle spalle. Bellamy ha imparato a comprendere il legame che lega il Comandante dei Terrestri e la sua amica più fidata, quindi sa che per Lexa lui potrebbe essere un'ostacolo e prova ad ignorare le suo occhiate e le sue parole taglianti e affilate come coltelli. Clarke però no e, non lo ammetterà facilmente, questo lo rende un po' orgoglioso, quasi speranzoso, amato.
«Bellamy non è il mio soldato, lui resta qui» la sua voce è limpida, decisa e autoritaria, mentre il diretto interessato sposta lo sguardo altrove, compiaciuto.
«Qui perché possa proteggerti o perché tu possa proteggere lui, Clarke?» domanda ancora Lexa, lo sguardo ora fisso sulle file di nemici molto lontane, dall'altro lato del campo, e si potrebbero vedere gli ingranaggi della sua mente lavorare senza sosta mentre i suoi uomini cadono contro gli avversari. La guerra è iniziata e Bellamy sa che, in un combattimento, si cerca sempre di raggiungere chi muove le pedine. «Indra è là giù, a morire per me. In mio nome il mio secondo gestisce le truppe dal campo di battaglia»
«Non sono il secondo di nessuno» risponde Bellamy dopo pochi secondi di esitazione e a quella frase Clarke si tranquillizza, forse consapevole che le parole di Lexa non l'abbiano destato dal suo intento originario, convincendoli a combattere tra gli uomini dell'esercito. Ma la domanda se Clarke lo voglia lì per proteggerlo lo mette in agitazione: se da un lato può esserne colpito, dall'altro ha paura che lei prenda quel compito troppo sul serio, intralciando il proprio.
Nessuno nella truppa alle loro spalle, lì a proteggere Clarke e Lexa, fiata e Bellamy in loro riconosce la stessa devozione per il Comandante, che lui riversa nella biondina che ha imparato a rispettare con tempo, dedizione e affetto. A volte vorrebbe ignorarla dopo aver preso un profondo respiro, o urlarle contro qualsiasi cattiveria gli passi per la mente, ma sa che è l'unica in grado in credere il lui, vedere l'uomo che davvero è e al quale cerca di avvicinarsi giorno dopo giorno. Se lui non è diventato un mostro, lo deve prima a Clarke Griffin che a se stesso, perché senza la sua fiducia sarebbe sprofondato così in basso che l'oscurità lo avrebbe divorato senza esitazione.
«Clarke» la chiama piano, ma tra urla di guerra lontane lei lo sente ugualmente e non ha paura a incastrare i suoi occhi in quelli scuri di Bellamy, che invece annaspa. «Non farti ammazzare» mormora solo.
Lei sorride appena e poggia una mano piccola e un po' paffuta sul suo gomito coperto dal vecchio giubbotto logoro da guardia. «Non fare l'eroe, Bellamy»
Ed entrambi sanno che sono solo parole buttate al vento, che difenderanno la pelle dell'altro combattendo come due anime indissolubilmente legate, perché hanno bruciato ogni affetto e ogni morale per l'altro e lo farebbero ancora. E ancora. E ancora.
A Clarke, Bellamy, ricorda un angelo con un fucile, che ha scelto la sua battaglia e spera solo che rimangano abbastanza in vita per spiegare le ali e lasciarsi ogni violenza, tutto il sangue che macchia loro le mani e ogni cattiva scelta presa alle spalle.
  
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