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Autore: CristinaFerriGallavich    24/02/2016    1 recensioni
"Erano passati esattamente 5 mesi 3 settimane e 2 fottutissimi giorni"
La sesta stagione non esiste. Ecco cosa sarebbe dovuto accadare dopo la 05x12.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Fiona Gallagher, Ian Gallagher, Mandy Milkovich, Mickey Milkovich, Phillip 'Lip' Gallagher
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erano trascorsi cinque mesi, tre settimane e due giorni, cinque mesi, tre settimane e due fottutissimi giorni dall'ultima volta che si erano visti, in quella prigione schifosa che teneva Mick lontano da Ian, dalla sua casa, dalla sua vita. Le ore sembravano non passare mai li dentro, anche se Mick faceva di tutto per non pensare, non pensare all'ultima volta che aveva parlato con lui, al suo "già. ti aspetterò" che suonava proprio come una bugia. *vaffanculo, chi se ne fotte di quel frocetto* si ripeteva tra se, ma nemmeno lui credeva ai suoi stessi pensieri. Ian, dal canto suo, non se la passava poi tanto meglio, finché le medicine non cominciarono a fare effetto credeva di avere la situazione sotto controllo, *è acqua passata, ho chiuso con quella parte della mia vita* si diceva. E ci credeva, ci credeva davvero. Una mattina però, si svegliò di soprassalto urlando il suo nome. "Mick" Lo urlò talmente forte che svegliò Carl, e Lip, che quella notte non era al college, Liam continuò a dormire come se nulla fosse successo. "Ehy Ian, che succede?" chiese Lip avvicinandosi a lui mentre si sentiva bofonchiare Carl qualcosa del tipo "vaffanculo stavo dormendo". "Ho fatto una cazzata Lip" finalmente ammise ad alta voce, mentre sentiva scorrere le lacrime sulle sue guance così pallide. "Vuoi parlarne?" Chiese Lip a suo fratello, Lip sapeva che prima o poi sarebbe successo, sapeva che prima o poi sarebbe esploso. "Voglio parlare con lui" Disse Ian senza esitare. Milkovich hai delle visite" la guardia aprì la cella facendo cenno a Mickey di seguirlo. *che palle quella puttana russa* pensò. Ma infondo non avrebbe fatto male parlare con qualcuno con un volto familiare ogni tanto. Così si alzò di scatto dalla branda e seguì la guardia nella sala visite. Era ancora a testa bassa quando quella stessa guardia gli indicò dove si sarebbe dovuto sedere. Si sedette, afferrò il telefono e solo a quel punto alzò lo sguardo. Congelato, il cuore cominciò a battere forte nel petto, proprio li, dove mesi prima si tatuò il suo nome, sul cuore. Gli occhi si fecero subito lucidi, passò un dito sulle sue sopracciglia e sotto il labbro per ingoiare il pianto. Ian era dall'altra parte del vetro, con la cornetta del telefono già sull'orecchio, guardava Mick negli occhi, in quei suoi occhi così blu che, si accorse, non aveva mai dimenticato. "Mick" disse con la voce rotta. Mickey restò in silenzio, il suo cuore scoppiava, lui poteva sentirlo, ma non riusciva ad aprir bocca, ed era arrabbiato, arrabbiato per come era stato umiliato, da quella stessa persona che amava così tanto e che credeva lo amasse allo stesso modo. *tocca a me, ha ragione, tocca a me* pensò Ian, come se sapesse cosa il suo ex ragazzo stesse pensando in quel preciso istante. "Mi manchi Mick, tanto, e sono stato uno stupido e se potessi tornare indietro.." "Gallagher che cazzo vuoi, perché sei qui?" lo interruppe Mickey bruscamente. Avrebbe voluto dirgli che anche lui gli era mancato, che non importava cosa fosse successo, lui ora era li. Ma era ancora troppo ferito, ed era troppo orgoglioso Mickey, lo era sempre stato, non avrebbe ceduto, non il quel momento, non cosi facilmente. "ti prego Mick ascoltami" continuò Ian mentre piangeva Questa volta, dietro quel vetro, fu Mickey ad abbassare lo sguardo, un pò perché aveva paura che avrebbe ceduto, un pò perché aveva sempre odiato vederlo piangere. "No ascoltami tu, fottuto Gallagher, ti presenti qui, dopo tutto questo tempo, dopo avermi buttato via come uno straccio vecchio, dicendomi che ti manco e stronzate varie pensando davvero che io ti creda?" Disse battendo un pugno su quel vetro, che li seperava. "Abbiamo poco tempo puoi ascoltarmi per un cazzo di secondo Mickey?" "Parla e poi levati dal cazzo" rispose, questa volta era chiaramente udibile che anche Mickey avesse la voce rotta. "Sono stato un coglione Mick, un vero coglione, credevo che fosse giusto, per te, per me, per noi, mi sono lasciato condizionare da quella pazza di Monica, e avevo paura di farti del male, non ero completamente fuori, lo capivo quanto soffrivi anche tu, e non era giusto Mickey, mi stavo scavando la fossa e non volevo trascinati con me, ma non ce la faccio, non posso più fingere, mi manchi cazzo, e voglio aspettarti per tutti i fottuti anni che passerai dentro questa merda". Non prese mai fiato, disse tutto così, d'un colpo. " Ci sarei caduto in quella fossa con te Ian" disse solo questo Mickey, subito dopo chiamò la guardia per farsi riportare in cella. Di nuovo lontano da lui. Non riuscì a dormire Ian quella notte. *cosa mi aspettavo* continuava a pensare mentre non riusciva proprio a smettere di piangere. piangere perché era stato lui a rovinare tutto, piangere perché non poteva correre a bussare alla porta di casa Milkovich per cercare di sistemare le cose, piangere perché gli mancavano le sue carezze, i suoi baci, perfino i suoi pugni. Nemmeno Mickey riuscì a dormire molto, ma non pianse, non pianse perché non poteva permettersi di essere fragile in quel momento, li dentro, non pianse perché pensava che stesse facendo la cosa giusta. Eppure non faceva altro che chiedersi perché si sentisse così incredibilmente triste. Triste come non lo era mai stato Erano trascorse due settimane da quel giorno, Ian era assente, distante da tutti, da tutto, e non era colpa della malattia, non era colpa di quelle maledette medicine, era colpa del suo cuore spezzato, ora lo sapeva, sapeva cosa avesse provato Mickey quel giorno, quando decise senza pensarci due volte di buttare all'aria l'amore della sua vita. Erano ormai le 14:00 quando Ian scese dal letto e andò verso la cucina di casa sua, poteva vedere Fiona parlare al telefono, ma non ascoltava, in quei giorni non ascoltava nessuno oltre che i suoi pensieri. Si sedette sul tavolo della cucina con lo sguardo perso nel vuoto quando Fiona si avvicinò a lui. "Ian" pronunciò il suo nome mettendogli una mano sulla spalla. "Le ho prese le cazzo di medicine fi, non rompermi le palle" Replicò subito lui. "Ian, ero al telefono con Kev, si tratta di Mickey" Balzò in piedi prendendo Fiona per entrambe le braccia, scuotendola le chiese impaurito "Che è successo? che è successo dimmelo, sta bene?" dalla faccia di sua sorella aveva capito che non si trattava di nulla di buono. "Ascolta Ian" "Dimmelo Fiona" urlò lui. "Non ho capito molto, so solo che ora è in ospedale, che c'entra suo padre, che è grave Ian" Si pietrificò solo per un istante cercando di assimilare le parole uscite dalla bocca di sua sorella prima di correre fuori dalla porta piangendo . Si ritrovò davanti l'edificio che ospitava l'ospedale di Chicago. Per un momento esitò, si bloccò di fronte l'ingresso, le sue gambe erano come paralizzate. Questa volta non aveva paura di un suo rifiuto, aveva paura che non l'avrebbe mai più rivisto, paura che non gli avrebbe mai detto quanto realmente lo amava, paura di perderlo davvero. Si fece forza e oltrepassò le porte scorrevoli, corse lungo il corridoio e si fermò alla reception. "Mickey Milkovich, sto cercando Mickey Milkovich, Mickey Milkovich per favore" . le sue gambe tremavano, i suoi occhi erano gonfi, la signora di mezza età seduta al banco informazioni gli indicò il secondo piano e lui corse verso le scale senza nemmeno ringraziare. Erano solamente due piani di scale, le saliva a due a due eppure sembrava non arrivare mai. Percorse nuovamente il corridoio e in lontananza, non ci poteva credere "Mandy o gesu Mandy". Non c'era tempo per i convenevoli però, aveva bisogno di sapere di lui. " Ti prego dimmi che sta bene" sussurrò all'orecchio dell'amica ritrovata. "È conciato male Ian, ma si riprenderà dicono". disse Mandy con la voce che le tremava e una lacrima che le percorreva il viso. Ian tirò un leggero sospiro di sollievo e disse "Voglio vederlo. fatemelo vedere" "Ian ci sono i poliziotti, può entrare solo un familiare alla volta" rispose Mandy dispiaciuta. "Sono il suo ragazzo cazzo, sono io la sua famiglia" disse Ian in tono secco ed arrabbiato. "No Ian" continuò lei "l'hai lasciato, non c'ero ma so tutto. ti voglio bene lo sai, ma l'hai lasciato quando più avrebbe avuto bisogno di te, l'hai distrutto e questo è il risultato. Ciao Ian vado da mio fratello" si voltò e cominciò a camminare verso la stanza di Mickey. "Digli che sono qui" urlò Ian a una Mandy ormai già lontana. *speriamo mi abbia sentito* pensò nello stesso momento in cui si fece scivolare a terra, in ginocchio, portando le sue mani sulla testa ed iniziando un pianto rumoroso, isterico, triste. *Mandy ha ragione sono un fottuto testa di cazzo* disse tra se. Decise comunque di rimanere li. non aveva nessuna intenzione di lasciare l'ospedale. Mickey stava dormendo, o forse teneva solo gli occhi chiusi per via del mal di testa che sicuramente aveva. Si poteva notare un grosso cerotto all'altezza della nuca, stava a significare che sicuramente era stato ferito proprio in quel punto. le braccia livide, i graffi sulla faccia, l'unico rumore udibile in quel momento era il ticchettio della flebo attaccata al suo braccio. Mandy decise di non provare a svegliarlo, si sedette accanto a lui prendendogli la mano, lo fissava con aria preoccupata e triste. Pensava a quella merda di suo padre che non si era fatto scrupoli nemmeno in prigione, ingaggiando qualche figlio di puttana che potesse conciarlo così. *Ci morirai li dentro fottuto Terry* era l'unica cosa che voleva. Continuava a fissare suo fratello quando ad un tratto lo vide aprire di poco gli occhi, con voce bassa e stanca riuscí a pronunciare solo una parola, un nome "Ian" Per poi rendersi conto che era sua sorella quella seduta accanto a lui. *che cazzo ci fa qui Mandy* pensò. Ma non era il momento per pensare a questo, non era il momento per lui di chiederle che fine avesse fatto tutto questo tempo, come aveva saputo, e non era il momento per Mandy di spiegare a suo fratello cosa era accaduto nella sua vita negli ultimi tempi. Sarebbe stata una conversazione che avrebbero affrontato a tempo debito. "Ehi coglione, ti sembra il modo di spaventarmi questo, sei sempre il solito stronzo" Gli sorrise. Mickey ricambiò con un piccolo accenno della bocca. Mandy tornò seria "Ian è qui, ma non credo lo lascino entrare, a malapena lo permettono ai parenti" Lui non disse nulla, aveva solo voglia di piangere, e per la prima volta nella sua vita non ebbe paura di farlo di fronte a sua sorella, in realtà non avrebbe pensato di poterlo fare mai di fronte a nessuno, a nessuno che non fosse Ian. Lei gli strinse la mano come per dire -Io ci sono-. Lui glie lo lasciò fare, le era mancata quella stronzetta. Ian camminava avanti e indietro per il corridoio del reparto, ogni tanto si fermava di fronte la porta della stanza di Mickey, sperando che si aprisse per poterlo vedere, anche solo un secondo, per potergli fare un cenno. Ma non era mai riuscito nel suo intento. A turno, giorno e notte, una guardia faceva da piantone di fronte la porta non permettendogli nemmeno di affacciarsi per un attimo. "Avanti Ian sono 5 giorni che stai qui, che ti fai portare le medicine, e sinceramente inizi anche un pò a puzzare, andiamo a casa ti fai una doccia, riposi e torni" Esclamò Lip visibilmente un pò seccato. "Vaffanculo Lip non mi muovo da qui" si limitò a rispondere. Mickey si stava piano piano riprendendo, Ian era riuscito a fare amicizia con un paio di infermiere un pò pettegole e abbastanza romantiche da riuscire a farsi estorcere qualche informazione ogni tanto. Mandy era restia, per quanto volesse bene a Ian, era di suo fratello che si stava parlando e non accettava che fosse stato ferito così, dall'ultima persona che pensava potesse farlo poi. *Quanto vorrei stringerti Mick, mi manchi così tanto* Mentre pensava ancora una volta a quanto stupido fosse stato, notò un volto familiare nell'agente di piantone di quel pomeriggio. Lo guardò attentamente per poi finalmente ricordare chi fosse. *Per quanto riguarda te, sei libero di andare, se ti arresto ci saranno un sacco di scartoffie da riempire e passerei tutta la notte in ufficio, preferisco tornare a casa da mio marito karlos* "Cazzo" disse. Come avrebbe mai potuto dimenticare quella notte, una delle più belle trascorse insieme a lui. Si perse per un paio di minuti nei ricordi di quella sera, sorrise e poi dentro di se si disse *cazzo per una volta forse, ho avuto un colpo di fortuna*. "5 minuti, non uno di più siamo intesi?" Esclamò l'agente puntando un dito dritto in faccia a Ian. lui annuí, tirò un sospiro profondo, il cuore gli batteva ad una velocità tale da non riuscire nemmeno a respirare. Tirò la maniglia verso il basso e con delicatezza aprí la porta. Mickey era voltato di spalle, verso la finestra, non riusciva a capire se fosse sveglio. Chiuse la porta alle sue spalle e rimase per un attimo fermo li, a guardare Mickey, non riuscendo nemmeno più a ricordare da quanto tempo era che non fosse così vicino a lui. Si sentiva emozionato come un bambino il primo giorno di scuola, come un adolescente al suo primo appuntamento. Su quel pensiero però, distolse lo sguardo da Mickey portandolo verso il basso. *Un appuntamento sai, vestirsi bene, sederci a tavola, mangiare con delle fottute posate* *vuoi farlo davvero? adesso?* Scosse la testa ricordandosi di avere veramente poco tempo e non poteva di certo perderlo annegando nei ricordi, quello lo faceva giá ogni giorno, da mesi. "Mick" Nessuna risposta. "Mick" disse con voce più decisa. Mickey sbarrò gli occhi senza voltarsi poi scattò in direzione della porta, emettendo un gemito di dolore per essersi girato troppo in fretta. Ma non era di certo il dolore che lo stava facendo sudare adesso, non era quello che lo faceva tremare. Rimasero in silenzio, si guardarono, gli occhi di entrambi si fecero ludici. Mickey accennò un sorriso con l'angolo della bocca per poi ritrarlo non appena si fosse accorto che era venuto da solo. "Ho avuto tanta paura" si avvicinò al letto e poggiò la sua mano tremante sulla guancia di Mickey. lui non la spostò. "Quello stronzo di tuo padre cazzo mi dispiace così tanto" Istintivamente si allungò verso di lui per baciarlo, non lo faceva da troppo tempo e non desiderava altro. Mickey lo bloccò spingendo via anche la mano di Ian che era rimasta saldamente ferma sulla sua guancia. "Senti chi parla dell'essere stronzo Gallagher" Ogni parte del suo corpo voleva baciare Ian, ogni fibra del suo essere voleva stringerlo così forte da non farlo respirare. Ma aveva paura, ogni volta che chiudeva gli occhi non immaginava altro. *E così è vero, mi stai lasciando* *giá, si* *cazzo* E Sammi e la prigione e le botte degli amichetti di suo padre, che era chiaro, ce l'aveva ancora con lui per essersi dichiarato Gay, e l'aveva fatto per Ian, per lo stesso Ian che si era fatto pagare da Svetlana, la madre del bambino che diceva di amare, per venirmi a trovare. Era troppo, quei pensieri non lo lasciavano solo un attimo. "Senti grazie per essere rimasto, ma ora sto meglio, puoi tornare a casa a farti i cazzi tuoi, o a ballare per quei vecchi del cazzo, quello che vuoi, puoi andare starò bene" Non era vero, non sarebbe stato bene, lo sapeva, le ferite sarebbero guarite si, ma non sarebbe mai più stato bene senza Ian. *fottuto Gallagher del cazzo* pensò. "Mick" continuava a chiamarlo così perché sapeva benissimo, anche se lui non lo avrebbe mai ammesso, che gli piaceva terribilmente che lo chiamasse in quel modo. "Lo so che sei arrabbiato, lo so che ti ho ferito, mi odio per questo, mi odio da fare schifo, non te lo meritavi e io non ero abbastanza in me in" "oddio Gallagher sei sempre la solita femminuccia drammatica" lo interruppe Mickey. "stai zitto fammi parlare cristo ho solo un paio di minuti ancora, poi il marito di Karlos porterà il mio culo fuori da qui". Mickey non aveva bisogno di pensarci su, sapeva benissimo di chi si trattasse. Fece una piccola risata, per la prima volta dopo tanto. "cazzo Mick quanto mi mancava la tua risata" Mickey non rispose. "stavo dicendo, non ero in me in quel momento, voglio rimediare perché io senza di te non riesco nemmeno a respirare cazzo." "Ei ragazzino tempo scaduto, fuori di qui" l'agente lo prese per un braccio e lo trascinò via senza nemmeno che avesse il tempo di ricevere risposta. l'agente fece un occhiolino complice a Mickey, e chiuse la porta dietro di lui. Mickey sospirò, era ancora incazzato nero, ma non poteva fare a meno di sorridere in quel momento. Finalmente era riuscito a far vuotare il sacco a Mandy, quello stesso giorno Mickey sarebbe stato dimesso, per essere accompagnato in cella, dove avrebbe atteso di essere processato solo pochi giorni dopo, visto l'accaduto, era probabile che gli venisse concessa la libertà vigilata. Non era più riuscito a parlare con lui dopo quella volta, ma non poteva comunque fare a meno di sentirsi eccitato all'idea che Mickey da li a poco sarebbe tornato a casa. Quello stesso pomeriggio Ian era fermo poco più indietro la porta della camera di Mickey, non che se ne fosse mai andato, non c'era stato verso di convincerlo ad uscire di li. Eccetto per qualche doccia. che a un certo punto era diventata assolutamente necessaria. La porta si aprì, Ian sorrise così tanto nel vedere Mickey camminare sulle gambe, che quasi gli faceva male la mascella. Mickey si voltò immediatamente verso di lui, quasi come se fosse riuscito a sentirne l'odore. Alzò il dito medio davanti la sua faccia. Ian rise, sapeva che per Mickey Milkovich quello era un gesto d'affetto, o quasi. *Oddio la tua risata fottuto Gallagher* pensò. ma si limitò ad accennare una risatina a sua volta. Ian iniziò a camminare verso di lui, voleva abbracciarlo, ma fu bloccato da due agenti che misero le manette sui polsi di Mickey e lo condussero verso l'uscita. Mickey questa volta non poteva resistere all'istinto, forse lo aveva fatto troppo a lungo, anche se, pensò nel preciso istante in cui si voltò per guardarlo *Te lo meritavi proprio firecrotch". Si guardarono finché Mickey non fu trascinato fuori dall'ospedale. Si guardarono come se ci fossero solo loro due, come quella sera al club prima di perdersi in quel lungo bacio, come quando col volto tumefatto fuori Dall'alibi Ian ammise di adorare le gambe di Mickey. *Cazzo Ian, fallo è il momento* Ian corse dietro a Mickey e agli agenti, oltrepassò l'uscita e prima che salirono in macchina gridò verso di loro. "Mick" lui si voltò. "Ti amo". Mickey senti il cuore stringersi nel petto, ingoiò la saliva, lo stomaco gli faceva improvvisamente male. Ma non si trattava di vergogna, non si trattava degli sguardi delle persone intorno a loro, a lui non fregava più un cazzo di quello che la gente avrebbe potuto pensare o sapere. Si trattava di felicità, nonostante i lividi ancora dolenti, nonostante le manette, nonostante tutto. si sentì felice. "Ce l'hai fatta amico" disse senza poter fare a meno di sorridere. "Scusa per il ritardo" disse Ian. Era passato qualche giorno da quando Mickey fu riportato in cella, da quando Ian gridò quel ti amo nel bel mezzo del parcheggio dell'ospedale sotto gli occhi di tutti, e finalmente il giorno successivo sarebbe stato processato. Ian aveva trascorso le ultime notti pregando che lo facessero uscire di li. Certo non aveva mai creduto in Dio, o cose simili, considerando la vita abbastanza di merda che aveva avuto, che anche Mickey aveva avuto. Ma lo fece. con tutte le sue forze, sognando solo il momento in cui avrebbe potuto finalmente abbracciarlo di nuovo, respirare il suo odore, sprofondare nelle sue labbra. "Non ce la faccio più vado a trovarlo oggi" Disse Ian sbattendo un pugno contro il tavolo. "Dai Ian vale davvero la pena fare un viaggio di tre ore, domani con molta probabilità sarà di nuovo a casa" Replicò Fiona. "Ne vale la pena Fi" Prese il cappotto e uscì di casa di fretta. Era di nuovo seduto li, su quella sedia, dietro quel vetro, le gambe si agitavano in attesa di vederlo spuntare dall'altra parte. "Ehi Milkovich visite per te, è il tuo frocetto" Mickey balzò fuori dalla branda, si avvicinò all'agente "Non provare mai più a chiamarlo in quel modo". Avrebbe voluto piantargli un pugno in piena faccia ma sapeva che doveva restare calmo, per il processo, non poteva rischiare, ma questo non gli impedì di dire la sua. Erano di nuovo uno di fronte all'altro, di nuovo separati da quel vetro maledetto, entrambi pensarono che di li a poco forse non sarebbe stato più così. Afferrarono il telefono nello stesso momento, erano sicuramente tesi e visibilmente emozionati ma sicuramente molto più rilassati della volta precedente. "Ehy" dissero in coro. Sorridendo nello stesso momento. Si guardarono per un pò, senza dire nulla, infondo a loro due, non erano mai servite troppe parole. Ian appoggiò una mano sul vetro, il palmo era aperto. *Leva subito quella mano dal vetro* *Si* Probabilmente ebbero entrambi lo stesso flashback. "Ti amo Mick" fu l'unica cosa che Ian riuscì a dire. Mickey esitò, poi appoggiò la sua mano sul vetro esattamente alla stessa altezza in cui era appoggiata quella di Ian, fece cadere il telefono e poggiò anche l'altra, lo stesso fece Ian. Appoggiarono contro il vetro anche le loro fronti non staccandosi mai l'uno dagli occhi dell'altro, per sentirsi più vicini. "Ti amo" disse Mickey. Ian riuscì a capire il labiale e di colpo afferrò nuovamente il telefono, tirando forte la cornetta per non tirare indietro la sua fronte da quella di Mickey. "Mi sei mancato tanto" "Anche tu, ma a casa faremo i conti Gallagher". Ian sorrise, a entrambi scese una lacrima senza che nemmeno se ne accorgessero, troppo presi a godersi quel momento, che entrambi aspettavano da troppo tempo per essere rimandato ancora. "Andiamo checca devi tornare in cella" Un agente si avvicinò a Mickey che si alzò dalla sedia tenendo ancora premuta la sua mano contro il vetro, senza aver dato peso all'appellativo. "A domani amico" Sorrise. "Ti amo" disse ancora Ian. Non riusciva proprio a smettere di pronunciare quelle parole. Erano circa le 10 del mattino quando Ian senti squillare il suo telefono, era seduto sul divano dalle 6 con gli occhi puntati sullo schermo del suo cellulare, impaziente di ricevere notizie da Mandy, da Iggy o da chiunque altro. Numero privato. Risponde al primo squillo. *ti prego, ti prego* "Pronto?" rispose con tono agitato e speranzoso. "Ei Gallagher hai intenzione di lasciarmi qui o pensi di poter muovere il tuo culo per venire a prendermi?" Dopo poco meno di tre ore, era davanti i cancelli di quel carcere che era sicuro, non avrebbe voluto rivedere mai più in vita sua. Lo vide uscire a passo spedito e l'unica cosa che gli venne in mente di fare fu correre, correre il più velocemente possibile. Si strinsero in un abbraccio così forte da togliere il fiato, Ian seppellí la testa nell'incavo della spalla di Mickey esigente di sentire il suo odore. Dopo poco Mickey prese la sua testa fra le mani e lo tirò a se. Fu probabilmente il più bello dei baci che si fossero mai scambiati, trasmetteva tutta la necessità di sentire il loro rispettivo respiro. Gli era mancato troppo a lungo. Quel bacio sapeva di casa, di famiglia. Rimasero per un pò fronte contro fronte, con le dita intrecciate nelle rispettive mani, si stringevano come se non volessero mai separarsi da quella presa. Si guardavano negli occhi, quando Ian senza esitare esclamò "Sposami Mick" Mickey deglutí. "Ti sposo fottuto Gallagher" Non aveva più paura adesso. Si incamminarono mano nella mano verso casa, non prima che Mick si girò per gridare puntando il dito verso gli agenti di polizia: "Fuck you, Fuck you, end expecially Fuck you".
   
 
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