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Autore: Arkytior    24/02/2016    3 recensioni
Quando si pensa alla Regina di un mazzo di carte, si pensa subito alla Regina di Cuori. La Regina di Picche, invece è quella sottovalutata, a volte evitata, che esiste, ma nessuno se ne rende conto.
Genere: Dark, Introspettivo, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Regina di Picche



Sono la voce del muto.
Sono gli occhi che vedono quello che i ciechi non vedono.

Sono l'ombra che guarda dal buio.
Sono lo sguardo silenzioso dell'invisibile.
Sono il pensiero parlante del prigioniero.
Sono la voce tremante del pavido.
Sono la bellezza nascosta dell'insignificante.
Sono l'importanza dell'inutile.
Sono la Regina di Picche.





Versione originale:


Queen of Spades



I am the voice of the mute.

I am the eyes who see what the blind don't see.
I am the shadow who watches from the dark.
I am the silent sight of the invisible.
I am the speaking thought of the prisoner.
I am the trembling voice of the fearful.
I am the hidden beauty of the insignificant.
I am the importance of the useless.
I am the Queen Of Spades!















L'angolo dell'autrice:
Questa poesia è un caso particolare perché è l'unica (per ora) che ho scritto senza immaginarla come il testo di una canzone. La sua struttura è estremamente semplice: una sequenza di nove metafore (anche abbastanza inquietanti, aggiungerei) che descrivono un personaggio. In particolare, qui parlo di una delle mie caratteristiche, che mi è stata fatta notare spesso: ho un grande potenziale, di cui spesso gli altri si rendono conto, ma non mi piace stare al centro dell'attenzione. Preferisco stare nascosta, "dietro le quinte", ma, all'occasione, esco dall'ombra e tutti mi notano.
Ho scelto la figura della "Regina di Picche" perché rispecchia quest'idea di avere un grande potenziale inespresso: quando si pensa alla "regina" di un mazzo di carte, viene subito in mente la Regina di Cuori, eppure la Regina di Picche c'è, ma resta inosservata.
Anni fa mandai questa poesia al professore di un corso sulla poesia italiana del Novecento, che aveva chiesto a noi alunni di mandargli poesie scritte da noi. Mi ricordo che lui ne rimase molto colpito, dicendomi che era una delle poesie più belle che lui avesse mai ricevuto dai suoi alunni, e che lo aveva particolarmente emozionato. Osservando il testo, infatti, possiamo benissimo notare la presenza di immagini forti, che restano bene impresse nella mente dei lettori.
Spero che questa poesia vi sia piaciuta! Fatemi sapere cosa ne pensate: ne sarei molto felice!
A presto!
Arkytior
   
 
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