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Autore: LilyGranger    25/02/2016    7 recensioni
Max e Dalila
Due bambini che crescono insieme e che si innamorano. Una storia raccontata tramite ricordi fugaci. Attimi insignificanti ma importantissimi. Istanti di una vita spezzata.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un urlo. Un lampo. Il bianco.
 
-Ciao, ti sei persa ragazzina? - la sua voce, ancora candida e piccola, interruppe il pianto disperato di una bambina accucciata contro il muro.
E Max la vide alzare il volto verso di lui. La pelle candida era arrossata sulle gote, gli occhi, grandi e resi gonfi dal pianto, sembravano riflettere il cielo azzurro che li sovrastava.
-Non parlo con gli estranei- rispose lei con fare supponente.
-E chi dice che non possiamo diventare subito amici? Vuoi? – propose lui cordiale. – Infondo quanti anni avrai? Non più di 8 sicuro, ti serve qualcuno come me che ti insegni come va il mondo-
Fu un attimo, ma Max lo vide: le labbra della bambina si incurvarono in un timido sorriso subito prima di assumere un’espressione infastidita.
-Ho 9 anni e tu non sembri tanto più grande di me. Non ti hanno insegnato a non parlare come un adulto? E poi chi ti credi di essere? Scusami ma la mamma mi starà cercando-
 la sua voce diventava sempre più squillante man mano che si infervorava. Ma lui non l’ascoltava più.
Era divertito dal suo atteggiamento sprezzante e orgoglioso, dal suo asciugarsi le lacrime fugacemente, dal suo sguardo di sfida.
-Come ti chiami? - la interruppe senza troppe riserve.
La bambina rimase un attimo spiazzata –Dalila-
-Bene Dalila, io sono Max. Sono più grande di te di un anno, quindi qui comando io- Dalila provò a controbattere, ma lui non gliene diede modo. –Seguimi, ti presento gli altri bambini del quartiere e magari mi dici come sei finita qui-
Le mani nelle tasche dei pantaloncini, la maglietta leggermente stropicciata, i capelli neri scompigliati, un ghigno sul viso, e Max si avviò.
Lei non ci mise molto a capire che seguirlo era la scelta migliore che potesse compiere.
Dalila trovò la mamma nel giro di un paio d’ore. Si erano appena trasferite in quello stesso quartiere e lei era fuggita mentre gli occhi della madre erano concentrati su alcune bancarelle del mercato, come una sorta di protesta per la nuova casa, confidò in seguito a Max.
E mentre la mamma rimproverava la figlia, la mano stretta attorno al suo braccio magro, il cuore ancora appesantito dalla preoccupazione, le gambe che si avviavano verso casa, Dalila non staccava gli occhi da Max e Max da lei.
Già da quelle due ore passate insieme, o forse sin dai primi minuti della loro conversazione, sembrava essersi creato un legame unico, immortale.
 
La notte. Il freddo.
 
-Secondo te è bello essere un aquilone? – chiese Dalila mentre si sdraiava sul prato vicino a Max, le mamme, in lontananza, ogni tanto controllavano che i figli non combinassero qualche marachella.
-Sono solo giocattoli, Dalila- rispose Max mentre i suoi occhi erano rapiti dalla coda piena di colori sgargianti dell’aquilone che volava sopra di loro.
-Si ma pensa che bello. Essere leggeri e lasciarsi trasportare dal vento. E volare! Deve essere divertentissimo volare! –
Si guardarono e risero, ricordandosi di quando, qualche giorno prima, avevano costruito un’astronave con i cartoni delle scarpe e avevano provato a lanciarla dal tetto, con il gatto di Max come pilota. Il papà di lui, però li aveva scoperti e fermati giusto in tempo.
-Ti voglio bene, Max-
Il tono con cui Dalila pronunciò queste parole era sincero e dolce. Raramente i due bambini si mostravano segni d’affetto.
-Anche io ragazzina, ora smettila di fare la sdolcinata- rispose Max imbarazzato. – La pausa è finita, torniamo a giocare. –
Mentre si alzava e iniziava a correre, però, non potè fare a meno di sorridere compiaciuto.
 
La pioggia, le lacrime.
 
-E’ solo una gallina, un‘ ochetta viziata, una…-
-Puoi pure smetterla di elencare tutta la fattoria, Max - scherzò Chris, il migliore amico di una vita.
Max, però, non ascoltava. Gli occhi bruni erano fissi davanti a sé. La mascella, che da poco si era raso, era contratta.  Le mani nelle tasche dei jeans erano strette a pugno.
-Guardala come fa la smorfiosetta, non la riconosco quando fa così. Oh perfetto adesso gli accarezza il braccio e sghignazza. Ma che avrà da ridere così? – il cuore era stretto in una morsa. La rabbia per quel pallone gonfiato che stava di fronte a lei e le scostava i capelli biondi dal viso, cresceva ad ogni risata falsa che Dalila gli regalava.
Si conoscevano da 7 anni e mai come in quel momento, si era reso conto di quanto Dalila fosse cambiata.
Il viso era diventato meno tondo, più allungato. I capelli biondi erano cresciuti fin sotto le spalle. Le labbra erano più carnose. E il suo corpo era diventato quello di una donna.
Anche il suo atteggiamento era cambiato. Il tono che usava quando parlava con gli altri loro coetanei era più suadente ed era decisamente più matura della bambina caparbia con cui si divertiva a litigare senza nessun valido motivo.
Anche lui era cambiato, forse ancor prima di lei. Era più robusto, più alto e più consapevole di piacere alle ragazze.
Anche lui aveva assunto toni da adulto.
Anche lui era cresciuto.
Eppure…
Eppure quando stava con lei tornava ad essere bambino. Quando stava con lei, l’amica di tutta una vita, la sua sicurezza vacillava. Il suo fare da seduttore che usava con le altre ragazze, presuntuoso e leggermente sfrontato, scompariva, lasciando posto al vero Max.
E quando vedeva un ragazzo che flirtava con lei, si sentiva in pericolo.
Mai, come in quel momento, si era reso conto di amarla.
 
Agitazione, voci, passi.
 
A volte si domandava ancora perché. Perché Dalila aveva rifiutato tutti gli altri inviti? Perché voleva andare al ballo solo con lui?
-Una serata tra amici, è decisamente quello che ci serve- gli aveva detto sorridendo.
-Come vuoi, ma niente lenti-
Eppure, non aveva ancora capito come, la stava tenendo stretta a sé, mentre ondeggiavano sulle note di una canzone romantica.
Il suo mento poggiava sulla chioma bionda di Dalila, mentre lottava contro l’imbarazzo e la felicità si faceva incontenibile.
Lei alzò il volto, e come era successo 8 anni prima, vide i suoi grandi occhi blu fissarlo, l’espressione rimasta identica a quel primo incontro.
Dalila si alzò leggermente e senza troppe esitazioni, senza mai distogliere lo sguardo, senza domandarsi se fosse giusto o sbagliato, lo baciò.
E il tempo si fermò.
 
Una sirena, mani e braccia di estranei.
 
-Sei sicura? – domandò Max, il cuore gli martellava nel petto mentre teneva Dalila stretta accanto a sé. Lei annuì, imbarazzata ma decisa, gli occhi erano rivolti verso il basso.
-Io ti amo, Max. Voglio che sia tu, sono pronta. -
Un bacio dolce, lento. Un altro, più appassionato e intenso.
Le sue mani scorrevano lungo le spalle e la schiena di Dalila, con il goffo tentativo di abbassarle le bretelle del vestito.
I loro volti, i loro corpi, erano illuminati dalla luce scostante e calda del camino. Sul pavimento era stesa una trapunta. Lei lo aiutò a sfilarsi la camicia. I loro sguardi si incrociarono e senza distoglierli un attimo si sedettero sull’improvvisato nido d’amore.
Quando lei non ebbe più nulla addosso, Max pensò di avere un infarto. La bellezza di Dalila lo lascò senza fiato.
-Sei bellissima…- le sussurrò tra un bacio e l’altro.
A quelle parole, tutto l’imbarazzo, tutto il nervosismo e tutta la paura annidiati nel cuore di Dalila si sciolsero, lasciando posto alla piacevole sensazione del corpo di Max steso sopra il suo.
-Ti amo, Dalila-
La fitta di dolore nel basso ventre che lei provò, fu nulla in confronto alla sconfinata felicità che entrambi provavano l’uno nelle braccia dell’altro.
 
Una scossa, un’altra. Il soffitto di un corridoio che scorre via come l’acqua.
 
-NO! Smettila! Non dire altro, smettila ti prego – Dalila era furiosa. Piangeva. I suoi pugni battevano contro il petto di Max.
-Dalila ti prego, ascoltami. Ti prego non fare così! Ascoltami dannazione! Calmati! – era sull’orlo delle lacrime anche lui.
-Vattene! Non mi interessa. Vattene. Non ho bisogno di te. Abbandonami. Sei solo un bastardo! Non mi interessa più niente di te- gridava.
Dalila gridava, finchè non si arrese. Finchè non si arrese alla verità, ai suoi veri sentimenti. Finchè non ritirò tutto e ripetè fino allo sfinimento che lo amava.
Finchè non si arrese al fatto che Max si sarebbe trasferito lontano. Lontano da lei.
-Funzionerà, noi la faremo funzionare Dalila. So che non credi alle relazioni a distanza, ma noi ce la faremo. Io so che ce la faremo. Ti prego…-
La strinse a sé. Forte, più forte che potè. Lei affondò il viso rigato dalle lacrime nell’incavo del suo collo. Max stringeva gli occhi e contraeva le labbra per non piangere. Ma non ci riuscì. Si abbandonò ad un pianto incontrollabile, irrefrenabile.
Non era solo la tristezza ad inondare quel viso. No, era anche la rabbia. La rabbia per l’abbandono del padre, avvenuto qualche mese prima. La rabbia per la madre che egoisticamente voleva ricominciare la sua nuova vita lontana dai vecchi ricordi, costringendo Max a seguirla. La rabbia per la consapevolezza di non poter restare con Dalila, di dover stare accanto alla madre, di non poterla abbandonare in quel momento.
Dalila cercava di consolarlo. Lo baciava con le sue labbra carnose e rese umide dalle lacrime.  Gli accarezzava i capelli e lo stringeva in lunghi abbracci.
-Si, ce la faremo- riuscì a dire lei con poca convinzione
Quando entrambi si furono calmati, con la voce rotta, Dalila chiese quando sarebbe partito.
-Mamma ha fatto tutto alle mie spalle. Un paio di settimane al massimo-
Dalila fece un profondo respiro. –Cerchiamo di viverle al meglio allora-

Dalila che piange.
“Vi prego! Vi prego fate qualcosa!”
“Signorina esca. Non può rimanere qui. Portatela via”
 
Fu il giorno più bello della vita di Dalila e di Max. La tortura era finita. La distanza aveva perso.
Lui rideva, lei anche. La teneva sollevata, le mani serrate sulla sua vita stretta, mentre la faceva girare sospesa nell’aria.
-Dobbiamo festeggiare! Non posso crederci! –
Erano passati 4 anni dal loro addio. Durante quel lasso di tempo si erano lasciati un paio di volte, esasperati dai litigi causati dalla lontananza, ma non si erano arresi. Telefonate, videochiamate, visite occasionali e sporadiche, avevano tenuto in vita la loro relazione.
-Tua madre come l’ha presa? – chiese Dalila in preda all’euforia
-Non tanto bene all’inizio. Ma ormai sono abbastanza grande per potermela cavare da solo. E diciamo che da quando si è risposata mi sento molto più tranquillo, lei è più serena. –
-Quindi non andrai più via? - chiese Dalila come una bambina che non riesce a capire dove e quando finisce il gioco.
-Sbaglio o sei diventata più stupida? O quantomeno sorda. Quante volte dovrò ripetertelo? – scherzò Max.
Lei gli diede un pugno sul braccio, proprio come quando erano piccoli e lui la indispettiva.
Risero e si abbracciarono.
-Rimarrai per sempre con me? – chiese sottovoce Dalila, sorpresa da quel senso di sicurezza che provava nelle braccia di Max.
-Per sempre. –

“Max ti prego, resisti”
Le labbra calde e umide di Dalila.

 
-Ok penso di non aver mai visto un film tanto insulso e smielato in tutta la mia vita- affermò Max mentre, con Dalila sottobraccio, si avviava fuori dal cinema, lungo la strada che li avrebbe portati alla casa che da poco avevano acquistato insieme.
-Ma smettila! Ho visto perfettamente che ti asciugavi una lacrima, non fare tanto il macho con me-
-Te l’ho detto, sono le lenti a darmi fastidio- mentì spudoratamente.
-Si certo- fece finta di credergli Dalila. –Sai è stato davvero un bel compleanno. Ma aspetto il mio regalo. Forza non dirmi che hai fatto il tirchio- rise.
Max sapeva benissimo che lei non pretendeva nulla. Che si sarebbe accontentata di una lettera o di un fiore. Ma non poteva fare a meno di essere orgoglioso di se mentre con una mano infilata nella tasca del cappotto accarezzava la scatolina di un anello.
Era arrivato il momento.
Si fermò, costringendo Dalila a voltarsi verso di lui.
-Tutto bene?- chiese preoccupata.
Lui fece in tempo a dire il suo nome prima che la sua attenzione venne interrotta dallo strombazzare frenetico di un clackson. Si girò. Una macchina si avvicinava a loro in tutta velocità. I fari abbaglianti irrompevano nella notte, coprendo il giallo accesso dell’automobile. Il capo dell’autista era abbandonato all’indietro e il passeggero che gli era affianco provava a tenere il controllo del volante. I secondi rallentarono mentre timide gocce iniziavano la loro caduta e l’odore della pioggia sull’asfalto ricopriva l’aria. Fu un attimo.
Max spinse Dalila lontano.
-Max! –
 
Un urlo. Un lampo. Il bianco.
Erano queste le immagini che scorrevano davanti gli occhi di Max. Non i dottori, i monitor, Dalila che da dietro un vetro si portava le mani alla bocca. La mamma di lei che le cingeva le spalle. L’elettrocardiogramma che diventava una semplice linea retta, piatta.
Erano questi ricordi, istanti di tutta una vita, ad accompagnare Max nei suoi ultimi respiri.
Gli occhi gonfi e pieni di lacrime di una bambina.
Le note di una canzone romantica.
Le labbra di Dalila.  I loro corpi caldi avvinghiati e la luce calda di un camino. Il dolore di un addio e la gioia di un lieto fine.
 
Un aquilone che vola nel cielo.
 
   
 
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