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Autore: LittleDreamer86    25/02/2016    1 recensioni
Neve. Un duello tra la luce e l'oscurità, tra i due modi di essere la Forza. Tutto sarebbe potuto andare diversamente, per un altro percorso, secondo un altra scelta. Rey vede infatti per un istante se stessa come un fantasma, una possibilità di percorso, che si allontana, scappando via da Kylo Ren e da ciò che potrebbe rappresentare, lontana dalla foresta, al di là della crepa. Invece...
[Questa storia non mi appartiene, la traduco solamente con il permesso dell'autrice. Grazie ms-qualia!!]
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kylo Ren, Rey
Note: Movieverse, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 5

 
Si svegliò tutta dolorante.
Dopo lo scontro della notte precedente, aveva avuto così tanta difficoltà a camminare che Kylo Ren l’aveva avvolta in una coperta e trasportata tra le braccia. Dell’odore del fuoco e delle braci, così come del suo sudore erano impregnati gli abiti dell’uomo, ed anche i suoi capelli scuri. Quel ricordo olfattivo era così vivo in lei che avrebbe potuto giurare di percepirli in quello stesso istante al solo rammentare la stretta forte delle sue braccia, la tunica nera, i capelli lunghi che le avevano sfiorato il volto mentre la teneva vicina.

Si era addormentata prima di lui, e si era svegliata prima, raggomitolata su un fianco e rivolta verso il fuoco. La prima cosa che vide aprendo gli occhi, fu il suo volto. Lui aveva spostato il suo letto da campo tra quello di Rey e le braci ormai spente, all’interno della buca dove avevano acceso il fuoco. Vide che si era addormentato prono, il volto rivolto verso di lei. Poteva vedere le linee che definivano le spalle attraverso la leggera camicia con cui era rimasto per dormire. Il resto degli abiti a terra. Riposava con un braccio che penzolava fuori dal bordo del letto così come entrambi i piedi, nudi, che toccavano quasi terra. I letti da campo infatti erano costituiti da un telaio abbastanza piccolo, rispetto alla sua corporatura.

Dopo un po’ di tempo, anche i suoi occhi si aprirono lentamente, al di sotto dei capelli ondulati. Rimasero a fissarsi per qualche istante in modo così intimo e rilassato, allo stesso tempo, che a lei parve del tutto surreale; come se ognuno di loro stesse guardando l’altro dormire. Lui sollevò il braccio che aveva penzoloni e appoggiò i polpastrelli sul bordo del letto di Rey, vicino alle sue dita. Con molta cura Rey fece scorrere la sua mano lungo il telo ruvido del suo letto fino a che i loro polpastrelli si sfiorarono. Per una volta nessuno di loro osò dire nulla che potesse mettere in imbarazzo l’altro o anche solo sollevare una nuova discussione. Rimasero così, come se quel semplice sfiorarsi si dita potesse parlare per loro. Gli occhi dell’uomo erano catturati dai suoi, persi nei suoi. Poteva sentire la sua personale soddisfazione, l’ammirazione che provava per lei. E poi…

Il collegamento mentale venne interrotto quando lui, ispirando profondamente, aveva tirato indietro la mano per distendere la spalla e poi si era sollevato con la schiena per mettersi in posizione seduta. Con entrambe le mani si sfregò il volto e il collo. Si era rasato il viso due volte la prima settimana, una volta con la lama dell’accetta e l’altra con un taglierino ma era abbastanza frustrato per la mancanza di uno specchio.

“Penso di avere la barba adesso” disse lui.

Rey annuì con un lieve sorriso sulle labbra. “E’ ufficiale! Non ti piace?”

“Non lo so. Non mi sono mai visto con questa dannata…cosa.” Si passò il dorso della mano sotto il mento.

Rey seguì il movimento di quella mano, il viso ancora appoggiato al suo lettino. ”Sarei felice di aiutarti…”

Lui rise, e disegnò una linea orizzontale sul suo collo con l’indice. Da parte a parte. “Ci scommetto.”

“Perlomeno moriresti per uno scopo più alto.”

Annuì, concedendole il punto per quello scambio di battute.

“Potremmo riposare un giorno o due. Se sei d’accordo. Ci prendiamo il nostro tempo.” Pronunciò l’uomo.

“Sto bene.” Lei si tirò su lentamente. “Ma soprattutto, mi piacerebbe vedere se sull’altra isola troviamo qualche rottame. Qualcosa di utile per la nave.”

Lui annuì, mentre lentamente lo sguardo si allontanava da lei, perdendosi in lontananza.

“Ascoltami” proseguì Rey “Ieri notte è stata…parecchio…”

Lui la guardò di traverso, senza accennare alcun movimento del capo.

“Non avrei dovuto…” cominciò a dire per poi bloccarsi di nuovo “Non penso di averti mai considerato come una…persona. Prima. Ed anche nell’ultima notte.”

“Non ho avuto occasioni pratiche per essere una persona, recentemente. Un errore molto facile, il tuo.”

 “Non so se riuscirò mai ad accettare quello che ho fatto.”

Lui scrollò le spalle. “Hai visto una debolezza e l’hai usata per colpire. Ne avevi tutto il diritto. Ciò che senti adesso è il richiamo della Luce. Il Lato Oscuro è accogliente, ma la Luce è gelosa. Pretende il tuo dolore come penitenza, ma nega il diritto di usarlo per renderti più forte.”

“Come posso combattere ciò che sento?”

“Ricorda questo tuo sentire. Il ribrezzo per te stessa. Sarebbe magnifico anche solo se lo allontanassi adesso. Ma questo ricordo è molto importante” i loro sguardi incatenati “ti eviterà di essere attratta da quel percorso.”

Tese la propria mano verso di lei, a palmo aperto verso l’alto. Lei allungò la propria e lui gliela prese e la strinse tra le sue.

“Avverranno…molte cose. Tu farai e diventerai altro da ciò che sei ora. Ho guardato indietro tante volte. A quel momento in cui ho scelto realmente questo presente. Ho anche immaginato quello che sarebbe successo se fossi realmente in grado di tornare indietro, e sceglierne un’altra di via. Consideravo gli altri me stessi come amici. Col passare del tempo, ho continuato a guardare lontano su quelle strade parallele dove viaggiavano gli altri “io”. Ma sono diventati degli estranei per me. Così come sono diventato un estraneo per quel giovane che quel giorno prese il suo primo bivio. L’ho capito alla fine, sai…loro non sono mai stati miei amici. Erano solo mie vittime.” I suoi occhi si alternavano tra il volto di Rey e le loro mani. “Quando finalmente la strada diventa più stretta, ti accorgi che ne esiste solo una.”

“Ed è quella dove ti trovi ora?”

“Ci sono molto vicino.” Rispose lui del tutto tranquillamente. Avvicinò la mano della ragazza alle proprie labbra e né bacio il dorso. Poi la batté leggermente coi polpastrelli, poco prima di abbandonarla e alzarsi in piedi.

“E se stessi solo pretendendo di esserci? Fingendo…di esserci?”

“Non ha senso quello che dici. Chi dovrei ingannare fingendo?”

“Se volessi fare un grande gesto da vero gentiluomo, un gesto che mi renda davvero felice, potresti sempre dirmi dove hai nascosto la tua nave?!”

“Buon ragionamento, con alla base un idea sbagliata. Non esiste nessun’altra nave. Fatta eccezione quella con cui siamo arrivati qui.” Le labbra gli si piegarono da un lato in un largo sorrisetto da ragazzino.

Lei batté le palpebre più volte del tutto scossa da quelle parole e solo qualche istante più tardi si ricordò di respirare.
Oh no, fu l’unica cosa che riuscì a pensare.
 


 
Andarono dritti verso l’altra isola dopo aver mangiato, non appena la marea fu abbastanza bassa da consentir loro di attraversare a piedi il ponte di terra. Sarebbe stato altrettanto facile raccogliere legna e cibo su quell’isola, visto che era anche più grande di quella dove avevano stabilito il campo-base. Si tolsero gli stivali e camminarono a piedi nudi nell’acqua che arrivava fino alle caviglie. Passato il C-Wing, lasciarono l’acqua alle loro spalle.
Lui si fermò sulla spiaggia e lei vicino a lui.
“Prima tu…” disse Kylo Ren, dandole un occhiata.

Rey sollevò lo sguardo e lo puntò poco distante ad una ripida cupola di roccia e alla foresta che cresceva sulla sua cima. Sarebbero occorsi giorni per esplorare quel luogo completamente.

“Non ero sicuro di quello che mi aspettavo.”

“Cosa sai di questo luogo?”

“C’era un tempio Jedi qui, un tempo…” spiegò l’uomo “Chi è in grado di percepire e usare la forza lascia un onda dietro di sè, quando risiede in un luogo, a lungo. La senti? E’ anche qui.”

“Cosa dovrei fare?”

Ren incrociò le braccia davanti al proprio corpo. Il suo sguardo serio e determinato. “Cercalo. Cerca il tempio.”

Avevano provato diverse tecniche di meditazione insieme. Rey ne scelse una. Chiuse gli occhi e lentamente cercò di rimuovere ogni sorta di pensiero. Ascoltò il suono delle onde infrangersi sulle rocce e i cambiamenti nell’aria, adeguando lentamente il suo respiro al loro ritmo. Percepì la roccia sotto i suoi piedi, e la mutua attrazione gravitazionale. La mente divenne calma e vuota mentre una doppia immagine sfocata si distendeva sopra il nero assoluto. Un’immagine di un blu spettrale e dalle trasparenze di una fiamma.
Delle voci. Ragazzi. Uomini. Era come se da lontano raggiungessero la soglia della sua coscienza. Aprì gli occhi con la consapevolezza che provenissero dalla spiaggia sul lato destro della cupola. Erano così forti e definite che le sentiva scandire parole nella sua testa. Sapeva di conoscer il linguaggio ma era come se quelle parole fossero disposte in ordine caotico in frasi che rifiutavano di diventare coerenti. E per questo era come se non riuscisse ad afferrarle, e le sfuggissero dalla memoria.

“Da questa parte…” pronunciò Rey, incamminandosi verso la direzione che aveva scelto.

Una strana forma serpeggiante apparve di fronte a lei. Come un tunnel di nebbia che si snodava davanti ai suoi piedi. Si concentrò su ciò che vedeva mentre la sua mente tornava vuota. Decine di forme di forme spettrali di persone che camminavano emersero da quella nebbia. Si sentì catturare da una forte emozione che non comprendeva. Li sentiva, li viveva. Lo stupore che provò le fece perdere la concentrazione. Quelle forme si mescolarono di nuovo con la nebbia, svanendo come inghiottite da essa.

Mentre si voltava a guardare il viso dell’uomo in una domanda muta che lui già conosceva, si accorse che la nebbia risaliva il fianco della collina. Là dove vi era un sentiero fatto di gradini in pietra dura. La natura aveva preso il sopravvento da chissà quanto tempo di quei luoghi: il percorso e quegli stessi gradini erano nascosti da arbusti ed erba che si erano insinuati fra le fessure.

Cominciarono ad arrampicarsi per la gradinata ma man mano che procedevano, quella pista fatta di nebbia, che lei poteva percepire, diventava sempre più lieve. Era come se ogni gradino che risaliva le togliesse la visione, mentre contemporaneamente sentiva come se il suo senso del Tempo si perdesse, sfuggendole tra le dita.

Gli alberi divennero forme inconsistenti e vibranti. A tratti erano alberelli, poi alberi in piena crescita, ed infine solo gusci morti, spaccati e sradicati via dal terreno. E poi di nuovo germogli appena nati. Era come fossero illuminati da tutte le direzioni. Costituiti da nebbia, luminosa nebbia azzurra. Rey si bloccò per riprendere fiato, come stordita da quella visione. Poi si voltò indietro.

Il viso di Kylo Ren svanì lentamente e divenne fluido. Al suo stesso posto le sembrò di vedere il fantasma di un uomo con la barba con delle rughe agli angoli degli occhi e della bocca, ma non tra le sopracciglia. Non era Kylo Ren, ma avrebbe potuto essere suo fratello. Rey vide anche un giovane uomo sbarbato con una grossa e rabbiosa cicatrice che gli attraversava il volto. L’uomo dal volto gentile tese la mano verso quella di Rey, così lei sollevò la propria verso quella dell’uomo per afferrarla. Lui le sorrise e le loro mani si attraversarono. Continuò a camminare attraverso di lei e nello stesso istante Kylo Ren apparve dalla nebbia e le afferrò la mano. L’uomo con la cicatrice la fissò come se fosse in grado di leggerle dentro e poi svanì mentre l’immagine di Kylo Ren tornava a stabilizzarsi.

“Sono qui…” disse lui.

“Cosa c’è qui?” La voce le tremò.

“Molte delle risposte che stai cercando. Non avere paura.”

“Non posso…non riesco a percepire il sentiero dietro di noi. Non so come tornare indietro da questo punto.”

“Conosco io la strada. Vai avanti. Ci siamo quasi.”

Rey riprese in mano il proprio coraggio e si voltò per proseguire avanti, per la gradinata. Salì un gradino e lui la trattenne.

“Andiamo?” disse Rey.

“Solo…lascia solo che ti guardi per un momento.”

Rey era in piedi sul gradino sopra di lui. I suoi occhi erano allo stesso livello di quelli dell’uomo. Ed erano molto vicini. Quella vicinanza le fece deglutire la saliva.

“Presto ci lasceremo.” Pronunciò Kylo Ren. “Non puoi venire con me, quando quel tempo verrà.”

Il cuore le prese a battere furiosamente nel petto. In risposta a quel decreto, l’uomo ricevette il più debole degli assensi che poteva aspettarsi da lei. Così le prese il volto tra le mani, le dita premute all’estremità delle sue guance. La sua espressione stravolta da un dispiacere che a stento tratteneva, e una solitudine che fu impossibile per lei non riconoscere. Innumerevoli volte anche il suo viso era stato così. L’uomo inclinò la testa in avanti e l’appoggiò a quella della ragazza.

“Mi dispiace” Pronunciò piano, quasi in un intima confessione. Lei tristemente annuì.

Ren avvicinò le sue labbra a quelle di lei, premendole saldamente contro l’angolo della sua bocca. Non era un vero bacio, tuttavia il respiro le si bloccò in gola a quel gesto. Trascinata da qualcosa che andava ben al di là della ragione, gli avvolse le spalle con le proprie braccia e scostò le labbra il necessario per trasformare quella casta pressione in un bacio. Così lei stessa venne avviluppata da altre braccia. Sentì le sue grandi mani sulla schiena premerla di più verso di lui. Non c’era più spazio tra i loro corpi. Erano l’uno addosso all’altro, l’uno appoggiato all’altro, insieme, in quel mondo crepuscolare. Solo loro e mille anni di storie di fantasmi, passate e mai dissolte.

Improvvisamente le sembrò di vedere altro.

La mappa di una galassia ed un pezzo mancante. Interruppe velocemente il bacio premendogli appena le mani sul petto, respirando affannosamente, sconvolta.

“Mi dispiace…” disse Rey. Lui scosse la testa. Che non se ne fosse accorto?

 “No, è .. “

“Mi dispiace, mi dispiace. Non volevo. Ho solo…” farfugliò Rey, ancora stravolta da quanto aveva visto senza volerlo nella mente dell’uomo.

Ren alzò le sopracciglia e le sorrise, piegandosi appena come se fosse stato pugnalato. O per lo meno lei lo vide in quel modo. L’aveva sempre saputo che sarebbe successo? O forse l’avrebbe scoperto in quello stesso istante ciò che lei aveva visto? Quello che gli aveva involontariamente sfilato dalla mente? Era stato un incidente ma non avrebbe potuto sopportare di spiegarglielo. Prese ad allontanarsi.

“Aspetta Rey, è…”

Lo spinse via e lo vide andare in frantumi mentre lei cadeva all’indietro, e mille Kylo Ren - come mille erano le versioni di se stessa - saltarono dopo di lei per catturarla, per raggiungerla e afferrarla.

 
 ≈ § ≈
 
C’è una teoria che afferma che tutti i possibili mondi sono reali come il mondo attuale.
Se ciò fosse vero, allora, a ragione dell’esistenza di diverse ramificazioni di futuri possibili, ci potrebbero essere diversi passati possibili, importanti quanto il passato che ha determinato linearmente il nostro presente.

Un milione e più di possibilità si snodano da uno stesso istante.
La fonte della grande gravità di un momento che spinge il libero arbitrio dei più piccoli corpi orbitanti verso di essa inesorabilmente, e che solo i momenti, gli impulsi, più forti possono sfuggire.
Così i modelli si ripetono.
Il Lato Chiaro della Forza si scontra contro il Lato Oscuro.
Apprendisti vincono i loro Maestri. I figli seppelliscono i padri. Le famiglie giocano sempre su variazioni degli stessi errori.

Ma alcuni eventi sono costanti. Costanti in tutti gli universi possibili.
Così come ogni versione di Rey esistente cadeva, ogni Ben Solo saltava per catturarla, qualunque fosse l’universo in cui si fosse andati a vedere.
Il peso di questa verità strappò un buco nel tessuto temporale.
 
≈ § ≈

Ben Solo aveva appena 14 anni.
Si svegliò bruscamente, mettendosi a sedere mentre ansimava per lo spavento. Si trovava nei suoi alloggi all’accademia Jedi. Aveva appena vissuto…un incubo? Non si ricordava nulla ma si sentiva come se si fosse svegliato da un terrore notturno, l’adrenalina che gli scorreva addosso e il sapore forte della paura in bocca. Si toccò il naso e scoprì che stava sanguinando copiosamente.

Il battente si spalancò di colpo andando a sbattere contro la parente e dovette socchiudere gli occhi a causa della luce di una candela. Il volto di Luke era completamente illuminato. Gli era cresciuta una grossa barba che aveva finito per coprirgli la sottile cicatrice sul volto. Quella che si era procurato quando era stato colpito da quella creatura su Hoth. Le tempie gli si erano ingrigite ma la barba era ancora di un bel colore marrone sabbia. La mano metallica che teneva la candela riflesse la sua fiamma danzante.

Luke annuì al suo Padawan. “Anche io l’ho percepito. C’è stato un disastro planetario. E noi andremo a prestare soccorso.”

“Cos’è successo?”

“Te lo spiegherò strada facendo. Adesso prendi tutto quello che non possiamo trovare alla stazione di salto.”

Ben fissò il suo sguardo nel vuoto. Sentiva qualcosa. Qualcosa che doveva e voleva localizzare. O qualcuno che cercava lui. Non riuscì a definirlo. C’era anche qualcosa, qualcosa al di là dei suoi occhi, che fissava quel vuoto assieme a lui. Poté percepire un volto, senza in realtà vederlo in modo definito. Era come se la sua pelle fosse parte di una Maschera.

“Qualcosa non va. Non è tutto.”

“Ne discuteremo strada facendo. Adesso andiamo, Ben.” Ripetè Luke Skywalker.

“Si, Maestro.”
 

Uscirono nell’aria notturna. Maestro e Padawan. Pioveva lievemente. La stanza di Ben si trovava sull’isola principale, vicino alla principale sala conferenze, alla sala allenamenti e alla libreria dell’Accademia.
Luke aveva voluto egoisticamente il proprio studio e gli alloggi privati collocati nella libreria così non avrebbe dovuto uscire al freddo per raggiungerla e potersi prendere qualche volume da leggere.

“Nessuno sa che stiamo partendo, Maestro?” Domandò a Luke. “Me l’ha detto Kontra.”

Luke annuì. Kontra era un Padawan ed anche un assistente nella libreria, così lei aveva avuto quell’informazione direttamente dal loro archivista.
Luke aveva messo assieme una piccolissima gruppo permanente di docenti, tutti individui sensibili nella Forza, per amministrare le attività quotidiane dell’Accademia, così lui era libero di prendere con sé i Padawan più grandi ed impegnarli in spedizioni e nella ricerca delle tradizioni andate perdute nella Grande Epurazione Jedi all’alba dell’Impero.

 
La navetta shuttle sulla rampa di lancio dietro la sala degli allenamenti non era in grado di compiere nemmeno brevi salti nell’iperspazio. A seconda del programma di viaggio, vi erano due pianeti negli adiacenti sistemi con mezzi di trasporto più che adeguati. Ci sarebbero voluti dai nove ai quattordici giorni di viaggio per raggiungere uno si questi pianeti. Luke, comunque, sapeva non avrebbero avuto bisogno di arrivare là e che il mezzo che avrebbero preso sarebbe stato in orbita attorno al pianeta, così da far risparmiare loro del tempo. E lì ci sarebbe stato un amico ad attenderli.
 


Attraccarono all’Eravana. Luke aprì il portellone e tornò a guardare Ben sulla sedia accanto alla sua, nella cabina di guida.

“No.” Ben fece una smorfia. Luke ruotò di nuovo lo sguardo verso l'hangar interno della nuova nave di Han Solo, dopo che la sua gli era stata sottratta - da come diceva lui .-

Si alzarono entrambi dai loro posti dirigendosi verso l’uscita della nave.


Ben osservò come Luke tendeva la sua mano e suo padre Han la stringeva, per poi tirare Luke vicino e dargli un amichevole pacca sulle spalle.

“Per il Creatore, ti sei fatto più vecchio! Che diavolo hai combinato, eh?

Luke rise alle parole di quel caro amico. “Pallone gonfiato che non sei altro, sono stato occupato.”

“Bè, fai in modo di esserlo meno, è passato troppo dall’ultima volta.”

Anche lo Wookie a suo modo salutò Luke. Lo tirò vicino in un abbraccio e cominciò a farlo ondeggiare a destra e sinistra tanto che lo jedi fu costretto a battere sul suo petto peloso e morbido per farsi lasciare e poter respirare di nuovo. Quando ci riuscì una calda risata scompose le sue labbra. Poi Luke si schiarì la gola e fece un cenno con la testa verso Ben. Han portò lo sguardo al ragazzo e deglutì.

“Oh, ciao, uh…figlio.”

“Ciao.”

“E’ da un po’ che…”

“Tre anni e cinque mesi.”

“Ah. Hai …studiato? Sei bravo?”

Ben si sfregò il naso con il dorso di una mano, un gesto di palese irritazione.

“Intendo, uh, non conosco bene questa … roba. Quella era una cosa più dalla parte di tua madre.”

“Lo so. Lo so. Lo so.” Disse Ben, espirando.

Quella era pressoché la stessa discussione che avevano fatto quando Ben aveva undici anni, la stessa quando ne aveva nove, e otto, e sette, ed ogni volta si ripeteva nello stesso identico modo. Più tempo passava dall’ultima volta che Han Solo vedeva suo figlio, maggiore era la certezza che quando si sarebbero incontrati lui gli avrebbe parlato in quei termini. Han gli diceva di essere orgoglioso di lui, e Ben sapeva che era una bugia perché suo padre non aveva la benché minima idea di che cosa avrebbe dovuto essere orgoglioso.

Salve, mugulò Chewbacca verso Ben, nella sua beata ignoranza dei sottintesi alla base di quelle imbarazzanti pause dei discorsi fra umani.

 
“Ciao!” Rispose Ben. Salutati tutti, Chewbacca si diresse nuovamente verso la cabina di comando dell’Eravana per impostare una rotta.
 



 
Phthalo era un piccolo mondo blu per lo più conosciuto per la sua pesca, gli artisti e i mercanti. Era molto popolato, e la sua gente accogliente.
Molte persone arrivate come turisti, non riuscirono più a partire, e Phthalo non li costringeva a farlo. Era rinomato per essere bellissimo e densamente popolato.
Non era mai stato obiettivo militare per nessuno.
Non fino a quel momento per lo meno.

 
“Tre settimane fa, c’è stato un disturbo magnetico attorno Phthalo,” annunciò Luke “Diverse navi hanno cercato di attraversarlo ma sono state respinte.”

“I loro scudi planetari?”

Luke fece un cenno d’assenso col capo. “Violati. Diversi incrociatori pesanti sono stati avvistati in orbita attorno al pianeta. Non hanno risposto ad alcuna comunicazione che gli è stata inviata, hanno attivamente disturbato le comunicazioni e abbattuto dalle navi più piccole a quelle più grandi che si sono avvicinate. Hanno ottenuto tutto ciò che volevano e sono scesi sul pianeta una volta che lo scudo si è abbassato. Hanno fatto diversi viaggi al giorno sulla sua superficie.”

Luke aveva portato con sé un ologramma di quel mondo. “La loro capitale e queste città” indicando alcuni punti sull’immagine tridimensionale “sono state rase al suolo. Non c’è stato alcun ultimatum, nessuna spiegazione, niente. Niente a tutto questo.”

L’attenzione del jedi fu attratta da un punto in particolare “questa, la seconda più grande città del pianeta, sembra aver visto alcune truppe di terra prima di essere distrutta. I testimoni dicono che avevano fretta di andarsene prima che venisse mobilitato l’esercito della Repubblica così questo distretto” Luke allargò l’immagine in una particolare zona della città “è per la maggior parte intatto. Comunque sono stati visti soldati fare delle incursioni da quelle parti. ”

“Qualunque cosa volessero era in quella città” decretò Han

“Perché avrebbero ucciso il resto della popolazione?” domandò Ben.

Per confondere, grugnì Chewbecca. E Luke annuì.“Non vogliono semplicemente che qualcuno sappia perché l’hanno fatto.”

“Quindi questa è molto più una missione d’indagine piuttosto che una missione di aiuto.” Fu Ben a parlare stavolta.

“Ci sarà bisogno di un sacco di aiuto laggiù, ragazzo” disse Han, e suo figlio volse lo sguardo a lui.

Han rise battendo amichevolmente Luke su una spalla “Sua madre fa la stessa faccia.”

Luke sollevò un sopracciglio, strinse le labbra e annuì ”Già.”

Ben pronunciò abbastanza irritato “L’hai lasciata. Non hai il diritto di parlare di lei.”

“Ascolta, ragazzo, quello che c’è tra me e tua madre non ha nu…”

Ben puntò l’indice contro Han. “Non chiamarmi in quel modo. Non sono il tuo ragazzo.”

 
“Ben” lo richiamò Luke. Ben chiuse la bocca e cercò di sforzarsi a rimanere in silenzio.
 


Presero una navetta per raggiungere la superficie del pianeta, ed in particolare le periferie di Syanees, la seconda più grande città di Phthalo. Han decise di rimanere sulla sua nave e così Ben assieme a Luke e Chewbecca avevano formato la squadra d’indagine. La nave atterrò e il portellone venne aperto. Un odore familiare acre e diffuso allo stesso tempo, investì la cabina.

“Accidenti” mormorò Luke.

I tre compagni puntarono lo sguardo verso l’orizzonte. Il cielo esplodeva di rossi e rosa di un brillante tramonto, nonostante fosse metà giornata. Quelli che una volta erano pinnacoli sinuosi che raggiungevano il cielo erano ora come strani artigli liquefatti o rotti. Ben toccò con lo sguardo la strada e pensò inizialmente di vedere una pila di biancheria, ma poi il suo sguardo venne catturato da un guscio rosso di carne a forma di gamba che spuntava da sotto un abito.

Ne riconobbe l’odore. Era carne carbonizzata. Un città così vasta piena di corpi carbonizzati. Corpi bruciati.
Non riusciva a trattenere il fiato in corpo. Cominciò ad ansimare e poi soffocare. Chewbacca lo afferrò per le spalle e si mise tra Ben e Luke, così che il Jedi non vedesse la debolezza che aveva colto il suo Padawan. Lo Wookiee voleva preservare l’orgoglio del giovane guerriero mentre vomitava.

“Oh, Chewie, non devi farlo. Non è questo ciò che facciamo.” disse Ben mentre si riprendeva, pulendosi le labbra con un lembo della tunica.

 
Nessun problema, gli rispose Chewie.
 
Viaggiarono attraverso le macerie ma gli unici testimoni che trovarono di quanto accaduto erano tutti delle città vicine. Non c’erano sopravvissuti a Syanees. Le persone che incontrarono nel loro vagare domandavano loro informazioni sui loro cari o amici di Syanees, ma i tre compagni non avevano visto un corpo che avesse dettagli definiti fino a quel momento. Come parlare di persone vive?
Tanti furono i corpi che passarono sotto i loro occhi ma Ben non era ancora riuscito ad abituarsi a quella vista. Una fine orribile senza dubbio ingiusta

Trovarono un ponte pedonale abbastanza largo al di sopra di un ruscello e si fermarono lì a riposare. Ben si calò giù per raggiungere il torrente e non vedere più la linea bruciata dell’orizzonte. Il ponte era costruito con grossi blocchi di pietra e il tunnel sottostante il ponte per il passaggio dell’acqua aveva per ogni lato un camminamento. Una volta sicuramente era stato illuminato lì sotto. Dopo quello che era successo alla città e all’intero pianeta, regnava l’oscurità totale.
L’ansia ancora non voleva abbandonare il giovane Padawan, ma lui cercò di non vomitare di nuovo e soprattutto dentro il fiume. Avvicinò le mani all’acqua e coi palmi aperti ne racchiuse un po’. La usò per pulirsi la bocca dal sapore del proprio vomito. Non sapeva affatto se fosse meglio o peggio quel sapore rispetto all’odore che permeava l’aria e gli invadeva i polmoni. Probabilmente meglio.

Voltò il capo per fissare il tunnel buio. Luke si trovava dall’altra parte del tunnel, e Chewie sopra il ponte con la sua balestra, pronto nel caso fosse successo qualcosa.
Qualcosa si mosse. Ben spostò gli occhi nella direzione in cui aveva udito quel qualcosa. Non poteva vedere nulla ma la Forza era come se ondeggiasse, vibrasse attorno a quel qualcosa o qualcuno.

“Maestro” chiamò Luke, con tutta la calma che in quel momento aveva.

“Si?”

“Potresti camminare verso di me, attraversando il tunnel?”

La fronte dello Jedi, dall’altra parte, si corrugò.

“Solo per vedere se…c’è qualcosa…”

I passi di Luke echeggiarono rumorosamente all’interno della galleria. Entrambi sentirono un sommesso ansimare e l’eco di piccoli e veloci passi. Ben si mosse per andare in contro al suo Maestro nell’oscurità e afferrare qualcosa che si muoveva verso di lui, anche se non poteva vederla, ma che scattò velocemente nella sua vista non appena la catturò.

Abbassò lo sguardo.

“Maestro, è una bambina!” urlò Ben.

Luke cominciò a correre ed emerse dal tunnel con la velocità di un laser dalla canna di un blaster. La ragazzina era svenuta tra le braccia di Ben.


“E’ ferita?”

“Non lo so!”

Lo sguardo del Jedi si abbassò sul piccolo corpicino. Poi posò la sua mano su di lei ed usò la Forza come potere rigenerativo, nel caso ci fossero lesioni che non si vedevano ad occhio nudo. La piccola aveva i capelli raccolti in tre nodi scomposti sul lato posteriore del capo. Era sporca e magra, ma per il resto sembrava stesse bene. Chewie prese a calarsi da quel lato del ponte per raggiungerli. Teneva la sua arma sulle spalle così aveva le braccia libere per compiere la discesa.

“L’avevo percepita. L’avevo sentita.” Disse Ben in fretta “Stava usando la Forza per nascondersi.”

“Davvero?”

“Si. Ma com’è possibile?”


“Se…” riflettè Luke “se lei è sensibile alla Forza e la sua volontà forte, avrebbe potuto usarla per rilesso. Senza averne coscienza. ”

Ben sollevò lo sguardo verso il cielo. Tutti quei corpi che avevano visto tra le macerie li avrebbe potuti elencare e nuovamente vedere dentro la propria mente. Donne, uomini, animali, anziani, cose non definite ma…

“E tutti gli altri bambini…dove sono?” chiese Ben, il cuore in gola.

“…Oh. No.” Lo sguardò di Luke ruotò dalla ragazzina al suo Padawan. “Ecco. Ecco cosa hanno preso. Cosa volevano.”

Gli occhi della bambina si spalancarono e lei rimase paralizzata tra le braccia di Ben, preda di un totale terrore. Aprì la bocca per urlare. Un urlo agghiacciante che entrò sotto alla pelle di Ben Solo.

“Va tutto bene. Va tutto bene. Non siamo loro. Vogliamo aiutarti. Io sono Ben. Quello è Luke. Siamo Jedi.” Poi si corresse, “ Io sono il suo Padawan.” C’erano leggende che le persone raccontavano ai bambini. Leggende che parlavano dei Jedi, delle loro capacità di usare la Forza che permea l’universo per scacciar via i mostri. Ben sperò che questo l’avrebbe calmata portandole conforto.

La bambina battè le palpebre e il suo viso mutò. Da tesa sembrò passare a semplicemente vigile e attenta. Il suo sguardo si alternò tra lo jedi, Ben e lo wookiee, abbastanza confusa. “Ben?”

“Si. Ben.”

Il ragazzo battè le palpebre e sentì emergere un altro paio di occhi da dentro di sé. “Sono io.”

Era come se fosse stato improvvisamente intrappolato e trascinato giù nel profondo di un abisso nero nascosto dentro il suo corpo. Percepì i propri occhi abbassarsi, vide attraverso di essi il volto della ragazzina ma era come se non ne avesse più il controllo.


Qualcuno usò il corpo per sospirare profondamente. “Noi ci siamo persi.” Ben si sentì pronunciare “Ho bisogno di tirarci fuori da tutto questo.”

“Ben?” Il voltò di Luke sembrò sbiancarsi improvvisamente. Fece un passo indietro e portò la mano all’elsa della sua spada laser.

“Non chiamarmi con quel nome, vecchio.” Ringhiò. Uno sguardo carico di rabbia, odio, rancore e dolore.“Non avresti mai dovuto portarmi qui. Ero, sono, un bambino. Come ti sei permesso tu, bigotto intollerante bastardo.”

“Ben? Maestro?” bisbigliò completamente terrorizzata la bambina tra le sue braccia e lui le rivolse nuovamente lo sguardo mentre Luke accendeva la sua spada laser.

“Vedo la tua natura oscura, chiunque tu sia” pronunciò con totale fermezza lo Jedi “Libererai il mio Padawan e la bambina. ADESSO!”

Il mano di Ben si mosse da sola a cercare sul fianco qualcosa. Una spada laser che non c’era. Il ragazzo non se ne era ancora costruita una propria.

“Ci vedremo molto presto. Di nuovo.” Pronunciò lui, Kylo Ren.

Tratteneva la bambina stretta, con l’altro braccio. Luke vide suo nipote agitarsi e poi crollare a terra mentre quel grumo di energia oscura, che lui poteva vedere chiaramente, svaniva sbiadendo. La bambina gli era scivolata sulle gambe mentre Ben era caduto di schiena.

Per qualche istante nessuno osò rompere quel silenzio agghiacciante. Fu l’ urlo disperato e impregnato di terrore della piccola a definire perfettamente quel particolare momento, mentre attorno tutto taceva.


 
“Co..cosa, cosa…cosa..” boccheggiò Ben. Portò una mano al naso. Sentiva qualcosa di liquido uscire dalla narice destra. Era sangue. Alcune gocce scivolarono fino alle labbra. Altre caddero sui suoi abiti chiari, macchiandoli di un rosso cupo. Che sarebbe diventato nero. Un nero più nero della notte.
 
≈ § ≈

Caddero dentro quel vuoto. Uno spazio-non spazio. Un tempo-non tempo-ogni tempo. Entrambi videro quel momento, quell’insieme di eventi. Li vissero in prima persona, ognuno con i suoi stessi occhi. Kylo Ren tese la propria mano per afferrarla, ma riuscì solo a sfiorarla. Lei continuava a cadere e cadere e cadere ancora.
 
≈ § ≈


Si svegliò nel suo giaciglio, in una delle capanne riservate ai bambini sensibili alla Forza. Youngling erano chiamati. Doveva avere circa otto anni, ma non ne era del tutto sicura.



NOTA: questo capitolo mi è piaciuto molto tradurlo. Ho aggiunto diverse cose di mio pugno per spiegare meglio. Alcuni punti dell'inglese mi sono rimasti ostici e gli ho compresi solo a traduzione completata e sono dovuta tornare indietro a risistemare alcune frasi. Vi è piaciuto? A me moltissimo. Soprattutto la prima frase che ha detto Kylo Ren, che è emerso in Ben a causa di tutta quella distruzione, quel dolore, corpi e corpi e corpi. Bell'idea dell'autrice! Al capitolo six! :P
  
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