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Autore: Ehi_Pvris    26/02/2016    3 recensioni
Tic tac, Gerard. Tic tac. Avevo sempre accompagnato quelle due parole all’avvicinarmi alla morte, ma chi avrebbe mai immaginato sarebbero state le due parole che mi avrebbero portato alla totale pazzia, che mi avrebbero fatto perdere l’ultimo briciolo di sanità mentale?
/Finale aperto/
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Nonsense | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I can feel you

Una falla nel sistema, un piccolo errore di calcolo o di realizzazione era stato il motivo della mia fine. Fine? Lo era? Sapevo solo di non vedere e non sentire, fluttuavo nel nulla, senza un corpo né delle sensazioni, tutto ciò che avevo, erano i miei pensieri. Pensieri che mi stavano uccidendo.
Era successo e basta, e ora non avevo idea di cosa fare. Ero bloccato in quel limbo tra il tutto e il nulla, senza via di scampo. Passarono ore, giorni, forse anche settimane, ero certo di star impazzendo. Continuavo a contare il ticchettare del tempo nella mia mente. Tic tac, Gerard. Tic tac. Avevo sempre accompagnato quelle due parole all’avvicinarmi alla morte, ma chi avrebbe mai immaginato sarebbero state le due parole che mi avrebbero portato alla totale pazzia, che mi avrebbero fatto perdere l’ultimo briciolo di sanità mentale? Mi ritrovai a sviluppare la capacità di pensare a più cose contemporaneamente: una voce nella mia testa lasciava risuonare il rumore del mare e delle onde –o almeno ciò che ne ricordassi, un’altra continuava a ripetere quel ticchettio, che ormai stava diventando assordante, e la migliore, quella cui mi aggrappavo quando pensavo non ce l’avrei più fatta aveva la sua voce, la voce dell’uomo che più amavo, la voce di Frank. Mi ripeteva che sarei stato bene, che sarei sopravvissuto, che avessi ancora qualcuno –nonostante potessi pensare di no, che lui mi aveva sempre amato, nonostante non me lo avesse mai rivelato in anni e anni. Continuava, ininterrottamente, ed ero certo che se avessi saputo come fare, se mi fossi ricordato come, avrei sorriso. Sorriso fino a provare dolore, sorriso fino a piangere dallo sforzo, sorriso perché non avevo bisogno di essere famoso, non avevo nemmeno bisogno di un corpo per camminare e fare i salti mortali, avevo bisogno di dimostrare a Frank quanto lo amassi, perché lui amava me, o almeno di ciò mi stavo illudendo da quella che ormai sembrava una vera e propria eternità.
Tic tac. Non lasciarmi Gerard. Tic tac. Sei tutto ciò che ho. Tic tac.
Un mese? Un mese avevo impiegato per capire come illudere tutti i miei sensi di star vivendo qualcosa. Quel qualcosa era sempre una spiaggia, vuota e abbastanza silenziosa. Potevo sentire la sabbia entrarmi nelle converse e infastidirmi, le gambe indolenzite per la fatica di camminare sulle dune, il profumo salato dell’acqua di mare, così come il suo rumore nell’infrangersi contro gli scogli e ritirarsi dalla spiaggia. Era reale, potevo sentirlo, viverlo, ma non sapevo come cambiarlo. Continuavo a cercare disperatamente per una via d’uscita, per raggiungere ogni cosa che stavo rimpiangendo, ogni cosa che avrei potuto –dovuto- fare. E poi d’improvviso sentivo di nuovo solo il silenzio, silenzio che ormai era soffocato da quel ticchettio, quasi come mi stesse ricordando il passare del tempo. Cercai di calmarmi, ma potevo sentire chiaramente il panico prendere possesso di tutto ciò che fosse rimasto di me. Ero bloccato, e non c’era nulla che potessi fare.
Ebbi bisogno di altro tempo, altri tic tac, per riuscire a capire come tornare su quella spiaggia, e pian piano iniziai ad alterarla. Decisi che avrei visto una barca, e pian piano una nave iniziò ad avvicinarsi alla spiaggia sulla quale mi trovavo, decisi che avrei indossato delle ciabatte, e abbassando lo sguardo sui miei piedi, le converse erano sparite. Capii presto che così avrei potuto cambiare tutto ciò che di sbagliato avevo fatto. Avevo perso mia madre –nello stesso incidente che mi aveva reso così- e le ultime cose che le avevo detto erano state parole d’odio. Chiusi gli occhi e immaginai di essere in quell’auto, con mia madre al mio fianco. Aprii la bocca per urlare quelle stesse parole, ma aprendo gli occhi e incontrando il suo sguardo, l’unico sibilo che lasciò le mie labbra fu un “ti voglio bene, mamma” e sapevo avesse sentito, lo sapevo perché ero io a decidere come dovessero andare le cose, quella situazione sarebbe stata la mia rivincita.
Inferno? Paradiso? O magari ero semplicemente addormentato, impazzito totalmente e privato di ogni cosa che mi rendesse quel Gerard che odiavo essere?
Pian piano iniziai a sistemare ogni mio errore, dal cuore che avevo spezzato in seconda elementare all’odio che avevo gettato su chi non meritasse. Stavo vivendo di nuovo la mia vita, con la sola differenza che questa volta sapevo a cosa delle scelte mi avrebbero portato, sapevo quale fosse la cosa giusta –lo avevo sempre saputo. Tic tac. Non è troppo tardi. Tic tac.
Probabilmente passai anni in quello stato, cercando di rimediare a ogni mio errore che mi aveva portato a quella situazione, e ogni volta mi sentivo più leggero e più vicino a un ignoto obiettivo. Sarei tornato in vita? Sarei finito in paradiso? O magari avrei semplicemente smesso di esistere? Non ne avevo idea, e questa realtà iniziava a spaventarmi quando ero più vicino che mai all’obiettivo. Mancava solo una cosa da cambiare, e sarei stato quel Gerard che avevo sempre rimpianto: sventare il suicidio di Frank.
Ero tornato alla mattina prima che accadesse, ricordo il senso di ansia che mi stava soffocando, sapendo Frank si sentisse sempre peggio. Avevo organizzato tutto in modo accurato, e così quando la sera Frank mi chiamò in lacrime, implorando per avere il mio aiuto, ero già fuori di casa sua. Ero entrato in fretta ed ero salito in bagno, il posto, dove avevo trovato il suo cadavere. Era in lacrime, nella vasca da bagno, potevo chiaramente vedere come l’acqua fosse piena del suo sangue, e lui fosse tremante, terrorizzato. Nel momento in cui vide il mio viso, però, sorrise. E sapevo di esserci riuscito, sapevo di averlo salvato. L’ambulanza sarebbe arrivata in pochi secondi, ed io ero lì, a impedirgli di sbagliare di nuovo, di commettere quell’ultimo sbaglio. Il suo sorriso fu l’ultima cosa che vidi, poi tornai al silenzio, al tic tac. Non capivo cosa fosse successo, ero riuscito a essere il Gerard che sognavo, il Gerard che non avrei mai potuto odiare, eppure ero di nuovo bloccato. Bloccato in quel nulla, bloccato in tutto ciò che di sbagliato avessi fatto.  Un respiro profondo, occhi aperti. Impiegai qualche istante a smettere di vedere bianco, e poi la prima cosa che vidi fu quel sorriso. Frank era accanto a me, vivo. Anch’io ero vivo, ed ero il Gerard giusto, il Gerard felice e senza rimpianti. Tutto era come sarebbe dovuto essere, niente più ticchettio, niente più rumore del mare. Niente odio e niente paura. Ogni cosa era al posto giusto.

   
 
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