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Autore: Sam27    26/02/2016    4 recensioni
Dal testo:
-Pronto?-
-Sorellina?!-
-Fratellone?!-
–Cambierai mai?-
-Dovrei?-
-Sei già arrivata a casa di mamma?-
-Sì-
-Come si sta?-
-Come ad Azkaban, solo che qui i Dissennatori sorridono-
-Attenta a non farti baciare allora-
-
-Mi piaci- sussurra -Da sempre-
-Sei ubriaco, stai delirando-
-Non te l'hanno mai detto che gli ubriachi non mentono mai?-
-Anche tu mi piaci-
-Perchè me lo dici?-
-Forse perchè sono ubriaca anche io-
-
-Sto leggendo-
-Guardami quando ti parlo!- esclama Rebecca alzando la voce.
Io alzo lo sguardo su di lei, supplicandola con gli occhi di andarsene.
-Perchè ti comporti così?- mi chiede -E' perchè sono lesbica? Lo so che vorresti avere una madre normale ma io e Monica ci amiamo e...-
-E' perchè hai tradito papà!- urlo -Ed io ti odio, Rebecca-
Lo schiaffo arriva e lo accolgo quasi con sollievo.
Alla luce degli ultimi avvenimenti Nora può considerarsi una fangirl piuttosto sfigata.
-
In un'epoca in cui la friendzone va quasi di moda ho provato a parlare della vera amicizia.
In un'epoca in cui leggere è passato di moda ho provato a spiegare com'è la vita per chi vive per i libri.
Sequel della storia: "Potremmo volare". Può essere letta singolarmente.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Potremmo Volare'
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9. Fossi in te non me la farei scappare
“-Ma se sei bionda. Perché ti chiami Morena?-
-I capelli sono autentici. Secondo te dovrei tingermi il nome?-”
Massimo Gramellini, “L’ultima riga delle favole”
 
Un rumore di stoviglie arriva alle mie orecchie ancora addormentate e il dolce aroma di cioccolata calda mi fa arricciare il naso, quando apro gli occhi una luce accecante mi costringe a richiuderli: dalle persiane non chiuse completamente arriva una luce limpida e candeggiante. Mi lascio andare ad un grugnito mattutino e mi trascino con fatica fino alla finestra, una volta qui alzo la persiana e sono costretta nuovamente a socchiudere gli occhi per la troppa luce: questa notte deve aver nevicato perché i tetti, il vicinato e le strade sono coperti da candida neve. Mi stiracchio per bene emettendo un verso simile ad un miagolio,i sbadiglio sonoramente e lancio un ultimo sguardo alle strade imbiancate.
-Anno nuovo vita nuova- mormoro sospirando.
-Tutte cazzate- esclama ad alta voce Filippo facendomi sobbalzare.
-Ma davvero?- dico alzando gli occhi al cielo.
Lui annuisce solennemente, appoggiato allo stipite della porta e già vestito di tutto punto.
-Se tu volessi cambiare potresti farlo un qualsiasi giorno, in qualsiasi momento, perché devi aspettare il primo dell’anno?
Apro la bocca e la richiudo un paio di volte, mi gratto una guancia e aggrotto le sopracciglia.  Tutto questo pensare di prima mattina non è salutare per il mio organismo. Filippo si limita a guardarmi con espressione compiaciuta.
-Pensavo di uscire un po’, oggi.
-Dove vuoi andare?- mi domanda sorridendo –Potremmo fare del sano e vecchio shopping rubando i soldi dal cassetto delle nostre madri-
Avvampo furiosamente, mordendomi il labbro.
-Veramente intendevo telefonare a Sandro o Elisa…- dico tentando di guardare ovunque fuorché lui.
-Oh- dice mentre il sorriso gli si spegne sulle labbra –Beh, certo, però prima dovremmo studiare un po’ o Rebecca mi ucciderà e, soprattutto, dovresti fare colazione. Ho preparato qualcosa niente male-
Scendiamo in cucina ridendo e scherzando, qui ad aspettarci c’è una tavola imbandita di ogni leccornia, manca solo il bacon, le uova strapazzate ed il ketchup e penserai di essere stata catapultata in un film americano. Addento una brioches mentre mi riempio il piatto di biscotti e, con l’altra mano, mi verso del succo d’arancia.
-Hai davvero cucinato tutto tu?- domando con la bocca piena di biscotti a forma di albero di Natale e omini di marzapane.
-Certo- dice sorseggiando una tazza di caffè.
Gli rivolgo uno sguardo pieno d’ammirazione mentre inizio un’altra brioches. Filippo scoppia a ridere, scuotendo la testa: -Ho comprato quasi tutto in pasticceria questa mattina, tranne i biscotti, ma questa bugia è valsa il tuo sguardo, davvero.
Mi rabbuio e gli lancio un’occhiataccia: -Non è divertente!
-Lo è eccome- esclama facendomi l’occhiolino.
Finiamo di mangiare con tutta calma, dopo mi faccio una doccia veloce e lo raggiungo in camera sua.
-Con che cosa ti va di iniziare?- mi domanda lanciandomi uno sguardo ammiccante. Io, in risposta, gli lancio un cuscino, lui scoppia a ridere afferrando l’oggetto al volo e rigirandoselo tra le mani.
-Inglese- rispondo infine sedendomi al suo fianco con un profondo sospiro.
-Very good, baby- dice facendomi l’occhiolino ed aprendo il libro.
Troppi occhiolini e sguardi maliziosi per i miei gusti.
Per tutta l’ora seguente prendo appunti, faccio esercizi, sbadiglio, sgranocchio qualche nocciolina, lo ascolto e tento inutilmente di ripetere la sua pronuncia perfetta. Quando finalmente dice: -Facciamo una pausa- mi lascio cadere sul letto esausta, finendo sdraiata mentre mi osserva divertito.
-Sei un madrelingua, per caso?- gli domando mentre ruba il barattolo di noccioline che tenevo tra le mani.
-No, I’m not- mi risponde sgranocchiando –When are our mother going to return?-
-Parliamo in italiano, perfavore- lo imploro prendendomi la testa tra le mani –Comunque non ne ho idea, non so neppure se siano vive-
-Non dovresti avercela così tanto con Rebecca, lei cerca di fare del suo meglio.
-Evidentemente non è abbastanza- dico sbuffando e tirandomi a sedere.
-Ele…
-Smettila, Filippo! Non proteggerla! Non posso, non riesco e non voglio pensare che andarsene come un’adolescente con gli ormoni impazziti per fare sesso come un riccio a Parigi nel giorno del compleanno di sua figlia sia il suo meglio. Tu sì?- dico ferocemente rubandogli nuovamente il barattolo di noccioline e prendendone una manciata.
-Lei ti vuole bene.
-Buffo che tu lo sappia ed io no- dico mentre una nocciolina rischia di andarmi per traverso. Tossisco diventando tutta rossa e sputacchiando pezzi di cibo e saliva, Filippo mi batte delicatamente grandi manate sulla schiena.
-Vado a prendere delle altre noccioline- dico alzando con un cenno il barattolo non appena riesco a  riprendermi.
Quando fa così non lo sopporto, mi tratta veramente come se io fossi la sua sorellina viziata e lui il saggio fratello maggiore. E’ così snervante, soprattutto considerando che non vorrei fare altro che metterlo a tacere baciandolo. Arrossisco furiosamente mentre rischio di inciampare e non riesco più a capire se sia per l’imbarazzo o la rabbia. Mi sento frustrata come una donna di mezza età in meno pausa, cerco invano un barattolo di noccioline pieno e butto quello vecchio. Mi fermo e rimango appoggiata al lavandino con lo sguardo perso nel vuoto: è partita davvero senza di me con Monica e non posso neppure prendermela con quest’ultima perché è una brava donna, non riesco ad ammettere che in parte sia anche colpa mia perché, se così fosse, vorrebbe dire radere al suolo la mia già inesistente collina di autostima. Perciò preferisco scaricare tutta la colpa su di lei. Mi mordo distrattamente il labbro e, quando Filippo entra in cucina, continuo ad osservare un punto indistinto sulla gamba del tavolo senza dar peso alla sua presenza.
-Pensavo di fare le lasagne- dice osservandomi aggrottando le sopracciglia.
-Ah ah- mormoro facendo appena un cenno di assenso con la testa.
Lui mi affianca e segue il mio sguardo fino a trovare quella macchia sulla gamba del tavolo ed il filo dei miei pensieri, sembra seguirli ed annodarseli al dito, subito dopo fa una smorfia e mi tira una gomitata per allontanarmi dalla cucina.
-Vai a fare i compiti che paparino ti prepara da mangiare- dice sorridendo.
Io obbedisco regalandogli un rapido sorriso, una volta in camera mia mando qualche messaggio per organizzare il pomeriggio infine prendo “Fai bei sogni” dallo scaffale ed inizio a leggere.
 
-Sandro!- esclamo entusiasta buttandogli le braccia al collo.
Lui mi restituisce l’abbraccio con una mano sola, mentre con l’altra sostiene il casco.
-Questa mattina Filippo mi ha dato ripetizioni e… wow! Sì, ok, non è successo nulla di che ma era così wow! Cioè sembrava quasi interessato a me, continuava a fare battute a doppio senso… Ho già detto: wow?!- dico facendo grandi gesti con le mani e saltellando da un piede all’altro per allontanare il freddo.
Qualcuno dietro di lui scoppia a ridere e la lumaca sputacchia saliva qua e là, rovinando il mio momento di felicità giornaliero.
-Ciao- dico lanciandogli una breve occhiata.
-Dall’indifferenza alla freddezza, è già un passo avanti- dice Elisa comparendo al mio fianco.
-Hai sentito?- esclamo battendo le mani. So, anche se non posso vedermi, di avere un’espressione ebete e le guance insolitamente rosse. Mi sento straordinariamente felice: la mattinata con Filippo mi ha risollevato il morale, per non parlare di quando mi ha salutata dandomi un bacio sulla guancia decisamente più vicino alla bocca che…
-Smettila di pensare ad alta voce- dice Elisa tappandomi la bocca.
Alessandro, dietro di lei, sta fingendo di vomitare ed io gli rifilo una gomitata tra le costole con la precisione di un tiratore esperto. Mi ricompongo e ignoro Gabriel che trattiene a stento le risate.
Il supermercato è pieno di gente e dobbiamo farci spazio a gomitate tra mamme isteriche, signore in meno pausa e bambini lagnosi. Qualche ora dopo non abbiamo ancora comprato nulla apparte una cioccolata e stiamo facendo la fila per un paio di scarpe che Elisa non poteva assolutamente lasciarsi scappare. La coda è di una lentezza estrema e, dietro di noi, c’è una famiglia italiana DOC: la sedicenne ha gli occhi rapiti dal cellulare, il padre è al telefono ed il figlio minore è appena scoppiato in lacrime perché, volenteroso di volersi far friggere il cervello e imitare la sorella, vorrebbe utilizzare l’Ipad che gli è stato sequestrato dalla mamma acida e imperterrita alle lagne del figlio; davanti a noi una coppia di adolescenti si sta mangiando la faccia, due signori anziani litigano parlando di politica e una vecchietta discute con la cassiera per i prezzi troppo alti di questa società “che va in malora”.
Mezz’ora di coda alla cassa. Mezz’ora interminabile. Ora aspettiamo soltanto che i due ragazzi smettano di mangiarsi la faccia poi finalmente Elisa pagherà quelle stupide scarpe troppo care e potremo uscire di qui. Ho perso l’udito ad un orecchio a causa del piagnisteo del bambino viziato, sette denti per le carie procuratemi dalla coppietta, gli occhi per l’abito spaventosamente rosa della cassiera –che la fa assomigliare ad un confetto- e la voglia di fare alcunché a causa della noia. Inizialmente abbiano anche provato a chiacchierare ma ci stiamo tutti annoiando così tanto da non trovare alcun argomento di conversazione. Quando finalmente inizio a pensare che questa tortura stia per finire la commessa chiede al ragazzo una carta d’identità per le dieci bottiglie di liquore che ha comprato.
-L’ho dimenticata, non potrebbe fare uno strappo alla regola?- domanda regalandole il suo miglior sorriso da faccia-da-schiaffi.
-Direi di no- risponde la cassiera con lo stesso sorriso.
Come se tutto ciò non fosse già abbastanza patetico iniziano a litigare.
-Non comprerò più niente in questo negozio!- esclama il ragazzo mentre la fidanzata finge di trattenerlo dal picchiare la povera commessa, quest’ultima non lo degna di un’occhiata e tenta di chiamare il prossimo cliente –cioè noi- senza ulteriori danni.
-Ha capito?- insiste ancora con un marcato accento siciliano.
-Altrimenti ti ammazzo la famiglia, hai capito?- mi domanda Alessandro all’orecchio imitando l’accento e la voce dei mafiosi nei film.
La noia sembra sciogliersi come neve al sole e mi viene un’improvvisa voglia di ridere.
-Cosa credi di fare?- gli domanda Gabriel con lo stesso accento marcato.
-Minchia, mi devi stare lontano!- esclama Alessandro con un tono leggermente più alto e irato.
Non posso trattenermi oltre, scoppio a ridere trascinando con me anche Elisa mentre Sandro e la Lumaca continuano la loro scenetta in perfetto stile “Commissario Montalbano”. Più li guardo e meno riesco a smettere di ridere, è questione di proporzionalità inversa –visto, Rebecca, che non faccio poi così schifo in matematica?-.
-Tocca a voi!- esclama la commessa con un tono più alto del normale per superare le nostre voci.
La fila dietro di noi si è intensificata e tutti aspettano con facce scocciate, annoiate, frettolose e arrabbiate; persino la commessa sembra sfogare tutto il proprio risentimento per il ragazzo siciliano su di noi. Vorrei risponderle e scusarmi per il nostro accesso di ilarità ma non ci riesco, non posso far altro che ridere ed appoggiarmi a Elisa per non cadere.
-O pagate o ve ne andate! C’è gente che sta aspettando!- esclama la ragazza alla cassa al colmo dell’isteria.
-Minchia, questo non ce lo dovevi dire! Io ti faccio ammazzare la madre e la figghia- dice Alessandro a Gabriel prima di scoppiare a ridere a sua volta.
Elisa mi tira per la manica e, incespicando, correndo e ridendo, usciamo dall’edificio. Mi appoggio al muro per non cadere, la Lumaca si accuccia sul pavimento e Alessandro si tiene la pancia per i crampi. So che la scenetta di Alessandro e la Lumaca non è un motivo sufficiente a tanta ilarità ma riesco solo a ridere e tentare inutilmente di respirare. Rido fino a star male, più cerco di smettere e più non riesco a farlo, ho i muscoli facciali doloranti e i crampi alla pancia. Credo che sarà questo che ricorderò di queste vacanze: non mia madre che se ne va a Parigi, non Filippo ed il batticuore che provo nel vederlo ma un pomeriggio a fare shopping in cui abbiamo riso senza saperne il motivo. Più rido e più sento che la mente si svuota e lo stomaco si alleggerisce, improvvisamente mi viene fame sia di cibo che di vita. Avevo bisogno esattamente di questo.
Tempo dopo io e Elisa siamo davanti al bagno delle donne, le tengo la borsetta mentre vi si precipita (colpa in parte delle risate ed in parte della cioccolata annacquata che abbiamo bevuto all’inizio del pomeriggio), Alessandro e la lumaca sono in un negozio di fumetti. Mi osservo attorno, tranquilla, leggendo placidamente le pubblicità affisse un po’ ovunque e canticchiando a mezza voce.
-Alessandro è mio.
Inizialmente non penso seriamente che si stia rivolgendo a me ma, quando viene ripetuto una seconda volta, mi giro verso una ragazza dai corti capelli biondi e lo sguardo verde e determinato.
-Come, scusa?- le domando perplessa e sicura di aver capito male.
-Alessandro è mio- ripete calma, rivolgendomi un sorriso smagliante.
-E tu saresti?- le chiedo aggrottando le sopracciglia e deglutendo.
-Questo non è importante. Devi solo sapere che dovresti iniziare a stare alla larga da Alessandro perché lui è mio, capito?
Ho il cuore in gola nel vedere il suo sguardo deciso ed i suoi occhi assottigliarsi, il placido vuoto nel mio stomaco si è riempito di parolacce ed i miei pensieri vorticano confusi. Una strana sensazione si impadronisce di me e mi fa sudare le mani, cerco però di rimanere calma –almeno apparentemente-.
-Davvero, non capisco che cosa tu voglia.
-Dio santo! Non è difficile da capire, okay? Io amo Alessandro, lui è mio e tu devi stargli alla larga!
Inizio a muovere ritmicamente e nervosamente la gamba destra, incrocio le braccia al petto e deglutendo di nuovo: come può dirmi cosa devo fare? Il nervosismo e l’irritazione distruggono la timidezza, perciò alzo lo sguardo e punto gli occhi nei suoi.
-Punto primo: chi sei? Punto secondo: potresti anche essere la regina di Inghilterra e non mi interesserebbe. Punto terzo: sei arrivata tardi.
-Tu dici?- mi chiede piegando il lato destro della bocca in un ghigno –Sono molto più bella di te-
Mi guarda dall’alto verso il basso come se fosse davvero superiore a me ed io evito di soffermarmi sul suo corpo estremamente esile, magro e  flessuoso.
-Peccato che io abbia una cosa che tu non avrai mai.
-E sarebbe?- mi domanda lanciandomi un’occhiataccia perplessa e vagamente divertita.
- Alessandro.
Mi prudono le mani ed avrei voglia di prendere a schiaffi il suo bel visino strafottente nonostante io sappia che non ne avrei mai il coraggio, mi costringo alla massima calma e le faccio “ciao ciao” con la mano prima di voltarle le spalle.
Ho già iniziato ad allontanarmi incurante di Elisa quando sento la voce della lumaca: -Cosa credi di fare?
Mi volto e vedo la biondina tutta pepe propensa verso di me, con il braccio alzato e la mano di Gabriel stretta sul suo polso.
-Mi fai male- dice scoccandogli un’occhiataccia e non degnando della minima attenzione Alessandro qualche passo dietro Gabriel, intento ad osservarci allibito.
La lumaca le lascia il polso e rivolge anche a me un’occhiata inquisitoria.
Stava davvero per tirarmi uno schiaffo? Davvero?
Non capisco se sia la rabbia o la confusione a sovrappopolarmi la mente. La guardo spaesata, senza più la spavalderia che ho esibito fino a pochi minuti fa.
-Ricordati quello che ti ho detto, Lorenzetti- mi lancia un’ultima occhiataccia poi si gira verso Alessandro, gli fa l’occhiolino, si gira e se ne va sculettando.
La sto ancora fissando a bocca aperta quando Elisa esce dal bagno e la sua espressione si trasforma nel vedere le nostre facce: -Che è successo?
-Chi era quella?- chiedo io ad Alessandro.
-Non ne ho idea- dice lui facendo spallucce.
-Immagino- mormoro incrociando le braccia al petto, stizzita –Allora chissà come mai mi ha minacciata dicendo che sei suo-
-Non lo so- mi risponde sinceramente perplesso.
-Ah no? Allora…- mi blocco a metà frase mentre vedo il fondoschiena di quella cretina sparire dietro l’angolo. Perché dovrei permetterle di rovinarmi il pomeriggio? Prendo un bel respiro e riacquisto il sorriso.
-Che si fa adesso?- chiedo mettendo le mani sui fianchi e lanciando loro un’occhiata rilassata.
Elisa è ancora perplessa, Alessandro rimane per qualche attimo stordito dal mio rapido cambiamento di umore, solo Gabriel risponde al mio sorriso ed è sul punto di proporre qualcosa quando lo interrompo: -Mi dispiace, caro, nessuna foglia di insalata extra se non ti comporti a dovere.
Apre e richiude la bocca subito prima di lanciarmi un’occhiataccia, Elisa scoppia a ridere e mi prende a braccetto: -Voglio comprare ad entrambe un bel paio di scarpe visto che non ti ho regalato nulla per Natale e ci siamo lasciate scappare le altre, andiamo!
Ci dirigiamo verso il negozio a braccetto e, mentre ci allontaniamo, sento la Lumaca che, in un sussurro, dice a Sandro: -Io, fossi in te, non me la farei scappare- ma, dopotutto, potrei aver capito male data la distanza.
 
Ho appena finito di mangiare e sono stravaccata sul divano mentre faccio zapping in televisione, questa sera abbiamo mangiato frettolosamente ordinando una pizza a domicilio poi Filippo è scappato in camera sua a telefonare a non-so-chi per non-so-che-cosa. Maledico quella tirchia di mia madre per non aver fatto l’abbonamento a Sky e ricomincio per l’ennesima volta a cercare qualcosa di interessante. Sono sul punto di addormentarmi quando Filippo si degna di scendere e mi sposta di peso per potersi sedere al mio fianco, mi ricompongo e gli lancio il telecomando.
-Com’è andata oggi?- mi domanda lanciandomi una rapida occhiata.
-Non male apparte la zoccola di turno- dico sistemandomi i capelli in una morbida e disordinata coda.
-Ehi ehi! Piano con le parole-.
Per tutta risposta gli tiro una gomitata e mi riprendo il telecomando, giro su Italia Uno e lascio che i Simpson facciano da sottofondo alla nostra conversazione.
-Cos’avrebbe fatto, questa zoccola, per meritare un tale epiteto?
Glielo racconto tutto d’un fiato, come se non stessi aspettando altro, riempiendo il resoconto di altri simpatici “epiteti” e molte imprecazioni.
-Magari era una stalker, ora l’hai fatta arrabbiare e questa notte verrà ad ucciderti nel sonno.
-Allora cosa proponi?- domando trattenendomi a stento dal ridere vedendo la sua espressione solenne.
-Dovresti dormire con me, così che io possa proteggerti.
-Così che tu possa russarle addosso?
-Ehi! Io non russo- protesta indignato.
-Dopo aver bevuto sì, a volte mi tieni sveglia per ore.
Si rabbuia ed io scoppio a ridere nel medesimo momento in cui lo fa Lisa nel cartone animato.
-Le assomigli molto- dice indicandola con un cenno –Stessa intelligenza fuori dal normale, stessa stranezza in una famiglia psicopatica, stessa passione per i libri noiosi-
-Non so se ucciderti per come hai giudicato i libri, ringraziarti per il complimento o preoccuparmi perché ti sei definito “psicopatico”- dico quasi tra me e me.
-Comunque parlavamo della zoccola- mi ricorda con un mezzo sorriso.
-Eh sì, non c’è molto da dire, spero che abbia capito che Alessandro è mio e la pianti di rompere- dico senza pensarci e sbuffando.
-Oh oh, qualcuno è geloso.
-Non sono gelosa! Per me può amare Alessandro quanto le pare, basta che non stia a rompere i boccini…-
Mi guarda ammiccante, alzando le sopracciglia e dandomi piccole gomitate regolari. Io arrossisco mentre inizio a balbettare e mi rendo conto di come siano suonate le mie parole.
-Dico sul serio: non sono gelosa! E’ solo che mi ha dato fastidio! Molto fastidio.
-Se ti ha dato fastidio è perché sei gelosa.
-No, ti dico di no, non sono gelosa: n o – scandisco le lettere una ad una mentre continua a fissarmi con lo stesso sguardo malizioso.
-Andiamo, non c’è niente di male nell’ammettere che ti piace Alessandro.
-Non mi piace Alessandro!- esclamo esasperata, scostando stizzita il suo braccio –Ho una cotta per te da quasi due anni, come mi potrebbe piacere Alessandro?-
Per qualche secondo mi auto-convinco di averlo solo pensato e riesco a mantenere la calma poi noto il mutamento improvviso della sua espressione e non posso fare a meno di andare nel panico.
-Spider Pork!- esclama Homer alzando il maiale sporco di fango e facendolo camminare sul soffitto.
Mi sono veramente dichiarata a lui in questo modo?
-Spider Pork!- esclama ancora mentre Filippo mi fissa, incapace di proferir parola.
Ed ora che gli dico? Cosa faccio? In queste situazioni ci sono poche alternative: possibilità numero uno fare finta di niente ma lui ha sentito benissimo e sicuramente vorrà delle spiegazioni per poi friendzonarmi, possibilità numero due insistere nella spiegazione del mio amore per lui che, a quel punto, sarà super imbarazzato e cercherà di togliermi dall’imbarazzo per poi friendzonarmi, possibilità numero tre cambiare argomento ma lui vorrà ritornare su questo per poi friendzonarmi, possibilità numero quattro ucciderlo ma, quando morirò anche io, lui vorrà incontrarmi per poi friendzonarmi e, possibilità numero sette –il sette è la misura massima di qualsiasi cosa- scappare ad Hogwarts.
Credo proprio che sceglierò la settima.
-Il soffitto tu mi spork!- conclude Homer continuando a far camminare il maiale sul soffitto.
Devo solo trovare la mia lettera, il mantello dell’invisibilità e la bacchetta: dov’è la mia dannata lettera?
-E’ uno scherzo?- mi domanda.
-Nel senso che sono uno scherzo della natura? Credo proprio di sì. Ora che ci siamo chiariti, è stato bello conoscerti- gli stringo la mano, rossa come un peperone e scappo al piano di sopra senza dargli il tempo di dire alcunché.
Una volta in camera faccio la prima cosa che mi viene in mente: chiamo Alessandro.
-Ho fatto una minchiata- dico a bassa voce, camminando avanti e indietro nella stanza il più lontano possibile dalla morta.
-Hai usato una parolaccia, questo vuol dire solo una cosa: hai fatto un’enorme minchiata.
-Sandro non è il momento, sto andando nel panico!
-Puoi farti baciare di nuovo dal belloccio.
-Smettila, cazzo!
-Due parolacce in meno di dieci secondi. Diagnosi: hai fatto la più grossa minchiata della tua vita.
-Ho detto a Filippo che ho una cotta per lui.
-Tu cosa?
-Non l’ho fatto apposta! Diceva che ero gelosa di quella ragazza e che tu mi piacevi, mi ha fatta esasperare e così mi è scappato! Perché rovino sempre tutto?
-E lui che ti ha detto?
-Lui…ecco…- dico giocherellando con una ciocca di capelli sfuggita alla coda e guardando il pavimento.
-Nora?
-Sono scappata, okay? Volevo andare ad Hogwarts ma non trovo la mia lettera così mi sono dovuta accontentare della stupida camera rosa.
-Mi rimangio tutto: questa è stata la più grande minchiata della tua vita.
-Cos’avrei dovuto fare?!- gli domando sull’orlo dell’isteria.
-Ormai che c’eri dichiararti completamente, scema.
-I tuoi insulti non aiutano.
-Ascoltami bene: ora tu vai di là, gli dici tutto ciò che provi per lui, il belloccio ti bacia, ti trascina in camera sua e vedi di usare il preservativo.
-Sandro!- esclamo arrossendo.
-Non vorrai mica rimanere incinta?- mi chiede ridacchiando.
-Io…- cerco di dire mordendomi il labbro.
-Va’, muoviti.
E, detto ciò, chiude la chiamata.
Mi servono sette respiri profondi, venti minuti e sette tentativi per riuscire ad uscire dalla camera. Quando finalmente lo faccio trovo Filippo nella stessa posizione in cui l’avevo lasciato: seduto, perplesso e intento a guardare i Simpson.
-Devo dirti una cosa.
Che bell’inizio, genio, ti sei arrovellata il cervello per venti minuti per iniziare il discorso con questa frase? Davvero furba, pensa se fossi nata stupida! mi rimprovero deglutendo sonoramente.
-Anche due- dice Filippo abbozzando un sorriso.
-Il fatto è che io…
Il suono del campanello mi coglie così impreparata da farmi saltare come un Folletto di Cornovaglia affamato, nessuno di noi due muove un muscolo e, poco dopo, sentiamo l’allegra voce di Monica: -Abbiamo suonato solo per gentilezza! In caso steste facendo qualcosa di poco legale o poco consono ai nostri occhi materni-
Arrossisco così tanto che mi sembra di andare a fuoco e potrei mimetizzarmi con una piantagione di pomodori maturi. Le piccioncine entrano allegre e corrono ad abbracciarci, mi lascio salutare con noncuranza indecisa tra l’essere loro grata per avermi salvata o continuare ad odiarle per la storia del compleanno.
-Stanno arrivando gli operai per la tua camera- mi annuncia Rebecca.
-Quindi, onde evitare ulteriori disguidi- dice Monica lanciando un’occhiata indecifrabile al figlio –Andrai a stare dai Sinistro per questa notte e domani-
-Sei ancora in punizione- mi ricorda Rebecca –Perciò appena torni voglio vederti davvero concentrata nello studio-
-Elena?- chiedo con un filo di voce, ringraziando mentalmente chiunque per tanta grazia.
-Vado a prenderla domani mattina.
Annuisco con forza e, circa sette minuti più tardi, sono già fuori casa vestita di tutto punto e con un borsone carico del necessario.

 
  
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