Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    26/02/2016    2 recensioni
È strano pensare che per una volta a salvare la situazione non sia stato Sherlock Holmes, ma la sua nemesi, James Moriarty. Ma quando il suo volto compare sugli schermi di tutto il paese, Sherlock sa bene che non può essere Jim, l'autore di quel messaggio. Qualcun altro sta tentando di trattenerlo a Londra. Qualcuno che sta tentando di ottenere qualcosa da lui. Qualcuno che conosce i suoi punti deboli e sa come sfruttarli a suo favore. Qualcuno che si spingerà così oltre da riuscire a stravolgere completamente il mondo di Sherlock Holmes, un mondo che il giovane consulente investigativo aveva sempre dato per scontato.
Questa volta, Sherlock non si ritroverà ad affrontare un semplice criminale, ma dovrà fare i conti anche con se stesso e con le proprie ombre e come sempre non sarà solo.
Il gioco è ricominciato.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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This is war
 
A warning to the people 
The good and the evil 
This is war 
To the soldier, the civillian 
The martyr, the victim 
This is war 

It's the moment of truth and the moment to lie 
The moment to live and the moment to die 
The moment to fight, the moment to fight, to fight, to fight, to fight
 
 
This is war – 30 Seconds to Mars
 
 
The deception
 
 Sherlock stava osservando il suo violino poggiato sul tavolo, nella sua fedele custodia in pelle nera, con sguardo perso. La voce di Moriarty gli rimbombava nella mente come un avvertimento.
 Vi sono mancato?
 Vi sono mancato?
 Vi sono mancato?
 Di un’unica cosa era certo. Moriarty non era tornato. Era morto sul tetto del Bart’s il giorno in cui lui aveva inscenato il suo suicidio per salvare John, Lestrade e la signora Hudson. L’altra cosa di cui era persuaso era che, chiunque fosse l’autore di quel messaggio, stesse mirando ad impedire che Sherlock si allontanasse da Londra. Sapeva che sarebbe partito per l’Europa dell’Est per una missione suicida e sapeva che l’unico modo per impedirlo sarebbe stato lanciare una bomba. E Moriarty aveva sortito l’effetto desiderato.
 «Dovremo parlarne, prima o poi.»
 La voce di John raggiunse le sue orecchie, riportandolo in maniera brusca alla realtà. Inspirò profondamente e chiuse gli occhi per un momento. Quando li riaprì e si voltò ritrovò John, in piedi, a pochi passi da lui. Lo stava osservando con i suoi occhi blu e stava aspettando una reazione.
 «Di cosa?» domandò quindi il consulente investigativo.
 «Del fatto che tu sia andato in overdose.» replicò il medico.
 «Non c’è niente di cui parlare.» affermò Sherlock prendendo posto sulla sua poltrona. «Sono andato in overdose per provare che Moriarty era realmente morto e che chiunque abbia mandato quel messaggio non è lui, ma un semplice emulatore.»
 John si sedette di fronte a lui. «Non credo a una sola parola di quello che hai detto.»
 «Scusami?» domandò Holmes, aggrottando le sopracciglia.
 «Hai preso quella roba prima di salire sull’aereo, prima di sapere di Moriarty.» replicò, un barlume di rabbia negli occhi. «Quindi, a meno che non sia stato tu a mandare quel messaggio, ti sei dragato per qualche altro motivo e non per risolvere quel maledetto caso.»
 «Pensala come vuoi.»
 «Perché l’hai fatto?»
 «Non sono affari tuoi.» rispose Sherlock, chiudendo gli occhi e giungendo le mani sotto il mento.
 «Gesù, Sherlock, stavi per morire, te ne rendi conto?» esclamò John, sporgendosi sulla poltrona. «Cosa ti è saltato in mente? Se eri certo che Moriarty era morto, avresti potuto provarlo anche senza rischiare la tua vita.»
 «Sono ancora qui, mi sembra.» fece notare il moro, riaprendo gli occhi. «Quindi non vedo quale sia il problema.»
 Watson sospirò. «Il punto è che qualcosa ti ha spinto ad assumere quella roba. Cos’è stato a spingerti a fare una cosa del genere?» domandò «Cosa ti ha spinto a tornare alla droga?»
 «La noia.»
 «Noia?» domandò John, sollevando le sopracciglia. «Io credo che fosse la disperazione. Avevi appena ucciso un uomo per proteggere me e mia moglie e credo che questo ti abbia distrutto.»
 Sherlock distolse lo sguardo.
 «Sherlock» lo chiamò l’amico. «Ehi, guardami» disse e gli poggiò una mano sul ginocchio.
 Il consulente investigativo si scostò di scatto.
 John sembrò sorpreso da quella reazione, tanto che allontanò la mano e aggrottò le sopracciglia. Poi, dopo un momento di perplessità, si riscosse. «Parlami»
 «Non c’è nulla di cui parlare.»
 «Sherlock, se qualcosa non va…» John sospirò. «Puoi parlarne con me. Lo sai.»
 «Lo so.»
 «Allora perché non l’hai fatto?»
 Sherlock chiuse gli occhi e sospirò. «Forse perché questa volta, ciò che mi tormenta va oltre la tua comprensione.» spiegò. «Forse sapevo che non avresti mai potuto capire e ho preferito risolvere la questione a modo mio.»
 Prima che John potesse replicare, il cellulare di Sherlock squillò. L’uomo lo estrasse dalla tasca e aprì il messaggio, dove erano indicati un orario e un indirizzo. Sherlock aggrottò le sopracciglia. Era firmato H. Perché suo fratello non poteva semplicemente raggiungerlo a Baker Street per parlare?
 «Un caso?» domandò John, dopo un momento.
 Il consulente investigativo scosse il capo. «No. Mio fratello.» rispose mettendosi in piedi e abbottonandosi la giacca. «Vuole vedermi.»
 Watson, prima che l’amico potesse allontanarsi, lo trattenne per un braccio. «Sherlock» quando i loro sguardi si incontrarono, Holmes vide che i suoi occhi blu erano colmi di apprensione. «Sono qui per te.»
 Sherlock lo osservò per qualche secondo, poi abbassò lo sguardo sulla mano che il medico teneva chiusa intorno al suo braccio e l’amico, quasi avesse capito che quel contatto l’aveva infastidito, lo lasciò andare.
 A quel punto il consulente investigativo si mosse verso l’attaccapanni, indossò il suo cappotto e poi uscì.
 
 Il messaggio di Mycroft non era stato chiaro riguardo al perché di quell’incontro.
 Innanzitutto aveva scelto un luogo isolato, di quelli usati dal politico quando doveva “rapire” qualcuno per conferire con lui in privato. Il che era strano dato che il maggiore degli Holmes non si era mai disturbato a farlo con lui, considerato che era molto più semplice sorprenderlo a Baker Street, impedendogli di scappare.
 Perciò quando Sherlock varcò la soglia del capannone non poté nascondere la sua confusione. Era vuoto e poco illuminato, un perfetto nascondiglio per criminali, si disse. All’esterno non c’era nessuna auto nera ad attenderlo e nessun Mycroft ad aspettarlo appoggiato al suo prezioso ombrello. C’erano solo vuoto e silenzio. I suoi passi rimbombavano tra le pareti, perdendosi all’infinito, segno che nessuno era lì per lui.
 Che avesse capito male? Che il luogo dell’appuntamento non fosse quello? Eppure aveva letto e riletto il messaggio ed era certo di essere nel posto giusto.
 Sherlock si fermò al centro del capannone, in attesa.
 «Mycroft?» lo chiamò volgendosi a destra e a sinistra in cerca di un segno che rivelasse la presenza del fratello all’interno della struttura. «Mycroft, basta con questi giochetti. Esci allo scoperto o me ne vado.»
 Ancora nulla.
 «Mycroft» ripeté. «Ti ricordo che sei stato tu a cercarmi, quindi se non vuoi risolvere la questione da solo, ti consiglio di-»
 «Quanta impazienza, fratellino. Sono qui.» esclamò una voce proveniente dal fondo del capannone. «Perché tanta fretta? Non hai nessun caso a cui tornare e nessun migliore amico di cui preoccuparti.»
 Sherlock si voltò e quando la figura avanzò, non poté fare a meno di aggrottare le sopracciglia. Non era Mycroft. La voce non era la sua e nemmeno la corporatura corrispondeva. Eppure il suo cervello aveva appena registrato la parola “fratellino” lasciare le labbra di quello sconosciuto.
 «Ci conosciamo?» chiese dopo un momento di silenzio passato a tentare di mettere a fuoco la misteriosa figura ancora nascosta nella semioscurità.
 «Non credo.»
 «Sembra che tu mi conosca.» affermò il consulente investigativo, avanzando. «E considerando il fatto che io non dimentico mai un volto o una persona, mi piacerebbe sapere come tu possa sapere chi sono, mentre io non ho idea di chi sia tu.»
 La figura avanzò ancora. «La scelta di parole non ti ha suggerito nulla?»
 «Mi sembrava chiaro che io avessi capito che non sei Mycroft.» replicò Sherlock socchiudendo gli occhi per vedere meglio attraverso l’oscurità. «Il che mi porta a chiederti perché tu mi abbia chiamato “fratellino”, quando questa parola presuppone un legame di parentela. Qualcosa che con te non condivido, chiunque tu sia.»
 «Sicuro?» chiese ancora l’altro. «E se invece condividessimo un legame?»
 Il cuore di Sherlock accelerò. «In tal caso lo saprei.» disse con voce ferma. «Fatti vedere.»
 La risata profonda dell’altro rimbombò tra le pareti. «Come vuoi.» avanzò e si fermò esattamente sotto il cerchio creato dalla luce della lampada appesa sopra le loro teste.
 Holmes aggrottò le sopracciglia. L’uomo che aveva davanti era molto diverso da Mycroft, ma con sua grande sorpresa, poté constatare che non era così diverso da lui. Era alto, aveva un fisico asciutto e allenato e una carnagione chiara e capelli scuri. Gli occhi, verde smeraldo, sembravano scintillare sotto la luce e la sua figura sembrava surclassare quella esile di Sherlock.
 «Piacere di conoscerti, William.» disse con voce profonda e un marcato accento inglese. «Sono Sherrinford Holmes.»
 Il consulente investigativo rimase senza fiato, in primo luogo perché conosceva il suo nome di battesimo, di cui solo la sua famiglia e John erano a conoscenza, e poi per il fatto di averlo appena sentito affermare di chiamarsi Holmes. «Chiedo scusa, credo di aver capito male.» disse, quando ebbe ritrovato la voce. Non potevano essere fratelli. Era impossibile, lui l’avrebbe saputo. Eppure quella somiglianza era quantomeno sospettosa.
 «Hai capito benissimo invece.» replicò l’altro, rivolgendogli un sorriso. «Ah, posso vedere il tuo cervellino arrovellarsi per trovare una spiegazione a tutto questo.» disse ridacchiando. «Sei così simile a lui.»
 «Lui?» chiese Sherlock.
 «A papà.» replicò Sherrinford. «Siete praticamente identici. Ma hai gli occhi di tua madre.»
 «Tua madre.» ripeté il consulente investigativo, aggrottandole sopracciglia e assottigliando lo sguardo. «Non nostra madre.» constatò.
 «No. Infatti.» Sherrinford sospirò. «Seguimi e ti spiegherò tutto, William.»
 «Sherlock.» lo corresse. «Il mio nome è Sherlock.»
 «No, fratellino.» ribatté l’altro. «Il tuo nome è William Sherlock Scott Holmes. Tu hai scelto di farti chiamare Sherlock forse per non sentirti inferiore a Mycroft, ma il tuo nome rimane comunque William.»
 Un moto di rabbia scosse la mente di Sherlock. «Voglio delle risposte.» disse tentando di ignorare la precedente affermazione. «E le voglio ora.»
 «Te l’ho detto.» disse Sherrinford. «Seguimi e le avrai.»
 Sherlock poté sentire chiaramente il suo cervello gridargli che era una pessima idea, ma la sua sete di sapere e la sua curiosità ebbero la meglio. Annuì e seguì il fratello fuori dal capannone, dove un auto li stava aspettando.
 
 «Chiedi.» lo incalzò Sherrinford, sedendosi sulla poltrona nel salotto della sua villa, appena fuori Londra. Gli fece cenno di sedersi di fronte a lui e sorrise.
 Sherlock prese posto sulla poltrona gemella, poggiando le braccia sui braccioli. «Chi sei?» domandò.
 «Credevo di essere stato chiaro al riguardo.»
 «Voglio che tu sia più chiaro.» replicò il consulente investigativo. «Voglio che mi racconti ogni cosa. Dall’inizio.»
 Sherrinford sorrise. «Non aspettavo altro da anni.» sospirò e si schiarì la voce. «Mi chiamo Sherrinford Holmes. Sono nato a Mead in Oklahoma. Sono cinque anni più vecchio di te e due più giovane di Mycroft. Condividiamo un legame di sangue da parte di nostro padre.»
 Sherlock scosse il capo e abbassò lo sguardo. Se era due anni più giovane di Mycroft e avevano lo stesso padre…
 «Sì, William.» confermò Sherrinford, quasi gli avesse letto nel pensiero. «A quanto pare tuo padre aveva una doppia vita e una doppia famiglia.»
 «Non è possibile.» affermò Sherlock, abbassando lo sguardo. «Se fosse stato così me ne sarei accorto. E anche Mycroft.»
 «Non ho mai detto che Mycroft non ne fosse a conoscenza.»
 Il consulente investigativo risollevò lo sguardo di scatto. Mycroft sapeva? E soprattutto: sapeva e aveva deliberatamente scelto di non dirgli nulla? «Da quanto?» chiese in un sussurro, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche.
 «L’ha scoperto quando aveva sedici anni. Aveva capito che nei viaggi da lavoro di nostro padre c’era qualcosa di strano.» rispose. «E così l’ha seguito. Mead non è molto lontana da Dallas, come ben sai.»
 «Come faceva ad essere certo che fossi nostro fratello?» domandò il consulente investigativo.
 «Perché è venuto da me e mi ha chiesto spiegazioni. Voleva sapere se mia madre fosse una lontana parente di papà o una collega.» spiegò. «E quando gli dissi che quell’uomo era mio padre, continuò a ripetere che era impossibile.» volse lo sguardo verso il camino, dove il fuoco scoppiettava allegro riscaldando la stanza. «Si convinse solo quando lo spinsi ad affrontare papà. Lo mettemmo con le spalle al muro e lui fu costretto a confessare.»
 «Come si giustificò?» domandò Sherlock, sentendo un groppo formarsi in gola, quasi a impedirgli di fare altre domande, sapendo che le risposte non avrebbero fatto altro che ferirlo.
 «Dicendo che amava entrambe le nostre madri, ovviamente.»
 Il consulente investigativo scosse il capo e una risata sarcastica gli sfuggì dalle labbra.
 «Avevo solo quattordici anni e nonostante fossi straordinariamente brillante, non riuscii a comprendere il perché della scelta di nostro padre di avere due famiglie.» aggiunse Sherrinford. «Ciò che mi era chiaro, invece, era che non fosse possibile amare due persone contemporaneamente. Per questo quando Mycroft se ne andò, dato che mia madre non era lì e non sapeva nulla riguardo quella faccenda, gli chiesi di raccontarmi la verità. Gli domandai chi delle nostre madri amasse davvero e lui mi rispose che amava mia madre come non aveva mai amato nessun’altra donna nella sua vita.» riportò lo sguardo sul fratello. «E quel giorno riuscii a strappargli la promessa che sarebbe rimasto con noi. Che avrebbe lasciato vostra madre per occuparsi di noi e vivere come una vera famiglia.» scosse il capo. «Ma non avevo fatto i conti con te. Il suo figlio prediletto.»
 Sherlock aggrottò le sopracciglia.
 «Sapevo di Mycroft e di vostra madre, ma solo quando andai a cercare nostro padre per parlare con lui, scoprii che c’era un altro Holmes… il piccolo, dolce William. Lo vidi giocare con te nel cortile davanti a casa e capii. Capii che non vi avrebbe mai lasciati per rimanere con noi. Teneva troppo a te per abbandonare la vostra famiglia felice.»
 «Perché non sei venuto da noi prima?» domandò il consulente investigativo.
 «Perché dopo averti visto, raccontai tutto a mia madre e lei decise di lasciarlo.» concluse facendo spallucce. «Non si fece più vedere da quel giorno.»
 Sherlock strinse le mani intorno ai braccioli della poltrona. Perché Mycroft non gli aveva detto nulla? E perché non aveva detto nulla alla madre, pur sapendo bene che il padre aveva non solo un’altra donna, ma un’altra famiglia? Abbassò lo sguardo, reprimendo a stento l’istinto di rompere qualcosa. 
 «Se ti stai chiedendo perché Mycroft abbia tenuto la questione nascosta, credo sia stato per proteggerti.» proseguì il fratello. «Non prendertela con lui per questo. Anche io non te lo avrei detto se mi fossi trovato nella sua situazione.»
 «Questo non giustifica tutte le bugie che mi sono state propinate. Non credi, Sherrinford?» domandò sprezzante. «Perché hai deciso di tornare proprio adesso, comunque?»
 «Ho saputo che il tuo amico, John Watson, si è sposato.» rispose Sherrinford. «E che hai bisogno di un nuovo compagno di giochi.»
 Sherlock aggrottò le sopracciglia. «Come sai che John si è sposato?»
 Il maggiore rise. «Credi che sia venuto da te senza prima informarmi riguardo la tua vita?» domandò. «Dovevo capire come avresti reagito e se sarei potuto saltare fuori all’improvviso senza causarti un trauma emotivo. E osservandoti per un po’ ho capito che non siamo poi tanto diversi. Avevo capito che eri intelligente e sapevo che saresti stato disposto ad ascoltarmi e darmi una possibilità.»
 Il consulente investigativo sembrò pensarci per un momento, distogliendo lo sguardo dal fratello per portarlo sulle fiamme che danzavano sinuose nel camino. Avrebbe dovuto fidarsi? Avrebbe potuto fidarsi di Sherrinford? Non lo conosceva e per quanto lo concerneva poteva anche avergli mentito.
 Aveva bisogno di riflettere, concluse. E doveva farlo lontano da lì.
 Si mise in piedi. «Grazie per la tua sincerità.» disse. «Adesso mi scuserai, ma ho delle faccende a cui tornare.»
 Sherrinford si alzò a sua volta. «Certo.» allungò una mano verso il fratello minore e sorrise.
 Il consulente investigativo la strinse senza mai distogliere gli occhi da quelli dell’altro. Poi prima che uscisse, lasciando la villa, Sherrinford lo bloccò nuovamente.
 «Se hai intenzione di andare da Mycroft» esordì, dandogli le spalle. «Tenta di non essere troppo duro con lui. Era in mezzo a un fuoco incrociato, non ha colpe.»
 Sherlock si bloccò, ma non si voltò. Dopo un momento di silenzio, riprese. «Ci proverò.» e detto questo, uscì.
 
 Il confronto con Mycroft avvenne qualche giorno più tardi, a Baker Street. I due fratelli erano seduti sulle poltrone, uno di fronte all’altro e si stavano osservando da più di un’ora, in attesa che uno dei due parlasse per primo.
 A rompere il silenzio fu Sherlock. «Ieri ho avuto l’onore di conoscerlo.» esordì.
 Mycroft aggrottò le sopracciglia. «Mi perdonerai se non so di cosa stai parlando, fratello caro.» replicò. «La lettura nel pensiero non è ancora tra le mie capacità.»
 «Sto parlando di Sherrinford.» replicò Sherlock, mantenendo lo sguardo fisso sugli occhi del fratello maggiore.
 L’espressione di Mycroft cambiò non appena ebbe udito quel nome. I suoi occhi si spalancarono e per un momento sembrò anche impallidire.
 «Mi domando quando me lo avresti detto.» proseguì Sherlock. «Sai, non so per quale ragione, ma ho il sospetto che non l’avresti fatto.»
 Mycroft volse lo sguardo.
 «Per quale ragione mi hai tenuto nascosta l’esistenza di nostro fratello?» domandò il moro. Se Mycroft non aveva intenzione di parlare, allora avrebbe continuato a tempestarlo di domande fino a che non avesse ceduto. «Per quale motivo hai tenuto nascosta alla mamma la relazione clandestina di nostro padre?» lo incalzò. «Spero che tu abbia delle buone ragioni, perché io non riesco a vederne.»
 «La mamma lo sapeva.» disse Mycroft, quando finalmente si decise a parlare.
 Sherlock sembrò sorpreso. «Sapeva?»
 Il politico annuì.
 «Perché non l’ha lasciato?» chiese «Perché non ha detto nulla?»
 «Perché teneva alla sua famiglia più che a qualsiasi altra cosa.» spiegò l’altro. «E non avrebbe mai rovinato la vita dei suoi figli per avere una rivincita su nostro padre.»
 «Lui l’ha presa in giro per anni.»
 «Noi eravamo più importanti.» replicò Mycroft.
 Sherlock rise. «Più importanti di un tradimento?»
 «Come avrebbe potuto crescerci da sola?» domandò il politico. «Avevamo bisogno di nostro padre e lei lo sapeva. Ha sacrificato la sua felicità per il nostro bene, per non rovinare la nostra vita. Mentire era l’unico modo che conosceva per proteggerci da una realtà troppo dura da sopportare.»
 «E qual è la tua scusa?» chiese Sherlock a quel punto. «Perché tu mi hai mentito?»
 «A che pro raccontarti la verità?» domandò di rimando il politico. «Se avessi saputo di Sherrinford ti saresti sentito meglio?»
 «Forse no.» replicò il minore. «Ma avrei finalmente avuto il fratello che avevo sempre desiderato.»
 Il volto di Mycroft venne attraversato da una smorfia di dolore fulminea, che subito venne sostituita dall’impassibilità e dal contegno.
 «L’ho conosciuto, Mycroft.» proseguì il consulente investigativo. «Ho parlato con lui e ho visto quanto ha sofferto per l’assenza di nostro padre. Nonostante fosse in suo diritto pretendere che nostro padre fosse lì per lui, non l’ha mai fatto perché sapeva quanto questa cosa avrebbe ferito noi. Credo che sia arrivato il momento di dargli ciò che merita. Una famiglia.»
 Mycroft sollevò un sopracciglio. «Ma come siamo diventati sentimentali, fratellino.» replicò. «Ovviamente i sentimenti sembrano averti fuorviato ancora una volta. Lui non è quello che sembra.»
 «Davvero?» lo sfidò il minore.
 «È venuto da te solo perché ha degli interessi nel farlo. Tutto ciò che dice e fa è per ottenere qualcosa.» spiegò. «Non credere alle apparenze. Potresti rimanere deluso.»
 Sherlock aggrottò le sopracciglia e inclinò il capo. «Ma guarda questa descrizione mi ricorda molto qualcuno…» disse portandosi le mani sotto il mento. «Oh, sì, mi ricorda molto te.»
 Il politico lo osservò per qualche istante, poi sospirò. «Non ti ho tenuto nascosta l’esistenza di Sherrinford per nuocerti o per farti soffrire. Al contrario, l’ho fatto per proteggerti.» spiegò. «Come ti ho già detto, lui non è quello che sembra, per questa ragione preferirei che troncassi fin da subito ogni rapporto con lui.»
 «Come, prego?»
 «Non voglio che tu lo frequenti, Sherlock.» disse con voce più ferma.
 Sherlock rise. «Non sono più un bambino. Non ho bisogno della tua protezione, né tantomeno dei tuoi consigli. La tua gelosia è quantomeno puerile e credo che per te sarebbe arrivato il momento di crescere.» sibilò. «Non hai fatto altro che mentire per tutti questi anni, quindi vorrai perdonarmi se da oggi in poi deciderò di non credere più ad una sola delle parole che usciranno dalle tue labbra.»
 «Lo sto dicendo per il tuo bene.» replicò Mycroft.
 Il consulente investigativo assottigliò lo sguardo. «Buona giornata, Mycroft.» concluse mettendosi in piedi e prendendo tra le mani il violino per accordarlo.
 «Sherlock, devi darmi ascolto.» insistette il politico. «C’è un motivo per cui ti ho tenuto nascosta la sua esistenza. Sherrinford è pericoloso e quando ti avrà in pugno sarà troppo tardi.» affermò alzandosi dalla poltrona. «Prima che tu possa accorgertene ti avrà già portato via tutto ciò che hai di più caro al mondo.»
 «Ho detto: buona giornata, Mycroft.» sibilò Sherlock, come se nemmeno avesse udito le parole di Mycroft. In fonda sapeva che erano solo una montagna di bugie, inventate di sana pianta dal fratello maggiore, per impedirgli di avvicinarsi a Sherrinford.
 Mycroft chiuse gli occhi e sospirò, ma alla fine lasciò l’appartamento.
 
 Sherlock avrebbe dovuto immaginare che Mycroft avrebbe utilizzato John come arma contro di lui per tentare di fargli cambiare idea riguardo a Sherrinford. Per questo quando il medico tentò di difendere il maggiore, giustificando le sue bugie e tentando di convincerlo che fossero un modo per proteggerlo, Sherlock non poté trattenersi.
 «Perché avete tanta paura che io mi avvicini a Sherrinford?» sbottò. «Siete così timorosi che io vi sostituisca con lui che state tentando di depistarlo in ogni modo. Me lo aspettavo da Mycroft, me non mi sarei mai aspettato una cosa del genere da te.»
 Watson scosse il capo. «Io non ho paura che tu mi sostituisca con lui.» spiegò «Ma se Mycroft l’ha tenuto lontano da te per tutti questi anni, un motivo deve esserci.»
 «È geloso, mi sembra ovvio.» rispose Sherlock. «Sapeva che Sherrinford era migliore di lui e sapeva che lo avrei amato più di quanto abbia mai amato lui, perciò lo ha allontanato.»
 John aggrottò le sopracciglia. «Mycroft non è il tipo.» disse. «E spero che tu non gli abbia detto questo quando è venuto qui.»
 Holmes volse il capo verso il camino. «Torna a casa, John.» concluse.
 «Mi stai cacciando?»
 «No.» lo contraddisse Sherlock, incrociando i suoi occhi, lo sguardo freddo e distaccato. «Ti sto chiedendo gentilmente di andartene. Ma se dovessi farmelo ripetere ancora, a quel punto ti caccerei.»
 Il dottore fu alquanto sorpreso di fronte a quella reazione, tanto che, senza dire nient’altro, si mise in piedi e dopo aver indossato la giacca, uscì.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti ;) Rieccomi qui con un’altra fanfiction in questo fandom ♥ l’idea mi è venuta molto prima dello speciale di Natale, ma devo ammettere che prima di aver vista The Abominable Bride non avevo idea di come mandare avanti la storia. Sapevo dove sarei voluta arrivare, ma non ero certa del come. Poi, dopo aver visto lo speciale, BAM! le idee sono arrivate… spero solo che abbiano un senso! ^.^”
Anyway, come avrete potuto capire, questa storia sarebbe ambientata in un’ipotetica quarta stagione, in seguito agli eventi di His Last Vow.
Pubblicherò il prossimo capitolo la prossima settimana, probabilmente Martedì dato che ho ancora bisogno di rivederlo e aggiustarlo… :)
Grazie e tutti e a presto…
Eli♥
 
   
 
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