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Autore: Petricor75    27/02/2016    0 recensioni
[Alien: La Clonazione/Resurrection Special Edition]
Avevo già scritto in passato qualcosa post Alien Resurrection, ma è andato perduto negli anni, fu la mia prima fanfiction, in realtà era una specie di script.
Questa storia è totalmente diversa e prende spunto dalla versione Director's Cut.
Nel finale alternativo di questa edizione, Ripley e Call discutono sul da farsi, dopo essere atterrate con la Betty poco lontano da una Parigi distrutta.
Trovo che prima Whedon e poi Jeunet abbiano fatto un ottimo lavoro, soprattutto con questo prodotto, non solo mettendo in risalto l'ambiguo rapporto tra la nostra protagonista e la piccola androide di nome Call, ma anche caratterizzando una nuova Ripley, frutto del mix di materiale genetico con gli xenomorfi. E poi, Jeunet è un maestro del noir.
Ci sono anche molti, sottili e meno sottili richiami a Newt, che ho trovato piacevoli.
Alien e i suoi personaggi non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro.
E un ringraziamento speciale a GirlWithChackram, che si è fatta coinvolgere e mi ha aiutata a correggere le sviste :)
Aggiornamento: Questa fanfiction farà parte di una serie, dato che sono in procinto di pubblicare altro materiale correlato.
Genere: Avventura, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Strangers'
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La terra arida le scivolava tra le dita, disperdendosi nel vento caldo e secco, lasciandole un sottile strato di finissima polvere rossastra sul palmo della mano. Ne raccolse un'altra manciata ai piedi della roccia sulla quale sedeva, facendosi ipnotizzare dalla vista del pulviscolo trascinato via dalle lievi raffiche di aria che l'accarezzavano.
Era talmente strano prendersi un momento per sé, senza il pensiero di correre e combattere per salvarsi la vita, che la presenza della ragazza, seduta lì accanto, con la schiena a pochi centimetri dalla sua, quasi la infastidiva.

Annalee Call non sapeva bene che cosa stesse aspettando, ma la donna sembrava ignorarla, e lei sentiva il bisogno di sapere che cosa sarebbe accaduto di lì a poco.
Anche se lo scopo della sua missione personale era mutato durante il corso degli ultimi eventi, bene o male, l'aveva tenuta occupata. Ma in quel momento, anche se aveva una mezza idea dei suoi prossimi movimenti, non voleva allontanarsi da lei e sentiva la necessità di sapere se sarebbero rimaste insieme o meno.

"E così questa è la Terra, eh?", provò a rompere il silenzio, cercando di nascondere il disagio.
"Questa è la Terra.", confermò in tono piatto Ripley.
"È la prima volta che ci vengo.", la informò la giovane, aspettando invano una risposta. Si impose di continuare a fissare le rovine della città che un tempo era stata Parigi in lontananza. Il sole alle loro spalle era già basso all'orizzonte.
"Suppongo che i militari non tarderanno a venire a curiosare qui intorno.", aggiunse, voltando di qualche grado la testa, nel tentativo di cogliere una qualche reazione da parte della sua interlocutrice. Il silenzio si era fatto pesante, ma lei non si arrese.
"Scommetto che non sei molto ansiosa di vederli.", provò a scherzare, seguitando a lanciarle occhiate furtive.

L'ibrido si chiese perché una parte di sé provasse piacere a vederla arrancare, in cerca di attenzione, rassicurazione, risposte. Era come se non  riuscisse a fare a meno della lotta, della sfida, anche solo psicologica, e così la punzecchiava.
Fino ad allora, la sua esistenza era stata dominata dal pericolo degli xenomorfi. Svegliati, rompi, fuggi, lotta, salva, uccidi... proteggi... se ci riesci...
In quel momento c'era troppa calma, intorno. Non era abituata, non sapeva come affrontarla, la parte aliena dentro di sé ne era totalmente estranea. Non avvertiva più la presenza degli esseri, e l'animale feroce dentro di sé lottava per venire a galla.
"Non esattamente.", concesse alla fine, cercando di mantenere la calma.

L'altra si rilassò un poco e prese coraggio.
"Sai, una persona potrebbe facilmente far perdere le proprie tracce qui intorno, se lo volesse.", la informò, i suoi occhi dardeggiavano nervosi nella sua direzione.
La donna era chiaramente tornata ai suoi pensieri e non sembrava avere voglia di rispondere, ma lei non poté fare a meno di continuare a provare.
"Cosa ne pensi?", domandò. Ancora nessuna risposta, "Cosa dovremmo fare?", incalzò impaziente.

- Ma tu non molli mai? - Pensò a metà tra lo spazientito e il divertito. Sospirò, concedendole una risposta vaga.
"Non lo so... anche io sono una straniera, qui.", si voltò a guardarla, osservò gli angoli della sua delicata bocca arricciarsi all'insù, un moto di tenerezza nei suoi confronti la invase, poi la Bestia sfiorò di nuovo la superficie.
"E comunque, cosa ti fa credere che da ora in poi proseguiremo insieme?", aggiunse. Si accorse che sebbene il suo tono apparisse scherzoso, ed il suo primo intento era stato effettivamente quello di alleggerire l'atmosfera, il suo DNA alieno era in trepidante attesa di vedere di nuovo la giovane in difficoltà.

Istintivamente soffocò una risata, credendo candidamente che fosse una delle sue battute sarcastiche, ma quando si voltò a guardarla e notò la sua espressione impassibile, si domandò se non si fosse sbagliata. 
Non riuscì a sostenere a lungo il suo sguardo indecifrabile, e imbarazzata, prese atto che forse, dopotutto, non stava scherzando.
"Giusto!", concesse a denti stretti alzandosi e dirigendosi decisa verso il portellone della Betty.

Con un sorriso sadico la osservò scomparire all'interno della malconcia navetta, assaporando il gusto di un'altra piccola vittoria.

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"Come andiamo, Vriess?", domandò Call nel tentativo di scacciare l'amarezza del recente confronto. L'uomo era bloccato su una delle due postazioni di comando, impossibilitato a spostarsi senza la sua sedia a rotelle.

"Uno dei propulsori di coda è danneggiato, ma può reggere ancora qualche manovra, ci sono diversi pannelli che abbiamo quasi bruciato interamente quando siamo entrati nell'atmosfera, e vanno sostituiti al più presto, qualche perdita di olio qua e là, ma possiamo ripartire nel giro di due o tre ore al massimo.", rispose Johner sbucando dalla stiva.

"Ho intercettato una comunicazione in chiaro, lo schianto dell'Auriga ha senza dubbio distolto l'attenzione dal nostro atterraggio, ma non passerà molto tempo, prima che si accorgano di noi. I satelliti devono averci captati e registrati, comunque, presto o tardi, arriveranno.", aggiunse l'altro eseguendo l'ennesima diagnostica di sistema.
Stava cominciando rapidamente a prendere confidenza coi comandi del mezzo, ed era più che sicuro che sarebbe riuscito a portare la Betty a distanza di sicurezza. Al resto avrebbe pensato in seguito.

"Bene, io ho bisogno di trovare vari kit di riparazione per... lo sparo di Wren.", informò in tono piatto l'androide.
"E comunque, non ho intenzione di tornare lassù.", aggiunse guardando l'uomo che aveva imparato a considerare un amico, durante il periodo passato in compagnia del gruppo di pirati. Lui sembrò sul punto di dire qualcosa, ma Call lo anticipò.
"Dammi solo il tempo di prendere un paio di cose."

"Oh, ma certo! Non preoccupatevi, a ripulire questa carcassa dai cadaveri dei nostri compagni ci pensa lo stronzo di Johner, vero?", esclamò l'omone col suo solito sarcasmo.

"Ti aiuto io.", si offrì Ripley, rientrando da fuori. Il suo sguardo incrociò quello della giovane e studiandola attentamente, capì di aver esagerato.
Capì che doveva imparare a controllare questo nuovo lato del suo 'carattere'.
Il gusto della vittoria era già svanito da un pezzo, ma l'amarezza era rimasta, non ne valeva la pena. La Bestia doveva essere controllata.

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Poco più di un'ora dopo fece ritorno in plancia e trovò Vriess concentrato sul manuale di istruzioni a monitor.
Il paesaggio fuori stava rapidamente scomparendo, inghiottito dall'oscurità sempre più fitta.
Per la prima volta si accorse che poteva comunque distinguere le asperità del terreno e i rari cespugli di vegetazione che l'ornavano. - Un altro dono della Bestia, grazie! - pensò.

"Dov'è Call?", lo interrogò, temendo che si fosse già allontanata da sola.
"Dannazione Ripley, devi essere sempre così furtiva?", esclamò lui sobbalzando sulla poltrona del copilota.
"Nella sua cabina, credo, corridoio a destra, seconda porta a sinistra.", la informò gesticolando da sopra una spalla.

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La osservò per quasi un minuto, mentre riponeva vari articoli in un uno zaino militare in cordura. Si era data una ripulita e si era cambiata, indossando un'uniforme camo da deserto con una serie infinita di tasche sia sul giubbotto che sui pantaloni.
Lavorava metodicamente e in silenzio. Le strappò un sorriso.

"Quando partiamo?", chiese la donna con indifferenza.
"Devi essere sempre così furtiva?", domandò la giovane, che colta di sorpresa aveva inavvertitamente perso la presa sul blocco di batterie che stava esaminando.
Ripley non poté fare a meno che soffocare una risata, ripensando alle stesse parole dell'uomo in plancia.

Avrebbe voluto chiederle cosa intendesse esattamente con quella domanda, per fugare ogni dubbio sulle sue intenzioni, perché visto l'atteggiamento vagamente ostile di poche ore prima, non era proprio sicura che avrebbero proseguito insieme.
Dopo un attimo d'indecisione, giudicò che prepararle un bagaglio adeguato solo alle sue esigenze, proprio come aveva appena terminato di allestirne uno per sé, sarebbe stato sufficiente al momento e rimandò l'inevitabile ad un prossimo futuro.
Continuò a lavorare in silenzio, cercando di ignorare la sensazione di essere osservata. Quando fu soddisfatta del suo carico, lo soppesò per un attimo e lo ripose vicino alla porta. 

Aprì un armadietto e con un movimento rapido le lanciò un asciugamani.
"Hai tempo per una doccia, nel frattempo ti recupero i vestiti di Hillard... I miei di certo non ti starebbero... e comunque a lei non servono più.", le disse mentre, con la solita efficienza, riponeva un'altra serie di arnesi in una sacca improvvisata dalla federa del suo guanciale.
"Non dovremmo dare un'occhiata alla tua ferita?", le domandò la donna rigirando il telo tra le mani.
"Per ora mi sono arrangiata con quello che avevo a disposizione, ma si, ci penserò.", tagliò corto lei.

Si allontanò poco dopo, lasciandola sola. L'ibrido sbirciò all'interno della federa. Non riconosceva nessuno degli oggetti che Call vi aveva depositato. 
Ne estrasse uno a caso. 'STERI-Kit', recitava l'etichetta. 'Kit di sterilizzazione per acque non sicure a batterie bioneurali autorigeneranti (max 47000 cicli)', era stampato sul retro.
Rimise l'oggetto nella sacca e ne prese un altro. La custodia trasparente permetteva di vederne l'interno. C'erano una serie di uncini, un rotolo di filo trasparente, sfere di varie dimensioni. Era un kit da pesca.

Le ci volle un attimo per ricordarsi che quella sacca non sarebbe stata di nessuna utilità per l'androide e capì che l'aveva preparata per lei.
Con un sorriso, si chiuse la porta del piccolo bagno alle spalle e aprì il getto dell'acqua, mentre cominciava a sfilarsi di dosso i vestiti ancora appiccicati alla pelle a causa di sudore, umidità e sporcizia.

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Lo zaino di Hillard era praticamente identico al suo, tranne che per il colore sbiadito, dovuto ad un uso decisamente più intenso. Decise di prendere solo la biancheria della donna defunta, preferendo il guardaroba di Christie, che si avvicinava di più alla taglia e alla statura dell'ibrido.

Frugò tra le cose del compagno scomparso per diversi minuti, prima di trovare ciò che stava cercando, due pistole molto compatte e diverse confezioni di munizioni, - non si sa mai - pensò.

Il getto della doccia era ancora aperto, e poteva udire Ripley muovervici sotto. Depositò il cambio pulito ai piedi della branda e ripose il contenuto della federa in una tasca separata.
Nonostante avesse visto con i suoi occhi artificiali la ferita che Ripley si era auto inflitta col suo coltello rimarginarsi all'istante, quando si era intrufolata nella sua cella, decise di aggiungere il kit di primo soccorso fissato vicino alla porta. Poi uscì di nuovo con la sacca improvvisata vuota tra le mani.

Le razioni di cibo liofilizzato erano compatte e leggere, ma l'acqua sarebbe stata faticosa da portare. Ripley aveva davanti almeno un giorno di cammino, prima di raggiungere la zona boschiva più vicina, e poi avrebbe comunque dovuto trovare una fonte, e viste le condizioni aride del posto, non sarebbe stato affatto semplice. Per andare sul sicuro, decise di prenderne per tre giorni.

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"Ho pensato che i vestiti di Christie sarebbero stati più adatti alla tua statura.", esordì rientrando nella sua cabina e trovandola intenta a stringersi i lacci degli scarponi.
"Vanno bene, grazie.", confermò la donna in tono gentile, come per scusarsi per il comportamento precedente. Notò che la giovane continuava ad evitare di incrociare il suo sguardo. La osservò riporre le provviste all'interno della sacca militare appartenuta ad Hillard.
Prese lo zaino che le stava porgendo Call e se lo issò sulle spalle, aspettando che la giovane recuperasse il suo.
Quando entrambe ebbero il proprio carico fissato saldamente addosso, si divisero le munizioni e si nascosero le pistole addosso.

"Pronta?", le chiese abbozzando un mezzo sorriso.
"Pronta.", confermò l'altra.
"Ok, andiamo!", la incitò posandole una mano sulla spalla. Call si affrettò verso la plancia, sottraendosi velocemente al suo tocco.

   
 
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