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Autore: Petricor75    27/02/2016    1 recensioni
[Alien: La Clonazione/Resurrection Special Edition]
Avevo già scritto in passato qualcosa post Alien Resurrection, ma è andato perduto negli anni, fu la mia prima fanfiction, in realtà era una specie di script.
Questa storia è totalmente diversa e prende spunto dalla versione Director's Cut.
Nel finale alternativo di questa edizione, Ripley e Call discutono sul da farsi, dopo essere atterrate con la Betty poco lontano da una Parigi distrutta.
Trovo che prima Whedon e poi Jeunet abbiano fatto un ottimo lavoro, soprattutto con questo prodotto, non solo mettendo in risalto l'ambiguo rapporto tra la nostra protagonista e la piccola androide di nome Call, ma anche caratterizzando una nuova Ripley, frutto del mix di materiale genetico con gli xenomorfi. E poi, Jeunet è un maestro del noir.
Ci sono anche molti, sottili e meno sottili richiami a Newt, che ho trovato piacevoli.
Alien e i suoi personaggi non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro.
E un ringraziamento speciale a GirlWithChackram, che si è fatta coinvolgere e mi ha aiutata a correggere le sviste :)
Aggiornamento: Questa fanfiction farà parte di una serie, dato che sono in procinto di pubblicare altro materiale correlato.
Genere: Avventura, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Strangers'
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Call la tenne stretta a sé per tutto il percorso, quando erano ormai vicine, si accorse che si era assopita, le strinse una spalla per svegliarla.
"Siamo arrivate, Newt.", le disse dolcemente sorridendole.
La bimba si strofinò gli occhi col dorso della mano, scivolò sul sedile e appiccicò il naso e le mani al vetro per guardare fuori. Tutto ciò che vide fu una distesa desertica di terra rossiccia.
D'un tratto però, tutto intorno il paesaggio cambiò. Erano appena entrati nell'hangar, con gli occhi spalancati per lo stupore, guardava gli strani veicoli disposti in più file. Il mezzo su cui viaggiavano rallentò e d'un tratto la vide.

"Ripley!", esclamò urlando, si gettò sulla maniglia dello sportello nel tentativo di aprirla, ma era bloccata. "Ripley! Ripley!", gridò ancora con le mani sul vetro oscurato.
Appena Judas fermò il veicolo e sbloccò le porte, la bambina schizzò fuori dal mezzo e corse chiamando ancora la donna.

La tensione che si era portata appresso per tutto il periodo in cui Call era stata via, scomparve non appena la bimba le saltò al collo stringendola forte e allacciando le gambe attorno al suo torso.
Solo in quel momento, che poteva sentire il suo piccolo corpo avvinghiato a lei, si rese conto di quanto le fosse mancata quella sensazione e si ricordò dell'immenso dolore che aveva provato quando Clemens l'aveva informata che non era sopravvissuta, si ricordò del suo tormento quando fu costretta ad esaminarla sul lettino dell'obitorio.
Calde lacrime le scesero sul volto mentre le baciava il viso e le sorrideva per tranquillizzarla.
"Sono qui, amore, è tutto finito... è tutto finito...", la consolò asciugandole il viso.
La bimba si staccò un poco per guardarla bene, le sue manine affondarono nella chioma bruna della donna, "Come ti sono allungati, i capelli!", esclamò piena di meraviglia.

Call si avvicinò lentamente per lasciare loro spazio, facendosi commuovere da quella tenera scena, ma Ripley, con Newt ancora attaccata al collo, le stava andando incontro allungando un braccio verso di lei.
"Vieni qui anche tu!", le ordinò spostando la bambina sul fianco e attirandola a sé. La baciò con le labbra ancora umide di pianto, stringendola ancora.
Incapace di parlare, se le cullò addosso finché la bimba si sporse per mettere le sue braccia attorno al collo della giovane, avvicinò il viso al suo e le posò un sonoro bacio sulla guancia, "Grazie, Annalee.", le disse tornando a riposare la testa sulla spalla della donna che la teneva in braccio.

Ripley guardò Call negli occhi e le posò il palmo della mano sinistra sulla guancia. Allora Newt si accorse della ferita, allungò una manina e tirò a sé il braccio di Ellen, per vedere meglio.
"Che fine ha fatto il tuo dito, Ripley?", le chiese curiosa guardando da vicino la zona arrossata.
"Non è niente, tesoro, non ti preoccupare...", la rassicurò la donna.
"È solo un dito... ricrescerà!", scherzò Call strizzando l'occhio alla compagna.
"La tua mamma non ti ha insegnato che non si dicono le bugie?", l'ammonì la piccola con sguardo severo, poi si rivolse a Ripley, indicando la ragazza col pollice.
"Ha provato anche a farmi credere che è un robot!", le raccontò divertita, "Non sono mica nata ieri!", esclamò offesa.

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Il Predator scivolava a pochi centimetri dalla superficie dell'acqua, navigavano lente da qualche giorno, a ridosso delle coste dell'Italia. I pannelli che rivestivano il mezzo potevano diventare trasparenti e loro si godevano il paesaggio indisturbate.
Avevano da poco passato la Corsica e volevano raggiungere una piccola isola disabitata segnata sulle mappe che Call aveva in archivio.

Quando stavano per entrare nel Canale di Piombino, rimasero affascinate dal paesaggio roccioso delle scogliere che seguivano il Golfo di Baratti, puntando il potente cannocchiale che avevano riprodotto con il replicatore, seguirono affascinate per alcuni minuti un gruppo di cinghiali che grufolavano sul pendìo scosceso.
La piazza a strapiombo sul mare, con il piccolo faro le lasciò tutte e tre a bocca aperta, e si chiesero come doveva essere ammirare un tramonto da quel luogo o guardare in lontananza il profilo dell'Isola d'Elba.
Decisero di comune accordo che presto si sarebbero fatte un giro da quelle parti, ma per il momento, si prepararono per l'attracco nel piccolo isolotto chiamato Cerboli.
Lì nessuno le avrebbe disturbate.

   
 
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