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Autore: LoScribaNero    29/02/2016    0 recensioni
Nel mondo che Fionn sognava non c’erano guerre, non c’erano nemmeno demoni, angeli o vampiri: era un mondo pacifico, a volte perfino noioso...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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Cuori e Caffè Al Gatto Nero



- Di Fionn Mcaedh -

[Evento st. Valentine's Day]


 

Nel mondo che Fionn sognava non c’erano guerre, non c’erano nemmeno demoni, angeli o vampiri: era un mondo pacifico, a volte perfino noioso. Viveva con il suo compagno William e ogni mattina apriva gli occhi circondato dalle braccia del suo uomo e sorrideva pensando che la vita non potesse essere più bella. Quel giorno in particolare era San Valentino, la sua festa preferita da quando aveva un compagno con cui condividerla. Le lancette della sveglia segnavano il trascorrere di secondi con un leggero “tac tac” che riempiva la stanza silenziosa. Quella mattina era il primo ad essersi destato, perfino prima della sveglia; William dormiva ancora alla sua destra, il viso beato di qualcuno che stava facendo un bel sogno, il respiro pesante seguito da qualche borbottio occasionale che strappava sempre un sorriso a Fionn. Il ragazzo dai capelli rossi aveva una sorpresa per quella mattina: prima di iniziare la sua giornata lavorativa si sarebbe dedicato al suo compagno. Si alzò dal letto lentamente cercando di non fare rumore, allungò la mano verso il pavimento per afferrare i suoi boxer preferiti: rossi con stampati sopra tanti gattini neri stilizzati.
Era una mattinata calda per essere il 14 febbraio, il sole era già sorto e i suoi raggi illuminavano la cucina intrufolandosi nella stanza attraverso la finestra. La prima cosa che fece fu quella di mettere al lavoro la macchina del caffè. Nel frigo aveva nascosto una bellissima cheesecake al limone acquistata la sera prima da “Le torte di Nonna Mary” la miglior pasticceria del quartiere. William adorava qualsiasi dolce che uscisse da quel negozio, a patto che non contenesse fragole a causa della sua grave allergia oppure i mandarini e le arance che proprio gli facevano schifo. 
Scelse un piattino quadrato, quello bianco con delle rose disegnate negli angoli. Una generosa fetta di torta venne sistemata su di esso, ma non sarebbe rimasta a lungo da sola: un ricciolo di panna montata casareccia l’affiancò subito dopo, come in un matrimonio dolce e perfetto. La macchina del caffè gorgogliò in quello che gli parve alle orecchie un allegro buongiorno accompagnato dal magnifico aroma del caffè. 
Vassoio alla mano andò in camera; William dormiva ancora e fece appena in tempo a spegnere la sveglia prima che il suo irritante trillo rovinasse il risveglio del suo compagno. 
-William-
Fionn lo chiamò dolcemente chino sul suo orecchio; in risposta ricevette un mugugno insensato mentre si sistemava meglio sul cuscino. 
-Lupachiotto, il sole è alto!-
Lo chiamò con il nomignolo che gli aveva assegnato anni addietro, quando avevano iniziato a uscire; non c’era una vera ragione per quel termine, gli era piaciuto e basta. 
Posò la mano tra i suoi morbidi capelli accarezzandoli con dolcezza, si chinò su quelle labbra invitanti che aveva amato dalla prima volta che le aveva assaggiate. Il contatto fu dolce e leggero e inizialmente non ricevette una risposta; il secondo bacio però venne pigramente ricambiato, segno che William si stava finalmente svegliando.
-Ehi…-
Sussurrò il bell’addormentato, aprendo finalmente gli occhi e regalandogli un sorriso meraviglioso che Fionn non poté far altro che ricambiare.
-Buon San Valentino!-
Fionn lo disse dopo aver recuperato il vassoio dal comodino su cui lo aveva momentaneamente abbandonato. 
La colazione fu ampiamente apprezzata e William glielo dimostrò nell’ora successiva, tra baci e carezze che d’ innocente avevano ben poco. Purtroppo si fece l’orario di andare al lavoro: Fionn gestiva un bar che non poteva sicuramente aprirsi da solo e a malincuore, dovette lasciare il caldo abbraccio del compagno con la promessa che quella sera l’avrebbero passata insieme a festeggiare.
Il bar “Gatto nero” apriva puntualmente ogni giorno alle otto del mattino e per quell’occasione era decorato con festoni a cuori, vasi di rose su ogni tavolino e cestini di cioccolatini da offrire ai clienti della giornata. Fionn amava lavorare nel bar, il contatto con la gente gli piaceva, il più delle volte. Ma c’erano quei clienti a cui avrebbe volentieri avvelenato il caffè. Due di questi stavano giusto entrando nel bar: Un padre e una figlia, un beone e una snob.
Anna e Iorwerth varcarono la soglia provocando il tintinnio della campanella appesa alla porta.
-Buongiorno!-
Salutò cordialmente Fionn, ricevendo in risposta un’occhiata indifferente dalla donna palesemente incinta e una scrollata di spalle dal colosso dal cervello leggero come una piuma.
- Dammi qualcosa di sofisticato con le bollicine-
Ordinò la donna dai modi nobili beccandosi un sospiro esasperato da parte dell’uomo al suo fianco.
-Anna…sei incinta! Portale qualcosa con le bollicine ma non alcolico, mi raccomando. E per me una tazza di caffè corretto-
Iorwerth lanciò un’occhiata alla figlia che era pronta ad iniziare una discussione lunga e a parer suo noiosa, sul fatto che lui non avesse il diritto di dirle cosa o non cosa potesse bere. Bastò quella breve occhiata alla figlia, alle labbra colorate dal rossetto che tremolavano pronte a spalancarsi e sputare veleno su di lui…Bastò questo per fargli aggiungere un:
-Doppio…caffè doppiamente corretto!-
Fionn riuscì ad allontanarsi giusto in tempo per l’inizio della sfuriata della donna e tornò solo per consegnarle un bicchiere di limonata frizzante e il caffè all’uomo, il quale si affrettò a svuotare il bicchiere.
I due si trattennero per un periodo fin troppo lungo per i suoi gusti ma questo non gli fece perdere il sorriso. Regalò cioccolatini, consegnò dolcetti e servì caffè, ginseng, cappuccini, vino, cocktail e chi più ne ha più ne metta.
Erano le tre del pomeriggio quando il campanello suonò di nuovo per avvertire l’arrivo di due clienti che conosceva molto bene. Il suo fratellastro Raven varcò la soglia con la sua solita postura piegata leggermente in avanti che gli donava un aspetto sempre stanco; camminò fino al bancone dove si sedette suo uno degli sgabelli, seguito dal marito Vans.
-Fratello…Cognato…-
Li apostrofò Fionn, ricevendo in risposta un cenno di saluto.
-So che nostra madre ti ha portato un whisky irlandese invecchiato di trent’anni, condividi con me il tuo dono preparandomi un irish coffee.-
-Fion, per me un caffè amaro in vetro-
Vans lo conosceva da quando frequentava il fratello e ancora sbagliava a pronunciare il suo nome; probabilmente non lo avrebbe mai imparato ma ormai era diventato una specie di gioco tra loro. Fionn servì per primo il fratello aprendo a malincuore la bottiglia che la madre gli aveva regalato per natale e che aveva portata al bar per usarla in caso di qualche avvenimento importante ma in fondo San Valentino poteva essere il momento adatto. Consegnò l’ordinazione al fratello appoggiando di fianco alla tazza un cioccolatino a forma di cuore; a Vans consegnò un caffè che aveva personalmente caricato di zucchero in una tazza di carta, di quelle per il caffè da portare via. Non appena posò il bicchierino davanti al cognato si beccò la solita occhiataccia: l’uomo spostò lo sguardo tra Fionn e il bicchiere un paio di volte. Non disse niente prendendo in mano il caffè per berne un sorso: il suo palato venne subito aggredito dal sapore decisamente troppo dolce di quella bevanda che lui gradiva amara così com’era di natura.
-Certe volte mi fai salire l’Astaroth!-
Posò stizzito il bicchiere rinunciando a berlo; Raven se la ridacchiava segretamente mentre si gustava la sua ordinazione. Era a metà bicchiere quando Fionn consegnò al cognato la sua vera ordinazione, beccandosi un'altra occhiata sospettosa e un borbottio che somigliava molto a un: “ti tengo d’occhio.”
Alle diciassette in punto due gemelli perfettamente identici si presentarono al bancone: uno dei due scriveva continuamente appunti in un block notes mentre l’altro non faceva che lanciare occhiate cariche di disprezzo al fratello. Auron e Graham passavano dal bar almeno una volta al mese: il primo era il direttore del carcere della città mentre l’altro non aveva mai capito cosa facesse; non erano di molte parole e spesso si limitavano a chiedere: “il solito”, che consisteva in un bicchiere di vino rosso per Graham e uno di whisky per Auron. Non era sicuro della ragione per cui lo fece, forse Fionn aveva semplicemente un’insana e suicida voglia di fare uno scherzo ma sbagliò apposta l’ordinazione consegnando al posto del vino un succo d’arancia e della coca cola al posto del whisky. Si guadagnò la terza e quarta occhiataccia della giornata. Auron rimase in silenzio limitandosi a scrivere il suo nome sul block notes dall’aria sinistra, quella semplice azione fece deglutire il povero barista che in un lampo portò l’ordinazione giusta. 
Alle diciannove mancava mezz’ora all’orario di chiusura; gli ultimi clienti affollavano il locale parlando per conto loro con cocktail e salatini di ogni tipo d’avanti. Alcuni avevano già iniziato l’appuntamento di San Valentino, compresa la coppia che varcò la soglia alcuni minuti dopo. Sorrise nel vedere quella che, per lui, era la seconda coppia più bella del mondo: il primato apparteneva a lui e a William ovviamente!
-Mamma, papà! Che bello vedervi!-
Uscì dal retro del bancone per abbracciare prima Semele e poi Wolf in un abbraccio carico di affetto. Era davvero felice di vederli: quella settimana non aveva avuto ancora la possibilità di andare a trovarli. Li guidò fino al bancone ascoltando con piacere come procedevano le loro attività nella libreria esoterica che gestivano. I corsi di druidismo e yoga stavano per cominciare e gli chiesero se avrebbe partecipato con William: sperò di averne il tempo. Portò ai genitori un bicchiere del suo miglior vino insieme ad una fetta di torta per ognuno e qualche cioccolatino.
-Buon San Valentino mamma!-
Le disse, prendendosi come regalo un sorriso radioso seguito da un altro abbraccio stritola ossa. Con la coda dell’occhio vide il padre fare un breve risolino prima di cercare di mostrarsi serio mentre affermava:
-A me non auguri Buon San Valentino? –
-No, tu sei brutto e rozzo!-
Scherzò Fionn, lasciando le braccia della madre per quelle del padre. Alle diciannove e un quarto i genitori uscirono per il loro appuntamento romantico. Il bar era ormai vuoto e decise che per una sera avrebbe potuto chiudere un po' prima del solito. Durante i lavori di routine per pulire e chiudere il locale non stava più nella pelle all’idea di tornare a casa dal compagno, soprattutto per il regalo custodito nella tasca del cappotto. Il peso di quel dono lo aveva sentito bene durante il tragitto per arrivare al bar e lo sentì ancora più pesante in quello per tornare a casa. 
L’odorino di pesce al forno riempiva le scale dell’abitazione, ad ogni scalino desiderò che quell’invitante profumo venisse dal loro appartamento. Quando aprì la porta di casa affermò ad alta voce:
-Tesoro, sono a casa!-
-Bentornato!-
La risposta fu seguita da William che gli andò incontro per un abbraccio e un paio di dolci baci. Quello era il bentornato che gli illuminava la fine della giornata ogni giorno negli ultimi 43 mesi e sperò che lo fosse per il resto delle loro vite.
La fortuna quella sera era proprio dalla sua parte; il profumo che aveva sentito dalle scale veniva da casa loro: le seppie ripiene con contorno di zucchine impanate erano sistemate nella teglia in mezzo al tavolo apparecchiato, insieme al risotto di mare. Le candele rosse illuminavano la stanza in penombra e la musica classica che William amava tanto, faceva da sottofondo per quella serata magica.
La cena era squisita e la passarono a raccontarsi delle reciproche giornate di lavoro. Infine come dolce arrivò una fetta della cheesecake che avevano cominciato a colazione. Le lancette dell’orologio a muro sembravano ticchettare fin troppo forte per i suoi gusti, il cuore batteva a tempo dei secondi per l’emozione della domanda che stava per fargli; sorrise e con la scusa di andare al bagno si affrettò a raggiungere il cappotto per recuperare la scatolina nascosta nella tasca destra. Deglutì nervosamente rigirandosela tra le mani prima di tornare in sala da pranzo tenendola rigorosamente dietro alla schiena. Era così agitato che non si accorse che William era altrettanto nervoso. Fionn si fermò davanti a lui.
-Chiudi gli occhi…- 
-Solo se lo fai anche tu.-
Fionn non capì quella richiesta ma lo fece. S’inginocchiò davanti a lui ad occhi chiusi con la scatolina aperta davanti a sé: la fede in oro bianco con inciso un osso e al centro un piccolo diamante faceva bella mostra sorretta da un cuscinetto in velluto rosso.
-Puoi aprire…-
-Puoi aprire…-
Dissero insieme. Spalancò gli occhi trovandosi davanti al viso una fetta di cheesecake con al centro un anello che sembrava d’oro bianco esattamente come il suo ma inciso attorno al diamante c’era l’impronta di un gatto. La sorpresa era dipinta uguale anche sul viso di William che però fu il primo a riprendersi e sorrise malizioso.
-Ehi…sono io l’uomo della coppia, no?-
Risero di gusto tutt’e due prima di festeggiare il San Valentino come gli innamorati sono soliti fare da secoli…


Fionn si svegliò con un sorriso sulle labbra, tenendo ancora gli occhi chiusi. Allungò il braccio verso la parte del letto di William trovando un freddo vuoto a contatto con le sue dita. Aprì di scatto gli occhi e si guardò in giro: quella non era la loro casa, era una stanza solitaria in un maniero usato come rifugio rivoluzionario. Era solo in quel letto perché il suo lupacchiotto era a mille miglia chissà dove, nella parte sbagliata di una guerra che sembrava non aver fine.
-Io odio San Valentino!-
Imprecò seppellendosi sotto alle calde coperte, cercando di non pensare al bellissimo sogno che era stato costretto a lasciare per una sanguinosa realtà.

Fine…



   
 
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