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Autore: Nazuhi    29/02/2016    2 recensioni
Odawara è sotto assedio e le truppe di Toyotomi stanno per avere la meglio su quelle del vecchio Hojo. Non troppo lontano, l'esercito di Oshu si sta avvicinando, con tutta l'intenzione di approfittarsi della battaglia in corso; sulla sua strada, però, un piccolo plotone dell'esercito di Hideyoshi capitanato da Mitsunari Ishida sembra aspettarli al varco. Ishida e Date ingaggiano una feroce battaglia e l'esercito del Drago con un Occhio Solo ha la peggio e viene brutalmente sconfitto. Quando Masamune riprende conoscenza, realizza di aver perso molto più di una semplice battaglia.
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NB: La storia è basata, in parte, sulle vicende del terzo videogioco o sulla terza serie dell'anime o sul manga "Roar of the dragon". Gli eventi narrati, comunque, non sono mai avvenuti, in nessuna delle opere sopracitate. Di fatto si tratta di una "what if?".
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kojuro Katakura, Masamune Date
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Le lacrime di un drago


La piana era immersa in un silenzio spettrale. Nemmeno una cornacchia echeggiava sulla sua testa. Tutt’intorno a lui, corpi e membra umane erano riversi a terra, bocconi e privi di vita. Erano i corpi dei suoi uomini, dei suoi compagni. Erano coloro che avrebbe dovuto proteggere e che, invece, erano morti per colpa sua. A causa della sua sciocca presunzione. Solo uno sciocco poteva credere di sconfiggere Hideyoshi e lui era il re degli sciocchi. “Kojuro aveva ragione...”, pensò, chiudendo gli occhi. Il volto del suo braccio destro fece capolino nella sua mente, duro e severo come era sempre stato, e le sue ultime parole riecheggiarono nella sua mente. “Eccellenza Masamune, non siamo ancora in grado di sconfiggere Hideyoshi. Vi prego di riconsiderare la vostra decisione”, aveva detto mentre cavalcavano in direzione di Odawara, ma lui non l’aveva ascoltato. Era sicuro di se stesso e delle sue capacità. Era certo che niente avrebbe potuto sconfiggere il drago con un occhio solo di Oshu.
Aprì l’occhio scuro, alzandolo al cielo ancora coperto di nubi. Una forte vento, freddo come il ghiaccio, gli scompigliava i capelli castani accompagnando i battiti del suo cuore in una pericolosa danza. Con uno sforzo enorme, riuscì a mettersi in piedi; sotto la sua pelle, i suoi muscoli tendevano e tiravano fin quasi a strapparsi, mentre i vasi sanguigni si erano rigonfiati per lo sforzo. Una volta in piedi si prese diversi minuti per recuperare le energie sprecate, mentre il suo occhio vagava senza sosta su quella distesa di morti e caduti. Non riusciva ad esprimere niente, né disperazione, né rabbia; la sua mente continuava a respingere l’idea di essere stato sconfitto da un singolo uomo. Come poteva, il drago con un occhio solo, essere stato sconfitto da una misera pedina? Eppure era così, in quel momento lui non era altro che un drago ferito e scaraventato nel fango, ormai incapace di volare.
Avanzò in mezzo ai cadaveri in cerca di un respiro appena accennato o di un leggero battito. Qualcuno dei suoi soldati poteva ancora essere vivo. Doveva essere vivo. Per il suo bene; per il bene delle sue terre.
«Signore...» sentì, ad un certo punto. Un flebile sospiro ed un richiamo appena percettibile lo costrinsero a fermarsi e a cercare, in mezzo ai morti, la fonte di quella voce.
«Bunshichi! Sei vivo...» mormorò Masamune, alla vista dell’uomo. Il soldato si era tirato su con la schiena, con molta fatica; da una ferita al capo scorreva un rivolo di sangue rosso fuoco, mentre parte dell’armatura era andata a pezzi.
«Capo, voi state bene?» chiese, alzando lo sguardo verso Masamune. L’altro non rispose e si limitò solo a fare un cenno con la testa, poi, dandogli le spalle, ordinò:
«Quando sei in grado di alzarti, cerca gli altri sopravvissuti e medica quelli più gravi. Partiremo per l’Oshu il prima possibile.»
«Sarà fatto!» esclamò l’altro. Poi si alzò, fece qualche passo e, voltandosi verso il suo signore, mormorò:
«Capo, sua eccellenza Katakura sta bene, vero?»
Masamune non rispose. Non poteva farlo; non lo sapeva nemmeno lui. Cosa gli avrebbe potuto dire? Bunshichi intuì i pensieri che attraversavano la mente del drago e abbassò lo sguardo in terra, sul sangue e i corpi senza vita dei compagni. “Speriamo che sia ancora vivo...” pensò. Con una manica del kimono si asciugò le lacrime che avevano già iniziato a scorrere sul suo volto, sporco e incrostato di sangue rappreso, e si allontanò velocemente, alla ricerca dei sopravvissuti.
Masamune rimase solo. Il suo sguardo continuava a vagare senza sosta, vuoto come quelli dei morti; le sue mani tremavano leggermente, a mano a mano che avanzava. Sentiva l’eco dei suoi pensieri e dei suoi ricordi, il clangore delle armi che si scontravano, i corni da guerra che risuonavano minacciosi, le grida da battaglia dei suoi uomini... Poi rivide il corpo di Kojuro accasciarsi al suolo, di fronte a lui. Era stato colpito, alle spalle, mentre cercava di proteggere la sua vita. Mentre cercava di mantenere la promessa che aveva fatto. Mentre cercava di mettere al sicuro l’uomo a cui aveva giurato fedeltà. Mentre cercava di proteggere lui.
Strinse un pugno, finché gocce di sangue scarlatto non caddero dalle sue dita callose. La rabbia e il senso di impotenza voleva si stava facendo strada nel suo corpo, come un veleno mortale. Era debole, sciocco... Credeva che avrebbe potuto vincere qualsiasi ostacolo, ma in realtà era solo un presuntuoso che aveva portato alla morte migliaia di soldati. I suoi uomini, il suo esercito... Li aveva portati alla morte, li aveva condotti in un massacro. Li aveva traditi, aveva tradito la loro fiducia. E li aveva uccisi.
«Kojuro...» mormorò. In quel momento voleva solo rivedere il suo braccio destro, voleva solo accertarsi che fosse ancora vivo, che nonostante tutto fosse riuscito a sopravvivere. Più di ogni altra cosa voleva sentire di nuovo i suoi rimproveri e le sue lamentele su quanto fosse avventato e immaturo.
Ad un tratto, il suo occhio vuoto incontrò il profilo di una figura familiare, a qualche metro di distanza da lui. Era stesa in terra, raggomitolata come un feto, ed era circondata da altri corpi. Si avvicinò, lentamente e con il fiato sospeso. L’aveva riconosciuto e il pensiero che potesse essere morto, che potesse averlo abbandonato per sempre, non voleva saperne di lasciarlo; le gambe facevano fatica a sorreggerlo e la sua vista si stava facendo sempre più appannata. Una volta che lo ebbe raggiunto, si inginocchiò al suo fianco e gli appoggiò una mano sulla spalla, per girarlo; la luna crescente che campeggiava sulla sua schiena era sporca di fango e sangue rappreso, mentre un enorme squarcio, molto più simile ad un’enorme voragine nera, la attraversava da parte a parte.
«Kojuro...» mormorò di nuovo, scuotendolo per una spalla. «Alzati, è un ordine!» L’uomo steso in terra non si mosse e non rispose. Masamune gli sfiorò la cicatrice sulla guancia destra, ridendo tra sé e sé. Era una risata vuota, come lo era il suo occhio sinistro, che non aveva nulla di allegro. Era disperata, angosciosa, molto più simile ad un pianto o ad un grido strozzato. Un rivolo caldo iniziò a scendere lungo la sua guancia sinistra, fino al mento sporco di terra e poi giù, sulle sue mani tremanti.
«
Wake up! Non mi sembrava di averti ordinato di morire!» esclamò, stringendo una mano intorno agli abiti del soldato e agitandolo con forza. Sapeva che era morto, ne era consapevole, ma non voleva accettare la realtà. L’occhio destro del drago non doveva morire. Non poteva.
Kojuro non rispose; il suo volto era reclinato su un lato, senza vita.
«Ti prego, apri gli occhi!» urlò, avvicinando il volto pallido dell’uomo al suo. «Ti scongiuro, svegliati...»
L’uomo non si mosse, né aprì gli occhi; rimase fermo, privo di vita e con un enorme squarcio nel petto. Masamune lo appoggiò delicatamente in terra; il suo unico occhio spalancato dalla disperazione e il volto rigato da sporche lacrime. Era incapace di parlare o di gridare; era incapace di fare altro oltre a guardare il corpo senza vita del suo braccio destro e piangere in silenzio.
«
Sorry... Perdonami, Kojuro... È colpa mia, sei morto per colpa mia...» mormorò, con la voce rotta dal pianto. Alcuni soldati si avvicinarono all’uomo, in attesa di ulteriori ordini. Avevano capito ciò che era successo a Kojuro e nessuno di loro se la sentiva di dire qualcosa. Rimasero tutti in silenzio, in piedi alle spalle del loro generale, mentre lo osservavano piangere e disperarsi sulla morte dell’unico uomo in grado di proteggere la schiena del drago.

  
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