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Autore: Der_Metzgermeister    29/02/2016    2 recensioni
Shanks il rosso era un bugiardo.
Ma non lo era diventato per scelta. Se vuoi fare il pirata, si era detto, devi imparare a mentire. Sempre, in qualsiasi situazione. E così, quel giorno, davanti alle lacrime di Rufy, aveva mentito.
“Non è niente, era solo un braccio”, aveva detto.
*****
Cosa ha provato Shanks quando ha perso il braccio? Come si è sentito?
Oda non ce lo ha raccontato e io ho pensato di raccontare una delle idee che mi sono fatta. Ho cercato di mantenere i personaggi il più IC possibile.
La storia può essere intesa come una ShanksxMihawk, ma il rapporto tra i due è tranquillamente interpretabile come una profonda amicizia.
Grazie a tutti quelli che leggeranno e, se vorranno, lasceranno una recensione.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Drakul Mihawk, Shanks il rosso
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Shanks il rosso era un bugiardo.
Ma non lo era diventato per scelta. Se vuoi fare il pirata, si era detto, devi imparare a mentire. Sempre, in qualsiasi situazione. E così, quel giorno, davanti alle lacrime di Rufy, aveva mentito.
“Non è niente, era solo un braccio”, aveva detto.
Cos’altro poteva dire davanti a un bambino di sette anni? Non poteva certo addossargli quel peso immenso. Sarebbe stata una responsabilità troppo grande. Era un pirata, certo, ma non era un bastardo.
Meno male che sei salvo”, aveva detto. Era vero.
In quel momento aveva dovuto scegliere. Non c’era tempo. Un braccio per una vita, gli era sembrato un buon compromesso. Aveva sorriso, perché Rufy aveva paura, sentiva dolore, sentiva la colpa. Sorridere, mentre quel bambino piangeva e gridava, mentre l’acqua intorno a loro si tingeva sempre più largamente di rosso, mentre il dolore gli stava facendo impazzire qualsiasi nervo del corpo, era sembrata la cosa più naturale. Perché è così che si fa, no? Quando un bambino piange si sorride e lo si rassicura. Bisogna mostrarsi forti con i bambini, essere dei punti di rifermento, persone da cui imparare.
Per questo, mentre i suoi uomini lo tiravano fuori dall’acqua, aveva voluto che Rufy venisse portato via.
Lo sentiva, il dolore. Era così forte da perdere il senno. Gli sembrava di stare bruciando vivo, tanto faceva male. Si sentiva esplodere la testa.
Si era morso le labbra fino a farle sanguinare, pur di trattenere la voce. Non poteva spaventare gli abitanti del villaggio, non poteva spaventare Rufy, non poteva spaventare i suoi uomini. Non più di quanto fossero già. Nello sguardo di Benn l’aveva visto. Il terrore.
Aveva aspettato di essere sulla nave, al riparo dagli occhi del mondo. Aveva gridato, mentre il medico di bordo causticava la pelle. Aveva gridato, mentre l’odore di carne bruciata gli riempiva le narici fino alla nausea. Aveva gridato, mentre era solo. Aveva gridato, quando se n’era reso conto. Non c’era. Il suo braccio non c’era più.
Era scomparso.
Aveva pianto e singhiozzato per ore e ore, rannicchiato a terra ai piedi del suo letto, solo nella cabina, con la mano destra a tirarsi i capelli nella speranza di mitigare, anche di poco, il dolore. Aveva pianto, precipitato in quel barato di disperazione. Non era in grado di risalire.
Perché quello non era stato “solo” un braccio. Era lui, era una pezzo di lui che gli era stato tolto, strappato via con violenza. Non l’avrebbe mai riavuto indietro. Una parte della sua vita era scomparsa. Il suo futuro sarebbe stato diverso da quel momento in poi. Tutto era destinato a cambiare.
No, non era stato solo un braccio.

Quando avevano lasciato il villaggio, aveva sorriso. Aveva scherzato.
Non sarebbe più tornato e Rufy aveva capito. Gli aveva promesso di diventare forte.
“Diventerò il re dei pirati”, aveva detto. Shanks aveva provato tenerezza, per quella determinazione. Era stato un gesto spontaneo, quello di lasciargli l’adorato cappello.
Lo sguardo di Rufy, però, lui l’aveva visto. Quegli occhi di bambino che si erano soffermati sul suo mantello, a guardare sotto, lì dove non era rimasto niente.
Shanks aveva continuato a sorridere, imperterrito. Rassicurante.
Shanks il Rosso era un uomo forte. Bugia.
Nel profondo, voleva solo andare via. Era salito sulla nave con lentezza, non voleva sembrare un uomo in fuga, non agli occhi di quelle persone così gentili. Non davanti a Rufy, che gli voleva così bene. Aveva aspettato sul ponte della nave fino a quando i volti della gente sulla banchina erano diventati troppo piccoli, troppo lontani per essere distinti.
Allora, solo allora, la sua maschera era caduta. Si era trascinato in silenzio nella sua cabina. Le gambe non avevano retto. Era crollato rovinosamente sul pavimento. Sentiva il legno umido e ruvido contro la guancia. Pianse. A lungo. In silenzio. Faceva così male. Tanto male. Troppo male.
Aveva desiderato la morte. Per un lungo istante aveva creduto che fosse l’unica soluzione. La X sulla mappa del tesoro.
Shanks il Rosso era vuoto. Prosciugato di ogni cosa.
Tutte le aspirazioni, tutti i desideri, erano scomparsi, svaniti. Il vuoto non era solo sotto la stoffa del suo mantello.
 I suoi occhi non vedevano più la stanza, le sue orecchie avevano smesso di sentire le voci attutite dei suoi uomini alle prese col mare. Tutto era divenuto lontano, ovattato, irreale.
E quel terribile pensiero si era mostrato di nuovo nella sua mente fragile.
Era un invalido.
Un monco, una persona destinata a dover dipendere eternamente dagli altri.
Era un invalido.
I giorni dei combattimenti, delle battaglie, delle sfide, erano davvero finiti così?
Era quella la fine di Shanks il Rosso?
 
*****
 
-Non combatterò più contro di te.-
No. Tutto ma non questo.
Non avrebbe retto anche un simile colpo. I suoi nervi erano ancora deboli, la sua mente fragile.
Non poteva voltargli le spalle, non proprio lui.
Lui, che era stato la ragione che l’aveva spinto ad alzarsi in piedi, a continuare a vivere. A credere, che non era tutto finito. Che la vita continuava. C’era ancora molto che avrebbe potuto fare.
Dentro di sé, lui era stata la sua unica certezza. L’ancora che l’aveva trascinato fuori dall’abisso.
Nella sua mente, mentre era a terra, solo, distrutto, privato di ogni emozione, la mano tesa che l’aveva spinto a rialzarsi, che l’aveva afferrato e tirato su, era stata proprio la sua.
E ora, era proprio lui che gli voltava le spalle.
-Perché?-
Mihawk l’aveva guardato in silenzio, immobile. Inespressivo.
Shanks si era sentito rimescolare dentro da quegli occhi, con una violenza inaudita. Per la prima volta, davanti a lui aveva tremato.
-Non combatterò mai più contro di te.-
Allora l’aveva visto. Quel “mai” era stato la chiave.
Mihawk era deluso da lui. Mihawk era arrabbiato con lui. Per un attimo, per un singolo istante, Mihawk l’aveva odiato.
Non era riuscito a reggere ancora quello sguardo. Così feroce, così violento.
-Perché?-
C’erano così tante domande dietro quella singola parola. Per quanto si sforzasse, non capiva. Per anni lui e Occhi di Falco erano stati rivali. Si erano scontrati con ferocia, le loro spade avevano cozzato l’una contro l’altra innumerevoli volte. La fama dei loro scontri era giunta ai confini del mondo. Gli esiti, invece, erano rimasti solamente nei loro occhi.
Era convinto che nessuno lo conoscesse meglio di Drakul. Sì, Drakul. Perché credeva fossero amici. Ne era certo.
Eppure adesso era proprio lui che lo lasciava da solo.
-Non sono abbastanza vigliacco da combattere con un invalido-
Mihawk provava pietà per lui.
Per Shanks il Rosso, questo era troppo. Non ci aveva visto più. Aveva accettato il dolore. Aveva accettato la solitudine. Avrebbe accettato il suo odio e la sua rabbia.
Ma mai la pietà. Mai da lui.
Gli si era lanciato addosso con un grido. Aveva sfoderato la spada con l’intento di fargli male. Non era uno scontro come gli altri. Era la sua dignità ad essere in gioco.
Mihawk l’aveva contrastato con facilità. La sua lama aveva cozzato ferocemente contro la spada di Shanks, tanto da dare vita a piccole scintille.
Gli occhi gialli dell’uomo l’avevano scrutato severamente.
-Non puoi più reggere la mia spada. E’ diventato uno sforzo troppo grande per te.-
Shanks sapeva di essere nel torto. L’aveva sentita, la differenza. Quel suo braccio destro non era abituato, non ce la faceva. Non era con quello che aveva contrastato il più grande tra gli spadaccini. Ironia della sorte, gli era stato portato via proprio l’arto con cui era solito impugnare la spada.
L’orgoglio, però, gli impediva di accettare anche la sconfitta morale.
-Dici così, ma questo tuo orgoglio non ti ha impedito di contrastarmi con la Kokutou Yoru1. Forse per te non sono invalido a sufficienza.-
Si era reso conto immediatamente di aver detto la cosa sbagliata. Non avrebbe potuto trovare parole peggiori. La maschera impassibile di Mihawk era caduta e la rabbia che gli aveva letto negli occhi l’aveva scosso fin nelle viscere. La paura l’aveva bloccato, tanto da non rendersi conto del colpo che arrivava. L’onda d’urto l’aveva scaraventato violentemente a terra e si era reso conto troppo tardi di non avere più un braccio per attutire la caduta. Aveva battuto la testa sul terreno e la spada gli era caduta di mano.
Aveva sentito i passi dello spadaccino farsi sempre più vicini e con la coda dell’occhio aveva intuito la sua figura. Gli era sembrato una montagna.
 Se avesse voluto farlo, Mihawk avrebbe potuto ucciderlo.
In realtà, aveva sperato che lo facesse. Non poteva sopportare un’umiliazione simile. Se la Spada Nera l’avesse trafitto, sarebbe stato meglio. Una morte accettabile. Strinse gli occhi,con la faccia contro il terreno, in attesa del colpo. Ma non accadde nulla.
-Non ne vale la pena.-
Un sussurro. Shanks aveva aperto gli occhi di scatto a quelle parole. Si tirò su a fatica, usando il braccio destro come perno.
Anche solo alzarsi era diventato così faticoso.
Si era voltato, solo per vedere la schiena di Mihawk che si allontanava. Lo stava lasciando solo.
Perché, perché quella scena gli faceva provare tanta rabbia? Era la consapevolezza della fine che lo faceva stare così male? Era l’orgoglio ferito? Cos’era? Cos’era quel sentimento che gli stava montando dentro con tanta ferocia?
Vederlo che si allontanava gli aveva spezzato qualcosa dentro.
-MIHAWK!-
Lo spadaccino si era voltato con fastidio. Come poteva essere così testardo?
Accadde tutto troppo in fretta. Shanks fece qualcosa che lui non si sarebbe mai aspettato. Qualcosa che non era mai accaduto prima, non tra di loro.
Il Rosso gli diede un pugno. Il colpo gli si abbatté sulla guancia con una forza che non era pronto a contrastare. Un po’ per la sorpresa, un po’ per la forza d’urto del cazzotto, il suo equilibrio aveva ceduto e lui aveva rischiato di cadere. Si mantenne in piedi a stento. Rivolse uno sguardo sconvolto a quello che considerava il suo ex rivale. Si erano scontrati per anni, ma nessuno aveva mai alzato le mani sull’altro. Era un tacito accordo, il loro.
Sentiva i muscoli del volto che pulsavano impazziti. Sentiva il dolore.
Shanks lo afferrò per il bavero del cappotto e se lo tirò vicino. Il suo sguardo lo spiazzò.
Shanks il Rosso aveva sempre sorriso con lui. Sempre così allegro, così ottimista. Tutto, per lui, doveva finire bene.
Quello che aveva davanti in quel momento non aveva niente dell’uomo che aveva imparato a conoscere. I suoi non erano gli occhi di una persona, ma quelli di una bestia ferita. C’era qualcosa nel suo sguardo, che Mihawk non riuscì a definire. Rabbia, odio, dolore, tristezza, si dimenavano in quelle orbite come animali in gabbia. Quella cascata di emozioni era troppo imponente per lui.
Afferrò la mano di Shanks nel tentativo di strapparsela di dosso, ma la presa era più forte di quello che aveva creduto. Le dita erano strette attorno alla stoffa in modo convulso. Ogni singola cellula del pirata che aveva davanti stava tremando.
-Non lo accetto. Non lo accetto. Non puoi umiliarmi in questo modo e credere di poter andare via come se nulla fosse.-
Quando l’aveva visto aprire bocca, aveva creduto che lo facesse per gridare. Quel tono basso, quella voce incerta, non li aveva previsti. Non gli si addicevano. Non sapeva come contrastarli.
-Credevo di valere qualcosa ai tuoi occhi! I nostri scontri, le nostre battaglie, lascerai che tutto si concluda in questo modo? -
Mihawk sentiva la mente completamente vuota. Quelle frasi per lui non avevano senso. Non capiva.
-Rosso, cosa diavolo…-
Le parole gli erano morte in gola.
Le spalle del pirata iniziarono a sobbalzare. Tremava violentemente. Piangeva. Shanks il Rosso stava piangendo. Per la prima volta, Drakul Mihawk andò nel panico.
-Non puoi andare via così, non puoi, non così... non puoi, non puoi…-
La presa di Shanks si fece più debole e l’uomo si lasciò scivolare a terra, in ginocchio ai piedi di Mihawk.
Continuava a ripetere quelle due parole come una preghiera, col volto solcato dalle lacrime, con le spalle scosse dai singhiozzi.
-Mi fa troppo male…-
E il vaso traboccò anche per Mihawk. La scena si capovolse. Adesso era lui a tenere saldo in mano il bavero della camicia del Rosso, a strattonarlo, in ginocchio davanti a lui.
-Male? Ti fa male? Come credi che mi senta io?-
Shanks non l’aveva mai visto così. Emozioni. Drakul Mihawk stava mostrando le sue emozioni.
-Per anni io e te ci siamo scontrati, Rosso! Le nostre spade si sono incrociate tante di quelle volte che ho perso il conto! Ad ogni incontro provavo una gioia indescrivibile! Tu! Tu eri l’unico che valesse la pena combattere! Sapevo che in qualunque momento avrei potuto scontrarmi con te e ne ero felice.-
Il tono era basso e concitato, rabbioso. Ma per Shanks ogni parola sembrava gridata.
-Se c’è una cosa che mi disgusta è la noia. Solo grazie a te sono riuscito ad evitarla e adesso- lo strattonò più forte- ti presenti a me in questo stato, come se nulla fosse e pretendi che io accetti passivamente questa situazione? Come hai potuto pensare che l’avrei fatto, anche solo per un istante?-
Gli afferrò la spalla sinistra così forte che Shanks poté sentire le sue dita penetrargli nella carne.
-Hai la più pallida idea di cosa abbia provato quando ti ho visto? Sei venuto da me con quello sgradevole sorriso stampato sulla tua stupida faccia e mi hai buttato lì che non avevi più un braccio! UN BRACCIO, ROSSO! Non ti parlo di una cicatrice o di una ferita, ma di un arto!- si fermò per riprendere fiato, nel tentativo di calmarsi e tornare ad un tono di voce più piatto e consono alla sua persona –Come credevi che avrei reagito? Pensavi che ti avrei abbracciato, che ti avrei detto “va tutto bene”, che non c’è alcun problema? Mi spiace deluderti ma non è così. Non con me.-
Gliele aveva quasi sputate addosso le parole, mentre le sussurrava con quel tono spezzato dal nervosismo.
-‘L’ho fatto per salvare un bambino’. Che gesto nobile. Sei proprio una brava persona, Rosso.-
Rancore. Ogni sillaba ne trasudava a fiotti.
Shanks non riusciva a comprendere la rabbia di Mihawk. Forse era stato da ingenui pensare che avrebbe accettato la situazione come un banale incidente di percorso, ma certo non credeva che se la sarebbe presa così tanto.
-Il tuo braccio per uno stupido moccioso.-
-Avrei dovuto lasciarlo morire?-
-SI’!-
Mihawk si rese conto troppo tardi di quello che aveva detto. Aveva permesso a troppi nervi di scoprirsi, sbilanciarsi in quel modo non era assolutamente da lui. Mollò la presa sul Rosso con uno strattone spingendolo a terra e si rialzò in piedi di scatto, tentando nervosamente di regolarizzare il respiro dopo lo sfogo.
Il pirata ebbe uno scatto di rabbia che lo ricosse.
-Come sarebbe a dire? E’ questa la considerazione che hai della vita umana? Non t’importa niente al di fuori delle tue stupide battaglie?-
-M’IMPORTA DI TE!-

Shanks rimase a fissare il vuoto. Non credeva che Mihawk fosse capace di urlare. Per giunta così forte da fargli male alle orecchie. Per quanto si sforzasse non riusciva a trovare le parole per ribattere.  Tutto si sarebbe aspettato dallo spadaccino, fuorché un’uscita simile. Stonava.
Mihawk si era tolto il cappello con un gesto secco e si era passato la mano tra i capelli, quasi tirandoli nel furore del gesto. Sentiva i pensieri correre come folli nel suo cervello.
Di rimando, il cuore del Rosso batteva come impazzito. Cercò di trovare qualcosa da dire, ma dalle sue labbra uscirono solo dei versi strozzati.
-E’ finita, Rosso. Oggi, qui, è finita.-
L’uomo inginocchiato a terra, col capo chino e il corpo tremante, si rassegnò.
Non c’era più niente da fare, nessuna speranza a cui aggrapparsi, nessun Dio da pregare.
-…Non ci incontreremo mai più?-
Il silenzio che ne seguì, fu così denso da potersi tagliare con un coltello.
-il mare è grande.-
Shanks vide un foglio di carta piegato in quattro cadergli davanti agli occhi. Lo raccolse, con la mano che tremava.
Una Vivre Card. La sua Vivre Card.
Era stato un sussurro così basso che sarebbe bastato un soffio per cancellarlo.
-Prenditi il tuo tempo, Rosso. Ricomincia e raggiungimi ancora. Io ti aspetterò.-
E mentre Drakul Mihawk si allontanava in silenzio, col passo svelto e la sua Spada Nera sulla schiena, Shanks si strinse il foglio contro il petto, mentre le lacrime lo assalivano ancora, per l’ennesima volta.
Aveva avuto ragione. Era stato uno sciocco a dubitarne. Mihawk non l’avrebbe mai abbandonato a sé stesso.
 
*****
Entrò nella locanda a colpo sicuro. Non c’era nessuno e seppe di essere nel posto giusto. Sorrise.
Con passo cadenzato si avvicinò ad uno dei tavoli e, in silenzio, si sedette accanto all’unico occupante del locale.
-Dovresti smetterla di spaventare così le persone. Non va bene.-
Mihawk si portò alle labbra un calice di vino e ne trasse lunghi sorsi, senza rispondere e continuando a tenere lo sguardo fisso sulla finestra, verso il mare.
- Senza contare tutti i relitti che ho incontrato lungo la navigazione. Dovresti porre rimedio a questa tua brutta abitudine di affettare tutte le navi che incontri.-
Davanti all’imperterrito silenzio dell’altro, l’uomo sbuffò e si portò la mano sotto il mantello, tirando fuori un foglio di carta ripiegato il quattro. Lo porse a Mihawk, che gli rivolse uno sguardo severo prima di prenderlo e infilarlo nella giacca.
-Sono venuto a ricambiarti il favore. Adesso anche tu potrai trovarmi quando più ne avrai voglia. Non la rovinare, mi raccomando.-
Il suo interlocutore si limitò ad un cenno del capo, segno che la conversazione, se così la si poteva chiamare, era finita. L’uomo si alzò e si avviò verso la porta.
Prima di uscire, però, si voltò ancora una volta verso lo spadaccino.
-Perché lo fai? Distruggere le navi, intendo.-
Mihawk riempì nuovamente il calice.
-Perché mi annoio, Rosso.-
Shanks sospirò stancamente e si chiuse la porta della locanda alle spalle, tornando alla sua nave con un sorriso rassegnato stampato sul volto.
  
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