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Autore: maavors    02/03/2016    0 recensioni
Mia Nisi è il nuovo sottotenente dei RIS di Roma. Il suo arrivo porterà molti cambiamenti nel (quasi) tranquillo ambiente romano.
IMPORTANTE: sto aggiornando e modificando i capitoli. 05/01/2016
Genere: Commedia, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bartolomeo Dossena, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 14
 
 
E tu smetti di piangere bambina, non è finita,
finché non è finita. Se ti dico che andrà tutto
 bene, se ti dico non ti preoccupare che alla
fine ne usciremo insieme anche a costo
di dover lottare.
Andrà tutto bene, Nesli
 
 
 
06 Maggio 2013 – DUE MESI DOPO
 
Mia era sveglia già da parecchie ore quando l’orologio segnava le sette in punto. Aveva troppe cose a cui pensare per poter dormire. Si girò su un fianco per osservare il ragazzo che dormiva accanto a lei. I corti capelli marroni erano arruffati da una parte e un le spuntò un sorriso sul volto, un sorriso innocente e spontaneo. La maglietta grigia a maniche coperte scopriva i muscoli sulle braccia, la mano sinistra era nascosta sotto la testa e la bocca era socchiusa. Era così bello pensò Mia. Da quando si era trasferito a casa sua si ritrovava ogni tanto a chiudere gli occhi e inspirare il suo profumo, era intenso, elegante e coinvolgente, di quelli che rimangono a impregnare l’aria per giorni.
“Mi stai fissando, non è vero?” disse lui ancora ad occhi chiusi, Mia non rispose ma un sorriso spuntò sul suo volto. “Piccola delinquente” ridacchiò lui mentre la baciava, lei gli accarezzò la leggera barba che gli ricopriva le guance e il mento “Lo so, lo so,” disse lui “stamattina me la levo. Si torna in ufficio” continuò toccandosi il mento, “Ma no dai, a me piace così” commentò Mia sedendosi sul letto con le gambe incrociate. Le facevano ancora un po’ male le costole ma rispetto a prima si sentiva molto meglio e non vedeva l’ora di ricominciare a lavorare.
“Rimani qui, ti preparo un caffè” disse il ragazzo alzandosi dal letto “Guarda che oggi torno a lavorare, posso anche farmelo da me” commentò Mia, che nonostante tutto gradiva quei piccoli gesti, semplici ma onesti “Lo so, ma mi piace coccolarti ancora po’” la guardò con quegli occhi a cui Mia non poteva proprio resistere “Va bene Christian, hai vinto tu stavolta” affermò la ragazza mentre lui si avviava in cucina.
 
La sveglia suonò puntuale alle sei e come una marionetta Bart si alzò dal letto, si diresse in cucina dove si preparò un caffè. Notò che il tempo faceva schifo, non che gli importasse molto, non gli importava di niente. Mentre aspettava il caffè si lavò la faccia con acqua gelata, e si infilò la tuta con le scarpe da jogging. Dieci minuti dopo era sotto la pioggia a correre. Da due mesi era diventata la sua abitudine, con la pioggia o con il sole, lui era lì.
Schivava le persone che camminavano lente davanti a lui, e lo facevano innervosire, dove diavolo vanno le persone alle sei e mezza del mattino, si chiedeva ogni volta.
Durante le sue corse mattutine non faceva altro che pensare all’ultima volta che aveva visto Mia, due mesi prima. Era andato all’ospedale per parlarle, “Ciao” lei lo accolse con tono freddo, anche se era visibilmente sorpresa di vederlo lì “Ciao” rispose lui. “Come stai?” le chiese educatamente, come se tutto quello che era successo tra di loro non era mai esistito. Come se fossero due semplici colleghi di lavoro. “Meglio, domani mi dimettono” rispose altrettanto educatamente lei “Davvero? Sono contento” ci fu un momento di silenzio imbarazzante tra i due. Bart stava in piedi davanti al letto e guardava basso, mentre Mia, sdraiata fissava un punto indefinito sul muro. “Sembra di stare da un fioraio” commentò Bart infine, guardando gli innumerevoli mazzi di fiori disposti su ogni superficie disponibili. “Sono peonie” rispose Mia osservando i regali di Christian, sapeva che quelli erano i suoi fiori preferiti e ogni volta che andava a trovarla gliene portava un mazzo. “Sono molto belle” affermò lui imbarazzato strofinandosi le mani sui pantaloni “Mia senti…” stava per iniziarle a spiegare perché non era più passato a trovarla o perché non aveva più chiamato ma il suo telefono iniziò a squillare “Scusa, devo rispondere” disse Bart guardando il nome di Daniele sullo schermo. Mia annuì e lui uscì dalla stanza. Rientrò pochi minuti dopo dicendole di dover andare e che sarebbe ripassato.
Mentre imboccava l’uscita notò un ragazzo, era alto, capelli marroni, completo elegante, come il suo, e teneva in mano un mazzo di quei fiori che aveva Mia in camera. Non tornò più a trovarla.
 
“Vuoi che ti accompagno in caserma?” chiese Christian da sotto la doccia, mentre Mia si truccava “No, preferisco andare con la mia macchina” rispose lei.
L’aveva richiamato qualche giorno dopo la visita di Lucia: “Spero che questo sia ancora il tuo numero” disse senza aspettare che lui parlasse per primo. “Ciao anche a te” rispose il ragazzo, emozionato da quella chiamata, totalmente inaspettata. “Grazie per i fiori” affermò Mia. Lui passò a trovarla il giorno stesso con un mazzo di peonie, i suoi preferiti, e fece così per tutte e tre le settimane in cui Mia dovette restare all’ospedale. Quando finalmente tornò a casa, lui l’aiutò, insieme a Orlando e Lucia.
Parlarono molto quella sera, di tutto quello che era successo, dell’ultima volta che si videro, a Parma: lei era appena entrata nell’arma e lui aveva cercato in tutti i modi di dissuaderla. Avevano provato per un po’ a stare insieme, però dopo l’incidente lei decise che era meglio per tutti e due non vedersi più.
Decisero di riprovarci e di non buttare all’aria i 5 anni che avevano vissuto. Mia era contenta della sua scelta, era contenta di aver interrotto con Bart – qualsiasi cosa ci fosse tra di loro – lui non era più passato a trovarla, non aveva chiamato, era semplicemente sparito. Lucia aveva ragione, Bart non s’innamorava, non provava sentimenti concreti verso nessuna donna, amava troppo se stesso per amare altri.
Due settimane dopo Christian chiese il trasferimento per la società di Roma, lavorava come ingegnere aerospaziale e iniziarono a convivere. Trascorsero due mesi felicemente, lui si occupava di lei, e lei in cambio lo amava, lo amava come lo aveva sempre amato.
     “Nervosa?” le chiese appena uscì dalla doccia avvolto dall’asciugamano, “No, solo… emozionata. Non vedo veramente l’ora di tornare in caserma” rispose lei con un sorriso che scopriva i denti, lo stesso sorriso di cui Christian si era innamorato tredici anni prima.
Le stampò un bacio e si diresse in camera dove si vestì. Mia continuò a prepararsi per la giornata e dopo un po’ raggiunse Christian in camera. Si stava infilando una camicia perfettamente stirata e lei optò per una maglia che le aveva regalato Lucia.
“Fai fare a me, bischero” disse lei mentre lo vedeva armeggiare con la cravatta. Fare i nodi era sempre stata la sua specialità, come venivano a lei non venivano a nessuno. “No, sai che ti dico? Oggi niente cravatta. Qui a Roma non considerano l’abbigliamento come a Firenze, non mi ci abituerò mai” commentò lui e insieme risero.
“Meglio che vada,” disse Mia “meglio non trovare traffico” aggiunse dopo aver baciato Christian. Prese la borsa e mentre chiudeva la porta lo sentì dirle “Buona giornata amore!”
 
Amore. Non se lo sentiva dire da troppo tempo. Amore. Se lo ripeté finché non arrivò in caserma, alle otto in punto.
Si sentì come il primo giorno che era arrivata, ansiosa e entusiasta al tempo stesso. Fece un respiro profondo e varcò la porta. Quasi fu sorpresa della totale indifferenza dei suoi colleghi, tutti la guardavano ma nessuno diceva niente. Non si aspettava ovviamente un party di benvenuto, ma nemmeno quella situazione. Intravide Bianca vicino le macchinette del caffè e decise di andare da lei “Oh ciao!” le disse appena la vide “Come stai?” domandò la collega “Tutto bene, tutto bene, grazie. Tu?”
“Bene, grazie.”
 
Tornò a casa bagnato dalla pioggia e si diresse direttamente sotto la doccia. Lavò via il sudore e la disperazione. Oggi tornava Mia al lavoro. Si era segnato quella data nel momento stesso in cui Lucia lo annunciò a tutti in riunione, due settimane prima. Erano passati due mesi da quando Daniele gli disse del trasferimento e dal quel momento nessuno dei due ne parlò più. Era venuto a trovarlo Abrami e Lucia fece di tutto per farlo rimanere. Lei aveva detto che se non fosse stato per Bartolomeo Dossena, probabilmente avrebbero perso uno dei componenti più importanti della squadra e che solo grazie a lui si era potuto catturare la banda del lupo – grazie, pensò lui, l’ho ucciso.
Si era sentito uno schifo quel giorno, inerme e l’unica cosa che avrebbe voluto fare era andare a parlarne con qualcuno, con Mia. Ma lei era tornata col suo ex, così gli aveva detto Lucia, ed era meglio per entrambi non frequentarsi più, aveva aggiunto lei e Bart non seppe dire se fosse un consiglio da amica o da superiore. Lo seguì comunque.
Uscì dalla doccia e si infilò uno dei suoi completi, mentre si vestiva osservò la felpa che Mia aveva indossato il giorno della sparatoria. Aveva ancora il suo sangue sopra e c’erano due fori, uno per ogni colpo che aveva dovuto subire Mia. Distolse lo sguardo e uscì di casa.
     Quando arrivò in caserma non poté non notare la sua macchina parcheggiata. Ebbe un tuffo al cuore e sbatté la testa contro il sedile. Si strofinò la faccia con le mani, no, non sarebbe crollato. Stava per decidere di darsi malato quel giorno quando sentì qualcuno bussare sul vetro. Si voltò e vide il volto sorridente di Daniele dall’altra parte.
Bart fece un respiro profondo e uscì dalla vettura. “Dai, che ce la fai” gli aveva detto dandogli una pacca sulle spalle. In quei due mesi Ghiro era stato l’unico a stargli vicino, l’unico che sapeva quanto gli mancasse Mia, l’unico che sapeva la verità.
Insieme varcarono la porta e si ritrovarono davanti gli occhi Mia sorridente, insieme a Bianca. Bart si morse un labbro e si avvicinò alle ragazze. “Buongiorno” disse a nessuna delle due in particolare “bentornata Mia” aggiunse accarezzandole un braccio. Il contatto con quel corpo gli provocò brividi lungo la schiena, quindi decise di sorriderle e di andare ad aspettare il resto del team nella sala riunioni.
 
Pochi minuti dopo lo seguirono tutti e la sala si riempì. Quando Lucia vide Mia seduta al suo solito posto, accanto a Bart, le sorrise “Bentornata Nisi” disse.
“C’è stato un omicidio in un appartamento a Testaccio. Emiliano e Bianca, andate voi due. Mia ti va di andare?” le chiese “Con piacere” rispose. I tre si alzarono dal tavolo e uscirono dalla stanza.
“Oh Mia! Me fa piacere tornà a lavorà co te, però non famo stronzate ‘sta volta, vabbè?” Mia non capì molto quello che disse Emiliano ma sorrise. “Non famo stronzate” provò a imitarlo, non riuscendoci “Sì vabbè, proprio uguale” commentò lui divertito. I tre si diressero vero l’uscita dove li aspettava la territoriale. Era contenta di stare lì, era contenta di tutto. Eccetto per Bart.
Rivederlo le provocò delle emozioni che non pensava potesse sentire ancora, e si sentì in colpa per aver sentito dei brividi quando lui le accarezzò il braccio. Scacciò via quei pensieri ed entrò in macchina.

 
  
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