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Autore: Hyorei    02/03/2016    1 recensioni
Europa. Ed e Paula si trovano a dover combattere contro un terzo fratello, l'uomo più terrorizzante mai esistito, vissuto nella prima metà del Novecento: il primo, un fratello nascosto agli occhi del mondo, dato per morto; la seconda, la sorella più piccola, ultima di sette fratelli, quasi tutti deceduti nell'infanzia. Il terzo, Adolf. Non aspettatevi la solita storia sulle tremende persecuzioni da lui effettuate, non aspettatevi nulla di comune; il vero lato oscuro del führer sta per essere svelato.
Genere: Horror, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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La porta

 


Il bunker. Un luogo tetro, oscuro, illuminato appena da una vecchia lampada ad olio e da poche candele sparse per la nostra lussuosissima e raffinatissima grotta, contenente niente meno che il necessario. Potrebbe sembrare una grotta qualsiasi, scavata sotto terra dall'uomo durante le grandi guerre, un semplicissimo bunker, sepolto fra le macerie sotto le trincee che ormai sfiguravano Berlino: lo sembrerebbe se solo non fosse stato progettato dal nostro tenero ed innocentissimo fratellone, in cui si nascose alla fine della guerra per fuggire dalle armate sovietiche; da questo bunker non uscì più, scomparso dietro ad un grande portellone di freddo metallo, incastonato nella roccia, come se fosse la porta degli inferi. Parte del soffitto crollò proprio lì davanti, nascondendola del tutto: solo qualche mese fa, io e Paula la scoprimmo, e riportammo alla luce, se così si può definire ciò che produceva quel pallido fuocherello emesso dalle candele.     Quella porta tetra, sporca e arruginita incute così paura, imprime uno stato d'ansia così forte, un terrore così intenso da far vacillare persino l'animo dell'uomo più freddo, più insensibile; un orrore così grande che non solo paralizza il mio corpo, ma anche i miei pensieri, la mia mente, come se congelasse il mio essere; la stessa mia anima si congela, il mio cuore rallenta: ho paura.
«Eddy non guardarla.»
«Non mi capacito di come Adolf sia potuto entrare lì dentro e scomparire. Saranno passati non so quanti mesi Paula, eppure da qui non è uscito, e nei progetti del bunker non c'è alcuna via di fuga, nemmeno la stessa porta compare sulle carte!»
«Non lo so ma mi mette paura. Ti prego, allontaniamoci e andiamo a dormire, sai che la notte è pericolosa, che dietro si trascina la morte. Ogni volta non so se riaprirò gli occhi: per favore, dormi con me sta notte, mi sentirò al sicuro.»
«Sì, speriamo che la notte passi velocemente, e che loro non ci trovino. Buonanotte Paula, sogni d'oro.»

    Infine arrivarono, insieme alla notte. Mi hanno portato via Paula e hanno tentato di farmi fuori. Potrebbero tornare da un momento all'altro, per cui tenterò di lasciarvi quanto più possibile per sapere almeno parte della verità: loro sono la notte, i cavalieri oscuri che agiscono nell'ombra, con le tenebre. Così si chiama il plotone di soldati-esperimento di Adolf: “Tenebre”. Erano uomini, una volta; uomini di cuore. Erano ciò che impediva a Hitler di sterminare completamente ogni ebreo presente sulla terra: con le loro manifestazioni pacifiste, continuamente represse, e i loro atti di sabotaggio nei campi di concentramento, diventarono il primo problema di mio fratello. Così li catturò tutti, e li portò qui, nel bunker, e uno ad uno li condusse attraverso quella porta che mi incute così paura. Io ero lì, fra loro; fui uno dei rivoluzionari, insieme a mia sorella Paula: Adolf ci legò ad un pilastro portante in legno, uno dei tanti a sorreggere il peso della terra sovrastante, e ci mostrò cosa vuol dire opporsi al führer.
    Molti di loro non sopravvissero agli esperimenti condotti in quelle stanze, oltre quell'infernale porta: quelli che ne uscirono, diventarono ciò che io e Paula temiamo più in assoluto, diventarono dei soldati senz'anima, dei mostri orrendi, più crudeli di quanto un uomo o una donna possano immaginare. Erano un centinaio, quando uscirono dal bunker, con l'ordine di un plotone formato da SS, diventate ormai antiquate e prive di ogni utilità. Adolf ci lasciò lì, chiusi nel Bunker, fino a quando pochi giorni dopo non tornò per nascondersi dai sovietici, oltre quel portellone gelido, da dove non uscì più. Prima di sparire, ci guardò negli occhi con uno sguardo forte, pieno di emozioni contrastanti fra loro; ciò che riuscì a dire, fu soltanto: “Perdonatemi, fratelli miei”. Io e Paula ci liberammo, uscimmo dal bunker, e ciò che vedemmo fu la tetra scenografia di un'altrettante tetra opera teatrale, quale è la nostra vita in questi oscuri giorni.
    Sovietici, SS, ebrei, civili. Tutti erano sparsi fra le trincee e le strade di Berlino, fatti a pezzi, immersi nel loro stesso sangue: da quello che lessi su qualche giornale abbandonato, capii che l'intero continente era in queste condizioni. I palazzi erano ormai caduti sulle loro stesse fondamenta, a causa dei bombardamenti, della guerra e delle Tenebre, che distrussero ogni forma di vita presente. Non restavano altro che macerie e rovine: ci sentivamo due formiche nella tempesta dell'apocalisse.
Potevamo, io e mia sorella, essere gli unici esseri rimasti in vita in quest'orrenda carneficina?
    Sopravvivemmo di scorte abbandonate, riparandoci dalle intemperie e dalla notte in quel bunker in cui fummo imprigionati, anche se per poco.
Io e Paula sapevamo che ciò che stava succedendo, non era il solo frutto di quei mostri che Hiter aveva risvegliato con gli esperimenti; sapevamo che c'era un orrendo disegno dietro tutto questo, architettato da lui stesso: ma come poteva comandare quelle infernali truppe, se dal portellone non uscì mai? Le Tenebre si muovevano con una geometria complessa ma ordinata, come se seguissero gli ordini di un grande generale. Io e Paula, fino ad ora, non riuscimmo mai a capire. Non riuscimmo nemmeno a capire come nostro fratello, sangue del nostro sangue, riuscì a commettere tali atrocità, come riuscì a sterminare tutte quelle brave persone che aveva rinchiuso nei campi di concentramento, condannati dal loro essere “ebrei”, come riuscì a scatenare quell'apocalisse senza alcun tipo di freno inibitore.
    Ora che Paula non è più al mio fianco ho perso la speranza. Ora che me l'hanno portata via, non ritengo più necessario vivere, combattere, fermarlo. Ora aspetto che tornino, che mi portino via, nella speranza di rivedere un'ultima volta la mia cara sorellina.

    Stanno arrivando. Posso sentire i loro lamenti, il fracasso che si portano dietro quando si muovono. Mi troveranno qui, davanti a quell'orrenda porta che mai sono riuscito ad aprire, e che mai aprirò. Sotterrerò questo diario vicino ad uno dei pilastri, su cui segnerò gli indizi che ne rileveranno la posizione. Spero che qualcuno disseppellisca questo diario e trovi il coraggio di combattere contro mio fratello. Spero che trovi quel coraggio che io non ho saputo trovare.
«Ci rivedremo presto, mia piccola Paula.»

   
 
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