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Autore: crownforaking    02/03/2016    2 recensioni
[Raccolta di AU; FrUk o Fem!Fr/Uk + eventualmente altra gente].
7) Archaeologist & Ancient Deity: in cui Arthur è un archeologo alla scoperta di un tempio misterioso.
Ad un primo sguardo il tempio appare perfettamente conservato: dall’altare in marmo bianco agli oggetti ornamentali d’oro, tempestati di pietre preziose. Dagli incredibili motivi geometrici nel marmo del pavimento ai fini dettagli delle sculture. Ed è proprio ad una di queste statue che Arthur si avvicina, come prima cosa, attratto da qualcosa di inesplicabile.
I lineamenti della donna scolpita nella pietra sono i più belli che Arthur abbia mai visto. La morbida curva delle labbra, il sorriso allo stesso tempo regale ed enigmatico; e più di ogni altra cosa, Arthur è sicuro che lo sguardo della donna sembri seguire ogni suo movimento.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Caduta dal Cielo, luogo non scibile, tempo non scibile – qualcuno è ben felice di cadere.

 «E ci fu una battaglia nel Cielo: Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone..» tuona una voce apparentemente incorporea – che Francis riconosce immediatamente come la voce di Ludwig, lo Scriba Celeste – nel bel mezzo della battaglia.

Non che Francis sia esattamente nel mezzo del combattimento, no: se Sopra esistesse una nozione di spazio si potrebbe semplicemente dire che l’Angelo è seduto in disparte ad osservare quello che succede con estremo interesse.

«Tu non dovresti combattere?» l’Arcangelo Arthur gli si para improvvisamente davanti, brandendo la spada fiammeggiante con entrambe le mani.

«Nah, rimango qui e aspetto di vedere cosa succede. Se perdono andrò giù a vedere come sono le cose, se vincono— be’, se vincono suppongo che andrai giù tu, no?»

«Ma non possono vincere loro, Francis. È il volere divino che muove ogni cosa».

«Lo spero tanto: qui è una noia».

«Il dragone e i suoi angeli combatterono ma non vinsero, e per loro non ci fu più posto nel Cielo. Il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù: fu gettato sulla terra, e con lui furono gettati anche i suoi angeli».

«A dire la verità non è che mi ci hanno proprio gettato, ecco. Più che altro li seguo tanto per fare qualcosa di diverso».

 

Diluvio Universale, Mesopotamia, data sconosciuta – quando c’è troppa pioggia c’è troppa pioggia.

 «Non c’è che dire: è decisamente spettacolare»

«Già».

«Quando decide di fare qualcosa la fa in grande, eh?»

«Già».

«Voglio dire.. sarebbero bastati un paio di fulmini o una pestilenza sconosciuta per eliminarli tutti».

«Già».

«… Tutta questa pioggia però comincia ad infastidirmi».

«Abituatici: andrà avanti per molto».

«E tu che ci fai qui?»

«Controllo che vada tutto bene».

«Cioè controlli che muoiano quasi tutti?»

«.. Sostanzialmente».

«.. Proprio sicuro di non essere caduto anche tu?»

 

Decimo giorno delle Piaghe, Egitto, data sconosciuta – a volte nascono inaspettate collaborazioni.

«Tramutazione dell’acqua in sangue?» Arthur solleva lo sguardo dal papiro che tiene tra le mani, adocchiando con aria perplessa la riga di kohl che adorna gli occhi di Francis – decide comunque di non dire nulla perché l’ultima cosa che vuole è ricominciare a discutere sugli usi e i costumi ai quali loro dovrebbero adattarsi nelle varie epoche o nei vari luoghi geografici. No, la verità è che l’ultima cosa che vuole è ricominciare a discutere con lui di qualsiasi cosa e finire per dovergli dare ragione. Maledizione: odia dovergli dare ragione.

«Fatta. Sul Nilo. Molto scenografico» annuisce Francis con convinzione, permettendogli di spuntare la prima delle dieci voci sulla lista.

«Invasione delle rane dai corsi d’acqua?»

«Fatta. Leggermente disgustosa, a parer mio, ma fatta. Lo scriba del faraone se n’è ritrovata una nel letto mentre dormiva. Ugh».

«Invasione di zanzare?»

«Pungenti e fastidiose? Fatta».

«Invasione dei mosconi?»

«Sì, Arthur, sì, avete completato l’elenco di tutti gli insetti molesti del creato».

«Zitto. Moria del bestiame?»

«Zitto tu. Fatta anche questa. Ormai gli uomini mangiano solo i giunchi del Nilo».

«Ulcere su animali e uomini?»

«Intendi il motivo per cui urlavano tutti ultimamente? Sì, fatta. Con molto successo, devo ammettere» Francis ridacchia divertito nel sollevare lo sguardo e notare l’occhiataccia che l’altro gli ha appena riservato: ad Arthur non piace che si facciano battute sul suo operato, no. Ma in effetti ad Arthur non piacciono un sacco di cose che invece lui adora.

«Grandine?»

«Fatta. Ormai non si possono mangiare più nemmeno le foglie».

«Invasione di cavallette?»

«Non ho capito perché non le avete messe subito dopo le zanzare e i mosconi per completare il momento schifo e irritazione ma— sì, fatto» Francis è quasi sicuro di aver sentito l’Arcangelo insultarlo sottovoce ma ovviamente si trattiene dal farglielo notare: sia mai che se ne esca di nuovo fuori con qualche altra assurda piaga di insetti o altri animali disgustosi, no, grazie tante.

«Tenebre diurne?»

«Fatte».

«.. Ne ho contate nove, giusto?»

Francis cerca in ogni modo di trattenersi dal rispondere in modi che Arthur non approverebbe ma alla fine apparentemente il suo essere diavolo prevale almeno in parte: «hai contato bene, piccolo scriba. Sei bravo quasi quanto Ludwig». Il ringhio disperato dell’Arcangelo lo gratifica come poche altre cose in secoli di esistenza.

«Manca la decima. Devo mettermi a lavorare».

«Che ti hanno detto di fare, Sopra? O ti hanno lasciato carta bianca come per le altre?»

«Fatti miei».

«.. Oh, andiamo, non puoi essertela presa davvero così tanto! Arthur!»

Silenzio.

 

Esodo, deserto del Negev, data sconosciuta – esagerazioni?

 «Io credevo che l’intenzione fosse quella di liberare il popolo eletto.»

«Infatti».

«Terra promessa e cose del genere, no?».

«Infatti».

«Ma quarant’anni a vagare per il deserto non sono esattamente una liberazione».

«Le vie del Signore sono infinite».

«Anche quelle per uscire dal deserto lo sono».

«Blasfemo».

«Ma dai?»

 

Concilio di Aquisgrana, Aquisgrana, 789 d. C.  – un martedì nero della storia di un Arcangelo.

Due figure perfettamente immobili attendono a lato di un’imponente quanto rozza chiesa, totalmente incuranti della pioggia battente che trasforma il terreno in fango e i sentieri in ruscelli di terra del tutto inagibili.

«È dura, eh?» esordisce ad un tratto uno dei due, voltando appena il viso verso l’altro.

«Non comprendo a cosa ti riferisci» borbotta in tutta risposta la seconda, imponente figura, senza distogliere lo sguardo dal punto imprecisato del terreno che ormai osserva da ore.

«No, dico— deve essere brutto per un Arcangelo fare una fine del genere».

«Non ho fatto nessuna fine, io».

«Be’, non ancora ufficialmente, no. In ogni caso massimo tra una decina di anni già nessuno si ricorderà dell’Arcangelo Arthur, fidati».

«Dio se ne ricorderà».

«Altrimenti non sarebbe Dio. Però pensa: nelle chiese ci saranno affreschi e mosaici di Gabriele, Michele, Raffaele e-- e poi ci sarà un buco al tuo posto. Quanto ci sei rimasto male da uno a così tanto che ucciderei Papa Zaccaria se solo non fosse già morto

«Zero» il commento lapidario costringe l'altro ad uno sbuffo sonoro e annoiato: «sei sempre così serio e noioso, tu».

«Non hai mai pensato che forse potresti essere tu quello noioso e irritante e fastidioso?»

«.. Ma cosa ti insegnano, Di Sopra? Credevo che voi Arcangeli foste troppo buoni e tutto il resto per cose come gli insulti».

«Sbaglio o abbiamo appena finito di parlare del fatto che teoricamente non sono più contemplato tra gli Arcangeli?»

«.. Ah!» un divertito e alquanto soddisfatto schiocco di lingua accompagna quell’ultima constatazione: «lo sapevo io che c’eri rimasto male!»

«Non ho mai detto questo, Francis».

«Sì invece, l’hai appena detto. E in ogni caso non c’era bisogno che lo dicessi: lo si legge perfettamente nella tua espressione».

In condizioni normali sarebbe difficile stabilire con certezza l’esito di una discussione tra un Arcangelo ed un Angelo Caduto ma in questo specifico caso, quando i soggetti in questione sono Arthur e Francis, si può affermare con tutta onestà che perfino per l’Arcangelo Che Veglia Sul Tuono E Sul Terrore sia normale trovarsi in difficoltà.

 

Aquitania, anno 1000 – la finta Apocalisse.

 «Niente Apocalisse, quindi?»

«A quanto pare».

«Puoi dire ai tuoi Di Sopra di non fare certi scherzi? Ci siamo preparati per niente, Giù».

«.. Veramente noi abbiamo fatto lo stesso».

«.. Ma la frase del mille e non più mille non era vostra?»

«Cosa vuoi che ne sappia io? Non sono più nemmeno un Arcangelo».

«Visto che ci sei rimasto male?»

 

Terza Crociata, Giaffa, anno 1192 —  vittoria o non vittoria.

 «Senti: spiegami un po’ come stanno le cose, perché qui non ho ancora capito chi ha vinto e chi non ha vinto» è l’unica domanda che Francis rivolge all’Arcangelo, dondolando le gambe nel vuoto in cima all’edificio più alto della città di Giaffa — al momento sotto assedio delle forze crociate.

«Cosa c’è da spiegare? Non è poi così difficile» è tutto quello che risponde Arthur, le ali ripiegate sulla schiena e le gambe che dondolano nel vuoto esattamente al fianco di Francis; «la città era sotto il controllo dei cristiani, è stata presa dai pagani e ora i crociati cercando di riconquistarla».

«Be’ a me sembra parecchio complicato».

«Le tue facoltà intellettive sono sempre un po’ sotto la media».

«Intendevo dire che tutta questa storia della Terza Crociata mi sembra parecchio complicata» ribatte immediatamente Francis, strappando una piuma dall’ala destra dell’Arcangelo e sogghignando nel sentirlo sibilare un infastidito «ahia!».

«Ho già detto che le tue facoltà intellettive sono un po’ sotto la media?»

«Oh, andiamo! Non c’è un vincitore unico: prima vince quello, poi vince quell’altro, poi tizio viene assassinato dai suoi stessi alleati e caio viene finalmente sconfitto però non del tutto e poi questa maledetta città passa di mano in mano diciotto volte».

«Ogni guerra è così, Francis, dovresti saperlo».

«Oh, mi sono dimenticato di aggiungerlo alla lista di cose che non capisco: ad un certo punto i buoni cristiani sterminano tremila prigionieri per dare un esempio ai cattivi».

«Non è andata così».

«Oh, andiamo, è andata esattamente così».

«Non è andata affatto così» insiste Arthur con decisione.

«C’ero io, c’eri tu, l’abbiamo visto tutti e due».

«Tu vedi solo quello che vuoi vedere».

«Senti un po’ da che pulpito divino viene la predica» è l’ultima frase che Francis riesce a ribattere prima che le ali dell’Arcangelo si dispieghino e Arthur voli via — in modo particolarmente frustrato, Francis oserebbe dire — dalla città.

«Lo sai che ho ragione io!» gli urla dietro Francis, sapendo perfettamente che l’altro l’ha sentito.

 

Ottava Crociata, Africa settentrionale, anno 1270 — perfidie reciproche.

 «Ma seriamente? Un’altra volta?»

«Non dirlo come se l’avessi deciso io, Francis».

«Avete indetto una crociata per l’ottava volta! Ma volete lasciar stare quei poveri pagani che vogliono solo farsi i fatti loro e vivere le loro vite tranquillamente?»

«E tu cosa ne sai di cosa vogliono fare? Come fai a sapere che non passano davvero il loro tempo libero ad uccidere e torturare cristiani innocenti?» 

«Be’, non lo so, ma questa opzione era chiaramente compresa nel farsi i fatti loro e vivere le loro vite tranquillamente».

«A volte sei veramente perfido».

«Ha parlato quello dell’ottava crociata di fila».

 

Marco Polo in Asia, deserto dei Gobi, anno 1275 — discussioni teologiche.

 Due figure solitarie seguono da lontano la carovana di persone che attraversa il deserto, rimanendo in disparte senza mostrare minimamente alcun cenno di fatica — al contrario degli uomini davanti a loro che arrancano sotto il sole cocente e finiscono le ultime gocce d’acqua.

«Certo che questi veneziani viaggiano davvero moltissimo» commenta dopo qualche minuto di silenzio Francis, scatenando l’ennesimo sbuffo da parte di Arthur.

«Stiamo camminando da ore sotto il sole e tu riesci comunque a parlare» sbotta superando il Diavolo di qualche passo e voltandosi a guardarlo; «ti premiano se riesci a dire diciotto milioni di parole al giorno o lo fai soltanto per darmi fastidio?»

«Lo faccio soltanto per darti fastidio» ribatte allegramente Francis, saltellando al fianco dell’Arcangelo e dando un’occhiata alla carovana poco più avanti; «credo che si stiano fermando per accamparsi per la notte».

«Buon per loro» quasi ringhia Arthur, ancora impegnato a riflettere sul fatto che Francis abbia appena ammesso con così tanta limpidezza che il suo unico scopo nella vita è infastidirlo — il che è abbastanza ovvio, in effetti, essendo lui un angelo caduto; «non hai nessun altro da infastidire? Nessun mortale da trascinare nelle tenebre del peccato?»

«Stai sperando che io vada a tormentare l’anima di qualche povero mortale? Credevo che voi Arcangeli doveste salvaguardare le loro anime, non sperare che vengano corrotte da noi!»

«Infatti è così».

«Ma mi hai appena detto di andare a tentare qualcuno!»

«.. Non ho affatto detto questo».

«Perdi sempre più colpi, eh?»

 

Elezione dell’antipapa Clemente VII, Francia, 20 settembre 1378 — confusione reciproca.

 «Aspetta: ma quindi adesso ci sono due papi?»

«No, non possono esserci due legittimi pontefici contemporaneamente, Francis, te l’ho già spiegato un centinaio di volte e la risposta è sempre la stessa».

«Okay allora il papa chi è?»

«Possiamo chiudere la discussione?»

«No perché non ho ancora capito se quello sostenuto da Sopra è Clemente VII o Urbano VI».

«Non hai niente di meglio da fare?»

«Non puoi rispondere almeno a questo? Non sto chiedendo niente di male!»

«Non è il caso che—»

«Andiamo! Rispondimi!»

«Senti, non lo so. Non l’ho capito bene nemmeno io».

«Ah-ah!»

 

Morte di Giovanna d’Arco, Francia, anno 1430 — lezioni di vita.

 «La bruciano perché è una strega?» tenta Francis per la diciottesima volta, scatenando l’ennesimo sospiro indispettito da parte di Arthur: entrambi rimangono in piedi, lontani dalla folla che acclama — esattamente come se stesse acclamando il vincitore di un torneo — la morte della donna.

«No, non la bruciano perché è una strega» risponde pazientemente, cercando di ignorare il pensiero pungente che Francis sappia perfettamente quello che sta succedendo e che, come al solito, si stia comportando così soltanto per irritarlo.

«Ti giuro che non ho capito perché la vogliono bruciare, allora» insiste di nuovo Francis, fingendo che lo spettacolo che hanno davanti lo lasci del tutto indifferente — quando è ovvio che non è del tutto vero, perché non ha nessun problema a vedere peccatori bruciare all’inferno ma quando si tratta di persone che non hanno fatto proprio niente di male si sente improvvisamente molto meno sicuro delle sue capacità di sopportazione. Il che non lo rende un granché come diavolo, lo sa. 

«Pare sia stato un processo per eresia» interviene Arthur distogliendo lo sguardo dalle fiamme che salgono e voltandosi a fissare il Diavolo.

«Quindi è roba vostra? Cioé voi siete dalla parte degli accusatori?»

«Non ho detto questo, ho detto che l’accusa è quella di eresia».

«Quindi è roba vostra» ripete nuovamente Francis, con la sicurezza di chi conosce la verità nella voce; «i processi contro gli eretici sono roba vostra».

«Non esattamente. Di solito sì, però può succedere che gli uomini si sbaglino nel nome di Dio».

«Ma se questo è il caso perché da Sopra non fermate quello che sta succedendo qui?» domanda Francis indicando le fiamme che salgono sempre più altro e tentando di ignorare le urla.

«Le vie del Signore sono infinite».

«Sì, ma non puoi sempre vincere tutte le discussioni così!»

 

Presa di Costantinopoli, Costantinopoli, anno 1453 — è difficile scegliere una posizione preferita.

 «E ora chi è dalla parte di chi, Arthur?»

«Non ne ho sinceramente idea. Non credo che in questo caso ci siano delle parti da prendere».

«Pensavo che voi di Sopra foste automaticamente dalla parte di quelli contro i musulmani?»

«Non è così, Francis, lo sai perfettamente».

«Sarà, sarà. Quindi oggi siamo neutrali? No perché a me questo Mehmet piace un sacco, però Costantinopoli è una bella città e non voglio che la distruggano. Ci sono affezionato».

«Immagino di sì, siamo neutrali. E tu non dovresti affezionarti ad oggetti mortali».

«Neanche tu dovresti farlo. So che ci sei affezionato tanto quanto me».

«Non è affatto così, penso solo che sia una bella città. Mi piacciono le cose belle, come a tutti quanti, non c’è niente di poco angelico in questo».

«Se lo dici tu, Arthur».

«Sì, lo dico io».

«Va bene».

«Va bene».

«Smettila di ripetere quello che dico».

«Smettila tu».

«Uh, guarda, hanno i cannoni!»

 

Scoperta delle Americhe, attuale Brasile, anno 1492 – è un mondo piccolo.

 «Certo che sono assurdi questi esseri umani, no?» Francis ridacchia e Arthur non riesce a fare altro che pensare a quanto poco abbia voglia di avere intorno quel maledettissimo angelo caduto – che poi nella sua percezione più che angelo caduto è una sorta di fastidiosa mosca che gli ronza costantemente intorno.

«Tu dici?» quanto poco abbia voglia? Poco, poco, poco, poco, poco, poco, poco. Pochissimo. Poco.

«Ci hanno messo tutto questo tempo ad accorgersi che c’era un continente intero. Bastava navigare ancora un po’ più in là. Anche un bambino ci sarebbe riuscito» la risata di Francis riempie di nuovo il vuoto attorno a loro – soli su quella spiaggia di sabbia candida, lo sciabordio delle onde come piacevole sottofondo a quell’altrettanto spiacevole incontro.

«Forse la nostra percezione del mondo è diversa dalla loro» tenta di far notare Arthur, conscio del fatto che comunque Francis non lo ascolterà e rimarrà della sua opinione. Non sa più nemmeno perché ci prova, dopo tutto questo tempo.

«Sarà. Mi sembra comunque assurdo».

Questa volta l’angelo rimane in silenzio, limitandosi ad affondare piano le mani nella sabbia, lasciandosi scorrere tra le dita i granelli finissimi e bianchi.

«Quindi ora che hanno intenzione di fare i tuoi superiori?» Francis interrompe di nuovo quei pochi istanti di preziosissimo silenzio e Arthur si costringe a rimanere calmo, chiudendo gli occhi e cercando di concentrarsi soltanto sul rumore delle onde che si infrangono a riva.

«Presumo vogliano che vengano coordinate le missioni nel nuovo continente. Per vostra sfortuna» aggiunge malignamente alla fine della frase, sperando di metterlo a tacere una volta per tutte.

«Ci hai mai pensato che se non credono in te non credono nemmeno in me? Mi fai soltanto un favore se dici ai tuoi di venire qui a predicare».

«…»

«Stai cominciando a rammollirti, Arcangelo?»

 

Le 95 tesi di Lutero, Wittenberg, anno 1517 — posizioni compromettenti.

 «E quindi che posizione assumiamo su questa cosa?»

«Di sicuro non la stessa, Francis».

«Sì, be’, mi pareva ovvio. Tu di solito ne assumi una a caso».

«Proprio tu dici una cosa simile? A te non interessa niente di nulla, specialmente non di questioni teologiche, specialmente non di questioni teologiche delle quali discutono solo i mortali».

«Questo non è affatto vero!»

«Ah no? Dimmi un po’ com’è che ti interessano queste novantacinque tesi, su».

«Non è che mi interessano le novantacinque tesi in sé, mi interessa più che altro il casino che succederà quando i mortali cominceranno a darsi degli eretici l’un l’altro e tenteranno di bruciarsi vivi e— morti! Sangue! Torture disumane! Impiccagioni!»

«Seriamente, Francis? Seriamente?»

«Nah, non mi interessa nemmeno questo. Anzi, di solito le torture mi fanno anche un po’ schifo».

«E allora cos’è che ti interessa?»

«Non lo so. Immagino il casino? La confusione? Il cambiamento?»

«Insomma sei annoiato».

«Eh, più o meno».

 

Fondazione della chiesa anglicana, Londra, anno 1534 — ulteriori posizioni compromettenti.

 «Questo Enrico è completamente pazzo!» ride gioiosamente Francis, appollaiato in cima al trono del monarca inglese, momentaneamente impegnato a tuonare contro questo o quell’altro consigliere di turno per un qualche motivo che né Francis né Arthur stanno seguendo.

«Completamente pazzo» concorda Arthur con un tono di voce tutt’altro che allegro, in piedi vicino al suddetto trono e al suddetto Diavolo, una smorfia infastidita dipinta sul viso; «non posso credere che quest’uomo si senta così tanto onnipotente».

«Oh, ma io non credo che si senta onnipotente» osserva Francis con un sussurro interessato, impegnato com’è a seguire la conversazione — o meglio: le urla del sovrano; «io penso che sappia perfettamente quello che sta facendo e che voglia far pensare a tutti di essere onnipotente».

Arthur lo osserva per qualche istante senza parlare, limitandosi a riflettere su quanto quelle parole possano essere vere o totalmente insensate; «c’è una parte di me che spera che Nostro Signore lo chiami a sé molto, molto, molto presto» commenta poi, quando si è ufficialmente stancato di chiedersi chi dei due abbia ragione.

«Uuuh, cattivello» ride Francis battendo le mani divertito e lanciando uno sguardo interessato all’Arcangelo che rimane, rigido come al solito, ritto al suo fianco; «a me invece piace. Cioè: è completamente e totalmente pazzo, sì, però sono curioso di vedere quante altre riuscirà a sposarne».

«Che cosa orribile da dire, Francis».

«Avanti, lo so che te lo stai chiedendo anche tu» insiste Francis con il solito sorriso insinuante — un vero e proprio sorriso da Diavolo, c’è ben poco da dire; «io dico che arriva a sei».

«Non scommetterò con te su una cosa simile, è una questione estremamente importante».

«Andiamo, andiamo! Ci scommetto tutto quello che vuoi».

«Tutto quello che voglio? Anche un secolo di silenzio da parte tua?»

«Solo se vinci, però» ribatte Francis con un sorriso che va da un orecchio all’altro; «io dico: sei mogli e poi il pazzo muore. Tu che dici?»

«Quattro mogli. E la sifilide».

«Tanto vinco io».

«Vedremo, vedremo».

 

L’invincibile armata, Inghilterra, anno 1588 — fuochi d’artificio.

 «C’è qualcosa di incredibilmente stupido nel chiamare “invincibile” qualcosa che può andare a schiantarsi contro gli scogli per colpa di una tempesta».

«Teoricamente saresti condannato a cento anni di silenzio, Arthur».

«Ancora con questa storia della scommessa?»

«Be’, sei rimasto in silenzio per poco più di cinquant’anni, te ne mancano altri cinquanta».

«Tanto lo so che vuoi sentirmi parlare».

«È vero che ci si annoia un sacco a parlare da soli».

«Vedi?»

«Però è anche vero che mi piace quando dico le cose e tu non puoi dirmi di no!»

«Sta’ zitto, Francis».

«Ecco, tipo, mi piace quando non puoi dirmi di stare zitto».

«Sta’ zitto, Francis. È esplosa un’altra nave».

«Oh, è vero. È un po’ come uno spettacolo pirotecnico. Solo che muoiono un sacco di persone».

«Persone supponenti, se lo chiedi a me».

«Per te tutti quanti sono supponenti».

«Quelli che decidono di punto in bianco di chiamare la propria flotta “invincibile” sono supponenti secondo ogni punto di vista, non solo secondo il mio».

«Sarà, sarà, come vuoi tu».

«Quindi posso ufficialmente tornare a parlare?»

«Oh, guarda, ne è esplosa un’altra ancora!»

«Lo prendo come un sì».

 

La peste, Italia, anno 1630 — schizzinosi e non.

 «Che schifo, che schifo, che schifo, che schifo, che schifo!» esclama Francis con un verso schifato, schivando l’uomo barcollante che crolla a terra a pochissimi passi da loro; «oh, che schifo!»

«Lo sai che non ti puoi ammalare, vero?» commenta Arthur laconico, scavalcando con un unico passo aggraziato il cadavere — o il moribondo, non ne è molto sicuro e non lo vuole nemmeno sapere — che giace in mezzo al fango e alla polvere.

«Lo so, lo so, però che schifo comunque» rabbrividisce Francis, aggrappandosi al braccio dell’Arcangelo per superare lo stesso cadavere o moribondo che sia; «mi fa davvero troppo schifo. Se c’è una cosa che odio è quando salta fuori questa maledettissima peste. Fa schifo in ogni modo possibile. È tutto così sporco e insanguinato e disgustoso».

«Ti sei dimenticato i bubboni, Francis».

«Oh, che schifo altre diciotto volte».

 

Rivoluzione americana, futuri Stati Uniti d’America, anno 1775 — primi casini.

 «Be’, è una bella confusione, non credi?»

«Un bel casino, vorrai dire».

«È lo stesso, Francis, solo espresso in modo vagamente più degno».

«Sono immerso nel fango fino alle ginocchia, non mi interessa molto del modo in cui mi esprimo».

«Pensa a quei poveri soldati che sono costretti a combattere in mezzo al fango».

«Loro non hanno dei vestiti belli come i miei».

«Francis—»

«Anzi: quelle giubbe rosse, se proprio me lo chiedi, sono davvero brutte».

«Ma io non te l’ho affatto chiesto».

«Lo volevi sapere sicuramente».

«Mi domando cosa te lo faccia pensare».

 

Rivoluzione francese, Francia, anno 1793 — secondi casini.

 «Stanno cominciando ad esserci un po’ troppe rivoluzioni» commenta Arthur con un mezzo sospiro, ignorando le urla della folla e il rumore alquanto macabro della ghigliottina che cala implacabile sul collo del malcapitato di turno.

«Tu dici? Io dico che sta cominciando ad esserci un po’ troppo casino perfino per me» ribatte Francis senza fare nessun tentativo per nascondere quanto poco gli piaccia guardare lo spettacolo davanti a loro — e pensando, soltanto per qualche istante, di nascondersi tra le piume morbide delle ali dell’Arcangelo. Finalmente quelle ali potrebbero servire a qualcosa, in quel modo.

«Caspita. Siamo davvero piombati in un mondo pieno di follie, allora».

Francis non risponde a quell’affermazione, scuotendo la testa quando un urlo agghiacciante fa rabbrividire entrambi e li costringe al silenzio per qualche istante.

«Sto facendo davvero un sacco di fatica a capire da che parte stai tu e da che parte sto io. E non parlo di questa rivoluzione, parlo proprio di come va il mondo in generale» riesce a dire dopo qualche minuto, fingendo di non essere sorpreso davanti allo sguardo attento di Arthur.

«Penso che il punto sia un po’ questo, sai? Voglio dire: il senso del mondo».

«Il senso del mondo a volte fa un po’ schifo».

 

L’affondamento del Titanic, Oceano Atlantico, anno 1912 — supponenza.

 «Immagino che anche questi siano stati supponenti, eh Arthur?».

«Eh, insomma: l’hanno chiamata inaffondabile?»

«Sì, e quindi?»

«Come volevasi dimostrare è affondata».

 

Prima Guerra Mondiale, Europa, anno 1916 — istinti umani.

«Dici che dovremmo fare qualcosa per aiutarli?» bisbiglia pianissimo Francis, quasi come se avesse paura di svegliare i soldati che tentano, in qualche modo, di dormire al riparo delle trincee. Nessuno dei due si sofferma sul fatto che Francis è un Angelo Caduto, un Diavolo o qualsiasi altro modo possa esistere di definirlo e che non dovrebbe affatto sentire il bisogno di aiutare qualcuno. Arthur è stanco di fargli notare che dovrebbe essere felice della sofferenza e del dolore — ed è sinceramente stanco anche di doversi convincere che le cose vadano per forza così. Davanti a quello che stanno vedendo da mesi e mesi nemmeno Satana in persona può rimanere insensibile.

«Non penso che possiamo fare qualcosa, Francis».

«Lo sospettavo. Però speravo che mi dicessi qualcos’altro» sospira Francis con uno sguardo cupo, sparendo soltanto qualche secondo più tardi nel buio della notte.

 

Seconda Guerra Mondiale, Europa, anno 1945 — la follia è contagiosa.

 «Oh, Santo Signore Che Sei Nell’Alto Dei Cieli, questo è pazzo davvero».

«.. Non riesco neanche a rimproverarti. Questo è completamente fuori di testa».

«No, no, Arthur, ti giuro. Io pensavo che Enrico VIII fosse pazzo, pensavo che Napoleone fosse un tantino megalomane, pensavo che Bismarck fosse un pochino eccessivo—»

«Lo so, lo so—»

«Ma questo Hitler è completamente e totalmente fuori di testa».

«Lo so».

«Completamente».

«Completamente».

«Totalmente».

«Totalmente».

«Peggio di qualsiasi cosa io abbia mai visto».

«Peggio».

 

Guerra Fredda, Stati Uniti d’America, anno 1955 — il sospetto ancora di più.

 «Comunque c’è poco da fare: questi umani sono davvero fuori di testa» borbotta Francis infilando le mani nelle tasche del cappotto, sbuffando lievemente e fissando con attenzione la nuvoletta di condensa che si forma davanti a lui, nelle strade ghiacciate di Boston; «fino a dieci minuti fa c’era la caccia ai nazisti, adesso c’è la caccia ai comunisti, dopodomani ci sarà la caccia a quelli con gli occhi verdi perché non si sa mai. Non ci si può fidare di quelli con gli occhi verdi».

«Era un sottilissimo riferimento a me che nessuno avrebbe mai e poi mai colto, Francis?» sbuffa Arthur scuotendo la testa, chiedendosi per l’ennesima volta in millenni e millenni per quanto ancora dovrà sopportare quel maledettissimo Angelo Caduto. Perché non è sicuro di volerlo sopportare ancora per molto — e non è sicuro di poterlo sopportare ancora per molto senza superare di gran lunga la linea dei suoi confini in quanto Arcangelo. A questo, poi, non vuole nemmeno pensare.

«E cosa te lo ha fatto pensare?» ride Francis, aggrappandosi come se niente fosse al braccio dell’Arcangelo, schioccandogli un bacio sulla guancia e ridendo ancora di più nel vederlo arrossire; «non mi ricordavo che gli Arcangeli potessero arrossire».

«Che cosa stupida da—»

«Non mi ricordavo nemmeno che tu provassi dei sentimenti, se è per questo».

«Dio— a volte ti odio così tanto!»

«Hai appena nominato il nome di Dio invano? Certo che la mia compagnia ti fa proprio male!»

 

Millennium Bug, New York, 31 dicembre 1999 — La Finta Apocalisse pt 2.

 «Seriamente? L’avete fatto un’altra volta? Non siete affatto divertenti».

«Ma guarda che noi non c’entriamo proprio nulla, Francis!»

«Sì, certo, come no. Voi e queste maledette apocalissi!»

«Ma ti giuro che—»

«Le odio, queste apocalissi! Mi mettono ansia!»

«.. Ti mettono ansia».

«Sì, mi mettono ansia, che c’è che non va in questo».

«A volte sei così tanto umano, Francis».

«A volte sei così tanto umano, Arthur».

«A volte ti odio un po’ di meno».

«A volte ti amo un po’ di più».

«…»

   
 
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