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Autore: crownforaking    03/03/2016    0 recensioni
[Reincarnation!AU | Antica Roma/Impero Bizantino] La prima volta che lo vede, Costantino è seduto per terra in mezzo alla polvere e spiega, con gli occhi che brillano di una luce sconosciuta, qualcosa che Augusto non riesce bene a capire ai ragazzi seduti intorno a lui. Costantino gesticola, incoraggia i suoi alunni a fare domande, risponde a quelle stesse domande quasi con gioia, si infervora e allo stesso tempo mantiene una calma regale e da quei gesti Augusto non riesce a distogliere lo sguardo nemmeno per un singolo istante.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Antica Roma, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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i.

La prima volta che lo vede, Costantino è seduto per terra in mezzo alla polvere e spiega, con gli occhi che brillano di una luce sconosciuta, qualcosa che Augusto non riesce bene a capire ai ragazzi seduti intorno a lui. Costantino gesticola, incoraggia i suoi alunni a fare domande, risponde a quelle stesse domande quasi con gioia, si infervora e allo stesso tempo mantiene una calma regale e da quei gesti Augusto non riesce a distogliere lo sguardo nemmeno per un singolo istante.

Costantino parla per ore e Augusto rimane a sentirlo — senza capire nulla di quello che sta dicendo, perché l’altro parla di nomi che un semplice soldato non ha mai sentito prima di quel momento, esprime concetti che un uomo come lui fatica a comprendere — fino a quando il sole non comincia a calare e anche l’ultimo dei giovani se ne va. Lo guarda, Costantino, quando finalmente rimane da solo e tra i due aleggiano una serie di domande a cui nemmeno Augusto sa rispondere.

Perché sei qui? Chi sei? Che cosa desideri? Augusto non sa rispondere a nessuna di quelle domande inespresse, non sa fare altro che continuare a guardare Costantino da qualche passo di distanza, fino a quando anche lui se ne va e lo lascia da solo con i suoi pensieri.

Gli Dei devono essere i fautori di quello che è successo, ne è certo, forse Venere per spingerlo verso un amore che non ha mai desiderato, forse Marte per punirlo di aver pensato di essere stanco di fare la guerra, forse lo stesso Giove per un qualche motivo che Augusto non sa spiegare.

 

ii.

Augusto torna, un paio di giorni più tardi, e trova Costantino nella stessa identica situazione della prima volta: circondato da studenti e seduto per terra. Si chiede come sia possibile che, vestito con una semplice toga bianca — con l’unico ornamento rappresentato da quella pelle tanto scura e quei capelli lucidi e lunghissimi —, seduto in mezzo alla polvere di Roma, riesca comunque a risultare tanto elegante, tanto regale da costringere Augusto a domandarsi se non sia in realtà una divinità sotto forma mortale. Ci ha pensato, oh, ha riflettuto così tanto su questa eventualità che ai suoi occhi non sembra poi tanto stravagante — non quando tutto quello che Costantino fa sembra l’essenza stessa di un essere divino. Non quando Costantino lo guarda e lui trema di paura — lui! Che non ha mai temuto nessuna battaglia, lui che non ha mai avuto paura davanti a nessun esercito nemico, lui che non è mai stato spaventato da nessuna ferita.
Costantino lo guarda, i suoi occhi gli scavano dentro ed improvvisamente Augusto avverte il suo corpo scosso dalla stessa identica scarica di adrenalina che sente poco prima di una battaglia. Costantino lo guarda, i suoi occhi gli scavano dentro e Augusto non può fare altro che scappare e sentirsi, per la prima volta in tutta la sua intera vita, niente di più e niente di meno che un codardo.

 

iii.

Riesce, dopo giorni e giorni di riflessioni e di sentimenti contrastanti, a tornare per la terza volta a vedere Costantino — perché vedere è esattamente quello che fa: si ferma a pochi passi di distanza dal gruppo di giovani che lo ascoltano e si limita a guardarlo per ore e ore, dimenticandosi tutto il resto del mondo, tutto il resto di Roma che gli passa accanto senza che a lui importi davvero.

A volte Costantino solleva lo sguardo su di lui, senza smettere nemmeno per un singolo istante di parlare e spiegare concetti che Augusto ancora non capisce ai propri alunni, e lo osserva per pochi, interminabili secondi. Augusto pensa che potrebbe vivere anche di quei pochi attimi, dello sguardo di Costantino su di sé soltanto per quei pochi istanti. Augusto pensa che potrebbe smettere di mangiare e bere e dormire se soltanto Costantino continuasse a guardarlo un po’ di più, soltanto un poco di più, soltanto qualche secondo ancora. Poi Costantino distoglie lo sguardo e torna a concentrarsi sulle proprie lezioni e il mondo sbocciato nel cuore di Augusto appassisce all’improvviso — Augusto torna a sentire la fame e la sete e la stanchezza, Augusto torna ad essere un mortale, Augusto torna ad essere una vita senza significato e il mondo torna a girare esattamente come faceva fino a qualche ora prima.

 

iv.

La prima volta che Costantino gli parla, Augusto scopre che il mondo assume un’intera gamma di sfumature diverse soltanto grazie alla voce dell’altro. Costantino gli rivolge una singola, brevissima domanda — «che cosa ti porta qui tutti i giorni?» che per Augusto non è né breve né semplice. Che cosa lo porta in mezzo a quella piazza tutti i giorni? Che cosa lo spinge ad ascoltare cose che non capisce e a passare ogni singolo momento libero della sua giornata ad osservare Costantino senza fare altro, senza nemmeno desiderare di fare altro? Augusto non sa rispondere a se stesso e di certo non sa rispondere alla domanda che Costantino gli ha posto — e rimane in silenzio così come ha fatto tante volte prima, così come ormai riesce a fare tanto bene.

Costantino non insiste e ricomincia la lezione come se nulla fosse successo e Augusto si chiede se non ha appena sprecato l’unica occasione che gli Dei hanno intenzione di concedergli. Occasione per cosa, si chiede poi quando finalmente anche l’ultimo studente se ne va e lascia Costantino da solo, occasione per cosa? Che cosa desidera davvero da lui? Che cosa vuole che succeda, che cosa spera nel profondo del proprio cuore? E come può non saper rispondere nemmeno a questi interrogativi? Cosa c’è che non va in lui, che cosa si è rotto in lui?

Costantino se ne va regalandogli un lungo sguardo interrogativo e per l’ennesima volta Augusto non riesce a spiegarsi nemmeno a se stesso.

 

v.

«Non so né leggere né scrivere» confessa a Costantino quando il coraggio torna finalmente ad avvolgerlo nella sua solita armatura; «avevo imparato quando ero piccolo ma non so più come si faccia» sente il bisogno di specificare perché non vuole che Costantino pensi male di lui e teme che possa crederlo troppo stupido perfino per dedicargli un singolo istante di attenzione.

Contrariamente a quanto si aspettasse — contrariamente a quanto i suoi timori e le sue paure hanno suggerito nel corso degli ultimi giorni —, Costantino non ride. Costantino non ride, non lo caccia via, non lo guarda con sufficienza, non lo tratta come se fosse un appestato.

Costantino lo guarda e nei suoi occhi Augusto legge lo stesso sguardo che ha visto nelle statue di Giunone — e per l’ennesima volta ha troppa paura per parlare, troppa paura per fare qualsiasi cosa che non sia rimanere sotto quello sguardo quasi incandescente e aspettare la propria fine. 

«Posso insegnarti, se vuoi» è tutto quello che dice, mandando all’aria ogni singola ipotesi di Augusto, con lo sguardo più gentile che abbia mai visto; «rinfrescarti la memoria» specifica per non essere crudele e Augusto lo ama tremendamente per questo.

«Mi piacerebbe» ammette dopo qualche esitazione, sedendosi accanto a Costantino e lasciando che l’altro lo prenda per mano e lo guidi in qualcosa che Augusto aveva ormai dato per perso.

 

vi.

Costantino è paziente e gentile in modi che Augusto nemmeno riesce a concepire: non urla contro di lui quando Augusto sbaglia, non alza mai la voce, non perde mai la pazienza, non gli fa mai notare quanto riesca ad essere stupido — e Augusto si rende conto di esserlo davvero rispetto a lui e se ne vergogna tantissimo —, non lo fa mai sentire male per quello che non sa.

Costantino gli insegna di nuovo a leggere e a scrivere e a tenere il conto, fino a quando Augusto si sente di nuovo una persona e non più una macchina da guerra, fino a quando Augusto sa che se volesse potrebbe leggere uno di quei libri che a Costantino piacciono tanto. Fino a quando Augusto si rende conto che il divario tra lui e Costantino non potrà mai essere colmato davvero, no, ma che almeno non ha più motivo di vergognarsi di se stesso davanti a lui.

Perfino quando le loro piccole lezioni private giungono ad un termine, Augusto continua ad andare a sentire Costantino parlare dei moti degli astri e dell’infinito e dell’essenza delle cose. Costantino lo guarda ogni volta e ogni volta gli sorride, ornato della bellezza che gli dona il sapere e della polvere delle strade di Roma che lo arricchisce più di qualsiasi gioiello.

 

vii.

Augusto trova che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato nel vedere Costantino senza gioielli, senza vestiti eleganti, senza i degni ornamenti che una regina meriterebbe. E come altro considerare Costantino se non una regina? Con quello sguardo incredibilmente fiero e quei modi regali, con quel modo di muoversi calcolato e misurato, con quegli occhi che lo guardano — ora che Augusto non può mettersi al riparo, ora che non c’è nessun posto dove nascondersi, ora che tutto quello che prova è scoperto, davanti a lui —, lo attraversano e riescono a strapparlo pezzo per pezzo, fino a ridurlo ad un niente in confronto a quello che è Costantino.

Augusto non si è mai sentito così con nessuno, Augusto non ha mai provato niente di simile nella sua intera vita e c’è qualcosa in tutto questo che lo sconvolge e lo spaventa.

Per questo ad un certo punto scappa, per questo ad un certo punto fugge il più lontano possibile cercando un riparo dagli occhi di Costantino e dai sentimenti che gli agitano il cuore.

Ma nemmeno fuggire serve davvero a qualcosa: lo sguardo di Costantino lo segue ovunque, perfino quando Augusto si ritrova tra le foreste della Gallia in una delle tante campagne militari nelle quali è stato chiamato a servire e Costantino è a centinaia e centinaia di leghe di distanza. Lo sguardo di Costantino lo segue e lo trapassa e gli squarcia il petto e l’anima.

 

viii.

Augusto trova che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato nel vedere Costantino senza gioielli, senza vestiti eleganti, senza i degni ornamenti che una regina meriterebbe — e decide che sarà lui a donargli quello che necessita, che sarà lui a renderlo una regina, che sarà lui a dargli tutto quello che Costantino merita e che non può avere. Non ha idea di come farà e la verità è che pensa che Costantino probabilmente non vorrebbe niente di simile, specialmente non dalle mani di un soldato che non sa fare nient’altro che combattere e fuggire davanti a ciò che non è guerra.

Lo rivede quasi tre anni dopo essere scomparso nel nulla, di nuovo nella stessa piazza di Roma, di nuovo in mezzo alla polvere, di nuovo a parlare di quello che ama davanti ad una piccola folla di giovani studenti — e Costantino non lo guarda quasi fino alla fine, quasi fino al momento in cui Augusto vorrebbe rinunciare e scivolare via nella vergogna che prova e che lo avvolge e lo riveste perfino meglio di quanto non abbia mai fatto il coraggio.

«Sei tornato» lo raggiunge invece la voce di Costantino, con una sfumatura che Augusto non riesce bene a cogliere e che un po’ lo spaventa e un po’ rianima il suo coraggio; «credevo che fosse successo qualcosa di terribile».

Augusto non sa bene cosa rispondere e tutto quello che riesce a fare è borbottare un mi dispiace che un po’ lo fa vergognare; Costantino non gli lascia il tempo di pensare a qualcosa di meglio e lo abbraccia in un modo così tanto calmo e misurato da fare quasi paura.

 

ix.

«Com’è la guerra, Augusto?»

«Peggio di quanto tu possa immaginare».

«Però tu continui a combattere. Non è una critica, è solo una domanda».

«La guerra è terribile però in un certo senso io le appartengo. Non so fare nient’altro, Costantino, combattere e uccidere e sopravvivere è tutto quello che sono bravo a fare. È quello che ho imparato quando ero giovane ed è quello che ho sempre fatto fina da ragazzo. Non esiste altro al di fuori della guerra e della battaglia e del sangue e della sopravvivenza».

«Io penso che se tu volessi potrebbe esistere altro».

«Altro? Come cosa?»

«Una famiglia? Una vita felice, al sicuro, insieme a qualcuno che ami. Qualcosa che molte persone desiderano e che non riescono ad avere perché non trovano qualcuno che amano più di tutto il resto. È difficile trovare qualcuno che ti ami così tanto».

«Io non ho nessuno che mi ami così».

«Nemmeno io».

«Tu hai me. Io ti amo in quel modo».

«Anche tu hai me e anche io ti amo in quel modo».

«Non credevo che avrei mai sentito qualcuno usare queste parole. Non- non ho mai osato sperare che potessi essere tu ad amare uno come me».

«Ho amato ogni singolo aspetto di te, Augusto, e prima di ogni altra cosa ho amato il tuo sguardo e il tuo modo di esistere e di rubare ogni altro interesse nella mia esistenza».

«Prima di ogni altra cosa ho amato la tua voce e il tuo modo di esistere e di cambiarmi e di rendere la mia esistenza piena di significato».

 

x.

Costantino dorme al suo fianco con così tanta tranquillità che Augusto non può fare a meno di continuare a guardarlo fino a quando i suoi occhi quasi non si chiudono da soli — e anche a quel punto vorrebbe non dover mai smettere di osservarlo, vorrebbe essere una divinità solo per non avere bisogno di dormire e continuare a bearsi della sola esistenza di Costantino per il resto dell’eternità. Lo osserva con attenzione e si sforza di imprimere nella propria mente ogni singolo dettaglio, ogni singolo particolare del suo viso e del suo corpo per non dimenticare mai l’unica vera gioia della sua vita. Per non scordare nessun aspetto dell’uomo che ama.

Costantino sospira nel sonno e Augusto lo stringe un po’ più forte, beandosi del suo profumo e della morbidezza dei suoi capelli e di quella bellezza senza genere e senza fine. Augusto lo stringe un po’ più forte e sorride, forte della certezza di avergli dato tutto quello che poteva dargli, di averlo reso una regina davanti agli occhi di un uomo che lo ama come se fosse una sovrana, un’imperatrice, una divinità.

«Torna a dormire, amore mio» bisbiglia Costantino senza aprire gli occhi, sorprendendo Augusto come ha sempre saputo fare, spingendolo a sorridere e a baciarlo piano; «torna a dormire insieme a me» e Augusto sorride ancora di più, lo bacia con ancora più delicatezza e torna a chiedersi, come tante altre volte si è già chiesto, come possa aver meritato tanta gioia nella sua vita. 

   
 
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