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Autore: Alisa Sato    03/03/2016    1 recensioni
Barkhorn era rimasta affascinata dalla sensazione di superare i limiti che qualsiasi strega si era permessa allora: percepire il suono del vento. Da allora ha tentato di tutto e sembra che stavolta sia vicina al riprovare quell'emozionante esperienza, ma qualcosa però non va e sembra che stia per perdere tutto, Gertrud avrà il coraggio di affrontare le conseguenze?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il cuore mi sembra esplodere, come il rumore dello scoppio del motore della mia Strike Unit, gli occhi che scrutano il cielo grigio e carico di pioggia che, vorticosamente, gira sopra di me. 
Ho osato troppo e quella è la mia punizione. La punizione di voler di nuovo provare l’ebbrezza del suono del vento, la massima velocità, ma stavolta nessuno può salvarmi. 
Sempre di più precipito nel vuoto e a momenti mi sarei schiantata sulla vasta superficie dell’oceano, solo un pensiero mi viene in mente prima di essere travolta dalle fredde acque. 
Chris.
L’acqua inizia a intasarmi il naso e la bocca mentre cerco disperata di risalire, ma la Strike Unit è un peso troppo grosso per permettermi ogni movimento verso l’alto. Mi abisso sempre di più, il freddo che entra nelle ossa e man mano perdo conoscenza, con la vista offuscata da quel profondo blu. 
È così che finirà? 
Perché non ho fermato in tempo questo insensato impulso? 
Adesso lei soffrirà ed è tutta colpa mia.

Ancora inconsciamente posso percepire che la mia attrezzatura si stacca da sola e che qualcuno mi afferra una mano, poi due braccia avvolgono il mio corpo e lo stringe contro il proprio. 
Chi è? È così caldo…
Qualcuno mi sta portando in braccio in volo, posso udire un leggero e familiare ronzio di un motore di una Strike Unit, avvertendo quasi impercettibilmente delle gocce d’acqua sul viso. Forse la ragazza che mi porta, perché so’ che è una ragazza, mi protegge dalla pioggia e anche dal freddo.
Tossisco violentemente per buttare l’acqua che intasava le vie respiratorie e mi stringo contro la sconosciuta, aprendo debolmente gli occhi per vedere chi è colei che mi ha salvata. Due cose noto subito in lei, ovvero gli occhi azzurri come il ciel sereno e i capelli arancioni come una debole fiammella: conosco bene quel volto.
“Li… Liberiana…”
“Finalmente ti sei svegliata, tra poco sarai in un posto all'asciutto e al caldo.” Dice con calma la giovane mentre stringe le braccia attorno al mio corpo infreddolito e bagnato. Sono troppo debole per controbattere e allora chiudo gli occhi, rannicchiandomi per quanto posso contro il suo corpo caldo, sospirando profondamente e stringendo i denti con le mani che si poggiano vicino alla sua spalla e al mio viso.
È la seconda volta che mi salva la vita, mi da’ un po’ fastidio la cosa, ma in qualche modo le sono grata per ciò che sta facendo: non è cosa da poco, lo devo riconoscere.

Quando riprendo conoscenza mi trovo sdraiata su un comodo materasso, davanti ai miei occhi ci sono travi di legno lucide, e mi metto seduta per scrutare meglio ciò che mi è intorno. 
Sembra uno di quelle baite sperdute in montagna, e addirittura c’è un camino! Roba di lusso.
Mi accorgo che non ho addosso nulla se non il pezzo di sotto dell’intimo, mi copro velocemente con la lenzuola arrossendo vistosamente e cerco con lo sguardo colei che mi ha salvata poco prima, trovandola seduta alla scrivania accanto al letto mentre scriveva un telegramma.
“Tu… Maledetta Liberiana!”
“Buongiorno anche a te, Barkhorn, ti sei ripresa alla grande a quanto vedo.” Ride debolmente mentre si mette col busto girato dalla mia parte, nota il mio rossore sulle gote e si acciglia. “Va tutto bene? Sei paonazza.”
“Mi… Mi hai spogliata! Pervertita!” Sibilo a denti stretti mentre assottiglio gli occhi con fare minaccioso e stringendo con forza le mani sulle lenzuola, lei, dopo che si alza per attizzare il fuoco nel caminetto acceso, inarca un sopracciglio confusa finché non capisce e si mette a ridere con gusto tenendosi lo stomaco. “Perché ridi?”
“Pensavi davvero che io…? Sei seria?”
“Sei una cretina, ma anche bella forte, stupida Liberiana.” Borbotto nervosa con dei tic all’occhio, ora che sono entrambi chiusi, mentre volgo la testa dal lato opposto. L’altra si avvicina a me e si mette seduta sul bordo del letto, all’altezza del mio bacino, con le braccia appoggiate sulle ginocchia e lo sguardo rivolto al pavimento. “Cosa ti prende?”
“Che stavi tentando di fare?”
“Eh?” Rimango sorpresa nel notare nella sua voce una tonalità seria, quasi dura e fredda, così atipica per una come lei dal carattere così estroverso e solare.
“Per caso volevi ammazzarti?”
“Io… volevo solo…” Mi mordo il labbro non trovando il coraggio di dirle ciò che in verità ho fatto, la rossa si accorge del mio silenzio e sicuramente pensa che questa mia risposta è un < Sì > alla sua domanda, facendola scattare verso di me e prendermi le spalle tra le mani.
“Non puoi fare una cosa simile! Non pensi che, se tu morissi, qualcuno soffrirebbe? Ad esempio tua sorella e…” Si ammutolisce di colpo, lasciando la frase in sospeso, guardando poi di lato. Il mio sguardo è sconcertato, quasi non credo alle parole che quella, che è sempre stata per me una buzzurra e rozza ragazza selvaggia, adesso si dimostra così matura.
Il silenzio cade su di noi accompagnato solo dallo scoppiettio della legna che arde nel camino, riscaldando la stanza. Posso sentire in quel silenzio adesso quasi insopportabile il battito del mio cuore accelerare, fino a procurarmi un dolore lancinante al petto, vedendo il volto della Liberiana sull’orlo delle lacrime mentre stringe le mani con forza nelle spalle.
“Liberiana, non volevo uccidermi. Volevo solo… solo provare la sensazione della massima velocità.” Lei alza il volto verso il mio con gli occhi sbarrati nel sentire le mie parole, guardandomi per qualche attimo sbigottita, mettendosi poi a ridere mentre alcune lacrime le scendono lungo il viso. 
“È così che è andata allora. Ed io che pensavo il peggio. Dio, sei veramente unica a farmi venire infarti simili.”
“Questa da dove l’hai presa? Non credevo che t’importasse tanto di quello che faccio.” Borbotto un po’ infastidita da quelle parole così strane che le sono uscite, chiudendo poi gli occhi e sospirando amareggiata. “Sei sempre la solita: strana e anche un po’ idiota.”
“Grazie per il complimento, lo so già questo.” Ride divertita al mio commento e si asciuga le lacrime col dorso, portando poi le mani dalle spalle alle scapole avvicinandosi pericolosamente a me, mentre appoggia la fronte contro la mia spalla e farmi arrossire a tale gesto.
“Li… Liberiana?!”
“Fammi restare un po’ così.” Sussurra con voce leggermente roca, segnata dal pianto precedente, stringendomi tra le sue braccia con forza percependo così il suo calore. Non dico più nulla e la lascio fare, godendomi della temperatura del suo corpo molto più alta rispetto alla mia, udendo il suo respiro calmo contro la clavicola e il petto premere contro il mio, arrossendo ulteriormente a questo e mordermi nervosa il labbro superiore, portando istintivamente le mie braccia attorno alla sua schiena e ricambiare il suo abbraccio. 
“Liberiana, io…”
“Non parlare. Lasciamo che la quiete regni tra di noi. Ascoltiamoci in silenzio. Esso può dire molte più cose rispetto alle parole.” Ciò che dice mi colpisce profondamente e che mi porta a zittirmi in un istante, annuendo e chiudere gli occhi mentre faccio più forza nelle braccia, sentendo anche l’altra fare la stessa cosa. 
All’improvviso avverto gli occhi bruciarmi e, senza più la forza di trattenermi più del dovuto, mi lascio solamente andare mentre percepisco delle calde lacrime solcare il mio viso, la schiena sussultarmi a causa dei singhiozzi e la voce leggermente più acuta che esce in soffocati gemiti, le mani di lei mi accarezzano delicatamente la schiena come per darmi conforto.
“Ho avuto tanta… tanta paura. Credevo… credevo che sarei morta.” Mugolai tra i singhiozzi mentre mi stringevo maggiormente a lei, sprofondando il viso nel collo e sentire quanto fosse delicata nell’accarezzarmi amorevolmente la mia testa, passando le dita tra i capelli e mettersi più dritta con la schiena.
“Tranquilla, adesso stai bene, sono qui con te.” Fece un po’ di pressione con la mano e mi fece sprofondare il viso nel suo petto, posando appena il mento sulla mia testa e massaggiarmi la schiena con calma, come l’altra mano fare la stessa cosa sulla nuca. “Ci sarò sempre per salvarti. Non temere, non permetterò che accada di nuovo e perderti.”
“Liberiana?” Quella bizzarra confessione mi lascia spiazzata, restando adesso completamente irrigidita e con lo sguardo sgranato, cercando un significato a quelle parole e finalmente comprendere il tutto.
Anche stavolta mi sono fatta fregare come una sciocca da questa barbara, ma dall’animo gentile che, in fin dei conti, mi ha sempre sostenuta anche quando litigavamo. 
Mi ricorda molto Hartmann, forse perché sono entrambe un po’ simili e in qualche modo ci tengono a me… 
Aspetta, vuoi vedere che è perché lei… 
Che provi qualcosa per me? 

Quel pensiero mi scombussola quasi quanto il fatto che fino a qualche ora prima ero in mezzo all’oceano e stavo affogando, una sensazione bruciante al petto che mi fa quasi male, una serie di cose che mi lasciano ancora più sbigottita e che ancora non riesco a comprendere. Se questa è la realtà dei fatti, allora sono stata una grandissima stupida a non arrivarci subito; come affrontarla però? Con Hartmann era diverso, ma con la Liberiana? 
Sono comunque due persone differenti, ma la mia migliore amica ha la Marseille quindi… 
Posso non esitare con lei, giusto?


Quando i primi raggi del sole vengono a baciare il mio viso, dopo essermi messa momentaneamente seduta, porto una mano sul volto per coprirmi esso per metà mentre avverto una leggera emicrania, lasciando una gamba stesa e quella esterna piegarla fino al mio petto ancora nudo. 
Cosa è successo? Rimembro solo che mi stavo sfogando con la Liberiana e poi… 
Qualcosa balena nella mia mente e giro di lato la testa per vedere se ciò che ho ricordato è il vero, cosa che risulta la più concreta e solida realtà: la ragazza che, meno di 24 ore prima mi aveva sottratto nuovamente alla morte, era dormiente in prona, le braccia incrociate sotto la guancia che le facevano da cuscino, e completamente nuda o almeno lo penso. Il mio viso si accende come un fuoco e sicuramente si colora di un rosso vivido a quello che la mia mente inizia a mandare in sequenza, come un film, facendomi sprofondare nella più completa vergogna e nascondere il volto tra le mani.
"Bark... horn?" La sua voce impastata dal sonno mi fa trasalire, stringendomi nelle spalle e sentire le scapole tendersi come se fossero pronte a trapassarmi la pelle, non parlo e rimango paralizzata sul posto mentre percepisco un suo movimento. "Tutto bene?" Ancora non le rispondo mentre sento dentro la testa frullarmi tutto quello che è successo quella notte.
Lei... Lei... Mi aveva resa una donna come mai nessuno aveva fatto.
"Tu..."
"Mh?" Sposto appena una mano e la guardo in malo modo con un occhio, vedendola mettersi sui gomiti e guardarmi con aria interrogativa, afferrando con l'altra mano il cuscino e colpendola con esso con forza. "Ahia! Ma che ti prende di prima mattina?!"
"Stai zitta! Stupida Liberiana!" Continuo a colpirla col cuscino mentre lei cerca in tutti i modi di proteggersi da quell'assalto.
"Avanti! Smettila, che c'hai?!" Mi chiede con sorpresa mentre si protegge il viso con gli avambracci.
"Non parlare! Maledetta selvaggia pervertita!" Non mi fermo un secondo finché lei mi blocca il polso con una mano mentre con l'altra mi fa sdraiare, mettendosi poi sopra di me e farmi irrigidire non appena vedo che è troppo vicina col viso al mio, provocandomi un ulteriore e violento rossore sulle gote fino ad espandersi alle orecchie. Scorgo un sorriso sulle sue labbra e anche un leggero colorito sulle sue guance.
"Non eri così violenta ieri sera, eri così docile invece e anzi volevi di più. Mi sbaglio?" Giro la testa altrove assottigliando gli occhi e fare il broncio, sapendo che quello che dice non sono menzogne e io stessa mi vergogno di com'ero la notte appena trascorsa, irritata però dal suo comportamento così strafottente la guardo con fastidio e le stampo una manata sul viso per farla allontanare.
"Smettila di darmi problemi! Ho capito e non c'è bisogno di fare la prepotente."
"Sei tu che mi stai maltrattando."
"Zitta, barbara che non sei altro! Non ti azzardare a dire a qualcuno di quello che è successo, altrimenti ti prendo a calci sul didietro e ti rispedisco da dove sei venuta." Le dico con un tono infastidito mentre mi rimetto in piedi e cerco di recuperare la mia biancheria per poterla indossare, sentendomi poi fermata dalle sue braccia che si cingono al mio collo mentre mi si piazza dietro.
"Stai tranquilla, non dirò niente a nessuno, dimmi prima una cosa."
"Cosa vuoi?"
"Anche se ieri sera è successo quello... Vuol dire che provi qualcosa nei miei confronti?" Quella domanda mi lascia sorpresa anche se potevo aspettarmela, non era tanto difficile capirlo, credo che chiunque si domanderebbe una cosa simile. Rifletto un po' prima di risponderle sinceramente portando le mani alle sue e poggiarle sopra d'esse, guardando poi verso il pavimento e chiudere per qualche istante gli occhi, cercando di mettere in ordine dentro il mio cuore. "Barkhorn..?"
"Credo di sì." Inizio a dirle aprendo lentamente le palpebre e girarmi appena per vedere per quel che potevo le sue iridi chiare. "Non so da quanto però, non credo che sia gratitudine la mia, all'inizio pensavo di sì visto che mi hai salvato la vita per ben due volte. Credo però che ciò che sento sia più forte di qualsiasi altra cosa, certo, anche se sei fastidiosa e mi crei parecchi problemi come Hartmann non riesco a non pensare a te. Penso che questo sentimento... sì... credo sia amore." Dopo la mia confessione nessuna delle due parla, rimane il silenzio come quella sera, sentendo poi le sue labbra posarsi sulla mia spalla nuda e percepire un sorriso oltre che un sospiro di sollievo.
"Davvero? Ne sono lieta, significa che è ricambiato."
"Mi raccomando. Tutto questo deve rimanere tra noi: tu non dirai nulla a Lucchini ed io non dirò nulla ad Hartmann, intese?"
"Agli ordini!" Risponde allegramente sollevandomi poi da sotto le braccia e farmi volteggiare, facendomi scappare un urlo di sorpresa e riprenderla. Quella donna è veramente imprevedibile, forse è per questo che è riuscita a fare breccia nella mia barriera che solo poche persone possono rompere. Ho perso un'amica, ma ho trovato qualcuna su cui fare affidamento e lasciarmi andare, qualcuna che mi ama e che ricambia. La Liberiana... mi ha liberato dalle catene che mi tenevano legata e mi ha permesso di volare in posti mai visti primi.

  
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