Il
Capitano Ismael era
appollaiato sul pennone più alto dell’albero
maestro della Royal Serpent, a
piedi scalzi come sempre. La brezza lieve gli accarezzava i capelli
lunghi e
neri facendoli svolazzare in giro, liberi, mentre il suo sguardo sempre
attento
era rivolto verso la schermaglia sul ponte della nave affianco, che lui
e la
sua ciurma avevano appena abbordato. I suoi uomini stavano
già combattendo,
menando fendenti come fossero assatanati, e l’odore aspro del
sangue si
spandeva intorno portato dalla brezza marina. Il cozzare metallico
delle lame,
le urla feroci dei marinai, lo scricchiolio delle assi di legno della
chiglia
del mercantile che batteva bandiera inglese, che ogni secondo si
piegavano
sempre di più sotto il peso della nave pirata: tutto questo,
per il Capitano,
era una dolce melodia di morte. Chiuse gli occhi, prese un lungo
respiro,
consapevole che ben presto la mietitrice di anime gli avrebbe fatto visita, e finalmente gli
avrebbe donato la
pace. Curvò gli angoli della bocca
all’insù e mostrò i denti in un ghigno.
Non troppo presto, però.
Afferrò
una cima e sfilò la sua
sciabola dalla cintura, per poi recidere la corda di netto e buttarsi
giù dal
pennone. Mentre cadeva, l’aria gli fischiava nelle orecchie
ed i capelli
corvini gli sferzavano il viso, finché la sua discesa non
venne arrestata dal
volto di un mozzo inglese che cadde sul ponte, inerme.
«Coraggio, ciurma,
facciamo a fette questi inglesi!» Urlò non appena
ebbe poggiato piede sul legno
del ponte imbrattato di sangue, ed i suoi uomini emisero un tuonante
grido
all’unisono. Subito, una fredda lama sibilò alla
destra del Capitano, diretta
alla sua gola, ma Ismael non esitò a bloccarla con la
propria sciabola e mosse
rapido il fianco sinistro in direzione dell’assalitore per
poi assestargli un
forte pugno sotto lo sterno. L’altro mollò la
spada e cadde in ginocchio, prima
di sentire il freddo acciaio della lama del Capitano accarezzargli la
gola e
subito reciderla di netto. Il sangue sgorgò a fiotti ed il
Capitano lo lasciò
scorrere sulla lama fino all’elsa, prendendosi un istante per
assaporarne
l’aroma prima di ributtarsi nella mischia.
Con un movimento fulmineo menò un fendente
verso uno degli uomini della
regina, colpendolo all’addome e squarciandogli la pancia, per
poi girarsi e
colpire un altro marinaio dritto in faccia con il pomo
dell’elsa,
sbilanciandolo abbastanza da farlo scivolare addosso al parapetto della
nave
che si spezzò sotto il suo peso e lo lasciò
precipitare nelle acque gelide
dell’oceano indiano. «Forza, branco di filibustieri
che non siete altro,
fategli assaggiare l’acciaio!»
Urlò a
squarciagola. «Diluiremo il grog con il loro
sangue!» Continuò a spronare la
sua ciurma urlando e combattendo allo stremo delle forze,
finché anche l’ultimo
inglese non si accasciò sul ponte pregno di sangue. Un
tappeto di corpi
esanimi, cibo per i pescecani e nulla di più.
Ismael
lasciò che i suoi uomini
si dividessero il bottino, tra oro e gioielli di ogni tipo, senza dire
una
parola: a lui interessava ben altro. Entrò nella cabina del
capitano, scostò
con la mano sporca di sangue le carte nautiche che ingombravano un
tavolo in
legno di noce rifinito con cura impeccabile, ed aprì con
l’altra mano un
armadio massiccio che conteneva gli abiti del defunto capitano.
Scostò le
giacche a sinistra, poi a destra poi le afferrò tutte e le
gettò via: come
aveva previsto, sul fondo si nascondeva un pannello segreto. Il pirata
afferrò
una lampada ad olio appesa al muro opposto all’armadio e la
posò sul tavolo per
prendere un piccolo acciarino che usava per la polvere da sparo. Le
mani gli
tremavano a tal punto che ci mise un po’ ad accendere il
lume, ed il suo viso
illuminato dalla fiammella era un misto di gioia ed inquietudine.
Avvicinò la
lampada al pannello e assottigliò lo sguardo per trovarne il
punto debole, poi
infilò la sciabola in una fessura per fare leva. Lentamente,
mosse la lama su e
giù, a destra e a sinistra, trattenendo il fiato
finché non si udì un sonoro
Crack. Il pannello saltò, e cadde per terra davanti al
Capitano, rivelando
dietro di sé un piccolo scrigno ed un foglietto di carta
arrotolato. Il
bauletto riportava lo stemma reale, ed il foglietto era avvolto con un
filo di
seta, al centro, e sigillato con la ceralacca. Ismael lasciò
cadere la sciabola
e la lampada, avvicinò le mani tremanti al piccolo
contenitore e fissandolo con
gli occhi lucidi lo aprì. Ciò che aveva davanti,
non pensava che lo avrebbe mai
trovato. Nessuna delle fiabe, delle leggende, delle storielle dei
vecchi
ubriaconi che aveva mai sentito potevano avvicinarsi a ciò
su cui si posò il
suo sguardo. Quello
era il cuore di
Davey Jones. Ed Ismael lo teneva fra le mani, con gli occhi feroci
illuminati
dal fuoco che, dalla lampada rotta, stava divampando nella cabina del
capitano.