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Autore: padfoot_973    04/03/2016    0 recensioni
In questa storia ho provato ad immaginare gli ultimi pensieri di Remus Lupin prima della sua morte.
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Quando Remus Lupin vide la bacchetta di Antonin Dolohov scagliare l'Anatema che Uccide verso l'unica parte del suo corpo scoperta, capì che non sarebbe mai riuscito a proteggersi in tempo.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Remus Lupin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Quando Remus Lupin vide la bacchetta di Antonin Dolohov scagliare l'Anatema che Uccide verso l'unica parte del suo corpo scoperta, capì che non sarebbe mai riuscito a proteggersi in tempo. Il tempo intorno a lui sembrò congelarsi, così come il suo corpo, come se la sua mente andasse ad una velocità superiore.

Il suo primo pensiero andò a sua moglie. La rivide, con i suoi occhi vivaci e il sorriso raggiante, nel giorno del loro matrimonio. Ricordò il tocco leggero ma giocoso delle sue mani sulla pelle, e i suoi capelli che cambiavano colore a seconda del suo umore. Pensò al loro ultimo momento insieme, quando lo sguardo di lei cercava i suoi occhi come per sfidarlo, mentre le lacrime scendevano dagli occhi.

-Teddy ha bisogno di te.
- E io di te. Non penserai veramente che io rimanga qui con le mani in mano mentre tu sei lì fuori a combattere, Remus.

Non lo pensava affatto, ma aveva provato a tenerla al sicuro. Era certo che lo avrebbe seguito, e anche se non l'aveva vista, sapeva che era venuta al castello a combattere. Pregò con tutto il cuore che riuscisse a tornare a casa sana e salva, che riuscisse a superare la sua morte e a rifarsi una vita. Remus non poteva sapere che Bellatrix Lestrange aveva già ucciso la sua Dora solo un quarto d'ora prima.

Poi la sua mente andò a Teddy, troppo piccolo per rimanere senza un padre, troppo innocente per dover sopportare il peso della guerra e il dolore del lutto, troppo indifeso per rimanere senza protezione. Il dolore lo colpì come una coltellata, quando realizzò che non avrebbe più potuto vederlo sorridere, quel sorriso che lo scaldava dentro, o stringerlo a sé, e nemmeno assisterlo mentre cresceva. Non avrebbe più potuto stare al fianco del suo bene più prezioso: suo figlio. Quel bambino che era stato sul punto di abbandonare prima ancora che nascesse, ma che era riuscito a cambiargli la vita in un istante, e che gli aveva fatto provare una gioia immensa in una vita di sofferenze: Teddy lo aveva fatto sentire, per la prima volta dopo troppo tempo, felice. Si sarebbe perso tutto questo, se non fosse stato per un altro ragazzo, anche lui troppo giovane per essere orfano, per essere il simbolo di una guerra disperata, per la missione suicida in cui si era lanciato.

Harry Potter. Fu l'ultima persona a cui Remus pensò, prima che la maledizione lo colpisse in pieno petto. Pensò alla sua forza, al suo coraggio, alla sua saggezza, che sembravano strane per un diciassettenne, ma conoscendo la sua storia, si capiva benissimo che era cresciuto troppo in fretta. Ripensò ad una promessa fatta in una piccola ma accogliente cameretta, una sera d'inverno di così tanti anni prima, a Godric's Hollow.

-Lo proteggeremo, James, se a te e Lily dovesse capitare qualcosa. Ci penseremo io e Sirius.-

Una promessa infranta. Non aveva tenuto Harry fuori dai guai, mai. Non era riuscito a dispensargli il dolore che la vita gli aveva destinato. Gli aveva solo insegnato quell'incantesimo, l'Incanto Patronus, per tenere lontani i Dissennatori, e la disperazione e il vuoto che portavano con essi. Ma non era stato abbastanza.

Pensò agli occhi di quel ragazzo, estremamente simili a quelli di Lily, ma in cui si leggeva così tanto smarrimento. Richiamò alla memoria le sue parole, durante il litigio a Grimmauld Place, quando il suono intollerabile dell'amara verità che veniva dalla bocca di quel ragazzo, le sue parole taglienti, lo avevano colpito come uno schiaffo violento, facendolo sentire una nullità.

-Non lo avrei mai creduto. L'uomo che mi ha insegnato a evocare un Patronus, un codardo.

Anche se sapeva che non poteva più aiutarlo, sperò con tutto il cuore che Harry ce la facesse, che sconfiggesse Voldemort. Che portasse la pace, e che riuscisse ad assicurare alla Comunità Magica un mondo nuovo e migliore per suo figlio e per le generazioni a venire. Sembrava un'impresa impossibile per chiunque, e pensare che un ragazzo di appena diciassette anni potesse essere capace di tanto appariva come l'ultimo disperato desiderio di qualcuno ormai prossimo alla morte. Ma Remus sapeva che Harry non era un semplice ragazzo di diciassette anni: Harry era il Prescelto, il Bambino-Che-È-Sopravvisuto, il figlio di Lily e James Potter, il tredicenne che si era messo in testa di evocare un Patronus per vincere una partita di Quidditch, lo studente così incurante delle regole che aveva imparato a conoscere e apprezzare.

-Harry è la nostra speranza migliore, fidatevi di lui.

Si fidava ciecamente, Remus Lupin, del ragazzo con la cicatrice a forma di saetta, e abbandonava a lui tutte le sue speranze, i suoi sogni, i suoi ideali, persino suo figlio, sapendo che Harry si sarebbe preso cura di lui.

L'attimo in cui si trovava improgionato sembrò andare in frantumi, alla paura si sovrappose la rassegnazione, una luce verde accecante lo avvolse. Poi, il buio.

Remus Lupin crollò a terra, la bacchetta volò lontano, ma mentre il suo corpo colpiva il duro terreno, il frastuono della battaglia intorno a lui non accennava a spegnersi, lampi di colore e grida si susseguivano in quello che sembrava uno scontro infinito. Altri sarebbero morti, ma alla fine la pace sarebbe arrivata, proprio grazie ad Harry Potter, il Bambino Sopravvissuto.

   
 
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