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Autore: Agent Janice    04/03/2016    3 recensioni
«Sono l'Agente Phil Coulson, lavoro per la Strategic, Homeland, Intervention, Enforcement & Logistic Division. Sei al sicuro adesso.»
Questa che (spero) state per leggere è la storia che ho creato intorno all'Agente Phil Coulson, mio personaggio preferito dell' MCU e dela serie TV "Marvel's Agents of S.H.I.E.L.D."
La storia comincia nel 2002, circa dieci anni prima gli avvenimenti del film "Marvel's The Avengers" e della "Battaglia di New York", ed ha come protagonista una ragazza, personaggio di mia invenzione, che non ha un vero nome se non il codice 3-1-7 che l'Istituto in cui è segregata le ha affibbiato. Non rivelo di più su di lei, non sono brava nei riassunti vi rovinerei i punti interessanti dei primi capitoli. E' una storia di lotta tra bene e male, come la 'casa delle idee', la Marvel, ci insegna e che, se riesco a portare a termine, dovrebbe ripercorrere e rivisitare alcune delle vicende salienti che abbiamo visto sia nei film, sia nella serie tv.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maria Hill, Melinda May, Nick Fury, Nuovo personaggio, Phil Coulson
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo Pilot, 3-1-7

 

Il dolore era insopportabile. Lo era stato la maggior parte delle altre volte in cui 3-1-7 era stata sottoposta ad esami ed esperimenti, eticamente dubbi, per riuscire a scoprire l'orgine dei suoi poteri. 
Durante quegli anni in cui aveva vissuto nel'Iistituto l'avevano sottoposta ad un numero davvero inquietante di interventi, la maggior parte dei quali alla testa. 
Le avevano innestato svariati rilevatori di ultima micro-tecnologia-neurale in modo da poter monitorare il picco di attività cerebrale durante il manifestarsi del suo "dono". E ogni volta, puntualmente, lei li aveva involontariamente fulminati, annullando così gli sforzi dei ricercatori. 

Ma in quel pomeriggio, nel preciso istante in cui uno dei medici aveva cominciato a trapanarle il cranio dietro la nuca per farvi passare una delle nano-sonde-neurali , qualcosa dentro la cavia 3-1-7 si ruppe. 
No, non parte dell'osso occipitale... ma qualcosa dentro di lei, ovvero il bisogno estenuante di continuare ad obbedire. Perchè? Si era chiesta.

Strinse i denti per riuscire a sopportare il dolore e fare chiarezza nella sua mente martoriata, gridò mentalmente per trovare la forza di puntellare le mani e i gomiti sul lettino. Aveva difficoltà a mettere a fuoco i propri pensieri. Poche ore prima aveva subito un trattamento psicosomatico che la costringeva ad obbedire, a non ribellarsi, e i postumi erano gravi carenze di concentrazione. 
Ultimamente quel trattamento su 3-1-7 aveva sempre meno effetto e aveva ripreso a ricordare come mai fosse lì, e come mai avevano cominciato ad obbligarla ad obbedire... Semplice! Durante uno degli esperimenti, anni prima, aveva tentato di 'ribellarsi'. Parola curiosa non trovate?! R-I-B-E-L-L-A-R-S-I.

Sentì un tonfo metallico e un rumore stridente, girò la testa per rendersi conto di cosa fosse successo e vide lo scienziato in ginocchio con gli occhi sbarrati e gonfi di lacrime che si reggeva la testa in un urlo soffocato. 3-1-7 confusa ne approfittò per alzarsi carponi sul lettino, utilizzò le proprie sensazioni per trasformarle in una sorta di enrgia e rompere i lacci che la tenevano, respirò a fondo cercando di racimolare un po' di auto-controllo.
Si girò verso il medico che aveva recuperato lucidità e allarmato si stava alzando a cercare, probabilmente, degli anestetizzanti o peggio il teaser, in uno degli scaffali lì di fronte. 
La paura ebbe il sopravvento su 3-1-7. Si alzò dal lettino traballando, doveva fermarlo prima che lui fermasse lei, gli afferrò un braccio e sentì la rabbia, la sorpresa e la paura dell'uomo passarle per la pelle, con l'altra mano gli afferrò il viso per intralciargli la vista e allontanarlo dagli scaffali. Lui la colpì al petto con forza, senza scrupoli, per allontanarla ma qualcosa fece *chlack*... un rumore bagnato, viscido che non proveniva dalla stanza. Solamente 3-1-7 era stata capace di percepirlo. Lo aveva provocato lei.
Con il contatto fisico della sua mano sul volto dell'uomo era arrivata a toccare la sua mente, aveva toccato la sua paura e percepito la corrente elettrica delle sue sinapsi che lavoravano veloci per elaborare un piano...e lei le aveva interrotte bruscamente. 
L'uomo sbarrò gli occhi e cadde in terra con un tonfo sordo. La ragazza lo guardò terrorizzata portandosi le mani al petto come se avesse preso la scossa, aveva perso il controllo e sapeva di aver superato il limite, l'unico sua possibilità in quel momento era scappare... Si, ma come? Non aveva la benchè minima idea di come poter uscire di lì, non conosceva il luogo in cui aveva vissuto per tredici anni, era sempre stata dentro le solite 20 stanze, bianche e asettiche, senza mai vedere il mondo esterno. 
Il pensiero era tremendamente deprimente ma doveva sorvolare e cercare di pensare alla svelta. Non riusciva a trovare la lucidità, si guardò attorno e spinta più dalla paura e dall'istinto che dalla ragione aprì la porta e uscì nel corridoio cominciando a correre, non importava la direzione bastava non rimanere ferma, come un animale chiuso in gabbia. 
In fondo al corridoio si schierarono tre agenti vestiti di nero, muniti di casco e visiera. Loro erano i guardiani, coloro che si occupavano di non far scappare le cavie, 3-1-7 li vedeva sempre fare le ronde nei corridoi a due a due.
Dei tre quello centrale le si scagliò contro, l'afferrò per le spalle e la sbattè contro il muro con una forza spiazzante. Lei rimbalzò e cadde in terra, cercò di tirarsi in piedi ma l'equilibrio le venne meno lasciandola brancolare sul pavimento con la vista annebbiata. Gli altri due le puntarono le armi contro in sincrono, in un gesto meccanico, rimanendo immobili, mentre quello che l'aveva colpita la immobilizzò. 
«FERMI!» una voce fermò l'azione. Alzarono tutti gli occhi verso l'altro capo del corridoio. Il secondo medico, di cui 3-1-7 ne aveva dimenticata l'esistenza e che qualche attimo prima che lei si ficcasse nei guai era uscito momentaneamente dalla sala operatoria, li stava raggiungendo a corsa. «Me ne occupo io!» Aveva le mani alzate e mostrava qualcosa che 3-1-7 non riusciva a mettere a fuoco. L'agente che la teneva a terra allentò la presa mentre gli altri due si allontanarono tornando alle loro posizioni, e lei ne approfittò, si voltò il più velocemente possibile trasportata da una scarica di adrenalina, gli afferrò il volto come aveva fatto poco prima con l'altro uomo, lui la colpì con un pugno in bocca e *chlack*...le cadde addosso, pesante e senza vita. 
3-1-7 cercò di liberarsi dal peso del corpo inerme dell'agente ma era troppo per lei, l'adrenalina la stava abbandonando lasciandola indifesa. Sbattè gli occhi per schiarirsi la vista. Vide il medico sopra di lei, cercò di toccarlo allungando una mano verso di lui, partì l'allarme che assordò entrambi e che le fece chiudere gli occhi, gli altri due agenti non avevano perso tempo e spaventati avevano preso precauzioni.
F.Z.Z.T. una scossa elettrica le passò per tutto il corpo e quasi immediatamente le mozzò il fiato lasciandola priva di sensi. 
 


«Aiutami! Invece di star lì a tenere lo sportello...quello sta aperto anche da solo!» disse un uomo, vestito di nero, da dentro un furgone parcheggiato in un vicolo buio. «Magari se tu fossi un po' più cortese...» rispose l'altro, con ancora il camice addosso, abbastanza spazientito. 
«Oh mi scusi dottore! Le dispiacerebbe darmi una mano, sa sono un po' incasinato qui dentro?! COSI' VA MEGLIO PEZZO D'IDIOTA?» L'uomo con il camice bianco prese la cavia 3-1-7 ancora priva di sensi per le gambe e aiutò l'altro uomo a portarla fuori dal vano e a poggiarla sul marciapiede umido e maleodorante. «Sbrigati, falle l'iniziezione e andiamocene, prima che passi qualcuno di qui...» Il dottore alzò gli occhi al cielo, prese una siringa e tre fiale dalla tasca del camice spiegazzato. «Chi vuoi che passi di qui?» Caricò la siringa con il liquido delle tre fiale e ne cominciò a premere lo stantuffo per sistemarla. In realtà per il loro scopo non importava davvero eliminare l'aria all'interno della siringa, era più un gesto abituale il suo. «Questa dose dovrebbe bastare a...» «DOVREBBE?» Lo interruppe arrabbiato l'altro.« Sii certo che la metta k.o. non voglio storie con il capo. Se scopre quello che è successo la nostra coscienza, se ne abbiamo una, sarà l'ultimo nostro rimorso.» L'uomo in nero sbattè lo sportello del furgone innervosito e  spaventato. Dovevano mandare in overdose mortale la ragazza,  così da lasciarla lì e farla sembrare una tossica qualsiasi, di cui nessuno si sarebbe preoccupato più di tanto.  L'uomo in nero guardò l'orologio. Dovevano davvero sbrigarsi.  Di solito avevano un'altra metodologia per sbarazzarsi delle prove, ma la struttura dove lavoravano era già stata trasferita per metà, insieme ad un paio di cavie che il capo aveva ritenuto più interessanti e meno problematiche per le sue esigenze di quel momento. 3-1-7 sarebbe stata l'ultima ad essere trasferita, evidentemente aveva scelto il giorno sbagliato per ribellarsi, con tutti i problemi che aveva dato durante quegli ultimi anni arrivati a questo punto dei giochi era più facile liberarsi definitivamente di lei. 

3-1-7 socchiuse gli occhi senza vedere niente, solo ombre in uno sfondo semi-buio. Sussultò quando sentì un pizzicotto su un braccio e un ago freddo penetrarle la pelle...fece per gridare ma in realtà non uscì una sola nota dalla sua bocca. Ci riprovò...

Poco più in là quella sera un agente in vacanza dal suo 'straordinario' lavoro si stava dirigendo al punto d'incontro per un appuntamento galante con una donna che aveva conosciuto un mese prima durante una missione sotto copertura. Era contento, aveva trovato questa persona brillante e la sera si prospettava tra le più belle passate negli ultimi tempi. Tempi in cui il suo lavoro era diventato un appuntamento fisso. Non che gli dispiacesse, sia ben chiaro, amava il suo lavoro. Però, beh si sa, nella vita c'è bisogno anche di staccare la testa e trovare del tempo per se stessi.
Affrettò il passo, era in anticipo come sempre e voleva rimanerlo, girò l'angolo e... «AAAAAAAANGH!» un urlo strozzato lo raggiunse dal vicolo all'incrocio davanti a se. Lasciò cadere a terra la piccola scatola di cioccolatini che aveva preso per l'occasione e attraversò l'incrcoio non curante dell' ALT! lampeggiante in rosso e facendo inchiodare alcune macchine. 
Imbucò il vicolo e vide due uomini che gli davano le spalle, uno in piedi stava prendendo a calci un fagotto blu, che poteva essere un bimbo o una ragazza date le piccole dimensioni, mentre l'altro era chinato ad osservare la scena. L'agente non ci pensò due volte corse verso di loro e afferrò per le spalle l'uomo in piedi che cercò di liberarsi dalla sua presa ma lui lo colpì forte con un pugno prendendolo in pieno volto, scaraventandolo a terra e lasciandolo rintontito carponi sull'asfalto. Guardò il fagotto blu, prendendo atto che fosse una ragazza con un camice spiegazzato, sporco di sangue, del sudiciume del marciapiede e strappato in più punti. L'altro uomo si era scanzato, facendosi da parte impaurito e schiacciando qualcosa di vetro con un piede. 
L'agente si avvicinò alla ragazza cercando di capire se c'era qualcosa che avrebbe potuto fare per lei. 3-1-7 con l'aria confusa, gli occhi velati che fissavano indistintamente un punto sopra di lei, allungò una mano e afferrò la giacca dell'agente cercando di mettere a fuoco la scena, e di combattere spasmodicamente contro il cocktail che le era stato appena iniettato.
 
L'Agente si voltò verso l'altro uomo con il camice a cui semplicemente rivolse uno sguardo rigido che  gli fece alzare le mani in gesto di arresa: «La prego sono disarmato!» Anche l'Agente lo era ma non lo avrebbe rivelato, si limitò a guardarsi attorno e notò delle fialette rotte sul marciapiede e una siringa usata, si portò istintivamente una mano alla cintura spostando lo sguardo arrabbiato verso l'uomo con il camice.
«Non muovere un muscolo! Dimmi che cosa le hai iniettato.» gli ordinò l'Agente in borghese, o quasi a questo punto della vicenda. 
Sollevò la testa alla ragazza delicatamente, stringendo labbra e denti in un gesto nervoso e aggrottando le sopracciglia preoccupato. Aspettava una risposta dall'uomo con il camice e invece sentì l'uomo dietro di se muoversi e un rumore metallico lo avvertì che aveva tolto la sicura all'arma. Arma a cui l'Agente non aveva minimamente pensato, e per la quale mentalmente si maledì.
Alzò gli occhi al cielo e insieme, lentamente lasciando la ragazza, anche le mani disarmate. Vide il medico correre via, scattò verso di lui velocemente per fermarlo ma l'uomo in nero ancora intontito dal pugno preso poco prima sparò senza prendere la mira. Il rumore dello sparo fece modificare la dinamica dell'azione all'agente che frenando lo scatto si buttò a coprire la ragazza con il proprio corpo per proteggerla. Sentì le portiere chiudersi e il furgone partire con una sgommata. 
Sbuffò, le vacanze lo avevano davvero così rallentato? In realtà era accorso nel vicolo pensando ad una delle tante aggressioni a cui le grandi città come Los Angeles erano abituate, ma si era ritrovato in una situazione decisamente diversa, ed era stato fortunato che il colpo di pistola non fosse rivolto verso di lui. 
Allentò la presa sulla ragazza sorreggendole la testa e scanzandola dal proprio petto, la guardò con i suoi occhi verdi e le sorrise dolcemente, la lasciò appoggiata al proprio braccio, in modo che non tornasse a toccare il marciapiede e goffamente, data la posizione, si tolse la giacca per mettergliela addosso e coprirla, visto che il camice che indossava era in uno stato a dir poco pietoso.
«Sono l'Agente Phil Coulson, lavoro per la Strategic, Homeland, Intervention, Enforcement & Logistic Division. Sei al sicuro adesso.» 

«Agent Phil Coulson, with the Strategic Homeland, Intervention, Enforcement & Logistic Division. You're safe now.» 

                         


Lo disse con una calma tale che solo un'Agente dello S.H.I.E.L.D. era addestrato a mantenere.  «3-1-7» rispose con un sussurro la ragazza. 
«Cosa significa?» Le domandò Coulson passando due dita sulla macchia che il marciapiede le aveva lasciato sul volto. Alcune lacrime scesero dalle guance di lei, lo guardò negli occhi per alcuni istanti e perse nuovamente i sensi. 
L'inoltro della richiesta di - EMERGENZA - alla base S.H.I.E.L.D. più vicina era già partito dal telefono dell'Agente dal momento in cui aveva notato la siringa in terra con le tre fiale rotte accanto. I telefoni in dotazione agli Agenti, che Coulson portava sempre attaccato alla cintura, erano muniti di tasti veloci di emergenza che spesso nelle situazioni critiche potevano rivelarsi dei veri salvavita.  Infatti già si sentiva il rumore di un Quinjet in avvicinamento.
   
 
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