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Autore: jacksmannequin    05/03/2016    3 recensioni
Gerard non aveva programmato di innamorarsi quel giorno.
AU
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Until next time,
-Dan x
***


Gerard non aveva programmato di innamorarsi quel giorno.

Quello che aveva davvero programmato di fare era uscire dal suo albergo, superare la sicurezza dell'aeroporto senza rendersi troppo ridicolo, e prepararsi per il volo di almeno dodici ore che lo aspettava per tornare a casa.

Era già riuscito a fare una di queste tre cose con successo - andiamo, inciampare nei suoi stessi piedi mentre tentava di recuperare il suo computer e contemporaneamente lo zaino dallo stupido nastro trasportatore del metal detector non è stato certo colpa sua! Le persone in fila dietro di lui avrebbero potuto ignorare l'avvenimento, quella non era certo una gara a chi arrivava prima al gate dopo aver superato la sicurezza - ma stava avendo qualche problema con la terza.

Tutto era iniziato quella mattina, quando Gerard, dopo essersi svegliato, aveva notato che il suo cellulare non si era caricato tutta la notte come avrebbe dovuto ma, accanto all'orologio che segnava un triste "6.45pm", rimandava invece ai suoi occhi un indicatore rosso della batteria con un 24% di fianco.

Ed è così che si era ritrovato seduto nella sala d'attesa dell'aeroporto di Berlino, cellulare in mano e zaino ai suoi piedi, tentando di dare un senso a quelle che sarebbero state le dodici ore più vuote della sua vita.

Aveva imparato a non cullarsi nel pensiero che l'aereo avrebbe avuto una presa alla quale caricare la propria batteria: l'ultima volta che l'aveva fatto si era ritrovato a contare le nuvole per almeno metà della durata del volo.

Gerard sbloccò velocemente lo schermo del cellulare, senza nemmeno vedere realmente ciò che lo schermo acceso gli rimandava alla vista, come faceva spesso quando era particolarmente nervoso.

Continuava a lanciare veloci sguardi dietro di sé mentre con la mano libera tentava di calmare il bruciore provocatogli dal ginocchio sbucciato, - grazie ancora, metal detector! - in attesa che il tizio che stava utilizzando l'unica presa presente nella sala decidesse che il suo tablet fosse abbastanza carico e lasciasse che anche gli altri la potessero usare.

Dopo qualche secondo, finalmente, il ragazzo staccò il caricabatterie dalla presa elettrica, probabilmente soddisfatto dal livello di batteria del suo iPad, e abbandonò la sua sedia a favore di un posto nella caffetteria qualche metro più in là.

Gerard dovette fare ricorso a tutta la sua forza di volontà per non lanciarsi attraverso le sedie per collegare il proprio caricabatterie, limitandosi a farsi velocemente strada fra di esse; solo una volta inserito il cavo nel cellulare si permise di emettere un respiro di sollievo.

Il segnale acustico che ne conseguì contribuì a calmare il suo animo. Una volta controllato e ricontrollato che il suo cellulare stesse davvero caricando, lo appoggiò accanto a sé sulla sedia e, per la prima volta da quando era entrato nell'aereoporto, si rilassò e si guardò intorno, permettendosi di osservare gli amici passeggeri che lo circondavano.

Questo ci riporta a come Gerard non avesse programmato di innamorarsi quel giorno. Peccato che, proprio nel posto davanti a lui, fosse seduto con un'espressione tranquilla l'essere umano più incantevole che Gerard avesse mai visto in tutta la sua vita.
Tentò di non soffermarsi troppo a fissare quel ragazzo, ci provò davvero, ma ogni volta che cercava di distogliere lo sguardo e rivolgerlo verso qualcos'altro, scopriva di non riuscirci.

L'uomo non rispettava certamente il tipico stereotipo di bellezza. Non sembrava affatto il genere di persona da apparire sulla copertina di un giornalino per adolescenti o nella pubblicità di un profumo, o uno di quelli che ti soffermeresti a indicare a un tuo amico per strada; meno ancora qualcuno su cui fare sogni da film porno dopo averlo visto prepararti il caffè. 
Ma era senza dubbio, nella mente di Gerard, la più bella persona dell'intero pianeta. Dio si era davvero dato da fare questa volta, pensò.

A prima vista dava l'impressione di qualcuno piuttosto basso, nonostante non potesse dirlo con esattezza, data la sua posizione. Diversi tatuaggi erano sparsi sulle sue mani, quasi valorizzandole; altri disegni ricoprivano le sue braccia, scoperte fino alle spalle grazie alla maglietta a maniche corte che indossava, mostrando qualcosa che a Gerard sembrò una riproduzione di Our Lady of Sorrows e un disegno che gli fece venire in mente il Giappone. I capelli, di un nero quasi pece, gli ricadevano su un lato del viso, nascondendolo parzialmente, ma lasciando comunque visibili i suoi occhi, intenti a leggere con un lampo di interesse in essi il libro che teneva aperto sulle gambe. Gerard si spostò nervosamente sul posto, tentando di mettere più a fuoco il suo viso. 
Il ragazzo, come se si fosse accorto degli sforzi che il suo ammiratore stava compiendo per poterlo analizzare meglio, alzò lo sguardo per dirigerlo all'orologio che teneva al polso, permettendogli così di studiare meglio i suoi occhi. Rimase quasi senza fiato: erano di un colore non ben definito, simile al nocciola, ma con delle leggere sfumature di verde, impossibili da notare da un occhio non allenato ad osservare. Gerard si convinse che qualcuno con quegli occhi e quei capelli non ricoprisse nemmeno lontanamente l'aspetto del tipico ragazzo tedesco; per una volta, si ritrovò a credere ciecamente negli stereotipi.

Il ragazzo abbassò il braccio e riportò la sua attenzione alla lettura, mordicchiandosi il labbro inferiore con aria assorta.
Aveva delle labbra piuttosto sottili ma rosee, incurvate in quel preciso istante in un lieve sorriso, dovuto probabilmente a ciò che stava leggendo. Gerard si ritrovò a pensare a come dovesse essere poterle baciare ogni qualvolta ne sentisse il desiderio.

Il ragazzo lo faceva sentire più romanticamente frustrato che sessualmente, ed era un sentimento a cui Gerard non era abituato; non che fosse qualcosa che gli causava dispiacere.

Una signora, apparentemente sulla sessantina ma energetica abbastanza da trascinare un trolley a prima vista decisamente pesante, si avvicinò all'oggetto dell'attenzione di Gerard, occupò il posto accanto a lui e lasciò andare la sua valigia, chiaramente sollevata per un motivo del quale non era a conoscenza - paura di arrivare in ritardo, forse?

Quest'ipotesi fu scartata dopo qualche secondo.
La donna, infatti, non aveva la minima idea di che ora che fosse. Per rimediare, avvicinò una mano alla spalla del tatuato, richiamando la sua attenzione per poi esclamare un "Scusa, giovanotto, potresti dirmi che ore sono?" con un tono di voce vivace, confermando il pensiero di Gerard: nonostante l'ora del mattino, la signora era più energetica di quanto lui sarebbe mai stato prima delle undici.

Lo sconosciuto sollevò lo sguardo e lo rivolse alla signora, aprendosi in un sorriso educato come per salutarla. Gerard rimase quasi senza fiato nel notare quanto quel lieve cambiamento d'espressione sul suo viso l'avesse reso mille volte più affascinante.

Nonostante avesse controllato l'orologio nemmeno tre minuti prima, preferì controllarlo nuovamente, comunicando subito dopo ciò che vi aveva visto alla donna. La sua voce era vagamente nasale; aveva parlato in inglese e, addirittura, Gerard credette di aver appena individuato un accento americano, più precisamente del Jersey. Che quell'angelo, oltre a provenire dal nuovo continente, abitasse anche nel suo stesso stato?

La donna lo ringraziò e, come se nulla fosse, iniziò una conversazione, in uno spiccato accento scozzese, su come odiasse prendere l'aereo e della sua paura di volare, costringendo, suo malgrado, il ragazzo a distogliere la sua attenzione dal libro. Quest'ultimo, nonostante l'aria educata, non dava l'impressione di essere particolarmente loquace: lasciava parlare la donna, annuendo quando era necessario e condendo la conversazione dei dovuti "Davvero?" e "Oh, sì, la capisco perfettamente!".

Gerard continuò a osservare i due - beh, la donna - parlare, sentendosi vagamente inquietante. Origliare le conversazioni altrui non è necessariamente maleducazione, no? O almeno, così sperava.
Ma se essere maleducati significava scoprire qualcosa di più su quel ragazzo, allora ben venga.

Li osservò per qualche altro minuto, durante i quali scoprì il nome del ragazzo - Frank. Pensò che gli stava davvero bene: non se lo sarebbe immaginato come un Peter o, non so, un Gabriel. 
Si trovava all'aereoporto poiché stava aspettando l'aereo di sua madre (Gerard si chiese per quale motivo i due avessero preso due aerei differenti), che avrebbe dovuto raggiungerlo lì a Berlino per passarvi due settimane di vacanza a casa della zia, - notò come Frank avesse assunto un'espressione quasi sarcastica nel pronunciare "vacanza" - per poi fare ritorno a casa. Con grande disappunto da parte di Gerard, non specificò in cosa consistesse quest'ultima parola e, invece, si alzò in piedi, abbandonando il libro nel punto dal quale si era appena spostato.

Riuscì a catturare dei frammenti di ciò che alzandosi il ragazzo aveva detto alla signora, intuendo così che avesse necessità di recarsi in bagno e di avere qualcuno che gli guardasse lo zaino (non che ci sia niente di prezioso, ma ci sono almeno cinque dei miei cd preferiti e preferirei che rimanessero là, disse con un sorriso).

Gerard si accorse che il suo aereo sarebbe partito in poco tempo con una punta di panico; non poteva rischiare di lasciarsi sfuggire una persona del genere! 
Così fece la prima cosa che gli venne in mente: aprì in fretta e furia il suo zaino e tirò fuori il quaderno dove buttava giù i pezzi sconnessi di frasi di canzoni che gli venivano in mente, strappò una pagina vuota e ci scrisse velocemente un messaggio, sperando almeno che la calligrafia risultasse leggibile. Ripiegò il foglio e ci scrisse sopra "al ragazzo più bello che abbia mai visto".

Si alzò in fretta e raggiunse la signora, che lo guardò con circospezione. Gerard si schiarì la gola e, tentando di non sembrare troppo nervoso, borbottò un "Non è che potrebbe metterlo nel libro di quel ragazzo da parte mia?", porgendole il foglio ripiegato.
La donna lo prese, osservandolo con lo stesso sguardo che aveva rivolto a colui che l'aveva scritto qualche secondo prima, per poi aprirlo e dargli una lettura veloce, chiudendolo di scatto una volta compreso che, probabilmente, aveva appena violato la privacy di Gerard.

«Ma certo, ragazzo.» Ripiegò il foglio e lo fece cadere velocemente fra le pagine del libro, indirizzando una volta fatto un sorriso comprensivo al ragazzo in fronte a lei. «Spero che funzioni.»

Gerard rimase a fissarsi i piedi, troppo timido e ansioso per aprire una conversazione con la signora che lo guardava allegramente.

Il ragazzo ritornò nella sala, ringraziando brevemente la donna con un sorriso, la quale ricambiò un po' troppo entusiasticamente, lasciando Frank con un'espressione quasi confusa sul viso. Cosa c'è di tanto bello in qualcuno che è appena tornato dal bagno? In ogni caso, si riprese un instante dopo, riportando il viso ad un'espressione educata. 
Lo stomaco di Gerard fece un saltello. E se avesse aperto il libro mentre erano ancora vicini e avesse trovato il foglio? Sarebbe morto dall'imbarazzo. Non sapeva nemmeno se gli interessassero i ragazzi.

Invece, Frank raccolse il libro e lo rimise nello zaino, che poi si getto velocemente su una spalla.

«Oh» esclamò, guardando il tabellone degli arrivi. «Credo che il volo di mia madre sia arrivato.» Sorrise per quella che sembrò l'ennesima volta alla signora, facendo contrarre pericolosamente lo stomaco di Gerard. «Buon volo!» Con quell'ultimo saluto, si incamminò verso dove avrebbe dovuto incontrare la madre, lasciando Gerard con qualche speranza dentro di sé.

***

Frank si gettò a peso morto sul letto della camera degli ospiti di sua zia, preparandosi mentalmente a quelle che sarebbero state le due settimane più noiose della sua vita. Per quanto adorasse la Germania, nulla batteva casa sua, i suoi cani e la sua chitarra, rimasta tristemente abbandonata nella sua abitazione a Newark.

Con un sospiro, recuperò dal comodino il libro che stava leggendo in aeroporto. Non era nulla di particolarmente eccelso; sua madre aveva insistito purché lo leggesse, ma non avrebbe mai ammesso che gli stava piacendo almeno un po'.

Nell'atto di aprirlo, un foglietto ripiegato cadde sul pavimento, ovviamente proveniente dalle pagine del libro. Si chinò verso il pavimento e lo aprì, inarcando le sopracciglia quando vide il suo contenuto.

Man a mano che andava avanti nella lettura si rese conto che le sue guance avevano assunto una allegra tonalità di rosso. Lo rilesse, una, due, tre volte, giusto per essere sicuro di non aver letto male.

Hey! Non ci conosciamo, e probabilmente ora ti sto inquietando, ma non potevo andarmene senza dirti niente. Sono il tizio che era seduto qualche posto lontano da te all'aeroporto di Berlino. Sicuramente non mi avrai nemmeno notato e, oh Dio, mi sento così stupido in questo momento. Scusa ancora, ma non potevo lasciarti andare come se nulla fosse. Seriamente, sei la persona più bella che abbia mai visto su questo pianeta, e sì che ne conosco tante. Mi sento come in quella canzone degli Isley Brothers... You didn't see me? No? Sì, probabilmente li ascolto solo io. Anche se alla fine la canzone non parla proprio della 'nostra' situazione, ma vabbè, a chi importa? A me no, okay. 
Quello che stavo cercando di dire è che credo di essermi preso una bella... cotta?, per te. Senza nemmeno averti parlato! Ora penserai che sono pazzo, e oddio, non so nemmeno se sei almeno bisex e dove abiti.
In ogni caso, se non ti ho completamente spaventato e se abiti almeno nel New Jersey come credo (ammetto di aver analizzato il tuo accento), ma soprattutto se non ti fa schifo uscire con i ragazzi, puoi sempre chiamarmi o quello che vuoi.

Alla fine della lettera c'era scritto con una calligrafia frettolosa un numero di telefono e un nome (Gerard). Frank avvertì un vago senso di colpa per non aver notato il ragazzo in aeroporto, e non era nemmeno sicuro che la lettera fosse per lui.

Scrivere a quel Gerard almeno un messaggio non avrebbe fatto male, no?

***

Gerard aveva provato a dormire durante il volo, e quando non ci era riuscito aveva deciso di occupare il tempo guardando qualche film, non riuscendo però a concentrarsi sulle battute: i suoi pensieri erano completamente occupati dal ragazzo dell'aeroporto. Prima dell'atterraggio riuscì a buttare giù due schizzi del suo viso e almeno tre canzoni su amori impossibili. Non potè fare a meno di pensare di essere un po' imbarazzante.

Quando atterrò al Newark-Liberty era l'una, ed era abbastanza frastornato dal viaggio e con una gamba mezza addormentata, l'effetto del jet lag che si faceva sentire. L'aeroporto era abbastanza trafficato, e Gerard fu felice di non dover andare a recuperare i suoi bagagli inesistenti.

Uscì dall'aeroporto e tirò fuori il cellulare, togliendolo dalla modalità aereo per chiamare suo fratello Mikey e essere sicuro che non si fosse dimenticato di doverlo andare a prendere. Non appena lo fece, un paio di notifiche comparvero sullo schermo. Lo sbloccò, aspettandosi di trovare qualche chiamata persa di Mikey, o forse Ray, e invece si sorprese quando notò che il messaggio proveniva da un numero sconosciuto.

ciao... gerard? conosco gli Isley Brothers, anche se preferisco i loro primi album

e sì, sono di Newark, anche se ora sono in vacanza a Berlino, come penso tu abbia capito

conosco qualche locale carino dove incontrarci, quando tornerò negli states

mi chiamo Frank, comunque, e la tua lettera mi ha fatto sorridere

Quando capì chi era il mittente del messaggio quasi si mise a urlare nel parcheggio.
Invece, rimase a fissare il cellulare incredulo. Il tizio gli aveva scritto davvero.

hey Frank! sono Gerard, e sì, sarebbe perfetto incontrarci! quando torni?

fra due settimane, ma non ti emozionare troppo

Gerard sorrise.

   
 
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