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Nick Autore : Sasori_Danna
- Titolo : Carillon
- Personaggi/Paring: Itachi\Sasuke
- Genere : Malinconico, Drammatico
- Rating : Giallo
- Avvertimenti . One-shot, AU (Alternative Universe)
Carillon
Una scatola chiusa...
Questa era la sua vita.
Una scatola chiusa e vuota,
abbandonata.
Una scatola banale.
A sua insaputa, si sarebbe potuta
aprire.
Avrebbe potuto cantare e danzare,
in dolci note di cristallo.
Avrebbe potuto intuirlo, ma non lo
fece.
Per lui, rimase sempre e soltanto
una
scatola vuota.
Il
trillo della campanella
riecheggiò per i corridoi vuoti, attraverso le pareti
tappezzate con tanti
disegni di colori sgargianti.
Le
porte delle aule erano
leggermente aperte, giusto per lasciare che uno spiraglio
d’aria fresca
trapelasse all’interno di esse.
Gli
alunni giocavano sparsi
nel pavimento, mentre la maestra li teneva d’occhio con fare
paziente. La donna
stava seduta in una piccola sedia, i lunghi capelli biondi che le
cingevano il
busto e lo sguardo più che mai attento della maestra
d’asilo.
-
Maestra, maestra!- La voce
stridula di una bambina la fece sobbalzare, riscuotendola dai suoi
pensieri.
-
Si, tesoro?- Chiese
paziente la donna, chinandosi fino a trovarsi faccia a faccia con lei,
e i suoi
grandi occhi verdi si specchiarono nei suoi, castani.
-
Sasuke mi ha dato una
spinta!- Strillò la bimba, singhiozzando e tirando su col
naso.
La
maestra si alzò in piedi,
prendendo per mano la piccola.
Sasuke,
come al solito, non
giocava con gli altri bambini. Non disegnava impiastricciandosi le mani
del
colore forte dei pennarelli, né si sdraiava nel pavimento a
giocare.
Stava
solo, in una angolino.
Di tanto in tanto giocava con una macchinina. La maestra sapeva che non
era un
bambino comune. Non l’aveva mai visto piangere, né
invocare il nome della
mamma.
Lo
avvicinò.
-
Sasuke, perché hai dato una
spinta a Sakura?- Chiese la donna, paziente ma con una nota di
rimprovero nella
voce.
Il
bimbo alzò lo sguardo,
fulminandole entrambe con il suo sguardo oscuro.
-
Mi infastidiva…- Borbottò.
La
donna sospirò: - Avanti,
Sasuke. Chiedi scusa a Sakura.-
L’Uchiha
abbassò lo sguardo.
In casi del genere, non esistevano alternative.
-
Scusa, Sakura.- Un sussurro
appena udibile, ma la maestra preferì accontentarsi.
-
Ok. Su, Sakura. Torna a
giocare.-
La
bambina dai capelli rosa
annuì, asciugandosi le lacrime con la manica, e scomparve
nella folla di
ragazzini urlanti.
La
maestra si sedette accanto
a Sasuke.
-
Chi viene a prenderti, oggi?-
Domandò dolcemente.
- Mio fratello.- Rispose il
bambino, gelido.
La
maestra si alzò,
allontanandosi. Conosceva suo fratello. Conosceva Itachi. E sapeva che
razza di
tipo era. Aveva dei precedenti per spaccio, inoltre si dicevano cose
inimmaginabili sul suo conto. Che era un ladro, un delinquente.
Ma
era la sola persona che Sasuke
avesse al mondo. Itachi, il bullo, il ladro, il drogato, il
delinquente.
Come
poteva lui occuparsi di un bambino?
Ma
la maestra era consapevole
del legame profondo che univa Sasuke a suo fratello. Erano una
famiglia, o il
penoso ricordo di ciò che una volta, tanto tempo prima, era
stata una famiglia.
Due genitori scomparsi, portati via dal vento.
Era
accaduto due anni prima,
in una situazione oltremodo tragica.
Gli Uchiha stavano recandosi a
prendere Sasuke a
scuola. Ma erano di ritorno dalla questura: Itachi aveva rotto un polso
a un
compagno di scuola.
Fugaku guardò
velocemente l’orologio. Erano in
ritardo.
- Ecco. Sei contento, bastardo?-
Chiese, guardando
Itachi nel sedile posteriore. – Adesso arriveremo in ritardo
a prendere tuo
fratello, e sai che parte mi farà,
quella dannata maestra?-
Mikoto scosse stancamente la testa.
Un grosso camion
stava di fronte a loro.
Il cellulare di Mikoto
trillò. La donna lo prese e
rispose, scostando i lunghi e lucidi capelli neri.
- Pronto?-
- Mamma… sono Sasuke.-
Fece una vocetta triste al
ricevitore.
- Tesoro, stiamo arrivando,
noi…-
- Vi siete dimenticati di me.- La
interruppe quella
voce abbattuta.
- No, Sasuke, no… -
Dall’altro capo del
ricevitore arrivarono singhiozzi a
stento trattenuti. Fugaku se ne accorse, visto che anche Mikoto stava
iniziando
a piangere.
Ingranò la marcia
e fece per sorpassare il camion. Proprio in quel momento
un’auto si parò
davanti alla sua.
Lontano, Sasuke teneva la cornetta
del telefono della
scuola premuta contro l’orecchio.
Sentì uno strillo acuto,
poi un rumore sordo. La linea
cadde e Sasuke rimase là, in piedi.
Faceva freddo. Terribilmente freddo.
Sasuke
uscì lentamente da
scuola, trascinando la cartella dietro di sé, tenendo lo
sguardo rivolto verso
l’asfalto infreddolito dall’Inverno.
Sakura
sfrecciò accanto a
lui, tra le braccia dei suoi genitori, ridendo e afferrando la mano di
entrambi. Era così … semplice. Una scenetta che
si ripeteva ogni giorno.
E
ogni giorno Sasuke sedeva
sulla scala di marmo, solo. Suo fratello si era scordato di lui.
Di
nuovo.
Quella
sera stessa, i due
fratelli Uchiha stavano seduti a tavola assieme, a mangiare quel poco
che la
vicina di buon cuore gli riciclava. Erano ridotti così, in
un appartamento
microscopico. Una candela illuminava la tavola, per risparmiare la
luce.
-
Itachi…?- Chiamò
timidamente Sasuke, mentre si portava alla bocca un cucchiaio di
minestra
gelida.
Il
ragazzo di fronte a lui
alzò lo sguardo dal piatto. Uno sguardo identico al suo,
solo più sottile e
malinconico.
Non sarei dovuto sopravvivere
….
Perché io?
Perché non la mamma?
Cosa posso offrire io
a Sasuke?
-
Che c’è, Sasuke? Mangia…-
Stava per aggiungere: “prima che si raffreddi”,
come faceva sempre Mikoto. Lei
poteva farlo…
-
Perché ti sei scordato di
me, oggi, a scuola?- Domandò con la sua voce cristallina.
Itachi
lo guardò fisso: - Ero
impegnato.-
-
Ma sono il tuo fratellino!-
-
Ero impegnato lo stesso.-
-
Ma…-
-
La vuoi piantare? Sono
arrivato, no?-
-
Non mi vuoi bene!-
-
Sasuke…-
-
Non è giusto!-
-
NO!- Sbottò Itachi,
sbattendo un pugno sul tavolo che fece tremare le stoviglie.
-
No… non lo è.-
Gli
occhi di Sasuke si
riempirono all’istante di lacrime.
-
Itachi…- piagnucolò.
L’Uchiha
maggiore abbassò lo
sguardo stanco.
Si
alzò dalla sedia,
raggiungendo il fratello. I loro occhi cozzarono. Nero su nero.
Poi,
Sasuke gli gettò le
braccia al collo e affondò la testolina nera sul suo petto.
Itachi
lo strinse, lo
avvicinò di più a sé .
C’era
un buco nel soffitto.
L’acqua gocciolava scandendo i secondi.
Itachi
teneva stretto il
fratellino. In mano stringeva forte un biglietto:
Domani alle 11:00 al solito posto.
Porta i contanti
per la roba che ti abbiamo procurato, altrimenti taglieremo le budella
a quel
moccioso di tuo fratello.
-
Domani tarderò un po’, Sasuke.-
Gli sussurrò Itachi.
Il
bambino alzò lo sguardo
accusatorio verso il fratello: - Come sempre… tu ti scordi
di me.-
Un
dolore forte colpì il
petto di Itachi.
-
Sasuke… guardami negli
occhi.- Fece, prendendo il viso del fratellino tra le mani. –
Io ci
sarò sempre. Non mi scorderò di te. Né
domani né mai.-
Sasuke
rimase sulle sue
ginocchia, giocherellando con le ciocche di quel lunghi capelli
corvini.
-
Ti voglio tanto bene,
Itachi.- Mormorò alla fine il bimbo.
Itachi
si limitò ad annuire,
facendolo scendere dalle sue ginocchia.
Sasuke
gli voltò le spalle e
scomparve, inghiottito da tenebre troppo profonde perché la
luce danzante della
candela potesse riacchiapparlo.
Itachi
si diresse lentamente
verso la cassaforte. I suoi passi erano leggeri e superficiali, come se
avesse
potuto tranquillamente volare, se solo lo avesse desiderato.
La
sua mano pallida digitò il
codice, e la cassaforte si aprì scricchiolando.
Il
ragazzo impugnò saldamente
una piccola scatolina argentea. Dentro c’erano soldi. Tanti
soldi.
Itachi
aveva rubato, aveva
ferito, aveva insultato. Ma non l’aveva fatto per se stesso.
Il suo grande
errore era stato iniziare a drogarsi, iniziare e non riuscire
più a smettere.
Si
era rivolto alla gente
sbagliata per procurarsi altra droga. Adesso doveva pagarla.
Non
era un eroe. Era solo un
delinquente, un avanzo di galera. Questo era Itachi Uchiha.
Aprì
dolcemente il carillon.
Era stato di sua madre, un tempo. Adesso, non era di nessuno, solo del
tempo.
Del tempo e della polvere, che lo deturpavano.
Una
figura sottile emerse,
come per magia, dal ripiano decorato con sottile stoffa rossa. La
figurina
impolverata prese a girare su se stessa, mentre la musica dolce
riempì le
orecchie di Itachi. Quella musica, quella ninnananna che sua madre gli
cantava
sempre.
Prese
il sacchetto scuro
infondo ad esso, mentre la musica gli inebriava i sensi.
Lo
strinse a se. Sarebbe
stata la sua salvezza o la sua rovina. In entrambi i casi, poteva
salvare la
sua vita o quella di Sasuke. Non entrambe. No, non sarebbe stato
possibile
vivere così ancora un giorno.
Itachi
prese la sua
decisione, poi chiuse lentamente il carillon.
E
tutto fu silenzio.
Per
Sasuke non c’era niente
di più stupido dei suoi compagni di classe.
Si
sentiva in imbarazzo a
stare con gente del genere, che oziava rumorosamente tutto il giorno.
Tuttavia,
quella mattina
riuscì perfino a sorridere a Sakura. Quella mattina era di
buonumore.
Itachi
ci sarebbe stato,
sarebbe andato a prenderlo.
Itachi…
La
campanella trillò.
Mai a Sasuke quel suono era parso
così dolce.
Scattò
in piedi, senza
ascoltare i richiami della maestra.
Avrebbe
trovato Itachi…
Itachi ci sarebbe stato, sarebbe andato a prenderlo.
Ne
era certo.
Uscì,
ignorando gli abbracci
che i suoi compagni si scambiavano con i genitori. Finalmente anche lui
avrebbe
potuto... avrebbe potuto…
Invece
no . Itachi non c’era.
Sasuke
tremò dalla rabbia.
Adesso lo sapeva.
Si
era dimenticato di nuovo
di lui. Adesso ne era certo.
Era solo
La
maestra gli pose una mano
sulla spalla, accompagnandolo di nuovo dentro la scuola. Fuori, pioveva
a
catinelle. Tante piccole gocce di pioggia scintillanti, lacrime dolci
che
cadevano sul mondo.
-
Sasuke, stamani tuo
fratello ha lasciato una busta con un biglietto per te.-
Disse
la maestra, stringendo
un pezzo di carta umido tra le candide dita affusolate.
Sasuke
rimase in piedi,
singhiozzando sommessamente.
-
Non voglio sentirlo.-
La
donna lo fissò a lungo.
Lei sapeva. E il colpo di pistola le riecheggiava ancora nelle
orecchie. Itachi
era un delinquente, ma aveva un cuore.
-
Te lo leggo lo stesso.
Ascolta:
Sasuke, in questo momento mi starai
odiando, e avrai
tutta la mia comprensione. So che mi odi, e mio malgrado lo accetto.
La vita per noi, in questi ultimi
due anni, è stata
tremenda. Io ti ho rovinato, io ti ho fatto soffrire. D'altronde, sono
un
drogato, giusto? Perciò vivo nelle illusioni della vita.
Non sarei mai riuscito a dirti
queste parole in
faccia, e mi dispiace.
Mi dispiace perché mamma
e papà sono morti per colpa
mia, mi dispiace perché ti ho rovinato l’infanzia,
mi dispiace per non essere
stato davanti a quel cancello, oggi. Avrei tanto voluto correrti
incontro e
abbracciarti, sfilarti dolcemente la cartella dalle spalle e guidarti
per mano
fino a casa (se la nostra si può ancora definire una casa).
Purtroppo non ho
potuto farlo.
Sei ancora piccolo per confrontarti
con la morte,
anche se ci hai vissuto assieme per due anni. Te la posso spiegare io,
se vuoi,
Sasuke.
Non mi vedrai accanto a te. Non mi
vedrai più, Sasuke.
Sono andato da mamma e papà. Qui stiamo bene e ti
proteggiamo.
Se non l’ho potuto fare
laggiù, ci proverò da quassù,
Sasuke, te lo prometto. Non
ti dirò di
dimenticarmi, né di rinnegarmi. Ma ricordami, prendi tutti i
miei errori e
cerca di non imitarli.
Un giorno crescerai, Sasuke.
Troverai una bellissima
donna, l’amerai. Starai vicino ai tuoi figli e insegnerai
loro a sopravvivere,
a cavarsela in questo mondo stupido.
Ma non voglio che tu finisca in
collegio, Sasuke.
Cerca l’indirizzo riportato nel retro del biglietto.
È di Shisui Uchiha.
È un nostro cugino, in
passato io e lui abbiamo avuto
delle divergenze, ma sono certo che ti accoglierà.
Inoltre, ti lascio questa busta.
Dentro ci sono dei
soldi. Molti,a dire il vero. Tutto quello che avevamo.
Quei soldi non hanno salvato me. Ma
salveranno te.
Addio, Sasuke. Spero che un giorno
riuscirai a
perdonarmi.
Ti voglio bene.
Itachi
La
maestra si asciugò le
lacrime con il dorso della mano.
Anche
Sasuke piangeva. Aveva
capito.
Suo
fratello era andato a
prenderlo. Suo fratello c’era stato quel giorno, come
c’era stato sempre.
Come
se Sasuke gli fosse
corso incontro, e lui gli avesse sfilato la cartella dalle spalle,
sorridendo.
Come
se si fossero presi per
mano e si fossero diretti insieme verso il sole morente, verso il
futuro.
Verso
casa.
Fine
Sasori’s Space: Non posso ancora credere di essere
arrivata quinta… non ci speravo!
Ringrazio tantissimo Ainsel per
avere indetto questo splendido contest. Detto questo, dedico questa
fict a Princess of Bang, che
ancora non può
credere che io abbia scritto una ItaSasu.
Spero che vi sia piaciuta. In ogni caso, commentate.
Originalità: 8
IC dei Personaggi: 8.5
Attinenza al Tema: 7:5
Correttezza grammaticale: 9
Totale: 33
Il primo impatto è davvero ottimo, la tua fiction
è riuscita a colpirmi dall’inizio alla fine.
E’ raro che io utilizzi questo aggettivo in una recensione,
ma la considero realmente una storia commovente.
Tuttavia, leggendo con più spirito critico e meno trasporto
iniziano ad uscire fuori alcune imprecisioni che è
impossibile ignorare.
Innanzitutto è troppo inverosimile che gli assistenti
sociali lascino vivere da soli un bambino dell’asilo ed il
fratello di tredici anni, così come mi pare che Itachi sia
troppo giovane per essere rimasto già invischiato in un
mondo come quello della droga e della criminalità.
Ci tengo comunque a precisare che queste sono considerazioni che faccio
solo perché, in quanto giudice, sono obbligata, ma se fossi
una semplice lettrice mi lascerei trascinare dalla trama che sei
riuscita a creare e le ignorerei volentieri.
I personaggi sono ben inquadrati e decisamente IC. L’unico su
cui ho avuto qualche dubbio è Fugaku, ma, anche se non ce lo
vedo proprio ad interpellare Itachi a quel modo, posso dire che
è giustificato dalla circostanza.
Sull’attinenza al tema non ho potuto darti un voto molto alto
perché, per quanto Itachi e Sasuke si vogliano bene, il loro
rimanere solo un forte affetto fraterno. Giusto, considerando
l’età di entrambi, ma comunque un poco fuori da
quello che il concorso richiedeva.
La grammatica è praticamente perfetta, ed lo stile,
soprattutto considerando la tua età, è davvero
notevole.
Se continuerai in questo modo sono certa che diventerai una bravissima
scrittrice, te lo dico in tutta sincerità.