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Autore: scrabble_wars    06/03/2016    2 recensioni
Il pappagallo di Silver fu solo l'ultimo tra i contrattempi da cui la ciurma sembrava essere perseguitata da quando aveva disgraziatamente deciso di accoglierlo come cuciniere e bastarono pochi giorni per annoverarlo tra i peggiori.
Genere: Comico, Erotico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Flint, John Silver
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il capitano Flint si era chiesto fin troppe volte perché avesse desistito dal conficcare una spada nel petto di John Silver abbastanza a lungo da renderlo necessario sulla sua nave e, benché facesse fatica ad ammetterlo, anche nella sua vita. Il pappagallo di Silver fu solo l'ultimo tra i contrattempi da cui la ciurma sembrava essere perseguitata da quando aveva disgraziatamente deciso di accoglierlo come cuciniere e bastarono pochi giorni per annoverarlo tra i peggiori.

            “È un regalo per tutti da parte del villaggio di Scott” aveva annunciato una volta tornato sulla nave che l’avrebbe portato a Nassau assieme al resto dei pirati. “Non avevo mai avuto a che fare con un popolo che si impegna così tanto per complicare la vita a qualcuno in segno di ringraziamento”.

Da dietro il timone, Flint l’aveva guardato con l’ennesima espressione di sconfitta e sopportazione a cui garantiva la precedenza sulla violenza ogni volta che aveva a che fare con le sue trovate.

In realtà il volatile era stato donato solo a lui – e da una persona in particolare – in segno di buon auspicio, ma conoscendo i pappagalli non aveva il minimo desiderio di assumersi alcuna responsabilità in aggiunta agli oneri da quartiermastro. Se l’intenzione di Madi era stata quella di fornirgli un suo ricordo sotto forma di una bestia impulsiva e ficcanaso, Silver poteva giurare che non avrebbe mai più messo piede nel villaggio che suo padre aveva aiutato a isolare dal resto del mondo nonostante avesse tutto l’aspetto di un paradiso terrestre e nessuno si mostrasse ostile nei suoi confronti.

Sfamarlo non era il problema. Una volta lasciato libero nella stiva dava la caccia a ogni piccolo roditore che era riuscito a zampettare sulle pesanti corde usate per ormeggiare la nave. Nemmeno il fatto che avesse preso a defecare su chiunque, a partire dai pirati addormentati sul ponte, sembrava essere il problema peggiore, o la concreta minaccia di un impatto con l’immensità della sua apertura alare durante i turni di vedetta sulla cima dell’albero maestro o all’altezza delle griselle più allentate e instabili.

La vera minaccia alla salute mentale di tutto l’equipaggio era data dal fatto che potesse parlare, abilità scoperta per caso quando ormai erano troppo lontani dalla costa per poterlo restituire gentilmente al mittente. L’immenso repertorio di sproloqui non era notevole quanto il modo in cui, tra tutto il vociare, riusciva a cogliere e selezionare accuratamente delle frasi estremamente imbarazzanti che avrebbero distrutto la reputazione di chiunque avesse voluto mantenere una facciata da duro, per poi strillarle a tutto volume svolazzando senza riposo.

Chi era rimasto più a lungo sotto il comando di Flint aveva iniziato a fare battute su come la situazione non fosse poi molto diversa da quando Silver aveva iniziato a guadagnare il loro favore - tranne per gli escrementi sparsi per la nave, anche se molti di loro potevano giurare che ne avesse sparsi altrettanti di metaforici.

           

Gli uomini della ciurma non volevano di certo rinunciare a qualche meritata ora di sonno e per questo stabilirono che, considerato il ruolo di Silver nel problema, sarebbe stato lui a occuparsi dell’innominato uccellaccio almeno dopo il tramonto, portandolo con sé nella cabina del capitano dove aveva un giaciglio fisso dal suo incidente con il macellaio di Vane. La richiesta, in un primo momento avanzata in privato, emerse prepotentemente e collettivamente durante una cena sotto lo sguardo minaccioso di Flint che intimò di tacere dal momento in cui capì che direzione stava prendendo il discorso.

            “Perché non la mettiamo ai voti? Giusto per ricordare i vecchi tempi, quando esistevano ancora le regole democratiche” propose Billy in tono sarcastico. “Dato che ormai è chiaro che non possiamo scegliere liberamente se immolarci o meno per non so ancora quale causa, potremmo almeno votare su qualcosa di banale come quel dannato pappagallo, no?”

Ovviamente la proposta venne accolta con urla esultanti che diventarono presto un coro di “Nella cabina! Nella cabina!”.

            “Ehi, ascoltate, non per essere scortese, ma…” iniziò Silver per tentare di placare sul nascere la rabbia del capitano da cui, però, venne interrotto. “Perché cazzo non mettete quella bestia in una gabbia e la fate finita?” gridò, sovrastando il baccano.

Silver indicò il capitano guardando gli altri uomini come se gli avesse tolto le parole di bocca e stupendosi che non avesse suggerito misure più drastiche – come una marinata per pappagallo arrosto.

La memoria di Silver venne spinta con forza sulla spiaggia di Nassau. Improvvisamente si trovò inginocchiato su entrambe le gambe e il calore che emanava dalla sabbia gli scottava gli stinchi mentre, accanto a lui, Flint triturava le erbe che avrebbero insaporito il maiale messo a dorare sullo spiedo. Come potesse cucinare meglio di Randall era un mistero. Come potesse fare qualcosa di così banale senza lamentarsi o delegare il compito a qualcun altro era decisamente al di fuori della sua immaginazione.

La semplice umanità che emanava dai suoi gesti aveva mosso nello spirito di Silver qualcosa che andava oltre lo stupore e prendeva le sembianze di una mostruosa curiosità. Avrebbe voluto lanciare l’ancora nel profondo di quel momento, fermare il tempo per leggere ogni espressione di Flint nel tentativo di scovarne qualcuna che appartenesse alla sua vecchia vita.    

Quando tornò in sé si accorse di stare fissando il capitano, il quale ricambiò con uno sguardo interrogativo e frustrato.
            
            “Non abbiamo gabbie” disse infine, “ma potremmo… coprirlo… con un panno per non distrarlo? La cabina è più silenziosa della stiva”.

            “Certo che sei qualcosa di incredibile!” sbottò Flint prima di ritirarsi per la notte seguito da Silver con il pappagallo appollaiato sulla spalla.

            “Che fastidio potrà dare un volatile che dorme?” Chiese Silver una volta richiusa la porta alle spalle.

            “Ti avviso, questa è la tua unica possibilità. Se questa notte verrò svegliato da un suo verso – o qualcosa di peggio – sarà la fine del tuo fottuto animaletto.” La minaccia di morte di Flint, come prevedibile, colpì anche l’ultimo membro dell’equipaggio.

            “Non succederà. Ha volato tutto il giorno e sicuramente sarà stanco. Tra quanti giorni hai calcolato che arriveremo a Nassau?” Chiese Silver per tentare di attirare l’attenzione su qualcosa di più sensato.

Nel momento in cui Flint iniziò a pensare a qualcosa di pratico la sua espressione si rilassò. “Se il vento restasse costante e non incontrassimo altre navi potremmo arrivare in meno di due giorni. Hai fretta?” Anche il suo tono di voce sembrava meno infastidito e la domanda finale non riuscì a celare il desiderio di intrattenere una conversazione, forse per ritardare la presenza dei fantasmi che lo perseguitavano nel silenzio.

            “Non sto esattamente morendo dalla voglia di essere di nuovo in pericolo, se è questo che mi stai chiedendo” rispose Silver in modo schietto “e nemmeno di vedere te in pericolo. Sappiamo entrambi quanto il tuo ruolo sia essenziale e non credo di avere più la forza fisica necessaria a tirarti fuori dall’acqua se dovessi prendere la decisione fottutamente stupida di lasciarti annegare. Di nuovo.”

Flint si chiese perché, ogni volta che si trovavano soli, l’atmosfera diventava più familiare e li portava ad ammettere cose che non avrebbero mai osato dire a nessun altro, come se avessero creato un mondo parallelo di cui solo loro conoscevano le leggi. La situazione, più che metterlo in imbarazzo, gli faceva temere che Silver potesse entrare nella sua mente in modo irreversibile, ma non si era ancora accorto che era già successo molto prima di quanto potesse immaginare. 

            “Abbiamo già avuto questa conversazione e sai anche come la penso. Non smetterò di comportarmi come il capitano di questa nave fino alla mia morte. Non ho mai costretto nessuno a seguirmi e ognuno è libero di andarsene in qualsiasi momento. Vale anche per te.”

            “Se devo sentire ancora queste stronzate preferisco dormire. Buona notte.”

Silver si sedette sul suo giaciglio e si arrotolò i pantaloni sopra il ginocchio. Se non avesse fatto silenzio avrebbe vomitato tutta la sua rabbia su Flint, il quale avrebbe potuto benissimo rinfacciargli che aveva fatto ritorno volontariamente sulla nave ogni volta che era salpata. Il discorso non avrebbe preso nessuna direzione accettabile, non per la mancanza di una vera direzione, ma semplicemente perché le loro motivazioni erano diventate sempre più labili e le loro azioni sempre più fini a sé stesse.

Flint aveva perso ogni amico che aveva continuato a incarnare il sogno di Thomas, mentre Silver sembrava riporre nel dolore alla gamba ogni volontà per cui non aveva una spiegazione. Tolse la protesi tentando di sopprimere un gemito che arrivò inevitabilmente alle orecchie di Flint, ma non osò alzare subito lo sguardo per timore di essere accolto da un’espressione di pietà in aggiunta al silenzio opprimente. Riuscì a farlo solo quando il fruscio della stoffa sciolse la tensione.

La schiena nuda e pallida di Flint sembrava una vela gualcita nella semioscurità della stanza. Tra tutte le cicatrici e le ferite più recenti risaltava quella alla spalla sinistra che ricordò a Silver la cecità con cui l’aveva difeso di fronte a un’intera ciurma senza più nessuna fiducia nel suo capitano.

Per avere la sua stessa salvezza come unico interesse si era comportato in modo veramente assurdo provocando la reazione violenta dalla nave spagnola e rimanendo, come gli altri, sulla linea di fuoco dei cannoni nemici. E poi Flint era caduto in mare sotto gli occhi di Silver che non aveva pensato due volte prima di tuffarsi per salvarlo esponendosi ancora di più al pericolo.

Flint si stese sulla branda, rigirandosi su un lato per volgere la schiena a Silver e rifiutandosi di dare ascolto alla sensazione che lo avvisava degli occhi puntati su di lui. Riuscì ad addormentarsi solamente dopo avere sentito Silver ripulirsi la ferita trattenendo più volte il respiro e sdraiarsi, finalmente, sulla coperta.

Il pappagallo, nel frattempo, era rimasto talmente silenzioso che venne più volte scambiato per un soprammobile dalla visione periferica dei due.

 

Il sonno di Silver si interruppe prima dell’alba, quando la nave smise di cullarlo. La luce pallida della luna illuminava un orologio da taschino appoggiato su una pila di libri trafugati che segnava qualche minuto dopo le cinque. Alzarsi con poche ore di sonno alle spalle significava avere la mente annebbiata per il resto della giornata, cosa che non si poteva permettere specialmente perché chiunque avrebbe potuto attaccare la nave o guidare un ammutinamento all’improvviso.

No, non era il momento giusto per immaginare situazioni catastrofiche. Si mise su un fianco in modo da essere rivolto verso la branda di Flint e notò che era sparito, probabilmente desiderando una boccata d’aria dopo uno dei frequenti incubi di cui Silver non gli aveva mai osato parlare o, più semplicemente, perché voleva dare indicazioni su quali vele issare per sfruttare il vento che minacciava di cessare da un momento all’altro. Avrebbe potuto benissimo sfruttare il suo ritorno come sveglia, ma per il momento l’unica cosa che gli importava era continuare a dormire.

           

Silver e Flint erano in una stanza che avrebbe potuto benissimo trovarsi sopra la locanda di Eleanor Guthrie; Flint stava seduto dietro a un tavolo e parlava di un piano per liberare Nassau mentre Silver lo osservava dalla sua posizione su un comodo materasso e interveniva con dei suggerimenti. Il caldo stava diventando insopportabile, ogni parola era ovattata e la camera era immersa in uno strano alone di luce innaturale. Flint sembrò rinunciare a formulare una serie di pensieri coerenti e si lasciò sprofondare nella sedia coprendosi gli occhi con un avambraccio e prendendo dei respiri profondi prima di togliersi la camicia.

Silver era abituato ad appoggiare una mano sulla spalla di chiunque stesse tentando di convincere nonostante sapesse che non a tutti era gradito, ma si era sempre trattenuto dal fare lo stesso con il capitano e, con il tempo, la mancanza di quel contatto si era trasformata in un’ossessione. In quel preciso istante avrebbe solo voluto alzarsi e fare passare le dita tra i peli rossicci del suo petto, sulle lentiggini che gli ricoprivano la schiena e lungo il contorno di ogni muscolo.

Come se Flint gli avesse letto nel pensiero, si alzò e iniziò ad avvicinarsi molto lentamente in modo da dare a Silver tutto il tempo necessario ad ammirarlo. Sembrava stesse riflettendo sulle conseguenze di ciò che avrebbe fatto e sulla necessità di mandarle al diavolo. Si fermò a due passi dalle gambe dell’altro uomo che dondolavano abbandonate oltre il bordo del letto e lo guardò dall’alto in basso con occhi invitanti e pieni di lussuria. Silver aveva promesso a sé stesso che non avrebbe mai distolto lo sguardo da quello del suo capitano per non dare segni di debolezza e così lo sostenne nonostante l’imbarazzo.

In qualsiasi altra occasione avrebbe detto qualcosa di stupido per sciogliere la tensione, ma non riuscì ad aprire bocca. O meglio, la aprì, ma non emise alcun suono. Questo permise a Flint di baciarlo subito intensamente mentre gli prendeva i polsi e si faceva chiudere in un abbraccio per ridurre ulteriormente la distanza che separava i loro corpi. Ne approfittò per accarezzare ogni centimetro della schiena di Flint, ma la lingua insistente dell’altro uomo continuava a spostare la sua concentrazione su un bacio che sembrava interminabile.

Lo stupore iniziale di Silver non fu completamente genuino. Inspirò al primo contatto con le labbra di Flint perché era la reazione più prevedibile e scontata in quel momento, ma era come se tutto fosse già stato scritto, come se stesse recitando una parte conoscendo il finale e si fosse appena accorto di quanto gli piacesse il copione.

 Il capitano gli prese il viso tra le mani quando si fermò per respirare più regolarmente, come per paura che volesse fuggire, ma Silver lo tirò a sé avvolgendogli le gambe attorno ai fianchi.

La scossa di piacere fu inevitabile. Silver iniziò a muovere il bacino contro quello di Flint mentre lo teneva intrappolato tra le cosce e lo spingeva a sé con i talloni. Flint gli stava dando molto più di quanto avesse mai osato sperare e lo stava facendo con una dolcezza che apparteneva più all’uomo appassionato di libri che al pirata dalla terribile reputazione.

Quando abbandonò la testa all’indietro, Flint iniziò a baciarlo sul collo e a mordergli la linea delle clavicole lasciando segni che sarebbe stato difficile nascondere alla ciurma. Forse non si era spinto a tanto con la signora Barlow.

Prima che dell’inutile gelosia lo rendesse cieco di fronte alla fortuna di averlo tutto per sé, Silver allentò la presa e si mise al centro del letto invitando Flint a fare lo stesso. Il capitano rimase per un attimo in ginocchio tra le sue gambe per studiare ogni particolare, accarezzandogli l’addome, i fianchi e le cosce. Quando gli slacciò i pantaloni, decisamente troppo stretti per una situazione del genere, Silver avvertì un brivido salirgli lungo la schiena per l’aspettativa che diventò più intenso quando Flint, finalmente, decise di usare le mani per qualcosa di più concreto.

Silver si lasciò travolgere dalla sensazione chiudendo gli occhi e lasciandosi sfuggire qualche debole “capitano Flint” prima di sollevarsi sui gomiti per la curiosità di scoprire se entrambi stavano condividendo lo stesso piacere.

Quando Flint gli tolse completamente i pantaloni, Silver si accorse di avere ancora la gamba sinistra sana, ma accantonò il pensiero per non permettere alla consapevolezza di trovarsi in un sogno di distrarlo.

Il passato di Flint non gli importava, quello che stava succedendo fuori da quella stanza non gli importava e nemmeno il fatto che fosse tutto un sogno. Stava realizzando un desiderio che aveva tentato troppo a lungo di sopprimere e in un modo che non avrebbe creato spiacevoli imbarazzi nei momenti che i due avrebbero passato assieme nel silenzio della cabina.

Silver si mise a sedere, gli allontanò le mani e lo costrinse a invertire i ruoli. Vederlo inarcare la schiena in una condizione di passività così contraria a tutto ciò che conosceva di lui lo spinse a cercare un ultimo bacio aumentando i movimenti ritmici e rimanendo a contatto con ogni centimetro della sua pelle. Quell’uomo non aveva mai smesso di affascinarlo dal primo momento in cui l’aveva conosciuto.

Silver si sentì chiamare per nome e rispose “James” con una voce che tradiva tutto il suo desiderio. Era un sogno, solo un sogno, e Flint gli avrebbe dato ciò che voleva prima che qualcuno si azzardasse a svegliarlo. Con la fronte appoggiata alla sua sollevò il bacino per poi lasciarsi andare lentamente su di lui. Non provò nessun dolore, ma solo un immenso piacere che durò il tempo di qualche spinta decisa e poi gli esplose nel petto.

 

            “Qualcosa non va? Ti è tornata la febbre?” Howell si premurò di accertarsi che le condizioni di salute di Silver non stessero peggiorando, vedendo che aveva lo sguardo fisso nel vuoto e non rispondeva alle domande che già un paio di uomini gli avevano rivolto.

            “No, al contrario. Oggi sto stranamente meglio del solito, stavo solo pensando… a cosa potrebbe succedere se riuscissimo a salvare Nassau.”

            “Deve essere uno scenario piacevole. So che riesci benissimo a distinguere la fantasia dalla realtà, ma non farti troppe illusioni.”

Alla fine il capitano non era tornato in cabina e Silver si era trascinato all’esterno ancora scosso dal pensiero di ciò che gli era successo. Non aveva mai pensato consciamente all’attrazione che provava per Flint ed era rimasto sinceramente sconvolto dall’audacia che aveva mostrato nel sogno, come se qualcun altro avesse preso possesso delle sue facoltà.

Quando Howell gli rivolse la parola stava ancora tentando di farsene una ragione, di trovare qualcosa di alternativo a cui pensare. E un’alternativa arrivò nel modo più stravagante e inatteso, perché improvvisamente il pappagallo riapparve, zampettando in tutta la sua goffaggine sul pennone della vela latina.

Era stato talmente silenzioso per tutta la notte e gran parte della mattinata che sembravano essersi dimenticati di lui. Ciò significava che il capitano avrebbe dovuto acconsentire a tenerlo in cabina ogni notte per evitare di svegliare l’equipaggio e Silver non avrebbe dovuto tirargli il collo per risparmiare munizioni.

Il pennuto, però, non aveva intenzione di garantire la pace così a lungo senza sovracompensare per la sua gentilezza gratuita. Appena le sue zampe si staccarono dal legno i pirati iniziarono a lanciare imprecazioni, ma qualcosa li fece tacere e poi ridere di gusto. Il pappagallo aveva iniziato a gracchiare “capitano Flint, James Flint” facendo apparire un disorientato capitano in carne e ossa dalla stiva.

            “Nessuno mi chiama più capitano, né tantomeno per nome.” Flint si guardò in giro mentre i suoi uomini non stavano facendo proprio nulla per tentare di sopprimere le risate.

            “Nessuno tranne Silver…” intervenne Billy, peggiorando la situazione.

Silver non aveva mai sperato così tanto come in quel momento che Billy fosse sparito in fondo al mare durante la tempesta che l’aveva inghiottito. Flint si avvicinò così tanto che Silver dovette impiegare ogni briciola di volontà e autocontrollo per non tornare nello stato di eccitazione che il sogno gli aveva provocato.

            “Ti do dieci secondi per inventare un buon motivo per cui quella fottuta bestia parla in quel modo e per spiegarmi perché non hai avuto ancora il coraggio di ucciderla”.

Silver abbassò lo sguardo tradendo un imbarazzo che non aveva mai mostrato in sua presenza, ma Flint occupava ogni centimetro del suo campo visivo e gli impediva di pensare. Poi gli venne un’idea, un’idea molto stupida.

            “Capitano James Flint è, semplicemente, il suo nome” disse fissando il capitano negli occhi con la sua solita confidenza sfacciata. “L’ho chiamato così ad alta voce un paio di volte per rimproverarlo e ora non smette di ripeterlo”.

Flint alzò gli occhi al cielo mentre l’intera ciurma iniziò ad applaudire e fischiare approvando la decisione di Silver e tornò nella stiva. Per una volta il suo sguardo glaciale non fece rabbrividire nessuno.

Nessuno tranne Silver in cui si insinuò il dubbio irrazionale che il capitano avesse scoperto il suo segreto.

             

   
 
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