Non adesso

Si lasciò sfuggire un gemito roco, che sembrava più quello di un animale che un suono umano. Il sudore che gli imperlava la fronte si lasciò andare, percorrendo il profilo del viso, fino a impregnarsi nel colletto della maglia. Il cuore gli batteva all'impazzata nella gabbia toracica, riusciva a sentire il sangue pompare nelle orecchie, facendo un rumore assordante all'interno della sua testa, ma silenzioso all'esterno. Due mani gli stringevano saldamente i gomiti, come a volergli impedire di scappare. La sensazione di quella pelle, così estranea e inaspettata, sulla sua gli fece rizzare i capelli sulla nuca, portandolo a stringere – involontariamente – troppo forte le mani sui fianchi di chi, in trappola, stava sotto di lui.

Il proprietario di tali fianchi si agitò un po' sotto la stretta improvvisa del ragazzo più grande, ma la sensazione non sembrò dispiacergli più di tanto. Aprì tremante la bocca, facendone uscire un gemito lieve, sospirato più che prodotto con l'ausilio delle corde vocali. Come il ragazzo sopra di lui, respirava affannosamente e le guance erano divenute rosso acceso, sia per la vicinanza che per il calore che si era venuto a creare. Teneva ancora le mani saldamente strette alle braccia di chi lo aveva bloccato a terra. La sua mente era sgombra da ogni pensiero, tanto che non si rese conto di star dondolando il bacino verso l'inguine del ragazzo, seduto sopra di lui.

La cosa non passò di certo inosservata a chi lo teneva fermo sul pavimento che, facendo un mezzo sorriso di scherno, iniziò ad assecondare i movimenti del più piccolo, strofinando la sua virilità con quella dell'altro. Lo sentiva gemere umile, completamente sottomesso a lui, e non riuscì a reprimere lui stesso un gemito, deliziato dai suoni dell'altro. Lo aveva sentito ridere, urlare e produrre i versi più strani che avesse mai avuto la sfortuna di udire, ma mai si era immaginato di quanto paradisiaci fossero i suoi gemiti. Sapeva che era un male quello che stavano facendo, sopratutto da parte sua, approfittarsi così di un compagno di squadra era pericoloso, ma la tentazione era stata troppa.

Il sottomesso allentò la stretta dalle sue braccia, per portare entrambe le mani al viso sudato e altrettanto rosso del ragazzo sopra. L'idea iniziale era quella di accarezzargli la pelle sudata, ma quando l'altro fermò all'improvviso il movimento che tanto lo faceva impazzire, conficcò le dita nella pelle e aprì di nuovo la bocca, questa volta per comunicare.

“T-Tsukishima...”

Hinata respirava affannosamente sotto di lui, poteva vedere il petto alzarsi ed abbassarsi velocemente, il bacino cercava disperatamente quello di Tsukishima, che sembrava essere rimasto folgorato da quella visione. Solo lui riusciva a fargli provare irritazione e desiderio nello stesso momento.

Tsukishima portò le mani sopra quelle dell'altro, e lentamente si liberò il viso dalla sua presa ferrea. Poi portò un dito sulle labbra del rosso, assaporando di sfuggita la sensazione delle labbra gonfie di Hinata sulla sua pelle.

“Non adesso”

Gli sussurrò semplicemente, per poi alzarsi e lasciarlo lì, sul pavimento della palestra, con le gambe tremanti e il bacino abbandonato a mezz'aria.