Vorrei non lasciarti mai.
Continuavo a stringere la sua mano, che con il passare inesorabile del tempo si faceva sempre più fredda e cerea. Ma non m'importava, non volevo lasciarla. Solo adesso mi rendevo conto di quanto fossi stato stupido. Tutto quel tempo perso che avrei potuto passare con lei anziché con Julia non sarebbe mai tornato.
Non avrei più visto il sorriso stupendo su quelle sue delicate labbra che mi mancava così tanto baciare, non avrei più sentito la sua voce limpida, solo una della lista infinita di cose che amavo di lei. Come avevo fatto a starle lontano? Era passato così tanto da quando ci eravamo dati un bacio che non ricordavo l'ultimo. Perché probabilmente pensavo sarebbe stato un bacio qualsiasi, uno dei tanti, che tra noi andasse tutto bene. Forse era un bacio del buongiorno o della buonanotte, o uno fugace nei corridoi tra un giro di visite e l'altro. Lexie se lo ricordava per forza, un ricordo senz'altro amaro, ma avevo perso l'occasione di chiederglielo, perciò non l'avrei mai saputo.
Era morta davanti a me e io non avevo potuto fare niente, a parte pregare Dio, ripetendo quanto la amassi, convinto dalla disperazione che servisse a qualcosa. Questi erano i miei pensieri, mentre le voci degli altri mi arrivavano distanti e tenevo gli occhi socchiusi, sentendo le forze farsi sempre più flebili, come una fioca fiamma che inizia a spegnersi. E non mi sentivo di fare nulla per fermarla, non avevo la forza di lottare, volevo soltanto abbandonarmi e spegnermi, lentamente.
Ovunque Lexie fosse ero certo che l'avrei trovata, perché non potevo vivere senza di lei. Lei era la mia ragione di vita, l'amore della mia vita, e non mi sarei mai perdonato di averlo capito così tardi. La amavo al punto che ero disposto a seguirla, volevo stare insieme a lei per sempre, per dirle tutto ciò che non avevo detto fino ad ora, perché ero un idiota. Avevo fatto un errore e ne stavo pagando le conseguenze.
Dire che la ferita sul mio petto bruciava era riduttivo, divampava, sentivo le fiamme dell'inferno corrodermi le viscere e non avevo neanche un briciolo di forza. Quella forza che, pur di salvarla, avevo lo stesso tirato fuori cercando vanamente d'issare quei maledetti detriti che schiacciavano il suo corpo… Conoscevo bene il suo corpo, sapevo quanto fosse esile e vederlo lì sotto mi straziava. Avevo tirato fuori tutta la forza che non avevo eppure non era stata sufficiente. Non so se sarei mai riuscito a perdonarmelo. Ma il dolore fisico non era niente, mi sembrava così futile confronto a quello che provavo al cuore ripetendomi che l'avevo persa per sempre, per accettarlo.
Non facevo caso a tutto ciò che era intorno a me, la testa era come se galleggiasse nel vuoto, come se dentro fosse vuota. C'era spazio solo per Lexie, la mia piccola, dolce Lexie. Chissà quanto tempo era passato da quando mi aveva lasciato. Minuti, ore? Non m'importava. Sapevo che ormai non c'era più, il suo corpo era ancora lì, a pochi centimetri da me, ma adesso non stava più soffrendo. Non udivo più il suo respiro difficoltoso e quel luccichio di rassegnazione nei suoi occhi, ora chiusi. Quei bellissimi e vispi occhi nocciola. Era l'unica cosa a sollevarmi, che si fosse liberata di quell'orrido e dilaniante dolore. Sapevo soltanto una cosa: volevo raggiungerla. Non sarei stato in pace fino ad allora, perché non potevo perdonarmi di essere stato lì e non essere riuscito a salvarla. Se solo fossi arrivato prima, o avessi cercato meglio tra gli oggetti che l'atterraggio non aveva distrutto… Forse avrei potuto salvarla, c'erano milioni di metodi che di sicuro mi erano sfuggiti. In questi casi si dice “hai fatto tutto il possibile”, ma noi medici sappiamo più di tutti che è solo una consolazione. È una balla, nient'altro che una balla per alleviare l'amarezza che sentiamo in bocca, per illuderci che la colpa di qualcosa non sia nostra, che non avremmo potuto cambiare il corso delle cose. Io non c'ero riuscito e dovevo andare avanti… Senza di lei.
Stringere la sua mano, anche se sapevo che la sua anima se n'era andata, mi aiutava. Quella era pur sempre la sua mano, la sua mano vellutata che avevo stretto più volte nella mia. E non volevo lasciarla proprio adesso. Era l'unico modo che avevo di starle vicino… E di trasmetterle ancora il mio amore. L'avrei amata sempre, non avrei potuto amare nessun'altra donna come amavo lei. Non c'erano anelli a legarci, adesso, ma non avevo bisogno di uno stupido anello né di nient'altro per continuare ad amarla con tutto me stesso.
Ho appena sfogato tutto il dolore che ho provato poco fa, finendo l'episodio 8x24. Mi sento meglio. Non è il massimo dell'originalità, ma sentivo il bisogno di sfogarmi sotto le toccanti note di Breathe.
Vi lascio con questa meravigliosa foto di Chyler Leigh, l'attrice di Lexie, con la sua famiglia, motivo per cui ha lasciato Grey's: