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Autore: Lulumiao    07/03/2016    2 recensioni
Peach non ha mai vissuto grandi avventure, ma stavolta dovrà affrontare l'ignoto.
Fanfiction per Halloween che mi è venuta in mente all'improvviso. È il mio primo tentativo di scrivere qualcosa di horror, spero sia riuscito.
Nella descrizione c'è scritto che è una raccolta di One-shot, ma non è così. È che non riesco a togliere la dicitura D:
Il rating, gli avvertimenti e i personaggi possono variare con il procedere della storia. Sappiate comunque che quasi sicuramente il rating diventerà rosso, tra uno o due capitoli.
Genere: Dark, Erotico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Mario, Peach, Sorpresa
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Yellow eyes, the spotlights of the city nights

Finalmente il quarto capitolo! Il titolo è un verso di "Tiger" degli ABBA. Vi avverto che in questo capitolo (e in capitoli futuri) c'è UN PERSONAGGIO TRANSESSUALE, perciò se siete transfobici/volete insultare gratuitamente andate da qualche altra parte. 
Buona letturaaa :)

Non ce la faccio più, pensò Peach, ormai quasi disidratata. Aveva bisogno di sangue, non poteva attendere oltre.
«Vi sentite bene?» chiese la cameriera a Peach, notando il pallore mortale della ragazza seduta sul divano.
«Sì, sto bene» rispose inespressivamente la giovane.
La toad però non era affatto convinta della buona salute della sua padrona. «Ne siete sicura?».
«Sicurissima». Devo vedere Daisy, solo lei può aiutarmi, pensò.
Pur dubbiosa, la toad lasciò cadere la discussione. «Vado a fare delle compere. Serve qualcosa?».
Una flebo. «No, nulla, Beatrice, grazie. Va' pure». 
La cameriera scosse leggermente la testa alla testardaggine di Peach. Non vogliono mai apparire deboli, queste signorine moderne, pensò, prendendo il cappotto e avviandosi alla porta.
Sentendo la porta di casa chiudersi Peach si rannicchiò sul divano come un topo in trappola. Doveva assolutamente bere, o sarebbe morta... Non che già non lo fosse. Ora che aveva un disperato bisogno di Daisy quella stupida non c'era, accidenti a lei. 
Ma, come si suol dire, parli del diavolo e spuntano le corna.
«Yuhuuu, biondinaaa» cinguettò Daisy piombando sul davanzale della finestra aperta.
Peach sobbalzò gridando. Era proprio lei, con tanto di orecchini petalosi. 
«Non mi aspettavo quest'accoglienza» commentò, scendendo dal davanzale e sedendosi con disinvoltura accanto a Peach. «Come stai?».
«Secondo te?» sbottò, ritenendo ormai privo di senso dare del voi a Daisy.
Daisy la fissò attentamente. "Be', non hai una bella cera. Mi sembri proprio al limite della sete. Ora non potrai fare a meno di venire con me" disse entusiasta, prendendole una mano tra le sue.
A quel contatto Peach rabbrividì visibilmente. Non riusciva ad essere immune a quell'ondata di calore che la avvolgeva ogni volta che Daisy la toccava. Quest'ultima era perfettamente consapevole dei suoi poteri e se ne stava bellamente approfittando. 
«Non toccarmi, non voglio che tu mi faccia quest'effetto» protestò Peach, ritraendo la mano.
«Non lo faccio apposta, te l'ho detto. Noi vampiri attraiamo anche indipendentemente dalla nostra volontà. Se davvero volessi sedurti con i miei poteri proveresti le sensazioni di quando ti ho morso».
Le guance di Peach si colorarono di rosso. «...Capisco. Evita di toccarmi, comunque» disse, ricordando fin troppo bene l'estasi di quella notte. Una parte di lei avrebbe voluto rivivere quei momenti altre mille volte, ma sentiva che era sbagliato. Sentirsi così grazie a una donna era peccato, e ciò che alimentava ancora di più il senso di colpa era che suo marito non l'aveva mai fatta sentire così bene, neanche lontanamente, neanche per un secondo.
«...Va bene. In ogni caso i miei poteri avranno sempre meno effetto su di te, ora li subisci pesantemente perché sei una vampira da poco e sei ancora legata alla tua natura umana. Presto ti rafforzerai» le spiegò Daisy, con una punta di freddezza. «Allora, sei pronta per la tua prima vittima?» chiese poi, raddrizzandosi entusiasta.
Peach trasalì. Era giunto il momento di seguire la sua nuova natura. «...Chi è?» chiese con voce tremante.
«È un uomo che abbiamo catturato in una città qui vicino».
«...Abbiamo?».
«Io e gli altri vampiri. Ora ti porterò da loro. Noi ci nutriamo sempre in gruppo una volta al mese dalla stessa persona, in modo da vampirizzare meno gente possibile».
Peach ci mise qualche secondo ad elaborare tutto. Dopodiché una domanda sorse spontanea. «E allora perché sei venuta da sola a mordermi?».
«Perché ho avuto un problema e non ho potuto bere per due mesi. Mi sono nutrita appena ho potuto. Gli altri avevano mangiato da poco, quindi sono andata da sola».
Peach non fece in tempo a chiedersi che problema avesse avuto Daisy che subito l'altra esclamò: «Andiamo, dai», alzandosi.
«Andiamo dove, di preciso?» chiese Peach, ansiosa.
«Al nostro castello. È lì che viviamo. Sta' tranquilla, sarai trattata come una principessa» la rassicurò.
«Ma quando mio marito e la servitù torneranno non mi troveranno...».
"Devi dimenticarli, piccola. Ora fai parte di un altro mondo" disse Daisy, con una vena di dispiacere.
«...Vuoi dire che non li rivedrò mai più?». La voce di Peach tremava.
«Penso di no. Su, non mi sembravi molto felice, qui. Tuo marito non ti ha mai dato nulla».
«Cosa sai di quello che provo per Mario?» disse Peach, irritata. «Tu non sai niente di me. Mi hai solo usata per i tuoi scopi egoistici!». 
«Bere è una necessità, non è egoismo» precisò Daisy, risentita. «Devi sapere che quando scegliamo la prossima vittima ci assicuriamo che sia una persona infelice. So che tu lo sei, Peach, non mentire! Ti abbiamo spiata per tanto tempo e abbiamo capito che la tua vita è vuota come la zucca di un toad, non è difficile capirlo. Non ti ho mai vista fare un sorriso sincero, ma in compenso so che passi parte del tuo tempo a piangere... È difficile dover condannare qualcuno a bere sangue per sempre e si scelgono sempre gli infelici, e tu eri chiaramente tra questi!» finì la mora, ormai urlando. 
Dagli occhi sgranati di Peach scesero due lacrime che, rigandole il volto, ne risaltavano il pallore sepolcrale. «E così oltre ad avermi resa un mostro mi spii? Sei una bestia». Scoppiò a piangere. Sentiva che la sua privacy era stata violata e non lo accettava. Non voleva che qualcuno la vedesse piangere, soprattutto a sua insaputa. 
Daisy sospirò spazientita e si ributtò sul divano. Era arrabbiata, ma le dispiaceva che Peach fosse così disperata. Era comprensibile, dopo tutto. La lasciò sfogarsi, avrebbe voluto abbracciarla, ma le era stato proibito di toccarla e aveva deciso che se voleva farsela amica (o anche qualcosa di più) non doveva essere troppo prepotente. 
Anche dopo essersi calmata, Peach non sembrava avere intenzione di rivolgerle la parola. Fu Daisy a rompere il silenzio: «Senti, penso che tra poco qualcuno tornerà, quindi se vuoi venire via con me è meglio che tu lo faccia ora, altrimenti dovrai aspettare ancora».
Nonostante fosse infuriata, Peach non poteva attendere oltre di sfamarsi. Lentamente alzò il viso distrutto, trovando l'altra intenta a fissarla con un'espressione indecifrabile.
«Va bene, andiamo».

Radunati in fretta e furia vestiti e qualche oggetto, Peach era pronta per partire. 
«È troppo pericoloso uscire dalla porta, potremmo incontrare qualcuno. Meglio uscire dalla finestra e passare per i vicoli» disse Daisy, arrampicandosi sul davanzale.
«Quanto è lontano questo castello?» chiese Peach, con la voce roca per il pianto.
«Non molto, quando saremo uscite dalla città potremo procedere più spedite. Per lasciare il centro abitato prenderemo una carrozza. Copriti bene con il cappuccio».
Peach si calò bene il cappuccio della cappa sulla testa e seguì l'altra fuori dalla finestra (si trovavano al piano terra). Una volta nella stradina sul retro della casa, Daisy le fece segno di fare silenzio e di seguirla. Peach non era abituata a correre tra i vicoletti puzzolenti della città, si sentiva a disagio: fino a poco tempo prima l'evento più avventuroso della sua vita era stato sciogliere qualche nodo particolarmente odioso con il pettine.
Giunte su una strada più frequentata si diressero verso una carrozza e Daisy concordò con il vetturino destinazione e prezzo, mentre Peach cercava di nascondersi il più possibile con la cappa. Salirono a bordo e abbassarono le tendine, in modo che Peach potesse togliersi il cappuccio. In quel momento probabilmente a casa erano tutti allarmati dalla sua scomparsa, pensò. Si appoggiò allo schienale e chiuse gli occhi, debole e spossata.  «Scusa per prima» mormorò, con gli occhi chiusi. Daisy si voltò a guardarla, incredula. Si stava davvero scusando?
«È vero, la mia vita non era felice. Ma penso che non lo sarà neanche ora. Era proprio necessario spiarmi?».
«Sì, per capire che tipo di persona sei. Mi dispiace per quello che ho fatto, davvero, ma era inevitabile. Se avessi scelto qualcun altro non sarebbe stato giusto per lui o per lei» rispose Daisy con gli occhi bassi.
«Capisco. Mi dispiace di averti detto che sei una bestia. Credo di cominciare a capire le tue ragioni, ma sono ancora molto sconvolta».
«È comprensibile. Vedrai che ti abituerai».
Rimasero in silenzio per un po', finché la carrozza non si fermò. Peach fu lieta di allontanarsi da Daisy e dai suoi vapori ammalianti, scendendo dalla carrozza. Si trovavano in un prato, poco fuori la città. Peach non era mai stata così lontana dalla sua casa, per lei era tutto così nuovo da farle quasi dubitare che fosse vero. Il vetturino fu pagato e fece dietrofront, allontanandosi alla luce della luna ormai alta nel cielo.
«Guarda laggiù, farfallina» disse Daisy, indicando un punto lontano.
Peach alzò gli occhi e vide una foresta in lontananza.
«È lì che dobbiamo andare. Ora mi trasformerò in una pantera e mi salirai in groppa».
«Preferirei andare a piedi, grazie» ribatté Peach.
«Ci metteresti una vita ad arrivare, non saresti lì prima di domani mattina, sempre che tu riesca ad evitare le belve feroci. Stanno tutti aspettando te per mangiare. Inoltre se il sole dovesse sorprenderti dovresti procedere coperta e non sarebbe comodo».
A quanto pare non c'era altra scelta. «E va bene, trasformati e andiamo».
Daisy fu avvolta in una nuvola di fumo da cui uscì un bellissimo ed imponente esemplare di pantera. La pelliccia nera luccicava sotto i raggi lunari, rendendola quasi una creatura eterea. Gli occhi gialli brillavano, due fari nell'oscurità. Il felino si abbassò per permettere a Peach di salire. La ragazza si accomodò un po' impacciata, non capita tutti i giorni di cavalcare una pantera. Il pelo era stupendo anche al tatto. Daisy si rialzò e cominciò a camminare lentamente, permettendo a Peach di assestarsi. Piano piano Daisy aumentò la velocità, finendo col correre velocemente tra le fronde. Peach si teneva forte al pelo dell'animale, cercando di evitare i rami troppo bassi una volta entrate nella foresta. Daisy balzava agilmente tra le fronde, evitando le radici sporgenti. Tutto intorno a loro c'erano rumori di ali sbattute, di cespugli scossi e di ruscelli agitati. Dopo cinque minuti di corsa Peach iniziò a vedere il castello in lontananza. Era un'imponente struttura medievale, con tanto di ponte levatoio e merlature. Il ponte era abbassato sopra al fiumiciattolo sottostante e Daisy con un ultimo balzo vi si trovò sopra. Peach scese e Daisy tornò vampira, scrollandosi la polvere dall'abito. 
«Ti sei divertita?» chiese vivacemente, sistemandosi i capelli.
«Un mondo...» rispose Peach ironica, con un po' di nausea.
«Finalmente siete arrivate! Sono così felice di conoscervi, signorina!» gridò una strutzi rosa comparsa improvvisamente al portone. Aveva un grosso fiocco rosso in testa e due canini che le spuntavano dalla bocca. Inspiegabilmente contentissima, corse a stringere la mano a Peach. «Siete bellissima! Daisy ha scelto proprio bene... Non vedo l'ora di diventare amiche!» gridò, saltellando qua e là. 
«...Buonasera a voi» salutò Peach, un po' stranita.
«Bentornata, Daisy! Io mi chiamo Maria Sole!» si presentò la sconosciuta, sempre sbracciandosi.
«Ciao, Mary» salutò Daisy, sorridendo.
«Io sono Peach Mario, piacere di conoscervi» disse, incerta.
«Seguitemi, prego!», e saltellò verso l'interno. 
«...Chi è questa matta?» sussurrò Peach a Daisy, avviandosi dietro alla strutzi.
«Non è matta, è solo molto solare, come dice anche il nome che si è scelta» precisò Daisy.
«In che senso si è scelta il nome?» chiese Peach, con un'espressione interrogativa.
«Vedi, una volta Maria Sole era uno strutzi maschio, poi ha deciso di cambiare sesso con la magia. Non ha un passato felice. L'incantesimo per diventare femmina le è costato tutti i suoi risparmi e per riguadagnare qualcosa in fretta si è trovata costretta a fare il mestiere più antico del mondo. È finita in un brutto giro e non le è più stato possibile smettere. È veramente contenta di essere una vampira perché ora non fa più parte di quel mondo squallido».
Peach era sbalordita. Fino a qualche giorno prima non sapeva neanche che si potesse essere lesbiche, figurarsi transessuali. 
«E perché ha cambiato sesso? È assurdo» commentò Peach.
«Perché lei si sentiva femmina. L'incantesimo è stato eseguito alla perfezione, non la distingueresti mai da una strutzi nata femmina».
«Mi sembra ridicolo». Dove sono capitata... pensò la bionda, disperata.
«Col tempo imparerai ad accettarla e capirai che non è meno donna di me e di te. Anche se non avrà mai i tuoi cerbiattosi occhi azzurri...» disse Daisy, ammirando il profilo di Peach alla luce delle torce. 
«...Smettila» la ammonì l'altra, arrossendo di nuovo.
«Eccoci, Peach!» trillò Maria Sole, qualche metro più avanti, arrivata ad una porta alta e pesante. 
«Sei pronta?» chiese Daisy, guardando negli occhi Peach.
«...Non lo so, ho paura» confessò lei, nervosa. «Non so cosa aspettarmi... Non voglio stare qui... Voglio tornare a casa...». Le si inumidirono gli occhi. La sete ormai era bruciante e le offuscava la mente. 
Daisy si avvicinò, preoccupata. «Ehi, calmati. Vedrai che poco alla volta ti verrà tutto naturale. Dovrai bere una piccola quantità di sangue, ti mostreremo come fare. Non ti abbandonerò, Peach, te lo assicuro. Tutto quello che posso fare per aiutarti lo farò». 
Maria Sole si fermò, capendo che era un brutto momento. 
«Volete che vi lasci un po' da sole?» chiese la strutzi. 
Peach si asciugò le lacrime con le mani, triste. Pensò che prima o poi sarebbe dovuta entrare lì e che prima si arriva e prima si va via. 
«No, sono pronta» dichiarò Peach, determinata.
«Sei sicura?».
«Sicurissima. Aprite pure».
Maria Sole aprì la pesante porta e tutte e tre entrarono nella sala dei banchetti.
  
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