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Autore: Kairi_30468    08/03/2016    0 recensioni
[Di carne e di carta]
Chiara e Leonardo vanno allo stesso liceo: lui frequenta l'ultimo anno, lei è al terzo e sono uniti dagli stessi interessi. Ma basterà ad avvicinarli? Riusciranno, in un momento diverso della loro vita, a piacersi tanto quanto in "Di Carne e di Carta"? Partecipa del concorso "Forse sì" di Mirya.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: 

Io non sono una scrittrice e non pretendo di esserlo. Non sono timida ma abbastanza riservata, soprattutto per quanto riguarda i miei scritti, che non faccio leggere a nessuno se non a quel poveretto del mio fidanzato che mi sopporta nei miei deliri e nelle mie crisi esistenziali e per questo lo ringrazio e lo amo profondamente. Ho cominciato a scrivere questa... Non so bene come definirla, sinceramente non so neanche cosa ne sia venuto fuori... Diciamo questa "cosa" nel cuore della notte, dopo un pomeriggio di lavoro estenuante e dopo un paio d'ore di svago al pc (sì, sono una persona abbastanza notturna) e siccome quando le parole cominciano a formarsi nella mia testa non riesco a dormire finché non le butto giù, ho deciso che fosse meglio dar sfogo a questo momento di creatività prima che mi facesse impazzire. Tra le altre cose, nel mio girovagare su internet leggevo il blog di Mirya - essendo io una lettrice silenziosa ma con l'animo di una stalker - e secondo una complicata quanto bizzarra associazione di idee mi si è formata nel cervello una sottospecie di trama che ha dato vita alla "cosa" che state per leggere. L'idea è nata in particolare leggendo il bellissimo post degli auguri fatti da Mirya a suo marito che mi ha fatto riflettere su un argomento che già da un po' era al centro delle mie riflessioni: come sarebbe stato se io e il mio ragazzo ci fossimo conosciuti prima, magari tra i banchi di scuola, quando tutto era così semplice? Il pensiero si è quindi evoluto in: come sarebbe stato se Chiara e Leonardo si fossero conosciuti quando erano ancora a scuola? Anche Leonardo si era posto questo quesito, a causa del modello di amore con cui era cresciuto, e ciò mi riporta a noi: in questa "cosa" ho cercato di rispondere alla mia domanda secondo quanto è il mio pensiero e anche quello di Mirya (anche se temo di essere caduta in un tremendo cliché), nella speranza che possiate apprezzare il mio lavoro che non è che una prova per me stessa per riuscire ad aprirmi, almeno un poco, agli altri.
Mi scuso per l'interminabile premessa e vi auguro una buona lettura!
Lidia 







 
Forse, in un'altra vita...
 



Quel lunedì pomeriggio Chiara rientrò a casa sbattendo la porta così forte da sentirne il riverbero fin dentro le ossa. Era stanca delle continue prese in giro da parte dei compagni di classe, negli anni si era sentita dire di tutto: secchiona, so-tutto-io, topo da biblioteca, sfigata... Ultimamente il disco si era incantato su "Hermione", cosa per cui si sentiva particolarmente punta sul vivo perché era in assoluto il suo personaggio preferito di Harry Potter e lo usavano come un insulto, come se il suo impegno nello studio fosse assolutamente ridicolo e inutile ai loro occhi - e probabilmente era davvero così. Solitamente Chiara non si faceva toccare da simili provocazioni - il buonsenso le suggeriva che fosse meglio ignorare la stupidità di certi individui - ma quella volta non era riuscita più a contenersi ed era sbottata, profondendosi in una tirata sulla pochezza mentale di certe persone che nella vita non sarebbero riuscite a fare nient'altro che criticare chiunque reputassero diverso da loro stessi, e che per questo non sarebbero mai riuscite a realizzarsi davvero nella vita, troppo impegnate per criticare quella degli altri per riuscire a crescere e dare uno scopo alla loro inutile esistenza. Aveva quasi urlato quell’invettiva con una rabbia sempre più feroce, ma dopo anni di sopportazione era così vicina al limite da non poter reggere oltre quelle parole che pesavano come macigni e a cui lei non riusciva a non dare un peso, lei che con le parole era cresciuta e che erano al tempo stesso la sua vita e il mezzo per fuggire da essa.
Era scappata in corridoio per dieci interminabili minuti per calmarsi - proprio lei, l'alunna modello, quella che non si assentava neanche con la febbre a quaranta. In quei minuti aveva visto il suo futuro, macchiato per sempre da un richiamo sul registro che avrebbe influito sul voto di condotta, passarle davanti agli occhi in scenari sempre più terribili fino a quando qualcuno, lassù o quaggiù, non ebbe pietà di lei e la salvò. 
Fu così che lui la trovò, seduta sul pavimento e con la schiena appoggiata alla parete, nel bel mezzo dell'attacco di panico peggiore di sempre. Copiose lacrime appannavano la sua visuale e il tremore era così violento da scuoterla interamente e da farle battere i denti. Era ormai abituata a cavarsela da sola e con il tempo aveva imparato a gestire quelle crisi controllando la respirazione e riprendendo pian piano il possesso di sé, perciò sapeva di non aver bisogno di alcun aiuto per calmarsi. Eppure quando aveva incontrato quegli occhi di un blu chiaro come un mare limpido, si era ritrovata, tutta intera e in un attimo magicamente più calma e controllata, anche se ancora scossa fisicamente. 
Era lui, Leonardo Villani, il ragazzo irraggiungibile della VB che tutte le ragazze dell'istituto - e anche molti ragazzi - avrebbero voluto avere al loro fianco. Giravano strane voci sul suo conto, storie che tentavano di spiegare il suo cambiamento degli ultimi tre anni. Si era incupito, dicevano, anno dopo anno aveva cominciato a chiudersi in se stesso e ad allontanare tutti, specialmente le ragazze che cambiava con una frequenza preoccupante. Ultimamente era sempre solo, neanche gli amici con cui era così legato sapevano spiegarsi questo suo allontanamento e da ciò erano nate le teorie più svariate: chi diceva che Leonardo avesse capito di essere omosessuale e non avesse il coraggio di confessarlo, chi optava per tragiche crisi familiari e chi credeva che si fosse stancato di frequentare i suoi compagni perché non erano al suo livello. 
Quale che fosse la verità, di certo non interessava a Chiara, la quale conosceva queste voci solo perché costretta ad ascoltarle tutte le mattine dai suoi compagni di classe. La sua unica preoccupazione era lo studio, perché solo grazie ad asso sarebbe riuscita a fuggire da una realtà che non sopportava più e a prendere le redini del proprio futuro. 
Persa nelle sue riflessioni, non si era accorta della mano che Leonardo le stava porgendo e continuava a fissarla come un'ebete senza comprendere cosa volesse da lei. Poi qualcosa, nei meandri del suo cervello, tornò finalmente a funzionare e capì che stava cercando di aiutarla a rialzarsi, così si affrettò ad allungare la sua per permettergli di farlo. La mano del ragazzo era fresca e asciutta, al contrario di quella di Chiara che era invece un po' sudata e appiccicaticcia, ma non ci fu  tempo per imbarazzarsi né per ringraziarlo perché lui si girò e se ne andò, silenzioso com’era arrivato, lasciandola a guardarlo allontanarsi ancora malferma sulle gambe.







*******






«Ah...»
«È tutto qui quello che hai da dire?» domandò Chiara quella sera mentre era al telefono con il suo migliore amico, abbastanza contrariata dalla mancanza di reazioni che il suo racconto aveva ottenuto.
«Cosa vuoi che ti dica? È stato parecchio strano. Non ti ha neanche chiesto come stavi?» 
«No, Fra', te l'ho già detto: se n'è andato senza una parola».
Chiara cominciava a irritarsi. Francesco non la stava aiutando nemmeno un po', stava solo contribuendo ad accrescere quell'inquietudine che non l'aveva più abbandonata dopo quel bizzarro quanto fugace incontro.
«Secondo te, quanto può essere disturbato mentalmente uno che fa una cosa simile? Cioè, dovrà pur avere qualche problema, no?» gli chiese nel tentativo di alleggerire la situazione.
«Più che disturbato mentalmente, a me uno che fa così sembra muto. Quale essere umano al mondo con un minimo di cervello non ti avrebbe come minimo chiesto se fosse tutto a posto?» 
Nonostante fossero a chilometri di distanza, Chiara riusciva perfettamente ad immaginare l'espressione del viso che aveva accompagnato quella frase. Conosceva il suo migliore amico così bene, da sempre, da non aver bisogno di guardarlo per capire cosa pensasse o per cogliere la luce ironica che accendeva i suoi occhi quando faceva una battuta. Erano sempre stati in classe insieme, erano come fratello e sorella ed era stato terribile separarsi quando i genitori di lui si erano trasferiti in un’altra città a causa del loro lavoro. Avevano continuato a sentirsi ogni giorno al telefono ma non era come stare insieme veramente e avevano comunque vissuto i primi difficili anni delle scuole superiori senza la preziosa presenza dell’altro al proprio fianco. Il suo migliore amico aveva sempre cercato di difenderla, diventando tal volta anche lui il soggetto della cattiveria dei loro compagni di classe, ma adesso che non aveva neanche il conforto della sua sola presenza per Chiara stava diventando sempre più difficile sopportare quella situazione. 
«Dai, non ti fare troppe paranoie, ci sono io che mi preoccupo per te, lo sai. Come stai? La professoressa ti ha detto qualcosa quando sei rientrata in classe?» come al solito Francesco sapeva leggerle dentro come nessun altro. 
«Ha detto di stare tranquilla perché la mia sfuriata non avrebbe influito sulla mia condotta, di aver ripreso chi mi aveva derisa e di non preoccuparmi di quello che gli altri potevano pensare di me perché è convinta che farò strada nella vita. Ha però aggiunto che non avrebbe tollerato un’altra sfuriata da parte mia e che se dovessi avere altri problemi in futuro potrò parlarne con lei.»
Chiara non credeva che la professoressa sarebbe stata così comprensiva, credeva che la storia sarebbe terminata con un richiamo e al massimo con una nota disciplinare sul registro. Forse aveva finalmente trovato un’alleata dopo tre anni di sopportazione.
«Ah, finalmente una professoressa con le palle! » fu il caustico commento di Francesco, perfettamente in linea con il suo.
«Tesoro non farti mettere i piedi in testa da nessuno, tu vali molto di più di tutti quei cretini messi insieme.» si addolcì improvvisamente, in uno di quei pochi momenti in cui riusciva ad esternare il suo affetto per lei anche a parole. Chiara sentì un groppo in gola e gli occhi cominciarono a pungerle per le lacrime di rabbia e frustrazione che non aveva ancora versato, ma sapeva di dover rimandare lo sfogo a quando sarebbe stata sola perche Francesco era pur sempre un uomo e non sapeva gestire una ragazza in lacrime, anche se si trattava della sua migliore amica.
«Grazie Fra’, ti voglio bene. Buona notte. » sussurrò stringendosi le gambe al petto e rannicchiandosi sotto le coperte.
«Buona notte anche a te. Ti voglio bene e mi raccomando: fai la brava!» 
Rise tra le lacrime che avevano cominciato a rigarle il volto e tirò su con il naso.
«Ci proverò.»






*******






Il mattino seguente Chiara andò a scuola con rinnovato spirito, ormai dimentica (o quasi) dell'episodio accaduto nel corridoio il giorno prima. Le lezioni proseguirono normalmente fino a quando, a metà della giornata, si accorse che circolavano delle strane voci che stavano pian piano mandando in subbuglio le studentesse. Quando, più tardi, due ragazze entrarono nel bagno parlando a voce alta della "ragazza che era stata soccorsa da Leonardo Villani", ebbe il terribile presentimento che stessero parlando proprio di lei. Poteva essere che qualcuno li avesse visti senza che Chiara se ne accorgesse e avesse scambiato quel gesto per qualcosa di più? Sì, considerato lo stato in cui versava il giorno prima e sì, conoscendo la velocità con cui i pettegolezzi divagavano nella sua scuola. Poteva essere che Leonardo avesse "soccorso" un'altra studentessa quel giorno o il giorno precedente? Ne dubitava, ma in cuor suo sperava fosse possibile. Era già abbastanza dover sopportare le prese in giro, figuriamoci delle mirabolanti imprese col figo di turno che la avrebbero senz'altro fatta rimanere sulla bocca di tutti per settimane. Di buono c'era che almeno non facevano alcun nome, quindi per il momento poteva stare relativamente tranquilla. 
Verso la fine della giornata i pettegolezzi si evolsero da "ragazza in lacrime soccorsa da Leonardo" a "ragazza svenuta soccorsa da Leonardo con una respirazione bocca a bocca" fino a "Leonardo è stato sorpreso nei corridoi a baciare appassionatamente una ragazza per poi liquidarla in fretta facendola scoppiare a piangere". 
Era affascinante notare come il passaparola facesse gonfiare a tal punto una notizia da stravolgerla completamente ma per Chiara, che sudava freddo ogni volta che sentiva di nuovo quella storia -  sempre diversa e sempre più ricca di particolari - e che era tesa come una corda di violino, era quasi una sofferenza.
Sembrava però che nessuno fosse interessato a conoscere il nome della suddetta ragazza, ma evidentemente non poteva sperare che la ruota della fortuna girasse a suo favore. Così, mentre tornava dalla sala fotocopie, incrociò tre studentesse di quinto nel corridoio e una di loro si fermò così di colpo da far quasi inciampare le sue amiche.
Puntò un dito contro di lei, facendola bloccare come se fosse stata fulminata. E Chiara seppe che la tranquillità era durata anche troppo.
«Eccola, è lei! È la tipa soccorsa da Leonardo!» 
Il mondo cominciò a girare vorticosamente e Chiara dovette poggiare una mano sul muro per non rovinare a terra con tutto il plico di fotocopie che il professore le aveva chiesto.
Le tre ragazze la squadrarono dalla testa ai piedi e a una di loro parve accendersi una lampadina. Il suo sguardo passò immediatamente dalla sorpresa al disgusto.
«Ma chi, la Bellonci? La secchiona sfigata?»
 Ti prego, fa che la terra si apra adesso e mi risucchi nelle sue più oscure profondità pregò Chiara al culmine della disperazione, ormai completamente nel panico e in iperventilazione. Okay, rimani calma  si disse. Reagisci.
Ci provò, raccolse ogni briciolo della sua volontà e cercò la sua voce che aveva deciso di dare forfait. Aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì alcun suono. Ci riprovò, schiarendosi la gola, e dopo quella che le era parsa un’eternità riuscì finalmente ad articolare una frase.
«Non conosco Leonardo Villani, non ci ho mai neanche parlato.»
«Sì, perché di sicuro avrete fatto altro!» disse la ragazza rimasta in silenzio fino a quel momento.
Non aveva senso rimanere lì e permettere loro di continuare a studiarla come fosse una cavia da laboratorio, così quasi corse via da loro, verso la sua classe, sapendo perfettamente che la aspettavano delle settimane d’inferno.






*******






Non voglio andare a scuola fu il primo pensiero di Chiara al risveglio, eco dello stesso pensiero che l’aveva svegliata ogni mattina di quella tremenda settimana. Gli ultimi giorni erano stati un vero incubo, tutti la additavano e bisbigliavano alle sue spalle proprio come aveva temuto sarebbe successo. Era al centro di tutti i pettegolezzi, e ormai non solo per la storia con Leonardo ma per tutto ciò che la riguardava in prima persona: il fatto che non avesse amici, che fosse una secchiona sfigata, il fatto che non parlasse mai con nessuno...
Era sempre più inquieta e tormentata, era diventato difficile anche solo concentrarsi nello studio, la cosa che in assoluto le era sempre riuscita meglio. Ne risentivano anche le conversazioni con Francesco, con cui non spiccicava più di qualche parola perché era troppo grande il dolore per essere spiegato per telefono. 
Una sera, dopo l'ennesima orrenda giornata, sentendo la voce calda e rassicurante del suo migliore amico che la aggiornava con le ultime novità della sua vita, aveva pianto. Le lacrime erano scese senza che quasi se ne accorgesse perché sentire finalmente una voce che le parlava normalmente, senza aggiungere un commento cattivo, l'aveva scossa nel profondo. 
«Che hai?» le aveva chiesto dopo qualche minuto di conversazione. 
«Niente, è tutto ok.» aveva risposto Chiara in automatico. 
«Sicura? Ti sento proprio spenta e giù di morale.»
«Davvero, non è niente. Lascia perdere.»
Tirò su con il naso, così piano da non sentirlo lei stessa. 
«Stai piangendo?» Francesco si allarmò immediatamente. 
«Perché dici che sto piangendo?» si intestardì nel negare l'evidenza. 
«Ti sento tirare su con il naso. E poi, a me non puoi mentire» il suo tono si addolcì improvvisamente «ho capito che stavi male da quando hai detto "pronto?"»
Chiara spalancò gli occhi sentendo quelle parole. 
Perché lo fate, voi donne? Perché fingete che vada tutto bene quando non è così? 
Non lo so, a dire il vero. Forse perché aspettiamo l'uomo che se ne accorga senza bisogno di dirglielo. 

Dove lo aveva letto? In una fanfiction, forse, e aveva subito pensato che fosse vero. Ma non avrebbe mai immaginato che il suo migliore amico avrebbe capito con così tanta facilità il suo stato d'animo. Di solito, quando erano piccoli e Chiara stava male per qualcosa, lui aveva sempre cercato di farla ridere. Quando la vedeva piangere sembrava non sapesse cosa fare e se ne stava semplicemente lì impacciato aspettando che smettesse. Quando era cresciuto così tanto? Quando, nel corso della sua crescita, era maturato così tanto ed era diventato così sensibile? Le si strinse il cuore al fatto che fosse cresciuto così tanto lontano da lei e pensò che sarebbe stata fortunata la ragazza a cui avrebbe un giorno deciso di regalare il proprio cuore. 
Così finalmente gli raccontò gli ultimi giorni, tutti i soprusi verbali che era costretta a subire senza poter fare nulla per fermarli, perché un conto era affrontare un gruppo di ragazzi e un conto un’intera scolaresca che parlava di lei. Doveva sperare che accadesse qualcosa che la facesse passare in secondo piano ma non credeva che sarebbe accaduto tanto presto. Dopo essersi sfogata con Francesco, Chiara cominciò a sciogliersi e a parlare spontaneamente, ridendo delle battute del suo migliore amico. E almeno per un momento, sembrò che tutto sarebbe andato per il meglio. 
Il giorno dopo a scuola Chiara si accorse subito dell’aria diversa che aleggiava. Passava del tutto inosservata nei corridoi e i bisbigli erano diversi, meno accusatori del giorno prima. Non aveva idea di che cosa fosse cambiato, ma finalmente tornò a respirare, priva della morsa che l’aveva attanagliata nell’ultima settimana. Più tardi, quella mattina, colse uno sprazzo della notizia che aveva sconvolto tutti: Leonardo Villani era stato visto nel cortile della scuola in atteggiamenti piuttosto intimi con un altro ragazzo, e questa era senz’altro una notizia più interessante di quelle che riguardavano la “secchiona sfigata”. 
Così Chiara, di nuovo tranquilla, decise di recarsi alla biblioteca del terzo piano per prendere un libro che avrebbe letto quella sera, ovviamente dopo essersi rimessa in pari con lo studio che aveva un po’ trascurato. Cercò tra gli scaffali, ma non lo trovò. Era uno dei suoi preferiti e lo aveva letto tante volte, era certa che si trovasse lì. “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino era un libro che adorava, lo trovava geniale nella sua struttura ed era un elogio alla lettura che tanto amava, quindi un libro da rileggere all’infinito. 
La bibliotecaria, che altro non era che la bidella che ogni tanto passava di lì per controllare la situazione, era ovviamente assente, quindi non aveva nessuno a cui chiedere aiuto. Stava per andarsene, quando lo vide: Leonardo Villani, che usciva con una pila di libri sottobraccio tra cui spiccava… il suo! Uscì trafelata, così di fretta che andò inavvertitamente a sbattere contro al ragazzo, facendogli cadere tutti i libri.
«Mi… mi dispiace, io… sono la solita sbadata» balbettò rossa di vergogna, chinandosi a raccoglierli dal pavimento. 
«Non preoccuparti, l’importante è che non si sia fatto male nessuno. Stai bene?» 
Chiara rialzò gli occhi e rimase pietrificata davanti allo sguardo preoccupato di Leonardo, lo stesso che le aveva rivolto quel giorno. 
«Io… sì, grazie» soffiò in un sussurro.
«Bene, allora io vado.» 
Non appena si girò, Chiara andò quasi nel panico. 
«Aspetta! Io… volevo chiederti se potevi cedermi il libro di Calvino, ero entrata apposta per prenderlo e quando ti ho visto uscire ti sono corsa dietro per chiedertelo» spiegò abbassando lo sguardo e tormentandosi le mani.
Vide il libro entrare nella sua visuale, lo prese incredula e quando fece per ringraziarlo vide che si allontanava a grandi passi. Era la seconda volta che non riusciva a dirgli “grazie”.







*******






«E quindi… abbiamo scoperto che lo stercorario sa parlare» commentò Francesco sabato pomeriggio al telefono con Chiara. Non si erano potuti sentire per un paio di giorni a causa degli allenamenti di basket che lo avevano impegnato tutto il pomeriggio precedente e a causa dello studio che aveva impegnato entrambi.
«Perché stercorario?» chiese Chiara perplessa.
«Perché si porta dietro la sua cattiva reputazione proprio come uno stercorario la sua pallina di cacca» rispose pronto facendola scoppiare a ridere.
«Ma sì, se lui non si fosse avvicinato a te non saresti mai stata l’argomento di conversazione preferito dell’ultima settimana.» continuò imperterrito. 
«O magari non sarebbe successo se chi ci ha visti si fosse fatto i fatti suoi. O ancora non sarebbe successo se non vivessimo in una società in cui le persone devono sempre parlare di tutto e di tutti. Oppure...»
«Si, si, ho capito!» la interruppe Francesco ridendo «ma il punto è: hai intenzione di rivederlo?»
«Certo, devo restituirgli il libro. Lui non l'ha letto perché l'ha prestato a me.» rispose decisa. 
«Non dirmi che l'hai già finito! Sei incredibile, davvero. Anche se ormai lo conoscerai a memoria per tutte le volte che lo hai letto» quasi le sembrò vederlo alzare gli occhi al cielo tanto lo conosceva bene. 
Rise e le chiese della ragazza con cui sapeva che si stesse frequentando in quel periodo. Da quanto aveva capito dai suoi ultimi racconti lei lo aveva affascinato molto. Chissà se sarebbe stata lei la ragazza di cui si sarebbe davvero innamorato. Continuò ad ascoltare con piacere le chiacchiere del suo amico, con la mente che già pensava al momento in cui avrebbe rivisto Leonardo. 






*******






«Grazie per il libro» disse timida Chiara a Leonardo quel mattino. Fino alla fine non era stata sicura che lo avrebbe incontrato, ma all'ora della ricreazione si era recata alla biblioteca del terzo piano e lo aveva trovato che curiosava tra gli scaffali. 
Il ragazzo la guardò incredulo, forse colto di sorpresa dalla sua apparizione o forse dal fatto che gli stesse restituendo il libro personalmente.
«E grazie anche per quel giorno, nel corridoio» continuò sempre più imbarazzata. 
«In realtà, a proposito di quello... Scusa se sono sparito in quel modo, il fatto è che avevo avuto una giornata tremenda e...»
«Non importa» lo interruppe «è stato comunque un bel gesto, quello di aiutarmi a rialzarmi.»
«Ti è piaciuto?» la interrogò Leonardo guardando il libro che stringeva tra le mani. 
«In realtà lo avevo già letto. È uno dei miei preferiti»
«Davvero? Piace molto anche a me.»
Sembrava davvero sorpreso, come se non si aspettasse che potessero avere anche un solo interesse un comune. Il discorso, da impacciato e strascicato che era, cominciò a farsi sempre più fluido e Chiara cominciò a rilassarsi davvero. Quello era il suo mondo, la cosa che più amava fare, quindi un argomento di cui si sentiva sicura. La campanella che segnava la fine della ricreazione li interruppe sul più bello, lasciandoli sospesi a metà della conversazione. 
«Allora... Ci vediamo domani.» 
Chiara si accorse troppo tardi di essersi tradita: con quell'unica, piccola frase, aveva espresso il suo desiderio di rivederlo ancora. Stava per rimangiarsi tutto, quando lui la sorprese di nuovo. 
«A domani» le rispose, prima di uscire dalla biblioteca lasciandola lì a fissarlo come un'ebete. Di nuovo. 






*******






Il loro diventò un appuntamento fisso, in un tacito accordo che Chiara non era neanche sicura di quando fosse stato deciso. Semplicemente, era successo e basta. Ogni giorno, durante la ricreazione, si incontravano in quella biblioteca e parlavano dei loro interessi. Così scopri che Leonardo ne aveva molti, comprendevano tutta la letteratura, anche quella straniera, e che un giorno avrebbe voluto insegnare. Chiara gli confidò che era anche il suo sogno e che ce l'avrebbe messa tutta per far sì che si realizzasse. 
Più si conoscevano, più scoprivano di avere opinioni divergenti su quasi tutto il resto, a cominciare dal loro rapporto con lo studio. Chiara era più appassionata, il suo approccio alla letteratura era sempre soffuso dell’amore che provava verso di essa. Leonardo invece era più distaccato, diceva che secondo lui un’opera la si poteva comprendere solo se la si collocava nel contesto in cui era stata scritta e che per questo non poteva avere una valenza nel presente.
Oltre a questo, però, i loro argomenti di conversazione comprendevano anche la musica, i gusti in fatto di cibo, i posti che avrebbero voluto visitare…






«Gli ABBA? Ti prego, dimmi che non è vero. Cioè… gli ABBA?»
«Che problema c’è? Piacciono molto anche al mio migliore amico» ribatté piccata.
«Odio gli ABBA»






«È il secondo snack che ti vedo mangiare da quando sei entrata qui.»
Chiara aprì la bocca per parlare e poi la richiuse, aggrottando le sopracciglia. Non si era neanche accorta di averlo aperto, lo aveva fatto senza pensarci. Di solito non mangiava ininterrottamente come se avesse dei problemi alimentari, ma con il suo ciclo in arrivo aveva le voglie neanche fosse una donna incinta.
«Al contrario di te a me piacciono i dolci, quindi fatti gli affari tuoi.»
«Certo che sei davvero acida oggi. Cioè, più del solito. Che c’è, hai il ciclo per caso?» ghignò prendendola in giro.
«Anche se fosse, di certo non lo verrei a dire a te!.»
«Ecco, appunto.»







«Insomma, mi ascolti oppure no? Terra chiama Leonardo!»
«Che c’è? Non vedi che sto leggendo?»
«Guarda che me ne sono accorta che leggi la stessa pagina da cinque minuti, quindi le cose sono due: o sei incredibilmente lento, oppure lo fai apposta per irritarmi.»
«Sono ore che parli di cose incredibilmente noiose e ad un certo punto mi si è spento il cervello.»
«Ma se siamo qui solo da dieci minuti!»
«Davvero? Sembrano passate delle ore.»
«Se davvero ti sto annoiando tanto quanto dici, puoi benissimo andare via. Nessuno ti costringe a rimanere qua.»
«Dai, lo sai che scherzo.»
«Allora metti via quel libro e partecipa a questa dannata conversazione.»
«Che dispotica.»







«Se tu potessi scegliere un solo posto nel mondo che vorresti visitare, quale sceglieresti? E non dare una risposta da ragazzina smielata come “Parigi, perché è la città dell’amore!” perché potrei anche decidere di non rivederti più.» 
Chiara ci pensò su, ignorando il fatto che le avesse quasi fatto il verso e riflettendo seriamente sulla sua domanda.
«A dire il vero non saprei. Sarebbe come dire che reputo il patrimonio artistico e culturale di una città più degno di nota di un altro, quando io vorrei visitare tutti i posti del mondo e vedere da vicino ogni cultura. Ma se proprio devo scegliere… direi Londra, per vedere gli Harry Potter Studios!»
«Sei senza speranze» si arrese Leonardo.






Sembrava tutto perfetto, fino a quando, quel giorno, non avvenne il loro primo litigio. 





«Ti piace Leopardi? Sul serio?» le chiese vedendola prendere dagli scaffali un suo libro e sfogliarlo.
«A te no?» rispose senza guardarlo. Leonardo storse il naso. 
«A dire il vero non lo sopporto. Sempre così impegnato a piangersi addosso e a lamentarsi della sua sorte da non provare neanche a fare qualcosa per migliorarla»
Chiara continuò a sfogliare
Operette morali fino a quando non trovò quello che cercava: il Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie. Adorava quella parte e in generale quella era l’opera di Leopardi che aveva apprezzato di più. Cominciò a leggerla ad alta voce, lentamente, e quando ebbe finito cominciò a spiegare a Leonardo cosa secondo lei volesse trasmettere l’autore con quel discorso.
Leonardo stette ad ascoltarla, in silenzio, e mentre parlava Chiara lo vide farsi sempre più scuro in volto. 
«Come ci riesci?» sbottò alla fine « Come fai a parlare con così tanta passione dell’opera di un autore così poco coinvolgente?»
La sua sembrava un’accusa, come se il pensiero di Chiara lo avesse offeso personalmente. 
Era incredula, non sapeva come rispondere ad un’accusa simile. 
«Credi sempre di capire tutto, di sapere tutto! Ti appassiona ogni cosa, come se poi fosse realmente possibile. Non riesci proprio ad essere più distaccata nello studio, non è vero?»
«Sei tu se lo se fin troppo! Sei troppo analitico, sembra che nulla ti tocchi davvero. Come fai ad analizzare una poesia con tanta freddezza?» lo interrogò punta sul vivo. Era sulla difensiva, Leonardo aveva toccato un nervo scoperto e non gli avrebbe permesso di parlarle in quel modo solo perché amava quello che leggeva.






A quel punto lui, rosso in viso, le aveva detto che era fin troppo saccente e petulante per i suoi gusti e se n’era andato prima che la ricreazione fosse finita, borbottanto parole incomprensibili. 
Chiara non si capacitava di come egli avesse reagito a quel battibecco, sarebbe bastato passare oltre ma si era incaponito nel volerle far cambiare idea, come se in ballo ci fosse stato qualcosa di più del semplice andare d'accordo. 
Dopo quell'episodio, per ben due giorni saltò il loro appuntamento fisso alla biblioteca e Chiara non riusciva a darsi pace. Rivisse così tante volte il loro battibecco nella mente, per cercare di capire se fosse stata davvero lei a sbagliare qualcosa e più ci ripensava, più era convinta che alla fine lui, mentre andava via, avesse sussurrato qualcosa come "diversi ma non abbastanza diversi", ma con le sue incessanti riflessioni poteva avere in qualche modo distorto e condizionato quel ricordo. 
Gli esami erano imminenti, presto Leonardo si sarebbe diplomato e Chiara non credeva che avrebbero risolto i loro problemi. Quando, il terzo giorno, Leonardo si ripresentò finalmente all'appuntamento, sembrava cambiato. Era freddo, distante, con quell'aria tormentata con cui Chiara lo aveva visto tante volte, senza neanche accorgersi di seguirlo con lo sguardo o di notare la sua presenza più di quella di chiunque altro. Quegli incontri diventarono sempre più imbarazzanti e carichi di lunghi silenzi, e Chiara non ebbe alcun dubbio che non avrebbero continuato ad essere neanche amici, una volta finita la scuola. Era un vero peccato, perché con Leonardo si sentiva bene come con nessun altro a parte Francesco, anche se in modo diverso. Non riusciva a spiegarlo neanche a se stessa. Non era amore, era più il germoglio di una sintonia che se fosse sbocciata li avrebbe uniti indissolubilmente. Ma non sempre i germogli sono destinati a sbocciare. 
Quel giorno, una caldissima mattina di fine Maggio, Chiara guardò Leonardo ed ebbe la consapevolezza che quello sarebbe stato l'ultimo giorno in cui si sarebbero rivisti. Non avevano quasi parlato, sembrava che quelle stesse parole che erano fluite con così tanta facilità all'inizio fossero state risucchiate nel vortice del tormento che attanagliava il ragazzo. 
«Forse... Forse, in un'altra vita, in un altro momento... Avremmo anche potuto essere amici. O magari anche qualcosa di più» bisbigliò Chiara con amarezza. 
Leonardo le rivolse un sorriso appena accennato che non gli illuminò gli occhi. 
«È tardi per me. Forse me la sono persa» rispose enigmatico. 
A cosa si riferisse, Chiara non lo seppe mai. 
«Forse» rispose alla sua sagoma che si allontanava

 

  
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