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Autore: babu222    08/03/2016    0 recensioni
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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PROLOGO

 

Avvertiva quella sensazione, incastrata nella parte alta della gola, che lo faceva vacillare. La causavano l'odore di disperazione e di morte, il buio e il freddo di quel dannato posto. Una missione facile, avevano detto. Nessun rischio di crepare. Può darsi, pensò tra sé, ma lo stomaco gli si stava contorcendo follemente, e l'unica cosa che lo faceva sentire meglio era immaginarsi nell'ordine della sua stanza, a casa. Solo. Molto lontano da li.

Non avevano trovato superstiti, in quell'inferno. Solo corpi consumati dalla fatica, scarnificati dalla fame, deturpati dalle violenze. Gusci senza nome. Rivoltanti ammassi di carni maleodoranti, cadaveri senza storia.

 

Lo faceva stare male, anche dopo tanto tempo passato nel Corpo, dopo tutte le missioni a cui aveva preso parte. L'idea che quelle cose inanimate non avessero potuto lasciare nulla che testimoniasse della loro esistenza, se non un mucchio di ossa, lo faceva sentire incredibilmente fragile. La paura di sparire nel nulla gli mozzava il respiro. E si sentiva sempre più un idiota.

Tramite i sensori, si erano accertati dell'assenza di armi nel complesso. Perciò, tutti erano più rilassati, e si inoltravano da soli nei cunicoli scuri e gelidi che portavano alle celle più lontane.

 

Porte di ferro si affacciavano, a intervalli regolari, lungo quello che stava attraversando. Aprirle non gli aveva riservato, fino a quel momento, nessuna brutta sorpresa, fatta eccezione di parecchi insetti e di un ratto magro e furtivo.

“Anche le bestiacce più repellenti, qui dentro, sembrano soffrire”, si ritrovò a pensare con un brivido.

 

Stava per tornare indietro, stanco ma in qualche modo sollevato, quando sentì un rumore, come di unghie strisciate su una superficie liscia e dura. Il suono proveniva da una porta incrostata di ruggine, che in un primo momento, sbadatamente, non aveva notato. Vi si accostò, in ascolto. Dopo pochi secondi udì un lievissimo bussare, il segnale estremo di una mano troppo stanca. Nella cella, a una manciata di centimetri da lui, c'era qualcuno.

Con ogni precauzione spinse la leva dell'apertura. La lastra di metallo non si mosse di un centimetro. Quindi, mettendo a frutto gli insegnamenti ricevuti durante l'addestramento, si mise d'impegno per forzarne l'apertura. La serratura, vecchia e consunta, cedette con estrema facilità. Maledicendosi per essersi invischiato in quel casino da solo, incominciò a far scorrere la porta, mettendosi in posizione tale da avere un certo margine di vantaggio su di un eventuale aggressore. Quando l'apertura fu abbastanza larga, vi si infilò con un balzo, puntando l'arma e inondando le tenebre della luce della sua torcia.

A fissarlo, sgranati ed enormi, trovò due occhi sfiniti, sorpresi, dalle iridi di un'intensa, curiosa e bellissima sfumatura di viola.

 

 

***

 

 

1,2,3. Crampo allo stomaco. 1,2,3. Respiro mozzato. Ricominciare a contare.

Palato secco. Gola serrata. Non. Riusciva. A. Respirare.

1,2,3. Crampo allo stomaco. 1,2,3. Respiro mozzato. Ricominciare a contare.

Una volta aveva assaggiato il cioccolato. Sapeva di sole.

Il sole. La luce. Li era tutto troppo buio.

1,2,3. Crampo allo stomaco. 1,2,3. Respiro mozzato. Ricominciare a contare.

Sole, sale. Gli piaceva il mare. Il mare e i suoi colori. Non si ricordava i nomi dei pesci. Non ricordava i nomi dei suoi maestri. Frammenti spezzati.

Doveva contare.

1,2,3. Crampo allo stomaco. 1,2,3. Respiro mozzato. Ricominciare a contare.

Non doveva toccarsi. Le ossa. Spuntavano le ossa. Le ossa erano la sua ossessione cattiva.

Se apriva gli occhi, il buio cominciava a girare. A volte vedeva anche delle piccole luci danzanti: sapeva che venivano dalla sua testa, ma erano comunque meglio del nulla.

1,2,3. Crampo allo stomaco. 1,2,3. Respiro mozzato. Ricominciare a contare.

Come mirare a un bersaglio mobile, lezione 1... Lo aveva visto posargli una carezza dolce tra i capelli, e si era chiesto cosa potesse significare, avere una famiglia. Qualcuno che ti tocca gentile. Bello. Doveva essere bello.

1,2,3. Crampo allo stomaco. 1,2,3. Respiro mozzato. Ricominciare a contare.

Passi, passi vicini. Si allungò nel buio, piano, pianissimo. Toccò la porta con la punta delle dita. La mano tremò, cadde.

Crampo, respiro mozzato.

Aprì gli occhi all'oscurità. Il nulla girava, una spirale che si avvolgeva stretta intorno alla sua testa, alla sua gola, al suo petto. Strinse i denti.

I passi si erano fermati. Ricominciarono. Vicinissimi.

Crampo. Respiro mozzo.

Non contava più. Batté il ferro con la mano, più forte che poteva. Quasi non aveva prodotto suono. Ma era vicino. Così vicino. Rumori da fuori.

Sole. Girandole alla fiera. Non aveva proprio niente, nello stomaco, da poter vomitare.

Crampo, respiro mozzo.

Venne accecato dalla luce improvvisa. Aveva ferito il suo buio.

Occhi argento.

Paura.

Ragazzo.

Salvo.

 

  
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