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Autore: alexis_heart99    09/03/2016    0 recensioni
Dal testo:
"- Anche tu sei triste, quando pensi che lui non ti veda. Stai bene? Non dire sì e basta, perché io so che cosa vuol dire essere triste, quando non ti vedono.
- Ma tu mi vedi.
- Io non conto."
- E non conterò mai - sussurrò Molly con amarezza.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Note dell'autrice:
Saaalve :3
Finalmente carico un'altra fanfiction. Tecnicamente era pronta da più di un mese (scritta, letta, riletta, controllata dalla mia Beta eccetera eccetera), ma è un periodo un po' così così tra la scuola e tutto il resto e mi dispiace di non averlo fatto prima.
Comunque si tratta di una What if? con una Sherlolly piuttosto depressa (perdonatemi per questo) che è nata da un'immagine pucciosa che ho visto un po' di tempo fa su We heart it in cui Sherlock e Molly erano abbracciati nella vasca da bagno.
In più devo dire che Sherlock mi è venuto giusto un pochettino OOC. E' un personaggio piuttosto complicato, specialmente quando si tratta dell'amore. Perciò era impossibile evitarlo.

 Disclaimer:
I personaggi non mi appartengono, ma sono di Conan Doyle, della BBC e di Moffat e Gatiss. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Buona lettura <3

 

 

Io non conto. E non conterò mai.

 

- Anche tu sei triste, quando pensi che lui non ti veda. Stai bene? Non dire sì e basta, perché io so che cosa vuol dire essere triste, quando non ti vedono.
- Ma tu mi vedi.
- Io non conto.

- E non conterò mai - sussurrò Molly con amarezza.
Si trovava nella vasca da bagno del suo appartamento con le gambe al petto, le braccia intorno ad esse, i vestiti fradici e l'acqua gelida che usciva dal soffione, cadendole addosso. Non aveva mai sentito il bisogno di una doccia come in quell'istante.
L'acqua si confondeva con le lacrime, il suo scrosciare rendeva inudibili i singhiozzi della donna e i capelli le nascondevano il viso sofferente.
Voleva fuggire dalla realtà e andare verso un luogo sereno e tranquillo, ma, ogni volta che chiudeva gli occhi e si concentrava, inesorabilmente riviveva la causa del suo dolore. Assieme ad essa si susseguivano ulteriori flashback che non facevano altro che peggiorare la situazione

Io non conto. E non conterò mai.

Quel giorno aveva finito prima all'obitorio e voleva tornare al 221B di Baker Street per fare una sorpresa a Sherlock e aiutarlo con i suoi casi.
Da quando John si era trasferito con Mary, il consulente investigativo era sempre più cupo, perso tra il suo palazzo mentale, la droga e le sigarette. Molly era diventata una specie di faro nella triste vita del sociopatico e, in qualche inspiegabile modo, aveva rimpiazzato il suo blogger. Infine il passaggio dall'amicizia all'amore era stato corto, veloce e difficile da spiegare o comprendere.
Tutto sembrava perfetto in quel piccolo quadro di quotidianità, composto da continui inseguimenti per le strade di Londra e cadaveri nell'obitorio del Bart's. Per una volta nella vita la donna poteva dirsi felice.
Però non aveva ancora imparato che il grande e strabigliante Sherlock Holmes potesse anche essere straordinariamente imprevedibile e che non avrebbe mai detto no alla sua dipendenza preferita.
Si diede della stupida, stringendo con forza le gambe. Nonostante gli occhi chiusi e il rumore della doccia, quella scena si materializzò comunque.
Ripercorse al rallentatore i diciassette gradini che portavano al loro appartamento. Le tornò in mente il pensiero che aveva avuto in quel momento, cioè che la signora Hudson doveva essere uscita a fare la spesa.
Aveva sorriso alla pigrizia del suo ragazzo, mentre se lo era immaginato concentrato in qualche assurdo esperimento.
Poi, dietro la porta socchiusa dell'appartamento, aveva sentito delle risate, accompagnate da qualcosa di simile a dei gemiti.
Il suo viso aveva perso ogni forma di allegria, mentre si avvicinava silenziosamente all'entrata e osservava attraverso la fessura, sperando che fosse solo un brutto scherzo causato dalla sua immaginazione. Ma, ovviamente, la speranza fu vana.
Avvinghiati sul divano del salotto e con testimone l'adorabile smile giallo c'erano il consulente investigativo e la sua droga più amata: John Watson. Si stavano soltanto baciando, ma erano talmente presi dall'azione da non aver neppure notato la sua presenza.
Da parte sua, Molly non aveva fatto altro che trattenere il fiato e restare immobile per la sorpresa. Il suo cervello era andato completamente in blackout. Non riusciva a muovere neanche un muscolo. Tutto di lei verteva verso l'uomo che amava e colui che teneva stretto con una passione inimmaginabile, che stentava a credere esistesse in Sherlock Holmes.
Si era sentita presa in giro e tradita, mentre si chiedeva - ancora ferma come un sasso - da quanto durasse la storia.
La vista le si era annebbiata per colpa delle lacrime che scendevano silenziose. Il suo mondo perfetto era stato appena distrutto da quel piccolo grande segreto. Sapeva che nulla sarebbe stato come prima, ma non voleva rinunciare a ciò che aveva tentato di costruire con fatica e dedizione: un lieto fine.
Fingere era l'unica soluzione. Cancellare tutto era la cosa giusta da fare, se voleva continuare ad illudersi di essere veramente amata da lui.
Purtroppo lui era forse l'uomo più intelligente della Terra.

Io non conto. E non conterò mai.

Quanto tempo ci avrebbe messo ad intuire che lei aveva scoperto tutto? Settimane? Giorni? Due o tre minuti?
Era talmente straordinario da rendere futile l'ordinario. Perciò, probabilmente, l'avrebbe capito dalla presenza del suo profumo o dalla polvere leggermente smossa o da chissà quale dettaglio che solo lui poteva notare.
Non aveva importanza, perché ciò che preoccupava sul serio Molly era come avrebbe reagito. E, di conseguenza, agito.
Avrebbe fatto finta di niente come lei? Negato l'apparenza? Fatto una scenata? O si sarebbe soltanto ridotto al suo caratteristico ed ostinato mutismo?
La risposta arrivò troppo presto per i suoi gusti.
Non era ancora uscita dalla vasca o non aveva neanche chiuso il rubinetto, quando sentì le chiavi scattare nella serratura.
Era così prevedibile trovarla lì? Con tutti i posti presenti a Londra, era facile capire dove si sarebbe nascosta?
Evidentemente sì. In fin dei conti anche lei stessa non biasimava la sua scarsa immaginazione in tutte le cose, figuriamoci nel trovare un luogo in cui rifugiarsi e provare a sentirsi sicura.
Pertanto non c'era nulla di cui sorprendersi, se lui l'avesse già trovata.
Chiuse il rubinetto e tentò di far tacere i singhiozzi, mentre la porta dell'ingresso si apriva.
Chissà, magari l'uomo non avrebbe notato la sua presenza nell'appartamento.
- Molly?
La voce baritonale giunse fino al bagno e le provocò dei brividi - tutt'altro che piacevoli - lungo la schiena. Mise una mano sulla bocca per frenare anche solo il minimo impercettibile sospiro e pregò che se ne andasse. Pregò con tutto il cuore, per il semplice fatto che non era ancora pronta ad affrontarlo. In effetti non lo sarebbe mai stata, ma, quel giorno, la fortuna non era per niente dalla sua parte.
La porta del bagno si aprì con un leggero cigolio.
- Molly, che cosa ci fai qui? - chiese Sherlock fermo sulla soglia.
La donna non ebbe neanche il coraggio di voltarsi. Appoggiò la testa sulle braccia e fissò il muro piastrellato sopra la vasca. Tirò su con il naso, mentre disse: - Lasciami stare. Ti prego vattene.
Benché gli avesse praticamente ordinato di andarsene, lui rimase dove si trovava, forse indeciso sul da farsi.
- Sto bene ... davvero. - aggiunse, sperando che l'indifferenza di Sherlock si facesse viva proprio in quel momento e lo avesse spinto ad allontanarsi da lei.
- Non è vero.
A quanto pare, il suo spirito osservativo non era momentaneamente a riposo.
Molly respirò a fondo, si strofinò gli occhi per cacciare via le lacrime e rivolse lo sguardo verso l'altro. Voleva guardarlo in faccia, mentre chissà quali scuse o bugie avrebbe inventato per salvarsi la pelle.
- Molly, qual è il problema?
La domanda  era stata piuttosto diretta, ma anche la risposta lo fu in modo spietato.
- Penso che tu lo sappia.
Lo disse con una calma innaturale e il tono piatto, sebbene gli occhi tradissero tutta l'impassibilità del volto. Erano come l'oceano in tempesta. Bellissimo, ma pur sempre pericoloso. E Sherlock ne fu forse imbarazzato e completamente disarmato, poiché cambiò, per il momento, l'argomento.
- Perché sei nella vasca da bagno? Per di più con i vestiti?
Non rispose. Si guardò soltanto e realizzò la stupidaggine che aveva compiuto. Il dolore portava a fare cose folli, ma ringraziò comunque il buonsenso per non aver fatto di peggio e il controllo per non averla abbandonata.
- Va bene. - sussurrò Holmes, ottenendo soltanto il silenzio.
Si tolse il cappotto e la sciarpa blu. Li buttò a terra incurante, mentre la donna lo osservava, chiedendosi che cosa volesse fare.
Rimase sorpresa di quanto stesse assecondando il suo comportamento un poco infantile, specialmente quando si sedette davanti a lei con le gambe raccolte al petto.
- Senti ... - iniziò lui, tentando di spiegare chissà quale assurdità.
- Da quanto va avanti questa storia? - chiese, interrompendolo.
- Molly ...
Sospirò e si passò una mano tra i capelli, sentendosi in difficoltà e preoccupato per cosa avrebbe potuto dire. Non desiderava ferirla ulteriormente con le sue parole di ghiaccio.
- No, Sherlock. Non voglio né scuse né compassione, solo la verità.
Si fissarono senza proferire nulla.
Solo la verità? Ma era così dolorosa. Sarebbe stata capace di affrontarla, di accettarla?
Era un campo minato, quello. Occorreva procedere con cautela.
- Da un po'. - ammise dopo qualche minuto.
- Un po' quanto? - domandò ancora una volta.
- Praticamente da sempre.
- Sempre. - ripeté lei. Sottolineò la parola come se fosse il peggior insulto mai sentito, perché, cavolo, faceva male sul serio. E quelle sei singole lettere la stavano pian piano logorando.
Sapeva che era solo l'inizio e che non resisteva già più. A stento riusciva a trattenere le lacrime, gli occhi ormai rossi, una preghiera di sopravvivenza sulle labbra.
- Credevo che, dopo la mia morte e il mio ritorno, questo ridicolo circolo vizioso sarebbe terminato, soprattutto con il matrimonio e il resto. Però io non ci sono riuscito, lui non ci è riuscito. Te l'avrei detto, davvero ...
- Me l'avresti detto? E quando per la precisione? Quando ti avrebbe fatto più comodo? Quando avresti avuto l'assoluta certezza che lui avrebbe mandato all'aria la relazione con Mary per mettersi con te? O avresti omesso questo piccolo dettaglio, perché sono troppo stupida per capire?
La voce era rimasta misurata e calma per tutto il tempo, ma il disprezzo era così facile da percepire, che chiunque si sarebbe accorto che qualcosa non quadrava.
- Mi hai solo usata, perché John non c'era, quando ti serviva. - continuò sempre tranquilla, ricordando come si era sentita speciale nel risolvere crimini con il consulente investigativo ed immaginando cosa, invece, avesse provato lui, quando il suo dottore se n'era andato per vivere una vita normale con una persona normale.
- Non e vero. - bisbigliò lui, mentre abbassava lo sguardo.
- Ti prego, smettila di mentirmi. Stai solo peggiorando le cose. Finisci il tuo piccolo lavoro. Spezzami il cuore, finché non rimarrà neanche una briciola, perché sono stanca. Sono stanca di vivere questa vita. Sono stanca di essere usata e poi gettata nel bidone della spazzatura. Tutto quello che volevo era essere accettata da te. Non mi importava più, se non provavi qualcosa per me che andasse oltre l'amicizia. Volevo solo essere trattata come una tua pari.
Non poteva resistere. La sua voce si stava inesorabilmente spezzando e le lacrime minacciavano di scendere, ormai impossibili da fermare.
- Cazzo, ci credevo. Credevo veramente in tutti i nostri momenti, in tutti i tuoi "ti amo" che non riuscivi a dire. Però, nonostante ciò, li dimostravi in qualche modo ... toccandomi, baciandomi o sussurrando il mio nome. Ho fatto questa follia: ci ho creduto e ora guarda che cosa è successo.
- Posso spiegare tutto? - chiese, fermandola.
- Sherlock Holmes, taci per una santa, benedetta volta. Ascolta quello che la gente ha da dirti e smettila di fare lo stronzo egoista. Ricordi il momento in cui ti dissi che tu eri triste, quando credevi che John non ti vedesse?
Annuì in silenzio, fissandola affranto.
- Per me era la stessa cosa. Ero sempre triste, perché tu non mi devi. Non ci provavi neanche. - continuò, ridendo con amarezza, - Poi mi hai dato la falsa speranza che mi sbagliavo, ma era come illudere tutti che il Sole girasse attorno alla Terra. E sai qual è il punto? Avevo maledettamente ragione. Io non conto. E non conterò mai. Potrei darti la vita che desidereresti, il caso più intricato nella storia dell'essere umano, la droga più potente. Potrei essere chiunque per te: la tua ancora, la tua migliore amica, la madre dei tuoi figli, colei che ti salverebbe in ogni guerra e da qualunque overdose. Potrei andare fino in capo al mondo o morire per te, ma non sarebbe mai abbastanza, perché io non conto e non conterò mai. Potrei, ma non basterebbe. E sai per quale ragione? Per il semplice fatto che io non sono John Watson.
Ormai piangeva a dirotto, il fiato corto e i singhiozzi che la tormentavano. Eppure si sorprese di essere riuscita a dire così tanto, a far infine emergere i suoi pensieri e i suoi sentimenti.
- Non sono John Watson. - scandì quelle quattro parole con una ferocia quasi selvaggia. Doveva sembrare disperata e pazza, pertanto si coprì gli occhi per l'imbarazzo, ma anche per paura di vedere qualunque reazione dell'uomo.
- No, non lo sei. - disse piano e con commovente dolcezza. Si avvicinò con cautela a lei, sperando che non si infastidisse per lo spazio ristretto in cui stavano vivendo quell'istante. Le prese delicatamente i polsi sottili e allontanò le mani dal viso.
Molly lo osservò tremante e in silenzio. Vide come quegli occhi disarmanti e misteriosi la scrutarono per trovare ferite che, purtroppo, erano invisibili a chiunque.
Sherlock accorciò ancor più la distanza tra loro e la abbracciò. Era scomoda come posizione, perciò la costrinse ad assecondarlo nei movimenti e si sdraiarono. I corpi si incastrarono con naturalezza, le gambe si attorcigliarono tra loro e le braccia di lui strinsero il suo busto freddo e bagnato, mentre lei si aggrappò con forza alla camicia.
- E ringrazio ogni giorno il cielo che tu non lo sia, perché con lui riesco solo a vedere la bestia che c'è in me. Invece tu con le tue piccole cose riesci a farmi ricordare che, in qualche modo, sono umano. Il problema è che sono drogato del mio essere un animale, un mostro che disprezza i sentimenti e sopravvive grazie al piacere del pericolo, al brivido dell'avventura e alla successiva dose di cocaina. - disse, stringendola più forte a sé, - Lo ammetto: provo qualcosa per quell'uomo, che va ben oltre la semplice devozione o l'innocente amicizia. Sappi, però, che mentirei, se ti dicessi che non sento nulla per te. Ho solo paura che questi due mondi, quello di John e il tuo, si scontrino, in quanto so che alla fine non riuscirei a scegliere. Siete troppo importanti e non voglio lasciarvi andare. Con lui l'ho capito molto tempo fa, con te ci sto mettendo ancora un po', ma ciò non vuol dire che tu non conti nulla per me.
- Sherlock, per favore. Ti odio, cavolo. Le parole sono la tua arma perfetta. Basta che tu apra la bocca e il mondo cade ai tuoi piedi, indipendentemente da ciò che dici. Questo non va bene, non mi fa bene. Mi hai mentito e tradito, eppure non ti risparmi a fare giri di parole per confondere le mie idee. Ma non voglio frasi a vuoto. - replicò, fissandolo con serietà. Aveva quasi smesso di piangere, colpita da due forze opposte che la sfinivano: la speranza e la rassegnazione.
- Che cosa vuoi?
- Promesse mantenute, fatti concreti e, se non riesci a fare questo per me, fa la tua difficile scelta e lasciami andare. Non ti odierò per questo, ma lo farò, se resti per compiacermi.
L'uomo sospirò.
- Così devo comunque scegliere, perché poi lascerei andare John.
- Ti ricordo che John sta per sposarsi.
Il suo tono non era sprezzante come avrebbe voluto, ma tranquillo, quasi tragicamente sereno. Era la vicinanza con quel sociopatico che la rendeva così quieta, come se, con un suo leggero tocco, potesse spazzare via qualsiasi turbamento.
- E se stesse facendo l'errore più grande della sua vita? - chiese, più a se stesso, che a lei.
- Allora corri da lui per dirglielo. Io resterò qui, continuando ad amarti da lontano come si fa con le stelle. Starò bene, perché, prima o poi, guarirò.
- Bugiarda.
Lei sorrise sconfortata. Era un libro aperto, non sarebbe mai riuscita ad ingannarlo.
- Lo so, ma almeno ci ho provato. Lasciami andare e vai da lui.
La strinse, sussurrando: - Non vado da nessuna parte. Non ora, non oggi.
Nella faccia di Molly comparì la sorpresa. Possibile che quei minuti stessero determinando la scelta finale? Ci poteva essere ancora qualcosa in cui sperare?
- Che cosa significa? - domandò con prudenza.
- Che resto qui con te, perché hai bisogno di me.
- Sherlock ...
Non era né sì né no. Non significava niente. Per quale maledetto motivo era tutto così ingiusto?
- Lo so, è complicato. Sto imparando qual è il prezzo dei sentimenti e mi fa paura. Scusami, se l'ho ammesso. Ho paura di ciò che le mie decisioni potrebbero comportare.
- Tutto questo sta finendo? Intendo la nostra relazione.
Da dove aveva trovato il coraggio di chiederlo?
Non lo sapeva, ma durò un millisecondo come un lampo nella tempesta. Tornò l'inquietudine, poiché ricevette il silenzio come risposta.
- Okay. - continuò lei, - Scherzo, non è okay. Solo ... abbracciami e basta.
Sherlock la fissò senza accennare neanche una sillaba, ma continuando ad analizzarla.

M'accorsi come le sue pupille erano rosse di pianto. Non mi parlò, ma mi ammazzò con un'occhiata, quasi volesse dirmi "Tu mi hai ridotta così". *

- Okay.
Troppo dolore in quegli occhi così dolci e gentili. Non meritava una vita di questo genere, ma la abbracciò comunque per chiederle scusa tramite quel gesto, per amarla forse un'ultima volta. E sebbene stessero vivendo in quell'oblio privo di suoni, le loro menti rimbombarono all'unisono di parole potenti come tamburi.

Io non conto. E non conterò mai.

 

 


* Citazione di Ugo Foscolo da "Ultime lettere di Jacopo Ortis"

Ed ecco qua.
Devo dire che la frase di Ugo Foscolo è stata un'illuminazione dal cielo. Quando l'ho letta, ho pensato che sarebbe stata perfetta per questa fanfiction.
Poi tutte le altre parti in corsivo sono prese dal dialogo tra Molly e Sherlock nel terzo episodio della seconda stagione.
Okaaay, credo di non avere nient'altro da aggiungere.
Lasciatemi un pensierino, se volete. Vi ringrazio già in anticipo; mi piace sapere che cosa ne pensate.
Ah e grazie anche per averla letta.

Alexis <3

   
 
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