La
pelle pareva volersi
distaccare dalle ossa, il vento le si schianta addosso con un tale
potenza che il respiro s'annullava nel petto
La sensazione del
cadere, del non avere il terreno sotto ai piedi era liberatoria. Quel
pavimento spesso la limitava, la rendeva consapevole di quanto il
cielo fosse lontano ma in quel momento il pavimento non esisteva, la
volta celeste era così vicina da parere la propria casa.
La caduta non poteva
essere infinita, il suolo marrone macchiato da chiazze verdi diveniva
sempre più imminente e così sentì il
rumore d'un meccanismo
azionarsi, lo spiccò va contro una superficie rocciosa, e
una corda
nera si muove per attaccarsi contro un immenso tronco. Sospinta da
quella stessa corda va e una specie d'energia la innalza verso l'alto
così il collo s'incurva e lo sguardo s'affaccia verso una
volta
celeste tappezzata da sprazzi bianchi.
<< Eren >>
<<
Erna! >>
spalancò gli occhi per ritrovarsi faccia a faccia con una
sorella
alquanto severa.
<< Muoviti, dobbiamo
andare a scuola >> si dileguò dalla stanza ed
Erna lasciò
andare un sospiro nervoso. Quanto sarebbe stato bello tornare a
volare tra gli alberi e invece no, doveva scendere dal cielo per
immergersi nella quotidianità. La ragazza si
trascinò verso il
bagno e con la velocità di un automa si lavò
evitando di gettare lo
sguardo sullo specchio, onde evitare che il morale instabile
sfociasse nel disgusto.
Si infilò un paio di
pantaloni da ginnastica, una felpa e poi giù in cucina ove
una tazza
di caffè caldo l'attendeva sul tavolo. Accanto alla tazza di
porcellana vi era un piatto contenente un impasto rinsecchito dai
contorni marroncini, era inedentificabile. Erna
storse il naso
decidendo che per quella mattina si sarebbe saziata con l'amara
bevanda.
<< Che fai? Non
mangi? Guarda che la colazione è importante >>
eccola,
puntuale come un orologio sua sorella coglieva sempre la
possibilità
per rimproverarla.
<< Lo so, me lo dici
tutte le mattine, ma non ho fame >> buttò
giù il caffè per
poi acchiappare le chiavi della macchina.
<< E poi guarda >>
Erna indica l'orologio affisso alla parete <<
è tardi >>
Mikasa le mollò
un'occhiataccia ma non ribatté, con l'orologio non si poteva
discutere.
Uscirono di casa e l'aria
gelida mattutina penetrò sotto ai capotti. Mentre
proseguirono il
cammino verso la macchina, due occhi smeraldi si soffermarono verso
un cielo tenero, sarebbe stato bello spiccare il volo e arrivare
così
a scuola anziché utilizzare quel catorcio a quattro ruote.
Nervosamente
la chiave
rigira e gira in senso orario e antiorario. L'unica risposta che
s'otteneva dal motore era un rumore greve e intoppato.
<< Fanculo >>
sbottò picchiando la mano contro il volante.
<< Lamentarsi è
inutile >> disse Mikasa scendendo giù dall'auto
<< Se corriamo
arriveremo in tempo >>
<< Magari potremmo
approfittare dell'imprevisto e tornarcene a letto >>
puntualizzò trovando l'opzione decisamente più
piacevole rispetto a
quella proposta da Mikasa ma quet'ultima non parve disposta ad
accontentarla.
<< Erna, è l'ultimo
anno scolastico e data la tua pessima media scolastica, non puoi
permetterti d'assentarti >> disse con un tono che non
ammetteva
alcuna replica.
Esasperata Erna sbuffò ma
non poteva contraddirla: il numero più elevato trascritto
sulla sua
ultima pagella era un sette e riguardava il voto di condotta.
Fianco a fianco
cominciarono a correre, andare a scuola era una bella scocciatura, ma
andarci a piedi era una straordinaria rottura di scatole.
Le ginocchia si
innalzavano forsennate, il vento sputava sui loro volti aria gelida.
Un dolorino alla pancia
attirò l'attenzione di Erna, ma non si fermò.
Quel piccolo crampo
era fin troppo familiare e di certo non l'avrebbe fermata.
. *** .
Avevano
spaccato il minuto, nel momento in cui varcarono la soglia della
porta la campanella suonò. Sfrecciarono lungo i corridoio
per poi
prendere posto ai banchi con il fiato corto uscente dalle labbra.
Nemmeno il
tempo di riprendersi dalla corsa smorza fiato che il professore
entrò.
<<
Buongirono >> movimentò la bocca grassa e
senza attendere
alcuna contro risposta, ordinò << aprite
pagina centoottanta
>>. Tutti obbedirono al comando, anche Erna
svogliatamente aprì
il volume. Lo studio non faceva per lei, questa era una certezza
assoluta, infatti appena il professore pronunciò la parola
“
rivoluzione industriale”, il cervello di Erna
s'atrofizzò e lo
sguardo andò verso la finestra. I raggi obliqui si facevano
strada
verso un cielo limpido, quella bellezza naturale era rovinata dalla
presenza di tetti grigi e antenne metalliche alte e grezze. Avrebbe
tanto voluto incenerirli con lo sguardo, farli scomparire per poi
spiccare il volo in una vasta landa azzurra.
Una fitta
dolorante e la mano scivolò verso il basso ventre.
Per le piccole
donne le mestruazioni non sono mai un qualcosa d'indifferente, per
alcune è quasi un vanto, per altre è una piaga,
per altre ancora è
una stupida scocciatura. Per Erna quel ciclo naturale che doveva
subire ogni mese, era un dannato pugno in faccia. Ogni mese le si
presentavano e il suo corpo gridava “ sei una
donna!”.
Nascondeva le
curve dietro abiti larghi e privi di forma, manteneva capelli corti,
non esaltava gli occhioni con mascara e altre diavolerie, eppure
quelle dannate mestruazione arrivavano sempre.
Una contrazione
ventrale la fece piegare su se stessa
<<
Fanculo >> imprecò a denti stretti, il suo
soffio disapprovato
sarebbe potuto passere inosservato, sarebbe stato coperto dalla voce
greve ed autoritaria del professore, eppure le sue labbra si aprirono
in uno di quei rari attimi di silenzio.
“ Ecco, ora ho attirato l'attenzione di tutti questi stronzi” pensò tra sé e sé guardandosi attorno. Nel campo visivo rientrarono sgurdi vispi, incuriositi dall'esclamazione
<< Signorina Jeager non ha una bella c'era. Perchè non va in bagno a sciacquarsi il volto anziché offendere la mia lezione >>
“ non attendevo altro vecchio grassone”
Pensò fra sé eseguendo il comando.
. *** .
La
mano a coppa sotto al getto d'acqua e scaraventò tutto il
contenuto
sulla pelle.
Le
goccioline gelide percossero il volto, un brivido le procurò
un
sollievo decontraendo i muscoli tesi del volto, si trattò di
un
sollievo effimero dato che svanì nel momento in cui si
ritrovò
faccia a faccia con se stessa. Lo specchio rettangolare situato sopra
al lavello mostrava un volto dai lineamenti delicati coperti da una
pelle olivastra. La bellezza che derivava da quei tratti era
inequivocabile, ma i protagonisti del riflesso erano due
grandi occhi d'un verde serpentino ornati da due lunghe ciglia scure.
Era proprio una bella ragazza, questo era un dato di fatto
che
non poteva nascondere. Un occhio esterno poteva mettere in dubbio per
qualche secondo la sua natura, ma bastava soffermarsi su di lei
qualche istante in più per percepire la sua
femminilità.
Questo
dato di fatto avrebbe dovuto riempire il cuore d'orgoglio di una
ragazza, sì peccato che Erna non era una ragazza qualunque.
Il
volto si contrasse in dolorose pieghe e la mano racchiusa in un pugno
tremava dalla smania di frantumare in mille pezzi quel dannato
riflesso che non faceva altro che conclamare la sua natura fisica.
Riabbassò
il pugno pulsante lungo il fianco per poi chiudersi all'interno d'un
gabinetto. La puzza nauseante di fogna salì dalla bocchetta
del
gabinetto, penetrò nelle narici per poi insinuarsi e
stringere la
bocca dello stomaco. Poteva sopportarlo, almeno lì non vi
erano
specchi.
Abbassò il
coperchio del water per poi sedervisi sopra. Racchiuse il volto
all'interno delle mani inclinandosi in avanti e cercò di
espirare ed
inspirare profondamente.
Era un
di quei brutti momenti in cui la testa vorticava a più non
posso e
la sensazione d'avere un macigno sopra al petto la soffocava. Doveva
calmarsi, quella frustrazione furente era causata dall'ingiustizia di
vivere all'interno di un corpo che non riusciva a riconoscere come
suo, quella ingiustizia però non avrebbe mai trovato una
sorta di
risarcimento.
<< Erna,
>>
Trasalì colta
di sorpresa dalla voce di sua sorella.
<< Posso
entrare? >> Mikasa non attese neppure la risposta per
insinuarsi all'interno, chiuse la porta dietro di sé per
appoggiare
la schiena dietro la lastra di legno.
<< Certo,
con comodo >> disse inacidita da quella mancanza di
privacy
Mikasa
guardò Erna, studiò la sua pelle sudata, il
respiro alterato e
sapeva che doveva stare lì nell'angolo, ben sapendo quale
era il
problema
<< Stai
meglio? >>
Erna annuì, la
collera era scemata assieme al dolore ventrale.
<< Bene
>> sentenziò decisa a tornare in classe e
trascinare anche sua
sorella ma la mano si soffermò sulla manopola.
<< Erna
so che per te le mestruazioni sono un problema, so che vorresti
essere un ragazzo … >>
<< Ti
sbagli, io non vorrei essere un maschio >> secca disse
interrompendo le parole della giovane la quale strabuzzo gli occhi
colta da quella rivelazione, ma nonostante tutto non si fece
trascinare dalla sorpresa,
<< Io
vorrei essere Eren >>
Mikasa
corrucciò la fronte confusa, reattiva scavò nella
memoria alla
ricerca di quel nome o perlomeno un volto associabile a quel nome.
Non lo trovò.
<< Forza,
andiamo >> Erna si alzò in piedi e con fare
sbrigativo scansò
sua sorella dalla porta per scivolare via.
Era riuscita a
evitarla durante l'intervallo, sapeva che Mikasa non avrebbe
sorvolato sulla conversazione avuta in quel quadrato puzzolente. Era
riuscita a evitare la conversazione anche durante il tragitto verso
l'autobus, grazie al cielo le persone non erano state create per
parlare con il fiato smorzato dalla fatica.
Stavano sedute
nel silenzio accompagnate dal chiacchericcio dei passeggeri
del'autobus e dai rumori esterni della città. Erna sapeva
che quella
era l'occassione propizia per instaurare la tanto temuta domanda che
di fatti non tardò ad arrivare
<< Chi è
Eren? >> domandò Mikasa volgendo il capo verso
di lei
<<
Nessuno >> rispose con la fretta di qualcuno che non
vuole
essere scoperto
<< Devi
sapere chi è dato che vorresti essere come lui
>> la incalzò
senza distogliere neppure per un secondo lo sguardo dalla sorella.
<<
Mikasa, non è nessuno! >> deve averlo
annunciato con una nota
troppo alta, dedusse questo Erna dato che tutti i passeggeri avevano
smesso di blaterale e avevano voltato il capo verso di loro. Avevano
inscenato un bello spettacolino.
Mikasa discostò
lo sguardo dalla giovane per rivolgerne uno carico d'astio
all'ambiente circostante.
<< A casa
ne parliamo >> disse la sorella senza lasciare trapelare
alcuna
emozione.
Mkasa certe volte fa paura” pensò Erna, questo dato era comprovato dal fatto che tutti i presenti avevano chinato il capo riprendendo le attività interrotte.
. *** .
Devo andare da Annie, appena torno a casa parliamo”
Mikasa
intraprese un'altra strada annunciando quelle parole.
Erna sbattè la
porta di casa felice del fatto che sua sorella non ci fosse, doveva
assolutamente riposare lei non glielo avrebbe permesso.
Un brontolio
proveniente dalla pancia gli ricordò che non si era ancora
nutrita
così aprì il frigo, all'occhio saltò
della pasta precotta. Sbattè
l'involucro all'interno del forno a microonde, girò la
manopola ed
attese.
Si voleva
godere quella pace che presto sarebbe stata interrotta dal ritorno a
casa. In quel lasso di tempo avrebbe avuto tutto il tempo necessario
per elaborare una risposta plausibile.
Chi è eren?
Bella
domanda
al quale proprio non poteva rispondere o per meglio dire, non
riusciva a fornire una risposta logica.
Eren non
l'aveva mai visto, non sapeva neppure che aspetto avesse, in teoria
si trattava di un nome maschile perciò doveva trattarsi di
un uomo.
Non sapeva assolutamente nulla a riguardo però nei sui sogni
quelli
in cui volava, vi era sempre quella voce rude ma capace d'accarezzare
la pelle. Non era mai riuscita a vedere il proprietario di quel
suono, ogni volta si risveglaiva la visione onirica svaniva assieme
al movimento della palpebra.
Il timer del
fornello squillò spezzando lo scorrere dei pensieri.
Buttò sul
tavolo quell'ammasso di pasta fumante, sopra vi era un condimento che
aveva lo stesso colore del sangue, forse si trattava di pomodoro
mescolato al kechup, un autentica schifezza ma non vi badò.
La forchetta affondò e si
ritrovò a masticare un maccherone che aveva la stessa
consistenza
d'un pezzo di gomma aromatizzato. I denti cozzavano nel tentativo di
maciullare quello schifo, non era minimamente paragonabile alla pasta
che preparava mamma ma lei se ne andò via troppo presto.
Quando morì
aveva dieci anni e non le aveva potuto insegnare a surriscaldare
neppure l'acqua per bollire la pasta. Erna era troppo ingenua e
trasognante per prestare attenzione alle ricette culinarie che la
madre metteva costantemente in pratica sotto i suoi occhi.
La nausea l'agguanto, gli
era tornato alla mente il sapore della cucina di mamma e per qualche
ora gli sarebbe stato impossibile mangiare qualsiasi altra cosa .
Senza neppure sprecarsi di mettere il piatto in lavastoviglie, si
gettò nel letto affondando la chioma color ciccolato nel
cuscino
morbido.
Voglio essere Eren?
La domandà
saettò per poi rimbalzare tra le pareti del carneo con una
tale
velocità che Erna sospirò innervosita.
<< Non lo
so >> rispose flebile per portare l'avambraccio sopra
agli
occhi.
Angolo psichiatrico
Ciao:)
Allora
… che dire? Boh … non ho mai letto una fan
fiction con il tema
della reincarnazione anche se non credo sia così originale
il fatto
che Eren si sia reincarnato nel corpo d'una ragazza.
Poi
non so cosa dirvi, ho così tante fan fiction da concludere e
io
comincio a pubblicarne una nuova?! Come posso giustificarmi? Credo
che l'ispirazione purtroppo non segue la ragione T.T
Ok,
dopo queste blande scuse torniamo a questa storia, per meglio dire
questo primo capitolo: vi ho presentato un unico personaggio
perché
non volevo appesantire l'attenzione della lettura, forse è
un
capitolo noioso e alquanto confuso, ma dal prossimo entrerà
subito
in gioco Levi( non aspetto altroXD)
La
storia porta l'avvertimento di “tematiche delicate”
dal punto di
vista di Erna perchè si parlerà parecchio
dell'identità in
particolare di quella sessuale, perciò non sarà
una storiella
leggera. (sudo freddo, ce la farò?)
Dunque,
direi di aver detto tutto quello che avevo da dire e spero che questo
primo capitolo vi sia piaciuto. Non vedo l'ora di conoscere le vostre
impressioni perciò spero di sentirvi
un abbraccio
Mistiy