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Autore: Giandra    09/03/2016    2 recensioni
Raccolta di storie incentrate ognuna su una shipping del mondo Pokémon, scritte tutte su vostra richiesta.
Scrivo su:
- anime principale (tutte le stagioni);
- Pokémon Horizons;
- videogiochi (trovate le specifiche nel prologo).
☆ #7. Mizuhiki: Seconda classificata e vincitrice dei premi Sara, miglior stile, miglior grammatica e miglior personaggio al contest "Ho letto un libro, una volta (si chiamava...)" indetto da zbor liber sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
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Seconda classificata e vincitrice dei premi Sara, miglior stile, miglior grammatica e miglior personaggio al contest "Ho letto un libro, una volta (si chiamava...)" indetto da zbor liber sul forum di EFP.
Buonsalve a tutti! Questa storiella è nata dalla mia particolarissima headcanon di Cyrus, un personaggio che, nonostante la maggior parte delle persone odi a morte (cosa che in genere incrementa il mio amore verso qualcuno), io apprezzo e provo a capire. L'idea della mia Musa, appunto degna di questo nome, di usare il titolo di alcuni romanzi (tra i quali "La bestia umana" di Zola, quello da cui prende spunto la mia OS) per scrivere una storia tutta nuova mi ha subito fatto pensare a lui. Il dramma esistenziale e determinante ai fini della trama quindi è: "Qual è il vero confine tra bestie e uomini?" e, una volta capito, "C'è un qualcosa che può tenerci moralmente ancorati nella seconda categoria?".
Nonostante la storia e in generale il personaggio siano basati su una mia personalissima visione della psicologia di Cyrus, mi piacerebbe molto avere il vostro parere sul suo IC, nel caso qualcuno avesse voglia di discuterne >w<
Detto questo, buona lettura!



© https://twitter.com/msrenai21/

Iconfine dnon superare  o già superato?

La stanza era buia e cupa, la sua ombra si mescolava all'oscurità riflessa sul pavimento. Cyrus se ne stava seduto sul suo letto — con i gomiti ancorati alle ginocchia e le mani che torturavano i capelli cerulei —, a pensare; il ricordo di pochi giorni prima era ancora ben impresso nella sua memoria, quando non era lì da solo a crogiolarsi nei suoi tormenti: una splendida e lunga chioma bionda si snodava sul suo cuscino, lasciando libero il viso roseo. 
Camilla gli aveva tenuto la mano senza guardarlo negli occhi, consapevole che percepire la veridicità di un gesto così affettuoso sarebbe stato troppo per lui; gli aveva fatto compagnia a lungo, in silenzio, come se i suoi pensieri e quelli dell’altro si fondessero senza bisogno di dar loro voce.
Scosse la testa, serrando gli occhi ed eliminando quei pensieri dalla sua mente. Lui non poteva intrattenere una relazione con lei, non poteva intrattenere una relazione con nessuno.
Spesso gli piaceva paragonarsi a un superbo quadrifoglio, circondato da centinaia di trifogli. Per quanto potesse sembrare arrogante come pensiero, per Cyrus significava solo sentire di non appartenere a quella Terra; credeva fermamente di non essere come gli altri, di non avere le stesse ambizioni, gli stessi sentimenti; e, sebbene apparentemente anelare a qualcosa di più grande (rispetto al resto del mondo) lo rendeva orgoglioso, a volte quell'unicità lo spaventava: temeva che, dopo la sua morte, nessuno si sarebbe ricordato del suo progetto — non di lui, non della sua persona, ma di ciò cui aspirava, dei suoi ideali —; che sarebbe andato tutto perduto. 
Forse era quella la sua vera paura: aveva avuto modo di rendersi conto, in quella cella fredda e tetra, di quanto il suo obiettivo fosse ormai ben lontano dal divenire una realtà, ma pensare di morire assieme a esso lo deprimeva più di ogni altra cosa. Il morire da solo, specialmente quello lo terrorizzava. Come una candela dimenticata accesa, di cui a nessuno importava come o quando si sarebbe spenta.
Ma in fondo non poteva dare tutta la colpa agli altri: lui non era mai riuscito ad amare nessuno, aveva sempre allontanato tutti, anche chi aveva intenzione di aiutarlo o di capirlo. Si era circondato solo di coloro che, in un determinato momento della sua vita, gli erano sembrati utili per il suo scopo; ogni singola azione compiuta era stata svolta solo in funzione della propria persona.
Niente ti gira intorno, se giri intorno a te stesso[1], gli aveva detto suo padre, circa vent'anni prima, eppure quella frase era affiorata solo in quell'istante, quando ormai il danno era stato fatto. La paura di non poter più fare uso di quella perla di saggezza, la paura di non poter cambiare, di non poter provare niente di diverso rispetto all'apatia, al disprezzo verso il mondo e coloro che lo popolavano, lo stava logorando.
Quanto, effettivamente, noi umani siamo diversi dalle bestie? fu l’interrogativo postogli dalla sua professoressa ai tempi della scuola, quando stava dilagando la notizia dell’attacco di un Ursaring su un gruppetto di indifesi Pigliamosche. A prescindere dalle circostanze, restava un bel quesito.
Aveva sentito dire in giro che la fondamentale differenza tra umani e animali sono i sentimenti: gli animali non provano emozioni come la passione, la gelosia, l’amicizia o l'amore; non hanno veri e propri legami, la loro unica preoccupazione è la sopravvivenza; molti vivono in funzione del branco, pensando a se stessi come parte di qualcosa di più grande. Stette per qualche secondo a riflettere su quelle caratteristiche — tanto di tempo ne aveva in abbondanza — e si accorse che nella maggior parte si rispecchiava totalmente, fatta eccezione per l’ultima: lui non aveva un “branco” e se anche l’avesse avuto non avrebbe mai messo se stesso al di sotto del bene collettivo. Quindi, in breve, non solo poteva definirsi una bestia anche lui, ma era anche una bestia egoista.
Improvvisamente sentì il cigolio tipico della sua cella sgangherata farsi sempre più acuto, così alzò lentamente il capo per comprenderne la fonte; non riuscì subito a mettere a fuoco le immagini a causa della luce che gli intorpidiva la vista, ma non appena la percezione della realtà tornò quella di sempre notò una figura alta e snella, dalle movenze sinuose e i lineamenti perfetti, che si era appena posta proprio di fronte a lui, guardandolo con un sorriso bonario. «Ero indecisa se portarti una ciambella o un gelato e non sono riuscita a scegliere» iniziò, chiudendo di nuovo la cella e facendo cenno alla guardia di poter andare via. «Così li ho presi entrambi» concluse, sventolando sotto il suo naso un sacchetto rossastro.
«Non è permesso portare cibo ai detenuti» le fece notare lui, immobile, con la consueta espressione atona e impassibile.
«I vantaggi di essere Campionessa!» Camilla pose entrambe le mani sui fianchi piccoli e tondeggianti, mentre gli spediva una linguaccia divertita.
Cyrus mosse impercettibilmente il labbro, incurvandolo all'insù. Quando guardava Camilla, una nuova prospettiva si faceva strada nella sua mente: forse aveva ancora speranza, forse non tutto era perduto; forse, poteva ancora scoprire il vero significato di essere umano.




 
 
[1] Fedez, Si scrive schiavitù ma si legge libertà.

 
   
 
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