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Autore: Ryoda_Oropa    28/03/2009    0 recensioni
Mentre Oropa si è lanciato nello spazio aperto in un viaggio di formazione per sentirsi degno dell'amata Benten, Ryoda si trova su Nettuno insieme alla compagna Kurama per ripagare il suo debito nei confronti di Oyuki. Nel frattempo, gli dèi della fortuna e i demoni dalle vesti tigrate sono pronti a scontrarsi in una battaglia su un pianeta disabitato che si preannuncia memorabile, in cui prenderanno parte anche una ragazzina misteriosa e una spada dotata di incredibili poteri. Terzo e ultimo capitolo della trilogia "Dei e popoli dell'universo" e terza opera dal tandem di autori composto da Kitsune no Pao e Achille88!
Genere: Romantico, Avventura, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Benten, Kurama, Lamù, Nuovo Personaggio, Oyuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA DIVINA SERPE

 

Paolo scendeva dalla strada di montagna, torturando sotto le gomme di una potente moto il povero ed indifeso asfalto; l’aria sul viso lo rendeva euforico ed ogni staccata al limite gli regalava una scarica di adrenalina. Curva dopo curva, soffocava nel rombo del motore urla di autentica gioia... ad un tratto notò Lamù seduta sul guard rail.

Parcheggiò la moto e si avvicinò alla bella aliena incuriosito.

“E tu che ci fai qui?”.

“Guidi come un pazzo. Non ti è bastata la lezione?”, chiese Lamù al ragazzo.

“Posso farlo solo nei miei sogni, oramai credo che non mi lasceranno più mettere il sedere su una moto vera. Solo qui posso sfogarmi”.

“Come va con Lara?”.

“Tutto bene. Ma dimmi una cosa: cosa ti spinge al mio cospetto?”, domandò Paolo sempre più incuriosito mentre si apriva una birra ed accendeva una sigaretta.

“Bevi e fumi?!”, lo rimproverò la bella oni.

“Anche questo, solo nei sogni... anche se una birra o due con gli amici me le scolo e ho smesso di fumare dopo l’incidente!”, rispose con sincerità il giovane motociclista.

“Paolo... per caso conosci un certo Ryoda? E’ apparso all’improvviso e mi è parso sospetto”.

“Mai sentito nominare…”, mentì perfettamente lui. “Che tipo è?”.

“No, niente. Tutto a posto!”, esclamò Lamù.

Rimasero per qualche minuto in silenzio, mentre Paolo finiva la bevanda bevendola direttamente dalla bottiglia.

Ad un tratto, da dietro la curva sbucò Benten.

Paolo la osservò incredulo mentre lei procedeva sicura nella sua direzione.

“Come sei arrivata qui?”, chiese Lamù.

“Ti ho piazzato addosso un tracciante oggi, quando hai accennato che saresti venuta nottetempo a parlare con qualcuno... il resto è stato facile: mi è bastato localizzare la distorsione da te creata e mi sono trovata qui”, rispose l’amica.

Paolo si alzò e si avvicinò alla dea, accennò un timido saluto e lei, sorridendo, gli chiese: “Oropa ti assomiglia molto, non è vero?”.

“E' la mia copia quasi esatta!”, rispose Paolo.

Benten gli appoggiò le mani sulle spalle e chiuse gli occhi, avvicinando il suo corpo a quello del ragazzo. Paolo attendeva felice lo schiocco delle labbra della ragazza contro la sua guancia... invece, il ginocchio della dea impattò violentemente contro la sensibile zona inguinale dello sfortunato ragazzo, ignaro delle reali intenzioni della fanciulla.

“ALLORA SEI STUPIDO, ORGOGLIOSO, ESIBIZIONISTA, SUSCETTIBILE, IRRITANTE, EGOISTA E SEI... SEI... ODIOSO!!”, gridò Benten all’indirizzo del povero Paolo prima di allontanarsi a grandi falcate.

Lamù si affrettò a sorreggere il ragazzo, spiegandogli lo strano comportamento del suo alter ego in yukata.

“Lo capisco”, disse Paolo. “Ci sono passato anch’io con Lara... non mi sentivo degno di lei, l’ho respinta facendola soffrire inutilmente e mi sono imposto di cambiare cercando di migliorare, di essere una persona più forte, sulla quale si potesse fare affidamento... e non il solito, capriccioso, volubile Paolo... PERO’ LARA E’ BEN PIU’ GENTILE RISPETTO AD UNA CERTA DEA CHE CONOSCO!!", gridò poi all’indirizzo di Benten, convinto che questa fosse ormai lontana... invece, da dietro la curva ove era sbucata in precedenza la dea, un missile guizzò e finì contro la moto del ragazzo, facendola esplodere.

Paolo e Lamù rimasero a bocca aperta e non parlarono per un bel po’ di tempo.

“Tu però saprai già quello che ho passato, vero?!”, chiese infine il ragazzo alla oni, accendendosi una seconda sigaretta.

“Lo ammetto!”, rispose con uno splendido sorriso Lamù. “Leggo tutto quello che ti passa nella testa su un diario magnetico che ho creato io; registra i tuoi pensieri ogni giorno, io li leggo e li cancello, per far spazio a quelli del giorno successivo. E’ la mia lettura preferita!”, si giustificò facendo gli occhi dolci.

“Alquanto... invasivo, non credi? Oltre a guardare la serie animata, ora leggi anche il romanzo della mia vita!”, scherzò lui.

Poi nel tentativo di sedersi sulla barriera a bordo strada scivolò giù per uno strapiombo, svegliandosi.

 

Oropa atterrò su una piatta zolla di terra che vagava nell’universo.

“I dati inseriti mi hanno condotto qui... dovrebbe essere il posto giusto, ma non ci capisco niente di navigazione stellare! Che seccatura!!”.

La zolla, semisferica e protetta da una strana atmosfera, era sufficientemente grande per ospitare un quartiere intero come Tomobiki; era ricca di vegetazione e corsi d’acqua, con alberi da frutta disseminati ovunque e alcuni placidi mammiferi erbivori che vagavano tranquilli.

Il luogo aveva qualcosa di sovrannaturale, armonioso... divino.

Una grossa montagna sorgeva al centro della piatta superficie dell’asteroide, composta da spessi anelli che andavano stringendosi con l’aumentare dell’altitudine: era coperta da una rigogliosa vegetazione e sulla sommità si scorgevano due grossi tronchi ramificati e spogli.

“Se qui c’è un essere divino, è certamente lassù!”, esclamò soddisfatto Oropa.

Ad un tratto la montagna prese a vibrare e le spire che la componevano andarono sciogliendosi... gli alberi sulla sommità si rivelarono essere enormi corna e la montagna intera un serpente millenario immenso, una creatura oltre l’immaginazione e la comprensione umana.

La testa della creatura si levò fino al cielo, poi si abbassò a terra, poggiandosi di fianco al ragazzo con un tremendo boato.

La serpe aprì gli occhi, con Oropa che stava proprio di fianco ad uno di essi: era color oro e tagliato verticalmente da una stretta e nerissima pupilla.

Il ragazzo intuì di essere alto circa la metà dell’occhio destro dello sconfinato essere.

“Mi aspettavo qualcosa del genere”, disse Oropa fingendosi tranquillo; in realtà tremava di paura e rivolse un pensiero a Benten.

La serpe si scostò bruscamente rischiando di travolgere il ragazzo, che si coprì istintivamente il volto con entrambe le braccia per evitare che i detriti di terra sollevati dal moto dell’animale lo accecassero.

Quando spostò le braccia e riaprì gli occhi si trovò l’enorme lingua biforcuta della serpe vicinissima al corpo, mentre violenti sbuffi di alito provenienti dalle fauci lo investivano, facendolo barcollare e strapazzando il suo yukata.

Una voce possente tuonò nell'aria.

“SEI GIUNTO FINO A ME INVANO, MISERO ESSERE MORTALE! LA TUA BREVE VITA NON E’ CHE UN ATTIMO DEL MIO TEMPO. IO SONO OROCHI, LA DIVINITA’. ACCETTA LA FOLLIA DEL TUO GESTO, MISERO MORTALE: VOLTANDO LE SPALLE ALLA FORTUNA E GIUNGENDO AL MIO COSPETTO, HAI COMPIUTO IL TUO DESTINO. ORA MUORI NELLE MIE FAUCI IN MODO CHE IO POSSA TORNARE AL MIO SECOLARE RIPOSO".

“Io...”.

“HAI PAURA!”, sibilò l’enorme serpe.

“Io... ho abbandonato il mio cuore...”, disse Oropa con un filo di voce.

“NON M’INTERESSA”.

“Ho... abbandonato il mio sogno. Vorrei… poter dimenticare...”.

“NON HA PIU’ ALCUNA IMPORTANZA”.

Oropa si inginocchiò dinanzi all'enorme bestia, abbassando la fronte fino a toccare il suolo.

“Voglio... tornare all’origine... del mio destino...”.

“NON HAI PIU’ UN DESTINO”.

“Non sarò lo stesso Oropa. Non sarò più... accecato dall’amore...”.

“LO HAI GIA’ PERDUTO! BENTEN STA PREGANDO IN MODO CHE IO TI   FACCIA SPARIRE DALLA SUA VITA E DALLA SUA MENTE!”.

“Non avrò più... paura di lei. Non dovrò più... appoggiarmi a lei...”.

“NON AVRAI NULLA! LA MORTE NON E’ ALTRO CHE LA FINE DI TUTTO!”.

Il ragazzo si rialzò e si denudò il busto lasciando che il suo yukata scivolasse, fermandosi in vita trattenuto dall’obi.

Poi cercò in quell’enormità un appiglio, vi si aggrappò e scalò il muso dell’enorme serpe.

“Tu sei in grado di leggere la mente, bestione. Se è vero che uccidi le persone solo per il semplice fatto che giungono al tuo cospetto... mi fai ribrezzo. Sei un essere stupido e rivoltante!!”.

“COME OSI RIVOLGERTI A ME CON SIMILI PAROLE?!”. Gli occhi della serpe si strinsero su quel minuscolo ed arrogante essere umano.

“Oso perché non ho speranza, dal momento che hai deciso di porre fine alla mia esistenza… ed io lo accetto, ma almeno voglio che tu senta dalla mia voce ciò che penso di te, senza leggermelo nella testa”.

Il serpente sollevò altissima la testa nella volta , portando con sé Oropa.

“MIGLIAIA DI ESSERI SONO GIUNTI AL MIO COSPETTO, MIGLIAIA DI ESSERI SI SONO PROSTRATI IMPLORANDOMI,ORNANDOMI CON DONI DI OGNI GENERE ED I PIU’ NOBILI APPELLATIVI... E TU... TU OSI INSULTARMI!!”, esordì stupito Orochi.

“Siamo molto in alto, vero?!”, domandò il ragazzo senza guardare giù.

“SE CADESSI DA QUEST’ALTEZZA, TI RITROVERESTI CON TUTTE LE OSSA RIDOTTE IN POLVERE!”, rispose prontamente la divinità.

“Non mi hai ancora ucciso...”.

“SODDISFERO’ UN PO’ LA MIA CURIOSITA’, PRIMA DI FARLO... ERA DA MOLTO TEMPO CHE NON RICEVEVO ALCUNA VISITA...”.

“Se ora guardassi giù, avrei paura e mi aggrapperei alle tue corna... lo capisci perché sono qui? Amore, amicizia, fortuna... io ho trovato ogni cosa senza essermela guadagnata, senza averla rincorsa, senza averla bramata... ero già in alto, come ora, e partendo da così in alto non si può che cadere giù!”.

“HAI DETTO UNA COSA MOLTO SAGGIA”, proferì la serpe visibilmente stupita.

“Se non desideri ardentemente qualcosa e non fai follie per averla, sarà facile perderla perché non gli verrà reputata la giusta importanza”.

La serpe riportò al suolo il ragazzo e si avvolse nuovamente a spirale, appoggiando il testone sulla sommità e fissando con occhi colmi di curiosità quello strano giovane.

“Rendimi un uomo degno di una dea, dell’amicizia delle persone, della fortuna di vivere...”.

“NON E’ POSSIBILE! SE IO TI FACESSI DONO DI UN SIMILE DESTINO... NON SARESTI SODDISFATTO COMUNQUE, OROPA”.

“Hai perfettamente ragione. Non voglio un dono; io ti chiedo di poter stare al tuo servizio, di apprendere da te forza, nobiltà d’animo, saggezza... di avvicinarmi ad una divinità e rubare i suoi segreti”.

“TU NON CHIEDI... MA OFFRI!”, sibilò incredula la serpe. “OFFRI LA TUA COMPAGNIA AD UN MOSTRO ASSASSINO QUALE SONO CONOSCIUTO!!”.

“Hai indovinato, bestiaccia!”, disse sorridendo il giovane per essere riuscito ad interessare la divinità prima che questa lo uccidesse senza pensarci due volte.

“MODERA L’ENTUSIASMO!”, ruggì il possente essere. “NON HAI NULLA CHE POSSA INTERESSARMI, NULLA DI CUI IO POSSA GODERE, NULLA CHE VALGA IL MIO TEMPO!”.

“Ma come?! Sei qui da tantissimo tempo nella più totale solitudine e non gradisci fare quattro chiacchiere?! Sono anche un bravo cuoco se vuoi saperlo... te lo dico di nuovo: mi potrai chiedere ogni cosa ed io farò il possibile per soddisfarti!”.

“E COSA GUADAGNERESTI, NEL SERVIRMI?”, domandò incuriosita la serpe.

“Mi sembra di parlare con un muro”, pensò Oropa.

“Io ho già guadagnato qualcosa! Non mi hai ancora ucciso e questo mi fa davvero piacere! Essere al cospetto di una divinità cruenta quale sei, sapendo che in ogni istante potresti eliminarmi senza sforzo… e vedere che non lo fai è per me una soddisfazione incredibile! Ciò mi carica di adrenalina… sarò folle, ma io non vedo questa grande differenza fra me e te, sei solo più grosso e potente!”.

“HAI VISTO RAIGO E HAI TENTATO DI AFFRONTARLO... SE BENTEN NON TI AVESSE PROTETTO ILLUMINANDOTI DI TUTTO IL SUO POTERE SARESTI GIA’ MORTO! QUI IL SUO POTERE NON ARRIVERA’... NON HO BISOGNO DI CHIEDERTI NULLA... LEGGO NEI TUOI PENSIERI CHE SEI DETERMINATO!”.

“Affare fatto, allora?!”, chiese Oropa tremante di soddisfazione.

“TEMPO FA MI FU DONATA UNA MONTAGNA DI CARNE COME SACRIFICIO. L’HO MANGIATA TUTTA E PER MIA SFORTUNA, HO CONTRATTO LA TENIA INTERGALATTICA, UN TERRIBILE PARASSITA INTESTINALE. LIBERAMI DAL TORMENTO CHE MI PROCURA E LA TUA RICHIESTA SARA’ ESAUDITA!”.

Oropa si rivestì dello yukata, incrociò le braccia e chiuse gli occhi pensieroso.

“NON POSSO CREDERCI!”, pensò il colossale serpente. “QUESTO RAGAZZO STA’ GIA’ PENSANDO SUL DA FARSI, SENZA NEMMENO PREOCCUPARSI DI INDAGARE ULTERIORMENTE! MI DIVERTIRO’ IN  SUA COMPAGNIA”.

“Le tenie non sono altro che stupidi vermi che si nutrono di letame!”, rispose divertito Oropa. “Per me sarà un giochetto da bambini!”.

Detto ciò, il giovane si mise a rovistare fra gli arbusti del suolo ed estrasse alcune piante ripulendone i bulbi dalla terra; poi cercò un sasso aguzzo e cominciò a colpire il tronco di una pianta poco distante, facendo sgorgare una resina densa ed appiccicosa.

Prese una pietra piatta e pestò con un ciottolo i bulbi di aglio, mescolando la poltiglia ottenuta con abbondante resina.

Fatto ciò, si spalmò interamente le vesti e la pelle di quella sostanza; poi tornò al cospetto della divinità e chiese un’arma.

“LAGGIU’, IN QUELLA FOSSA!”, rispose la serpe.

Oropa si avvicinò alla larga buca e guardò giù, dove giacevano armi e armature di ogni foggia e dimensione.

“SONO I RESTI DEI VALOROSI CHE SONO GIUNTI AL MIO COSPETTO. CI SONO ARMI INCREDIBILI, LAGGIU’… VEDI QUELL’ENORME SPADONE D’OSSO BLUASTRO?! E’ STATO FORGIATO UN MIGLIAIO DI ANNI FA DA UN CACCIATORE MOLTO ABILE NELLA LAVORAZIONE DI MATERIALI RARI ED E’ STATO TRAMANDATO PER GENERAZIONI ALL’INTERNO DI UNA STIRPE DI ABILISSIMI ARMAIOLI. E’ AFFILATISSIMO, PESANTISSIMO, UNICO… SI CHIAMA OBELION, COME IL VARANO DIVINO DAL CUI OSSO E’ STATO FORGIATO!”.

“Aggiudicato!”, esclamò Oropa battendo un pugno sul palmo della mano.

“PRIMA DEVI RIUSCIRE AD AFFERRARLO E A PORTARLO FUORI DALLA BUCA!”, sibilò divertita la serpe.

Oropa si fece scivolare nella buca, raggiunse lo spadone camminando lentamente sulla superficie formata dal catasto di armature e tentò invano di sollevarla.

“NON CI RIESCI, VERO?! NON SEI ANCORA DEGNO DI LEI… PRENDI UN’ARMA QUALSIASI PIU’ ADATTA A TE!”.

Il ragazzo scrutò in cerca di un’arma e ripiegò su una corta wakisazi, una spada dritta usata solitamente in coppia con una più lunga ed uscì dalla buca con la lama stretta fra i denti.

“Io sono pronto!”, esclamò Oropa sicuro di sé dopo essere tornato al cospetto di Orochi.

La serpe si distese al suolo e sollevò la parte terminale dello sconfinato corpo, scoprendo l’entrata dell’antro dove si annidava il terribile parassita.

“ACCOMODATI PURE!”, sibilò divertita.

“Cerca di non agitarti troppo!”, proferì Oropa, ormai all’interno del corpo della colossale creatura.

 

La serpe chiuse gli occhi e si concentrò per ascoltare i pensieri del giovane, che andava infilandosi all’interno del suo corpo.

“Ma tu guarda in che situazione mi sono cacciato!”, si lamentò il povero Oropa. “Non si vede niente! Qui è anche molto stretto e le pareti sono molli e coperte di una strana sostanza appiccicosa... mi viene da vomitare!”.

La serpe accennò un sorriso prima di rimettersi in ascolto.

“Che puzza! Mi viene da vomitare... sarà meglio estraniarsi da questo luogo e pensare solo a ciò che devo compiere...”.

“MOLTO BENE!”, pensò soddisfatto Orochi.

“La gelida mano di Oyuki che scivola sul mio petto... fino ad arrivare all’altezza del pube... che libidine!”.

La serpe spalancò gli occhi e rimase senza parole.

“Lamù che si siede nuda sopra di me... che visione paradisiaca! Poi prende le mie mani per farmi toccare i suoi turgidi capezzoli...”.

Orochi spalancò nuovamente gli occhi insieme all’enorme bocca.

“Benten, invece, mi strapperebbe lo yukata di dosso, mi morderebbe le labbra e mi spingerebbe contro un muro, calcando il suo corpo contro il mio... maledizione!! Ho troppa voglia di...”.

“SMETTILA DI IMMAGINARE SIMILI PORCHERIE, RAZZA DI PERVERTITO!!”, gridò esasperata la serpe.

“Stava ascoltando i miei pensieri!”, notò Oropa.

I suoi pensieri si bloccarono di colpo e dall’interno dell’enorme creatura si udì un tremendo grido.

La tenia, con la sua bocca a forma di ventosa costellata da una miriade di piccoli denti uncinati, aveva appena morso Oropa al ventre; il dolore esplose all’improvviso gettando il giovane nel panico.

Tuttavia lo speciale unguento all’aglio che il ragazzo si era applicato funzionò alla perfezione e il grosso verme fu costretto a mollare la presa e ad allontanarsi.

Nel tentativo di immobilizzarla, Oropa si rese conto delle dimensioni del parassita: la sua bocca era enorme ed il viscido corpo era grosso come un tronco d’albero.

Inoltre l’animale si dimenava furiosamente a causa del contatto con l’unguento d’aglio, mentre il ragazzo non riusciva a muoversi liberamente ed era costretto a proteggersi come meglio poteva; neppure i suoi occhiali speciali potevano essergli molto d’aiuto.

Era al buio, immobilizzato e subiva morsi dalla terribile bocca dentata del verme.

Poi ebbe un’idea geniale: attese di sentire il morso della bestia e conficcò nella sua carne la spada, col filo della lama rivolto verso di sé. La tenia attaccò la coscia destra di Oropa, che affondò tutta la lama nella testa del viscido parassita e questo, ritraendosi, si aprì la testa in due.

Vedendo la bestia gravemente ferita, Oropa cominciò a tagliarla a pezzi con la sua corta spada.

 

Oropa uscì dall’ano della divinità portandosi un trancio di tenia sulla spalla.

Era ricoperto del suo stesso sangue e di quello del verme; in più, presentava ferite più o meno gravi su tutto il corpo.

Spossato e ferito, il valoroso giovane cadde a terra sfinito.

“RAGGIUNGI QUELLA FONTE D’ACQUA LAGGIU’ ED IMMERGITI; E’ UNA FONTE CURATIVA”, consigliò Orochi.

“Sai accendere... un fuoco?”, chiese Oropa ansimando per la fatica.

La serpe lo fissò e notò che il ragazzo singhiozzava, poi prese fra le sue fauci alcuni arbusti secchi ed emise due fiammate dalle sue narici; in pochi minuti si sviluppò un bel fuoco.

Il ragazzo si alzò a fatica, tagliò un pezzo di carne dal corpo della tenia e si diresse zoppicando verso il fuoco.

“Voleva mangiarmi”, disse Oropa lacrimando mentre lasciava cuocere la carne su una pietra rovente. “Sentivo che mi mordeva con una forza incredibile, prima di staccarsi da me a causa dell’aglio... ma ora sarò io a mangiare lei!”, concluse il giovane.

“NON PIANGE PER LA PAURA, PER IL DISGUSTO O PER LO SPAVENTO. PIANGE PERCHE’ L’UNGUENTO A BASE DI AGLIO CHE GLI STA CURANDO LE FERITE BRUCIA TREMENDAMENTE! MA CHI E’ QUESTO PAZZO? CHI SEI, OROPA?”, si chiese colpita la divinità.

Il ragazzo tolse dal fuoco il pezzo di carne abbrustolito ed iniziò a masticarlo con vigore prima di ingoiarlo con una smorfia di disgusto.

La serpe avvicinò la possente testa al giovane e gli intimò disgustata: “FINISCILA! MI FAI SCHIFO!”.

Oropa si limitò ad una gelida occhiata e poi domandò: “Il dolore che sento in questo momento... è almeno paragonabile a quello che ho causato a Benten?”.

“NON E’ POSSIBILE FARE UN PARAGONE”, fu la risposta della divinità. “SI TRATTA DI DUE TIPI DIVERSI DI DOLORE!”.

“Sei un essere veramente inutile!”, esclamò il giovane prima di crollare a terra e di abbandonarsi alle visioni della sua mente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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