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Autore: papayasorridente    10/03/2016    2 recensioni
--“Daaante, Clodia non mi ama.“ Mormorò, mentre il resto dei Tassorosso sorridevano a quella scena tanto familiare quanto snervante.
“Beh, dato che le scrivi una poesia in pentametro giambico a settimana e lei non risponde a nessuno dei tuoi biglietti, magari hai sbagliato strategia … “
“Distico elegiaco! E vario pure, non utilizzo solo endecasillabi come voi del Club dello Stil Novo!”--
Catullo e Dante sono migliori amici ad Hogwarts e Alighieri non ne può più di sentire l'amico lamentarsi per le sue terribili avances amorose verso Clodia.
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“No.”
“Ma … “
“No!”
Catullo mise il broncio. Come osava trattare così il suo fratellino?
“Guarda che dico a mamma che hai dato il maglione che ti ha regalato a Natale a Leuconoe.”
“Non m’importa.”
Cat capì che era ora di cambiare strategia. Afferrò il colletto del mantello di Saffo, che se ne stava andando,  e la tirò indietro. Poi si inginocchiò e iniziò a piagnucolare:
“Ti preeeeego. Non puoi fare questa piccola cosa per il tuo beneamato fratellino?”
Saffo roteò gli occhi e afferrò l’orecchio destro di Catullo, tirandolo per farlo alzare in piedi.
“No, Cat, è l’ultima volta che te lo dico. Alla prossima ti lancio una fattura.” Sentenziò. Poi lasciò il fratello in mezzo al corridoio a tenersi l’orecchio dolorante.
-
Catullo si gettò sul divanetto di fronte al camino della sala comune dei Tassorosso.  Non era possibile che il mondo, magico e non, ce l’avesse sempre con lui.
“Ehi! Perché quella faccia mesta? Il professor Mecenate ti ha di nuovo escluso dalla sua piccola élite?”
Chiese il suo amico Dante, vedendolo più piagnucoloso del solito. Cat guardò il fiorentino per qualche secondo prima di soffocarlo in un abbraccio.
“Daaante, Clodia non mi ama.“ Mormorò, mentre il resto dei Tassorosso sorridevano a quella scena tanto familiare quanto snervante.
“Beh, dato che le scrivi una poesia in pentametro giambico a settimana e lei non risponde a nessuno dei tuoi biglietti, magari hai sbagliato strategia … “
“Distico elegiaco! E vario pure, non utilizzo solo endecasillabi come voi del Club dello Stil Novo!”
Dante a quel punto passò da amico preoccupato e premuroso a drama queen piuttosto gay, esclamando: “Almeno Beatrice di degnava di guardarmi, quando le dedicavo le mie poesie! Ed è un club molto serio, il Professor Petrarca si impegna molto a mantenerlo!”
“Certo, vi insegna a sbavare in maniera piuttosto inquietante dietro donne a caso, come lui fa dietro a Madame Laurette! Ringrazio che ti sei messo con Virgilio, altrimenti avresti fatto la sua fine!”
Ormai si stavano urlando contro come solo i più vecchi amici possono, a discapito dei poveri compagni di casa che tentavano a finire i loro saggi.
Per fortuna, un certo Grifondoro decise di salvare la situazione.
“Dante, smettetela di battibeccare.” Disse Virgilio, lasciandosi cadere di fianco al suo ragazzo.
“Amore mio! Catullo mi stava proprio raccontando la sua ennesima figuraccia con Clodia, è proprio senza speranza, eh?” Dante si accoccolò alla spalla del mantovano, che gli depositò un bacio sulla tempia.
Catullo guardava la scena disgustato (ma con una punta d’invidia): “Non ho fatto alcuna figuraccia, ho solo supplicato la sua amica Didone di consegnarle una lettera … “
“ … E capisci, Clodia era esattamente dietro di lui, e ha sentito tutta quella patetica supplica. Impagabile.” Finì per lui Dante.
Catullo mise il broncio nel vedere i due lasciarsi scappare una risatina. “E comunque tu Virgi cosa ci fai qui? Non puoi entrare nella nostra Sala Comune.” Chiese.
“Beh, il manus di Tosca Tassorosso ha un debole per me … E ormai conosco bene il vostro dormitorio.”
Cat fece una smorfia inorridita: “Non voglio sapere niente di quante volte sei stato qui. E a fare cosa. Voi due mi mettete i brividi.”
“In realtà ci shippi da quando ci hai presentati, quindi non fare tanto lo schizzinoso.” Osservò Virgilio.
Catullo sbuffò rumorosamente e ripensò a quanto fosse terribile la sua vita: se perfino Dante era riuscito (ovviamente per merito suo) a tubare allegramente con la sua crush, perché invece Clodia lo ignorava e ridacchiava quando quelle serpi delle sue amiche gli lanciavano delle fatture?! Una volta erano addirittura arrivate al punto di colorargli tutta la pelle di blu ed era dovuto restare di quel colore per l’intera settimana fino a che il professore di Pozioni, Mecenate, non aveva deciso che era troppo patetico e lo aveva fatto tornare normale. Tranne per il mignolo del piede che era ancora azzurrino.
 E mentre lui era maltrattato aspramente da quelle Serpeverde, Clodia si limitava a lanciargli qualche sguardo annoiato. E sua sorella si rifiutava di creargli una pozione d’amore! A che le serviva essere una secchiona in Pozioni e la cocca suprema di Mecenate se non voleva neanche aiutare il suo povero fratellino?
“Mi serve del Whiskey Incendiario. Ora.”
“Sei fortunato, Ovidio mi ha infilato il bigliettino nel libro di Rune Antiche.” Disse Dante.
“Praeceptor? Arriva sempre al momento giusto.”
Il fiorentino gli lanciò uno sguardo saputo: “Questa volta si varia dal programma: leggi.”
Gli passò una pergamena dove era gravato con lettere eleganti un invito:
<<‘Chi sei? Da dove vieni? Dove vai? Sarai una maschera, verrai dal tuo dormitorio e andrai alla festa segreta più gloriosa mai organizzata a Arcadia.
1.Scegli un travestimento e un nome
2.Evita Platone e il suo terribile gatto Socrate
3.Alle 21.30 nella Stanza delle Necessità
4.Pensa ad un elefante rosa enorme e entrerai alla festa
Buona fortuna, il vostro devoto organizzatore, Praeceptor Amoris.’>>
I tre ragazzi si aprirono in un sorriso estatico.
“Sono COSì curioso”
“Secondo me sarà un fiasco”
“Dopo questa, il preside Oliver cercherà di certo chi è il Praeceptor Amoris. Strano che in questi anni non lo abbiano mai scoperto.”
Qui occorre una precisazione:
Erano tre anni che alla Scuola di Magia e Rapsodia di Arcadia, una volta al mese, salvo durante le vacanze, il misterioso Praeceptor Amoris, organizzava feste degne di  Gatsby. Un piccolo numero di bigliettini, incantati affinché bruciassero da soli il giorno stesso della festa, era fatto girare tra gli studenti una settimana prima, che a piccoli gruppi a turno si dirigevano al corridoio del settimo piano (ormai eludere Platone era diventato fin troppo facile), per entrare in un ambiente diverso ogni volta, e tutti, e sottolineo tutti, anche i nerd più incalliti, si divertivano  fino alle 4 del mattino, quando, inspiegabilmente, la Stanza scompariva e gli studenti si ritrovavano nei corridoi, lesti a correre nei rispettivi dormitori.
Era ogni volta uno spettacolo vedere l’intero corpo studentesco cambiare faccia, estasiato dalla magnificenza delle feste del Praeceptor. Ed era quasi onirico vedere le facce degli studenti, una volta scoppiata la bolla di sapone, tornare di colpo alla realtà  e abbassare gli occhi imbarazzate, e in una mutuale tregua, dimenticare quanto successo la sera per tornare alla vita normale. Fino alla festa successiva.
Qualunque magia il mitico Praeceptor fosse in grado di compiere, beh, funzionava. Nessuno lo aveva mai visto alle feste, nessuno aveva mai conosciuto la sua identità; erano sorte varie teorie, sì, assimilabili alla Quaestio Omerica per disparità e ingegnosità. Alcuni credevano fosse il fantasma di J. Gatsby, altri che fosse un gruppo di studenti babbani (questi altri erano un po’ purosangue) e molti erano convinti fosse il preside stesso.
L’anno prima la professoressa Odette aveva trovato, dimenticato su un banco, un elegante biglietto che recava l’invito all’ennesima festa. I professori avevano interrogato più volte le classi sulla natura delle feste e il luogo e l’organizzatore, ma non avevano ottenuto niente, se non una inquietante visione dei loro studenti che fissavano di fronte a loro, senza guardare i compagni. Tanta omertà sì, ma nessuno si sarebbe mai privato di quella bolla di libertà.
Inoltre , come specificato sopra, con l’accenno all’elefante, ogni biglietto aveva un elemento che contraddistingueva la serata e permetteva di trovare la giusta Stanza. Ma i professori  erano, o ignari dell’esistenza della Stanza delle Necessità, o si limitavano a cercare un gruppo di studenti.
Ma il dominio del Praeceptor Amoris continuava imperterrito.
“È un’idea strepitosa. Sarà una festa epica!” Esclamò eccitato Catullo.
“Unico problema. Maschere?” Chiese Dante.
“Domani è domenica e possiamo andare ad Hogsmeade a cercare qualcosa.” Propose Virgilio.
Cat rise: “Dante, dato che sei una donnina, dovresti vestirti da dama ottocentesca, e Virgilio da tuo cavaliere, così magari siete credibili come coppia. “
L’amico gli fece la linguaccia, e il resto dei Tassorosso ringraziò che la prerogativa della festa avesse distratto Catullo dalla sue pene amorose.
-
“Un enorme elefante rosa … Non riesco a immaginare un enorme elefante rosa!”
“Hai mai visto un elefante?”
“No!”
“I tuoi genitori sono babbani, non ci credo che non hai mai visto Dumbo.”
“Una volta. Avevo cinque anni e ho pianto per ore.”
I nostri eroi erano un po’ in crisi. Il fiorentino scuoteva la testa al terribile pensiero della mamma di Dumbo e Virgilio osservava esasperato il suo ragazzo e Catullo battibeccare. Erano da ormai un quarto d’ora al corridoio del settimo piano, con Barnaba il babbeo che sogghignava dal suo arazzo, mentre la Stanza delle Necessità non accennava  a comparire, ed erano terrorizzati che Platone potesse beccarli in piena notte fuori dal dormitorio a litigare su elefanti rosa ed enormi.
Per fortuna di Virgilio e per le sue povere orecchie, vide Ovidio e Saffo arrivare dal corridoio, ridacchiando alla vista dei due Tassorosso in crisi.
“Per tutti i tiranni di Mitilene, Cat, non ti facevo davvero così imbranato! Ci credo che Clodia poi ti snobbi…” Sospirò Saffo e scompigliò i capelli al fratello, che le lanciò lo sguardo da NonRigirareIlColtelloNellaPiaga.
Ovidio le fece l’occhiolino e dopo che passò per tre volte di fronte al muro, apparve una porta di foggia antica ma con un anacronistico maniglione antipanico e una pacchiana scritta gotica:
‘Per me si va nell’estasi delfica, Per me si va nell’hangover perenne, Per me si va tra l’impasticcata gente. Noia mosse il mitico Praeceptor Amoris, che con il suo perfetto genio mi creò. Di fronte a me voi state shoccati per il trash di questa scritta, ma il vostro PR preferito non vi deluderà! Lasciate ogni pudore o voi che entrate.’
“Mi chiedo come faccia ad inventarsi un epitaffio nuovo per ogni festa …” Sussurrò Dante.
“Direi che ‘epitaffio’ è la parola giusta.” Rispose Catullo.
Ovidio ridacchiò: “Non sottovalutate mai il Praeceptor.” Poi spinse il maniglione antipanico e fece passare i suoi amici e poi richiuse la porta, celando quell’epico simposio alla realtà.
-
Per motivi che il lettore comprenderà non possiamo divulgare informazioni e particolari su ciò che accadde all’ennesima festa del Praeceptor, sapete privacy e soprattutto il copyright delle feste migliori che è solo del mitico organizzatore.
Ma posso raccontare che Catullo si svegliò sdraiato sul pavimento abbracciando una maschera di pizzo nero e, cosa molto strana, una sciarpa di Dante, con un mal di testa estremamente martellante. Chissà come aveva fatto a tornare nella sua stanza.
Ops. Non era nemmeno nel suo dormitorio, dato che le decorazioni erano blu e nere e nel letto di fianco a lui erano stesi Virgilio e Dante.
Si alzò da terra con estrema fatica e il senso di vomito lo colse per qualche secondo. Ugh. Chissà cosa era successo la sera prima. Era piuttosto sicuro di essere andato ad una festa. Sì. Del Praeceptor. E c’erano tante maschere e … Un attimo. Guardò la maschera che aveva tra le mani e gli sovvennero subito numerosi flashback della serata.
Tralasciò la visione dei suoi due amici che limonavano e di sua sorella con quella che doveva essere Leuconoe ed ecco che rivide Lei. Una bellissima donna con indosso la stessa maschera che ora aveva in mano. Ci aveva ballato tutta la sera e mentre chiacchieravano su non si ricordava nemmeno cosa, ricordava di averla baciata e di avere visto tanti fuochi d’artificio, con gli uccellini e la campane, sì, Cat aveva la sindrome di Cenerentola.
“Caaaat. Che fai lì impalato?” Fece la voce di Dante, ancora impastata dal sonno.
Catullo si girò verso l’amico con fare quasi spiritato, per poi esclamare estremamente stridulo: “Danteeee mi sono innamorato!”
Forse squittì con troppa enfasi, dato che Virgilio sussultò, svegliandosi.
“Ma che … Dante, è il tuo migliore amico, fallo stare zitto.” Borbottò.
Dante gli accarezzò i capelli, sussurrandogli di tornare a dormire. “Ma Cat, tu non eri innamorato di Clodia?”
“Chi se la ricorda più quella snob! Lei invece è simpatica, spiritosa, dolce, bellissima … “
“E come si chiama? “Chiese Virgilio.
“Non lo so!” Esclamò Cat eccitato.
“Andiamo bene …” Commentò e si adagiò di nuovo sul letto.
I due continuarono l’interrogatorio a Catullo e appurarono che l’amico non aveva la più pallida idea di chi fosse questa ragazza, di cui sapeva circa la fisionomia, circa la voce e l’unico indizio tangibile era quella maschera.
“E se scopri che è il preside Oliver trasfigurato?”
“Sarà comunque vero amore, no?!”
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Fu così che per le settimane successive Catullo vagò per il castello, chiedendo a tutte le ragazze che incontrava di provare un attimo la famigerata maschera, ma purtroppo senza alcun successo. Aveva provato a fare un incantesimo di localizzazione che lo portasse dalla proprietaria, ma purtroppo l’oggetto era stato preso da un ripostiglio dove erano custoditi i costumi di un qualche laboratorio di teatro.
Dopo una giornata spossante di lezioni e ricerca della donna misteriosa, Catullo decise di fare un ultimo sforzo e di fare avere notizie sue e della sorella ai genitori, quindi si diresse in Guferia, convinto di trovarla vuota.
Aveva appena legato la lettera alla zampa del gufo, quando sentì un singhiozzo dietro di lui.
“Oddio, scusami, non volevo disturbarti, pensavo non ci fosse nessuno.” Disse alla ragazza seduta a terra; quando poi lei non rispose si accorse che stava piangendo. Da vero cavaliere, Cat non poteva non prestare conforto ad una fanciulla afflitta.
“Perché piangi?” Le chiese dolcemente, sedendosi di fianco a lei.
Lei tirò su con il naso e si asciugò gli occhi: “Mia mamma mi ha appena scritto che il mio cardellino è morto … è molto stupido piangere per una cosa del genere … ma io ci tenevo davvero tanto …”
“No, no non è assolutamente stupido. Pensa che io mi rifiutai di mangiare per un giorno intero quando morì il mio pesce rosso!”
Lei si lasciò sfuggire uno sbuffo simile ad una risata. Poi alzò lo sguardo e guardò Catullo negli occhi. Cat aveva già visto quegli occhi; circondati da pizzo nero.
“Scusa, è forse tua questa? L’ho trovata in corridoio …” Chiese titubante porgendole la maschera.
“Oddio, sì! Grazie mille, temevo di averla persa, ti ringrazio davvero.”
A Catullo saltò un battito e le rivolse un sorriso piuttosto idiota: “Di niente. Piacere, sono Catullo.”
Lei sorrise e gli strinse la mano: “Lesbia.”
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Ebbene sì, amo che Catullo sia uno sfigato adorabile.
 
 
   
 
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