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Autore: Hermione Weasley    10/03/2016    2 recensioni
“Non siete il primo che è venuto a vedere la strega,” alluse, il sospetto vivissimo.
“Io non credo alle streghe,” non poté fare a meno di sottolineare, vagamente risentito dall'essere stato accomunato ai superstiziosi babbei del villaggio.
“Però siete venuto a vederla comunque,” la ragazza non voleva proprio mollare il colpo. Si sentì messo alle strette, innaturalmente indispettito.
“Ero curioso.”
“Quindi ci credete.”
“No, che non ci credo. Questo posto è piccolo e gli estranei sono sempre fonte di curiosità, non vi pare abbastanza?”
---
XVIII secolo. La vita di Clint Barton, figlio adottivo dell'eccentrico lord Phillip Coulson, cambia radicalmente quando una presunta strega viene ad abitare nel bosco vicino alla villa della famiglia. Clint dovrà fare i conti con la superstizione, gli obblighi, le responsabilità e forze in gioco molto più grandi di lui.
[1700 AU] [Clint/Natasha] [apparizioni di tutti gli Avengers + alcuni personaggi di Agents of Shield] [COMPLETA]
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 25
~

 

Il boato gli rimbombò nelle orecchie, nella testa, nello stomaco. Sgranò gli occhi e annaspò alla disperata ricerca d'aria, ritrovandosi a fissare nuvole soffici e spumose, un concerto di putti, figure seminude avvolte da stoffe mosse dal vento.

Il boato si ripeté con forza ancora maggiore, con tanta insistenza che gli parve quasi che uno degli uomini disposti in cerchio sul soffitto stesse battendo forsennatamente sulla barriera di stucco che lo teneva prigioniero per uscirne, finalmente libero.

I dintorni apparivano alla sua coscienza in stralci confusi. Tentò di rimettersi seduto, ma il mondo prese a girargli davanti agli occhi nell'esatto momento in cui accennò a riuscirci.

Ricadde all'indietro, impastato e rallentato. L'ennesimo tuono, fragoroso e furibondo, lo scosse da capo a piedi.

 

Hanno cominciato coi cannoni,” le disse mentre il cielo smetteva di tremare.

Ma non mi dire.”

Natasha, avvolta come lui nelle divise che avevano sottratto ai soldati dell'esercito nelle cripte della cattedrale, gli procedeva di fianco con passo sicuro. Teneva il capo basso per far sì che il tricorno le oscurasse a sufficienza il volto, ad impedire che qualcuno si accorgesse che era una donna.

Il sole era calato quasi del tutto e l'assedio al palazzo reale si era tramutato in una vera e propria battaglia. I rinforzi dell'Idra si erano accampati nello spiazzo che preludeva ai cancelli, unica barriera a protezione della soglia reale. Voci, grida ed esplosioni si ripetevano a distanza ravvicinata.

Il caos e il fumo che si alzava in alte colonne scure tutt'intorno gli impedivano di capire chi avesse colpito cosa. L'odore della pioggia imminente permeava l'aria, ma poteva ben poco contro la puzza di bruciato.

Di qua,” suggerì la donna, superando in fretta un terzetto di soldati che correvano nella loro direzione. Questi li oltrepassarono senza chiedere loro cosa stessero facendo.

 

La consistenza della trapunta di lana grezza fu la prima cosa su cui si sforzò di concentrarsi. Dopo quella gli si palesò il materasso – fin troppo morbido per i suoi gusti –, la polverosa pesantezza delle coltri stracciate appese al baldacchino. Il buco era tale da far ciondolare la stoffa sul lato sinistro, tanto da permettergli di avere una visuale buona, anche se parziale, sull'affresco del soffitto, annerito e scolorito dal tempo in più punti.

Era in una stanza del palazzo, comprese. Qualcuno l'aveva abbandonato su quel letto nel bel mezzo della battaglia... o così, almeno, credeva.

La luce era soffocata, ma i boati continuavano a ripetersi senza sosta. Fuori e nella sua testa.

I ricordi, terribilmente confusi.

 

Dovrebbe essere là dentro,” mormorò a mezza voce.

Non è solo,” constatò Natasha.

In effetti la luce che illuminava la tenda dall'interno lasciava indovinare la presenza di almeno cinque figure. A loro ne interessava una soltanto e da fuori non sarebbero stati in grado di capire a chi appartenesse.

Hanno armi da fuoco,” riusciva ad individuarne le sagome.

La terra tremò una volta ancora. Clint tentò di non far caso alle esplosioni o alle urla disarticolate di chi era stato colpito o aveva visto un compagno saltare in aria a qualche passo di distanza.

Prendiamo un'entrata laterale ciascuno,” propose Natasha, riferendosi alle aperture che consentivano l'accesso alla tenda alle due estremità opposte.

Come facciamo a riconoscere Pierce?”

Lo sapremo quando lo vedremo,” rispose semplicemente. Avevano una descrizione talmente sommaria che avrebbe potuto riferirsi ad almeno un terzo dei soldati dell'Idra.

Fury lo vuole vivo.”

Lo so.” Gli parve di intravedere uno scintillio strano nei suoi occhi, qualcosa di molto simile all'offesa.

Intendevo dire che non possiamo entrare là dentro e fare piazza pulita,” si corresse. Di certo non nutriva alcun dubbio sulla capacità di Natasha di obbedire agli ordini senza dover necessariamente rispedire qualcuno al creatore.

Non importa,” scosse il capo. “Prendo il lato sinistro, dalla parte della botte d'acqua.”

Come ti vuoi muovere?”

Attacchiamo contemporaneamente. Non avranno possibilità di fuga.” Gli sembrava un piano piuttosto azzardato, ma non c'era il tempo di metterne insieme uno migliore.

Al tre,” sussurrò Natasha. “Uno, due...”

Scattarono in avanti e presero direzioni divergenti mentre le urla tutt'intorno si intensificavano, mentre i cancelli del palazzo venivano definitivamente abbattuti e il capitano Rogers, da qualche parte, scendeva in campo alla testa dei suoi uomini.

 

Il dolore. Quello arrivò subito dopo aver capito per quale ragione era stato sistemato nella camera. Era sicuro fosse sempre stato lì: era stato sufficiente che il suo cervello riacquistasse consapevolezza per dar concretezza anche al dolore.

Si tastò addosso per assicurarsi che tutti gli arti fossero al loro posto. Capì di avere una gamba fasciata all'altezza del polpaccio – ma Grant l'aveva ferito proprio lì durante lo scontro che li aveva visti protagonisti subito dopo il ballo – e la spalla sinistra stretta in una bendatura asfissiante.

Fu poi la volta del pulsare fastidioso che pareva essersi impossessato della metà destra del suo volto. Fece scorrere le dita sulla guancia gonfia e poi più su, fino all'attaccatura dei capelli. Si ritrovò a seguire l'andamento ondulato di uno spesso filo di sutura e comprese che l'appiccicume che si sentiva sulla faccia doveva essere sangue essiccato.

Lo spazio e il tempo parevano essersi azzerati di colpo, annullando l'ordine e la linearità delle sue percezioni. Però era vivo.

Si aggrappò a quella verità con entrambe le mani e si decise finalmente a mettersi seduto, riuscendo – stavolta – a risparmiarsi il conato di vomito e il folle vorticare del primo tentativo.

Il boato tornò ancora una volta. Gli parve di udire qualcos'altro in sottofondo, ma i suoni gli arrivavano ovattati, lontanissimi. Solo quei tonfi sordi riuscivano a strappare il velo di silenzio che lo circondava su ogni lato... o quasi.

Abbassò lo sguardo sulle mani sporche e ricoperte di lividi, sulle braccia nude – qualcuno doveva avergli tolto la giamberga e la camicia della divisa per medicarlo.

Gli avvenimenti della notte precedente (a dir la verità non era neppure tanto sicuro che si fosse conclusa) gli saettarono scomposti davanti agli occhi.

 

Le cinque figure si voltarono di scatto in direzioni diverse. La mano stretta attorno alla cocca della freccia gli solleticava il volto mentre osservava gli ufficiali impegnati a capire che diavolo stesse succedendo.

Gettate a terra le armi,” suggerì Natasha. Aveva rinunciato ai suoi pugnali con riluttanza – e solo per poco – e adesso teneva il quintetto sotto tiro impugnando due grosse pistole.

Lui, dall'altro capo dello spazio delimitato dal perimetro dell'ampia tenda militare, faceva altrettanto armato d'arco e frecce. Magari una scelta un tantino obsoleta (gli bastò intercettare l'espressione perplessa di uno degli ufficiali per coglierne lo scetticismo), ma niente e nessuno sarebbe stato capace di batterlo in velocità.

I militari risero, vagamente innervositi dalla brusca intrusione. Certo, anche intimoriti, ma comunque forti del vantaggio. Clint non si era guardato allo specchio, ma gli bastava passare in rassegna Natasha per capire che non erano esattamente in forma smagliante.

Solo uno degli uomini presenti, raccolti al centro dello spazio, – l'unico seduto su una cassa rovesciata – non sembrava divertito. Aveva, piuttosto, l'aria del padrone di casa che è stato sorpreso da una visita inaspettata (si erano curati di aggirare il palazzo e le postazioni dell'Idra per avere la certezza che tale sarebbe stata), ma che è troppo ben educato per non intrattenere ed accogliere i suoi ospiti, per quanto indesiderati possano essere.

Ho detto,” ripeté la donna, “gettate a terra le armi.”

Se aveste voluto ucciderci, a quest'ora l'avreste già fatto,” la sfidò l'ufficiale più vicino all'uomo seduto.

Dall'occhiataccia che quest'ultimo lanciò al compagno, Clint intuì che era lui che comandava.

Quando lo sparo rimbombò nell'aria ritagliata dalla tela pesante, quando il cadavere del militare che aveva parlato cadde a terra con un rumore sconnesso, capì che anche Natasha era arrivata alla sua stessa conclusione.

L'uomo seduto, era lui lord Alexander Pierce.

 

Con fatica si portò sul bordo del letto e buttò giù le gambe fino a sfiorare il tappeto con le piante dei piedi. Si soffermò a studiarne l'intrico per qualche secondo prima di rialzare lo sguardo: il disegno era troppo complicato, rischiava di confondere – per una sorta di ridicolo gioco di specchi – anche i suoi pensieri.

Tutto il suo corpo protestò violentemente quando tentò di rimettersi dritto. La gamba ferita minacciò di cedere sotto tutto quel peso, la testa ricominciò a girare, portandosi dietro il suo carico sconnesso di idee e coordinate disarticolate.

Contro ogni buon senso, però, Clint resisté. Ricacciò indietro il conato di vomito e lasciò che l'aria stantia della camera gli fluisse liberamente e regolarmente nei polmoni. Si era aggrappato ad una delle colonne di legno del baldacchino per non cadere, ma evitò di dare troppo peso all'informazione, perché il suo obbiettivo era uno e uno soltanto.

La finestra.

Certo, potevano averlo collocato in una stanza che affacciava sul retro del palazzo, ma non gli importava. Doveva vedere. Doveva capire. Se non altro per accertarsi che la battaglia fosse ancora in corso: a giudicare dai boati che non cessavano di scuotere le pareti, c'era una consistente possibilità che lo fosse.

Il senso di colpa per quella degenza improvvisa, per non essere là fuori insieme agli altri, insieme a Natasha – dov'era andata a finire Natasha? – prese a pesargli addosso, più schiacciante del dolore e della stanchezza.

Si assicurò di poter tentare un primo passo e solo quando fu sicuro che non sarebbe rovinato a terra come un dannato marmocchio che sta imparando a camminare, mise un piede davanti all'altro e lasciò andare il rassicurante sostegno del letto.

 

La seconda freccia andò a conficcarsi nel dorso della mano dell'ufficiale che aveva appena perso la parrucca. Clint si affrettò ad estrarne una terza dalla faretra perché un altro soldato gli stava venendo addosso. Non ebbe il tempo di incoccarla e allora si limitò ad inginocchiarsi rapido davanti all'avversario e a piantargli il dardo nel piede, ottenendo di farlo urlare in preda al dolore.

Riafferrò lo stelo della freccia e la estrasse di violenza mentre si rimetteva dritto. Approfittò delle posizioni per sferrargli un cazzotto da sotto in su dritto sul mento, ma dovette affrettarsi a ritrarsi per evitare la sciabolata che l'uomo tentò di abbattergli sul capo.

Ci riuscì per uno soffio mentre il cappello infilzato gli volava via dalla testa per andare a posarsi chissà dove. Non c'era il tempo per pensare, tantomeno per guardarsi attorno.

I pugnali di Natasha sibilavano nell'aria adesso che anche la seconda pistola aveva sparato il suo colpo (dritto nelle scapole dell'ufficiale a lei più vicino) – non ci aveva neppure provato a ricaricarle. Era lo stesso che Clint aveva trafitto alla mano per costringerlo a lasciar andare l'arma da fuoco con cui la stava minacciando, mentre la prima freccia era servita a disarmare del suo fucile il militare che aveva appena finito con l'azzoppare.

Infine, circondati da ufficiali riversi a terra, gementi, doloranti o morti, Clint e Natasha convergettero entrambi su lord Pierce, ancora seduto e apparentemente nel pieno comando della situazione.

Andiamo a farci un giro,” gli suggerì, esortandolo a rimettersi in piedi.

E' la mancanza di attenzione ai dettagli,” rispose quello, “che vi rende del tutto inadatti a guidare il regno.”

Ci pensiamo dopo alla politica, che ne pensate?” Di nuovo a stuzzicargli una spalla con la punta dell'ennesima freccia per convincerlo ad alzarsi.

Natasha gli teneva gli occhi puntati addosso, ma c'era qualcosa di strano in fondo alle sue pupille dilatate. Vi riconobbe la consapevolezza di un pericolo imminente e, quando intrecciò l'informazione con le parole di lord Pierce, capì che erano nella merda fino al collo.

Fece scorrere lo sguardo lungo le pareti della tenda, leggermente smosse dal vento. Da fuori i boati delle cannonate e le urla continuavano a raggiungerli. Ma le immediate vicinanze erano troppo silenziose per i suoi gusti.

Vi conviene arrendervi adesso,” suggerì l'ufficiale che Fury aveva scoperto essere il capo della congiura, colui che aveva riunito il malcontento della nobiltà, del clero e dell'esercito per dargli un senso e un ordine, per incanalarlo verso la deposizione definitiva della dinastia Stark.

Scambiò un rapido sguardo con Natasha proprio mentre gli scatti delle armi da fuoco che venivano caricate e preparate alla deflagrazione li raggiungevano come un ricordo lontano. Un ricordo che li avrebbe ammazzati se non fossero stati attenti... e veloci.

Il suo cervello si era a malapena concesso il lusso di accarezzare la consapevolezza che erano circondati, quando l'inferno si scatenò in un concerto di spari assordanti.

 

Al terzo passo fu costretto a realizzare che sotto la fasciatura doveva esserci ben più che la ferita dovuta ad un colpo di lama ricevuto di striscio; pulsava troppo dolorosamente e in fin dei conti ci aveva corso senza problemi durante l'operazione di recupero di lord Phillip alla cattedrale.

No, gli avevano sparato. Ecco perché faceva così male, ecco perché si vide obbligato a spostare tutto il peso sulla gamba sana e ad arrancare come un povero storpio fino alla finestra. Un doloroso passo alla volta.

Tutte le volte che si abbandonava sui propri passi gli sembrava che mille spilloni gli si conficcassero nella carne viva, per poi ritrarsi e prepararsi all'affondo successivo, in un ritmo da tortura medievale.

Ma si sforzò di non demordere, perché lo scontro della notte, l'esito della missione che il colonnello Fury aveva loro assegnato, gli si andava finalmente ricomponendo davanti agli occhi, vincendo l'opacità dei ricordi, la convinzione di fluttuare in un mondo privo di punti fermi.

I pesanti tendaggi che oscuravano la finestra erano così vicini, eppure così lontani considerando la velocità a cui stava procedendo. Strinse i denti e provò a relegare la consapevolezza del dolore ad un remoto angolo della sua testa, si sforzò di pensare a qualcosa di bello, qualcosa che gli piaceva.

Pensò a Natasha.

 

Si ritrovarono fianco a fianco dietro un tavolo che si erano affrettati a rovesciare per ottenere un minimo di copertura. La prima scarica di spari si era esaurita, svariati fori si erano aperti nella tela della tenda, ma Pierce era rimasto fermo dov'era.

Probabilmente i suoi uomini avevano indovinato, da fuori, l'ombra della sua figura e avevano evitato di sparare in quella direzione. O magari era uno schema preciso, provato e riprovato in vista di occasioni simili. La mira, in ogni caso, non era delle migliori: tiratori un po' meno scadenti li avrebbero già uccisi.

Si sforzò di non guardare la gamba che gli faceva male (come se aggiungere l'immagine al dolore e al sospetto di essere stato colpito facesse un insieme troppo reale e concreto) e lanciò un'occhiata a Natasha. Una macchia di un rosso più scuro di quello della divisa le si stava progressivamente allargando sul braccio sinistro.

Che serata del cazzo,” si lasciò sfuggire.

Dobbiamo muoverci,” asserì lei, “prima che abbiano il tempo di ricaricare.” La concentrazione le irrigidiva il volto.

Che facciamo con Pierce?” Domandò, mentre si stava già preparando ad uscire di nuovo allo scoperto.

Lo portiamo con noi.”

Vivo?”

L'hai sentito il colonnello, no?”

E vivo sia.”

Esco io per prima. Tu occupati di lui.”

La donna alzò i pugnali vicino al viso e annuì una sola volta; ancora pochi secondi prima che le armi da fuoco fossero pronte ad una seconda mandata.

Si mossero contemporaneamente.

 

Il sollievo lo invase non appena le sue mani si allungarono per afferrare le tende in due grosse manciate. Si immobilizzò per qualche secondo, si disse, per prepararsi a ciò che lo aspettava là fuori, ma la verità era che il suo corpo aveva bisogno di una pausa.

Aveva avuto il tempo di far scivolare lo sguardo tutt'intorno, ad abbracciare la camera durante la traversata così breve, così lunga. Aveva l'aria di essere appartenuta ad un bambino, una volta, ma dovevano essere passati anni dall'ultima volta che qualcuno ci aveva abitato. I segni del tempo e dell'abbandono si erano posati su ogni angolo, su ogni oggetto del mobilio, delle suppellettili dimenticate in giro o cadute per terra. I topi avevano rosicchiato le nappe agli angoli del tappeto e la polvere era l'unica vera proprietaria di quell'anfratto del palazzo.

Inspirò a fondo, spostando l'attenzione sulle proprie mani, sulle nocche diventate bianche nello sforzo di trattenersi alle tende. Finché non si sentì stupido a procrastinare a quel modo, come se frapporre altro tempo tra sé e l'esterno avesse potuto cambiare il corso degli eventi passati, presenti e futuri.

Le tirò a fatica nelle due direzioni opposte, liberandosene quel tanto che bastava per aprirsi uno spazio verso la finestra. Si avvicinò ai vetri e si affrettò a spalancarla per lasciare che il vento, l'umido e la pioggia lo investissero, che gli facessero compagnia nella stanza troppo silenziosa.

I suoi occhi ci misero un po' ad abituarsi alla luce grigiastra del primo pomeriggio. Non avrebbe saputo dire come aveva fatto a capire che ore erano: il cielo era completamente coperto da uno spesso strato di nubi nere e perlacee, in varie sfumature. Eppure lo sapeva.

Doveva essere passato da poco mezzogiorno e pioveva.

Pioveva e ad ogni tuono i vetri tremavano impercettibilmente, risuonandogli dentro come se al posto dello stomaco avesse avuto un tamburo che rispondeva meccanicamente ai boati provenienti dall'esterno.

Aveva come la sensazione che i rumori arrivassero tutti da una sola direzione, che tacessero dall'altra. Si aggrappò al davanzale e si sporse leggermente all'esterno per sentire meglio, ma la sensazione non cambiò. Solo se si concentrava molto intensamente riusciva a percepire il ticchettio della pioggia sui vetri, il leggero soffio del vento, le voci lontane.

Il sospetto che non fosse un difetto dei suoni, ma suo, gli balenò nel cervello con la lucidità e la chiarezza dei dubbi che si trasformano in spiegazioni fin troppo plausibili per non essere vere. Ci sentiva dal sinistro, ma dal destro... dal destro non ne era sicuro.

Ripercorse lo spazio tra la ferita alla fronte, lo zigomo gonfio e sporco di sangue, fino a scivolare di lato verso l'orecchio. Anche lì il liquido vischioso si era seccato lasciandogli la pelle di una consistenza strana; la sensazione continuava se risaliva lungo il lobo.

Il cuore prese a battergli forte mentre realizzava di essere mezzo sordo, ospite di un mondo fatto di suoni e rumori tagliati a metà.

 

I due ingressi laterali della tenda avevano rivomitato all'interno uno stuolo apparentemente infinito di divise rosse come il sangue.

Natasha era uscita un attimo prima che la seconda scarica di spari si abbattesse su di loro, e Clint si era affrettato ad avvicinare Pierce e a trascinarlo bruscamente in piedi per servirsene come di uno scudo umano.

Il trucchetto aveva funzionato, ma il capo della lega dell'Idra si era affrettato a respingerlo e ad estrarre la spada che gli penzolava da un fianco. Da fuori, intanto, continuavano le cannonate e le urla, queste ultime molto più vicine di prima, segno che Natasha si stava facendo strada nel circolo di soldati che circondavano la tenda.

Non uscirete vivi di qui,” l'avvertì lord Pierce, un'aria malsana negli occhi adesso che calma e pazienza gli si erano disintegrate sul volto.

Questo è tutto da vedere,” gli ritorse contro, tendendo di nuovo l'arco per tenerlo sotto tiro.

Non potete uccidermi.”

Ci sono cose ben peggiori della morte.”

Cominciate a parlare per frasi fatte, adesso? E' questo che Lady Carter v'insegna?”

Non aspettò una risposta e gli si avventò contro brandendo la lama con sicurezza. Clint non ebbe il tempo di scoccare la freccia – la distanza era troppo ravvicinata – e allora si servì dell'arco per intercettare e respingere il colpo. Approfittò della vicinanza per piazzargli un calcio nello stomaco e farlo indietreggiare.

Rincoccò la freccia che gli era sfuggita e l'avrebbe lasciata andare se la terra non avesse tremato in modo molto più deciso. Non era più solo un'impressione scatenata dal rumore delle cannonate. Il boato era stato vicinissimo, a pochi passi dalla tenda.

Natasha!” Chiamò, ma fu costretto a rifocalizzare su Pierce che era tornato all'attacco, stavolta più determinato di prima.

La gittata dei cannoni piazzati sul tetto del palazzo si era improvvisamente moltiplicata. Urla distanti e prossime (“A fuoco! A fuoco!”, “Toglietevi di mezzo! Serrate i ranghi!”), preghiere mormorate a velocità impressionante (“Ave Maria piena di grazia...”, “Oh Dio... oh Dio...”), persino pianti e gemiti strazianti... tutte voci che il vento trasportava attraverso gli ingressi mentre Clint era occupato nel duello contro l'ispiratore della congiura ai danni della casa regnante.

L'esplosione si ripeté – una, due, tre volte – finché non fu un intero fianco della tenda ad essere spazzato via, il picchetto che ne teneva fermo il lembo polverizzato e l'accampamento che diventava improvvisamente visibile su quel lato, come di un sipario stracciato a forza.

Un enorme incendio era scoppiato tutt'intorno. Divise rosse correvano e scattavano in ogni direzione, inciampando, fermandosi per soccorrere qualcuno o raccogliere qualcosa.

Colpì Pierce al viso col pugno chiuso – sarebbe stato tutto molto più semplice se l'ordine di Fury fosse stato leggermente diverso – e si scansò appena in tempo per evitare l'ennesimo affondo.

Pensò a Natasha, a quando gli aveva detto che l'inferno è una cosa senza rumore e improvvisamente non fu più tanto d'accordo. Perché il caos che imperversava là fuori era spaventoso e privo di qualsivoglia controllo, era fatto di fiamme, grida disumane e lamenti.

La donna comparve inaspettatamente nel passaggio aperto dall'esplosione. Prese le misure in pochi secondi e scagliò uno dei suoi pugnali, mandandolo a conficcarsi nel polso di Pierce che perse la presa sulla spada e si ritrovò disarmato.

Dobbiamo andarcene! In fretta!” L'avvertì Natasha mentre Clint teneva sotto tiro il capo dell'Idra e lei lo costringeva ad inginocchiarsi.

Che cazzo sta succedendo?” Le chiese guardandola legare le mani dell'uomo che pareva essersi arreso.

Stark,” fu la secca risposta di lei, che si curò di condire il tutto con uno sguardo carico di incertezza.

Il principe Anthony doveva aver dato fondo a tutte le sue strabilianti invenzioni per aumentare in tal modo la gittata dei vecchi cannoni del padre. Forse era un genio, forse voleva vendicarsi della morte di re Howard, fatto stava che lui e Natasha erano nel raggio d'azione di quelle maledette esplosioni.

Ci conviene fare il giro lungo anche al ritorno,” aggiunse subito dopo, facendogli cenno di precederlo fuori.

No, vai, ti copro le spalle!” Non si fidava di Pierce e non si fidava dei soldati che si muovevano per l'accampamento, terrorizzati e quindi doppiamente imprevedibili.

Natasha ne prese atto e si affrettò ad uscire. Clint era sul punto di lasciarsi la tenda alle spalle, quando un lampo improvviso l'accecò e il boato che seguì fu talmente vicino che avrebbe giurato che la bomba gli fosse scoppiata da dentro il petto.

CLINT!” L'urlo di Natasha, lontanissimo, fu l'ultima cosa che sentì.

 

Sbatté le palpebre e tentò di cancellare dagli occhi il lampo dei suoi ricordi. Se non altro quelli funzionavano ancora.

Così bene da permettergli di disegnare i profili degli uomini e delle donne che punteggiavano il piazzale antistante il palazzo reale. La linea dei cancelli era stata completamente obliterata sia in prossimità delle porte sia nelle porzioni immediatamente adiacenti.

L'artiglieria pesante dell'Idra aveva scavato profondi solchi nella pavimentazione a grosse pietre quadrate e più abbassava lo sguardo per farlo aderire alla facciata dell'edificio e più si accorgeva che di crateri ne erano stati aperti anche sulla costruzione stessa.

I frammenti del cornicione, delle finestre, delle pareti sventrate, giacevano mestamente a terra, a svariati metri di distanza. Erano stati riuniti in mucchi più o meno piccoli, segno che qualcuno si era già attivato per limitare i danni. I grossi leoni rampanti e dorati che sorgevano sulle colonne dell'ingresso erano crollati a terra, uno dei due spaccandosi a metà.

Oltre i cancelli che non esistevano più si stendeva il deserto dell'accampamento dell'Idra: le tende erano state schiacciate o spazzate via, qualcuna era rimasta miracolosamente in piedi, sottolineando per contrasto la distruzione che la circondava.

La devastazione su quel lato del piazzale era molto maggiore: le invenzioni belliche del principe avevano fatto il loro lavoro.

Lo stomaco gli si strinse e un'improvvisa voglia di vomitare si impossessò di lui. Non riuscì a trattenersi, stavolta, e tutto quello che poté fare fu rientrare nella stanza e afferrare un vecchio vaso sbrecciato abbandonato su un comò che aveva perso due dei suoi tre cassetti. Si piegò in due e rimetté quel poco che doveva aver mangiato il giorno precedente per prepararsi alla battaglia. A dir la verità neanche si ricordava di averlo fatto.

Da quando il colonnello Fury li aveva presi da parte per informarli che sarebbero stati loro ad occuparsi di prelevare il presunto capo dei traditori per assicurarlo alla giustizia, il resto della giornata si era protratto come in un sogno – un incubo.

La preoccupazione per lord Phillip tornò a farsi strada tra le nebbie della sua mente confusa. Si chiese se fosse ancora in una delle camere della servitù, se si fossero occupati di somministrargli la medicina, se fosse ancora vivo...

Finì per domandarsi se fosse vivo lui stesso, se lo Scudo avesse infine avuto la meglio. E allora tornò alla finestra, a respirare l'aria umida di pioggia stringendo il vaso sotto il braccio sano.

Fece saettare lo sguardo giù per il piazzale nel disperato tentativo di riconoscere qualche faccia amica. Si concentrò su un giovane in maniche di camicia che gli ricordò il ragazzino che aveva inviato a chiedere rinforzi durante la colluttazione con Grant, ma non fu abbastanza. Insisté con avidità finché non ebbe individuato un uomo che poteva essere l'aristocratico che aveva accompagnato Natasha al ballo. E quella donna laggiù non era forse Maria Hill? L'uomo che le stava accanto non poteva essere il colonnello Fury?

La testa riprese a vorticargli, costringendolo a chiudere gli occhi e a ritirarsi di nuovo dentro la stanza. Ebbe a malapena l'accortezza di rimettere il vaso al suo posto, sopra il vecchio comò sgangherato, prima che l'equilibrio venisse meno.

Neanche si accorse di cadere. Lo capì perché si ritrovò a fissare la possente raffigurazione dell'uomo affrescato sul soffitto.

Gli sembrò di vederlo battere sulla propria prigione di stucco e pittura al ritmo di tuoni lontani, di una pioggia senza rumore. Ancora e ancora.

Finché, a suon di colpi, non riuscì a spingergli il buio negli occhi.









Note: siccome mi ero stufata di capitoli d'azione, questo l'ho preso per un verso diverso e allora sta a Clint nel post battaglia accompagnarci attraverso i ricordi confusi dell'ultimo scontro con l'Idra. Spero di non aver barato troppo ù_ù
E ora che questa è risolta, gli ultimi cinque capitoli si concentreranno su Clint, Natasha e il loro rapporto. Vediamo di tirare le fila (lo sono che sono stata prolissa XD sarà l'ambientazione d'epoca che mi ha reso troppo pomposa, chissà).
In ogni caso ringrazio chi continua a leggere & recensire e ovviamente alla socia-beta Eli :*
Alla prossima settimana!
(◡‿◡✿)
  
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