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Autore: Arya Tata Montrose    10/03/2016    1 recensioni
C’erano notti in cui la quiete del regno di Morfeo veniva spezzata dagli incubi che la perseguitavano. Barry sembrava non averne mai abbastanza, sembrava che bramasse sempre di più i suoi occhi impauriti, lucidi di lacrime, la sua voce spezzata dal pianto che lo implorava di andarsene. Quando Alex apriva gli occhi, di Barry rimaneva solo un alone, che scompariva in qualche secondo. Si asciugava le lacrime con il braccio, prendeva respiri profondi, si calmava e si preparava all’idea di incontrarlo un’altra volta, non appena si fosse nuovamente addormentata.
Ma Alex non è sola
*
[Nicolex][Shot che avrei dovuto pubblicare settimane fa]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nigthmares

 
 
C’erano notti in cui la quiete del regno di Morfeo veniva spezzata dagli incubi che la perseguitavano. Barry sembrava non averne mai abbastanza, sembrava che bramasse sempre di più i suoi occhi impauriti, lucidi di lacrime, la sua voce spezzata dal pianto che lo implorava di andarsene. Quando Alex apriva gli occhi, di Barry rimaneva solo un alone, che scompariva in qualche secondo. Si asciugava le lacrime con il braccio, prendeva respiri profondi, si calmava e si preparava all’idea di incontrarlo un’altra volta, non appena si fosse nuovamente addormentata.
 
E così anche quella notte.
 
Il respiro di Alex si fece più frettoloso, mentre davanti ai suoi occhi, Barry teneva impugnata una pistola alla testa di Nicolas e Worick, svenuti. Le labbra della ragazza si piegarono per dar forma a suppliche, preghiere, qualsiasi cosa che potesse far desistere l’allucinazione, farla smettere.
Qualcosa, in quel luogo buio, le impediva qualsiasi movimento e, inginocchiata su di un pavimento nero, non poté far altro che assistere alla morte dei suoi salvatori, impotente, sporca del loro sangue e bagnata di lacrime.
Di scatto aprì gli occhi, con il respiro irregolare e con un urlo di terrore bloccato nella gola. Respirò a fondo più e più volte, in modo da recuperare un ritmo normale e calmare anche il cuore, che sembrava impazzito.
Con gli occhi ancora appannati, fece un rapido giro della camera, per constatare di non aver svegliato nessuno, poi se li asciugò con le mani meglio che poté.
Rimase seduta sul divano per qualche minuto, cercando di elaborare quanto visto poco prima. Il suo subconscio sapeva perfettamente che quello era stato solo un sogno, gli aveva sparato personalmente e più volte alla testa, ma alla sua mente razionale ci volle un po’ di tempo per convincersi a non fare un’ispezione delle camere alla ricerca dei suoi compagni per accertarsi che fossero ancora vivi.
L’urlo di poco prima era ancora bloccato nella sua gola, provocandole un groppo ispido e fastidioso. Portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, in modo che non le ostacolassero la vista già compromessa dall’oscurità e dal gonfiore. Non voleva rischiare di svegliare qualcuno, così decise che avrebbe acceso la luce al piano inferiore.
 
Le ci volle qualche secondo per abituarsi alla nuova luminosità della stanza, ma proseguì sicura verso la cucina, con l’intenzione di farsi una tazza di tè, sperando che l’avrebbe aiutata a calmarsi del tutto.
Riempì d’acqua la teiera e la mise sul fuoco, attendendo pazientemente che fischiasse. Rimase lì a fissarla, come in trance, finché qualcosa le sfiorò le braccia. Come impietrita, non si mosse di un millimetro, limitandosi a tremare. No, si disse, Barry non può essere qui, io gli ho sparato!
Non se lo spiegava, in nessuno dei modi che la sua mente aveva partorito per disturbarle il sonno sotto l’influsso di quella maledetta pasticca. No, non può.
Il qualcosa le sventolò la mano davanti agli occhi, sbarrati e immobili a fissare un punto a caso davanti a loro. Provò ancora a schioccare le dita e si pose davanti a lei. Nemmeno così ottenne un risultato.
«Alex» la sua voce era roca e riuscì a variare di tre tonalità nella sola pronuncia del nome di lei.
 
Solo allora parve risvegliarsi. Puntò gli occhi sulla figura davanti a sé, che riconobbe all’istante. Nicolas la osservava curioso, non capendo che cosa avesse.
«Sto bene, grazie.» disse lei, ora sfoggiante un bel sorriso.
 
Nicolas ancora non era convinto. «Perché quegli occhi rossi?» fu la sua silenziosa domanda, posta attraverso i segni che oramai Alex era in grado di comprendere.
Lei abbassò gli occhi, il sorriso scomparso e mosse solo le labbra. Non voleva sentire quel nome ad alta voce, ma lui avrebbe capito lo stesso. Infatti Nicolas annuì e con la cosa dell’occhio notò il vapore che usciva dalla teiera, intuendo che fosse pronta. Come se nulla fosse, si voltò e andò a prendere due tazze, una bustina di tè, un cucchiaino e lo zucchero, posando tutto sul tavolo. Poi spense il fornello e mise la bustina nella teiera, attendendo che l’acqua calda prendesse il colore e l’aroma del tè. Fece capire alla ragazza di sedersi e che avrebbe pensato lui a tutto, così, poco dopo, stavano sorseggiando ognuno dalla propria tazza, seduti l’uno davanti all’altra.
Alex l’aveva già ringraziato tante volte, ma solo ora si era fermata a pensare perché fosse sveglio anche lui.
 
«Ti ho svegliato io?» chiese tenendo gli occhi fissi su di lui, anche se avrebbe preferito fissare il liquido scuro nella sua tazza.
Lui scosse la testa e, intuendo la successiva domanda, mimò un’altra parola che però lei non capì.
Nicolas alzò un sopracciglio, non comprendendo la ragione dello sguardo carico di aspettativa che Alex gli stava rivolgendo. Lei, dal canto suo, attese di aver bevuto un nuovo sorso prima di spiegarsi. «Non ho capito.» sussurrò.
Nicolas si espresse in quel ghigno, considerato dai più inquietante, che per lei era un sorriso e si schiarì – o almeno tentò – la voce. «Insonnia» chiarì poi. «Soffro d’insonnia.»
«Oh» Alex abbassò di nuovo lo sguardo verso il suo tè, nascondendo in parte il suo sorriso: era contenta di non essere stata lei a svegliarlo, accendendo la luce dimentica che lui dormiva spesso e volentieri al piano inferiore.
 
Seguì qualche minuto di silenzio, nel quale entrambi finirono le loro bevande. Poi Alex lavò le tazze e sistemò tutto, sotto lo sguardo confuso di Nicolas: quelle tazze avrebbero potuto aspettare l’indomani, perché farlo ora?
Nicolas non le aveva chiesto nulla, sul motivo per cui fosse sveglia. Sapeva che era colpa di Barry. Ogni sera la vedeva rimuginare alcuni minuti prima di decidersi a chiudere gli occhi e a volte la vedeva persino pronunciare il suo nome nel sonno, assieme al suo e a quello di Worick, seguiti da negazioni e da “lasciali andare”.
 
Per questo si sforzò di parlare. «Vuoi dormire qui?» le disse, indicando il suo letto, poco distante.
Alex lo guardò, sorpresa per quella proposta e, per qualche motivo, una nuova lacrima le rigò il volto. Lui le passò un fazzoletto, continuando a guardarla attendendo la risposta. Alex lo accettò con un sorriso e si asciugò il volto. Ne approfittò anche per soffiarsi il naso e annuì in risposta a Nicolas che spense la luce e si sedette accanto al letto. Solo un lumino a donare un modo a lui di sapere cosa lo circondava.
Si stese sul letto e affondò il viso nel cuscino, inspirando l’odore dell’uomo. Ad Alex piaceva il suo profumo. Lo trovava particolare, molto diverso dall’acqua di colonia che usava Worick e lei non aveva idea di cosa utilizzare come paragone. Era solo l’odore di Nicolas.
 
Si spostò verso l’altra sponda del letto, verso Nicolas, alla ricerca della sua mano, calda, rassicurante, come il suo odore. Nonostante sapesse bene di quanto sangue si era sporcata quella mano ruvida e grande.
 Lui non esitò ad accontentarla, stringendo la sua più piccola e delicata.
«Buonanotte, Alex.»
 
[Disordinato e coi capelli tutti arruffati, Worick scese al piano inferiore con il preciso intento di farsi un caffè. Quello che vide, però, fu alquanto strano: nella penombra, Alex e Nicolas dormivano assieme, con le mani intrecciate e i visi sereni e calmi. Nicolas presentava anche un mezzo ghigno, che lui doveva necessariamente chiamare sorriso.
Ecco, quella era decisamente una grandissima presa per i fondelli da parte di Morfeo e Worick pensò che una tazza di caffè fosse un po’ poco. Per sicurezza, quella mattina, ne ingollò un’intera brocca.]

 
Angolo autrice
Ho tardato molto ad inserire il mio angolino, più che altro per mancanza di voglia, sorry. Comunque, spero davvero che vi piaccia questo mio secondo lavoro, che avevo tra l'altro promesso per tipo un mese fa. 
Sono la regina dei ritardat(ar)i, concedetemelo.
Spero, a presto!
Tata

 
 
   
 
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