Film > Captain America
Segui la storia  |       
Autore: Itsamess    11/03/2016    2 recensioni
[Steve Rogers + Bucky Barnes]
Idealmente ambientata dopo CATWS: Bucky lascia il lato oscuro e si unisce allo SHIELD, ma la sua prima, nuova, missione è recuperare un rapporto ammaccato dal tempo più di uno scudo di vibranio.
Bucky fece un passo verso di lui ma si fermò nel vedere l’amico indietreggiare. Davvero aveva paura di lui? Non gli avrebbe mai fatto del male.
Mai più, almeno.
«Steve-»
«Il fatto è che mi manchi. E vorrei poterti abbracciare in questo momento ma non riesco a smettere di pensare che abbracciandoti potresti pugnalarmi alla schiena. Quindi non lo farò. Perché non ce la faccio. Non ora»
Steve parlava a scatti, come se ogni parola gli costasse un quantitativo di energia superiore alle sue forze e dovesse fermarsi per riprendere fiato.
«Ma sappi che mi manchi. Sono- anni che mi manchi»
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Se bussare alla porta sembrava incredibilmente difficile non era a causa della ferita alla spalla: grazie al siero che gli era stato iniettato Steve era in grado di guarire molto più rapidamente del normale, inoltre il dolore fisico non era più stato davvero in grado di paralizzarlo, ma la paura sì. Non sapeva come lo avrebbe accolto Bucky, se con un sorriso di sollievo o un coltello dietro alla schiena, pronto a colpirlo in nome dei bei vecchi tempi. C’era solo un modo per scoprirlo e prevedeva semplicemente di sollevare la mano a pugno e batterla contro quella tavola di legno chiaro, eppure la sola idea di ritrovarsi faccia a faccia con l’incubo che lo aveva tormentato negli ultimi tempi lo paralizzava.
Capitan America, immobile nel corridoio di un hotel: non si riconosceva nemmeno. E pensare che un tempo si credeva invincibile, come se nulla potesse scalfirlo.
 
Una timida cameriera si avvicinò per chiedergli se avesse bisogno di aiuto e Steve lottò per non risponderle che sì, aveva bisogno di aiuto per bussare ad una porta ed affrontare il suo ex migliore amico. In realtà non sapeva neanche bene cosa ci facesse lì nello squallido motel di Bucky, dal momento che la loro ultima conversazione risaliva a undici giorni prima e non era stata esattamente pacifica.
Ma non poteva restare arrabbiato per sempre, no? del resto si rendeva conto che ad aggredirlo non era stato lui, ma il Soldato d’Inverno creato dall’HYDRA- perché allora era così difficile perdonarlo? 
Questa nuova versione di se stesso - tutta sospetti e rancori e brutti ricordi – non gli piaceva per niente. Per allontanarla bastò bussare, con un po' di fatica, alla porta.
 
Bucky era in accappatoio, come se avesse previsto la visita di Steve e si fosse impegnato per sembrare il meno minaccioso possibile. Se era davvero quello il suo piano aveva funzionato alla perfezione: la cuffia di plastica, strategicamente unita a un paio di infradito di plastica usa e getta e a quell’aria innocente, era un tocco di classe.
 
«O-offerta di pace» boccheggiò il biondo non appena lo vide, sollevando timidamente il bicchiere.
 
«Pensi di potermi corrompere con il cibo?» scherzò l’altro, pur restando fermo sulla porta, quasi non sapesse se farlo entrare «Ti credevo migliore di così»
 
Steve resistette all’impulso di rispondergli  Anche io e semplicemente rispose «Senti, non fare tante storie e accetta questo frozen yogurt che mi si sta sciogliendo in mano. Posso?»
 
La camera di Bucky era completamente spoglia, come se vi si fosse appena trasferito e non avesse ancora fatto in tempo a disfare i bagagli, ma la verità era che di bagagli, di oggetti ed effetti personali, non ne aveva. Possedeva solo un paio di cambi di abito che gli aveva fornito lo S.H.I.E.L.D. e che con ogni probabilità erano riposti nell’armadio, ma per il resto la stanza sembrava disabitata. Le mensole erano vuote, sul tavolino non c’era niente se non il telecomando del televisore che a quanto pareva non era mai stato acceso. Steve si domandò se questo stile di vita austero fosse un retaggio del suo addestramento in Russia o se semplicemente l’amico non si trovasse a suo agio nel motel e preferisse non abituarcisi. In ogni caso, tutto in quella stanza vuota sembrava comunicare lo stesso, grave messaggio: non sono qui per restare.
 
«Che cos’è?»
La voce dell’altro lo costrinse a tornare alla realtà: un po’ imbarazzato, Steve smise di guardarsi in giro e posò finalmente gli occhi sull’amico. Bucky stava osservando con sospetto e smarrimento il bicchiere, pieno di poltiglia bianca gelata.
 
«Ah già che tu non lo conosci… è un dolce, freddo, a base di latte. È simile al gelato ma ha un più basso contenuto di grassi, perché non contiene panna» gli rispose Steve, sperando di citare correttamente la definizione che aveva trovato online qualche giorno prima «In realtà, è stato un’idea di Natasha, ha pensato che ti avrebbe fatto piacere»
 
«È così. Ti ringrazio»
Il sorriso colmo di gratitudine di Bucky faceva intendere che fosse felice del pensiero, eppure si vedeva che non gli importava niente del yogurt, perché lo aveva appoggiato sul comodino senza neppure assaggiarlo. Era un peccato.
 
«Non sapevo a che gusto prendertelo e ho deciso al cioccolato perché un tempo ti piaceva»
 
«Mi piace ancora»
Perché non è cambiato niente e sono ancora io era il sottinteso della frase e Steve avrebbe disperatamente voluto crederci, ma non poteva. Forse a Bucky piaceva ancora lo sciroppo al cioccolato e forse i suoi occhi erano ancora i più azzurri che avesse mai visto, ma questo non significava niente se la sua mente era stata riportata a zero un migliaio di volte e gli era stato ordinato di diventare una specie di macchina da guerra senza emozioni.
 
«Già» commentò Steve semplicemente, giusto per non restare in silenzio troppo a lungo.

Bucky fece un passo verso di lui ma si fermò nel vedere l’amico indietreggiare. Davvero aveva paura di lui? Non gli avrebbe mai fatto del male.
Mai più, almeno.
«Steve-»
 
«Il fatto è che mi manchi. E vorrei poterti abbracciare in questo momento ma non riesco a smettere di pensare che abbracciandoti potresti pugnalarmi alla schiena. Quindi non lo farò. Perché non ce la faccio. Non ora»
Steve parlava a scatti, come se ogni parola gli costasse un quantitativo di energia superiore alle sue forze e dovesse fermarsi per riprendere fiato.
«Ma sappi che mi manchi. Sono- anni che mi manchi»

Bucky distolse lo sguardo e mentì «Va bene», mentre in realtà non andava bene per niente, dato che il suo migliore amico aveva paura di lui e non osava nemmeno avvicinarglisi. Distolse lo sguardo da Steve - non riusciva a sopportare di vederlo così diffidente e spaventato – e si lasciò cadere stancamente sul letto. Rimase a guardare il soffitto per un tempo indefinito, finché non sentì l’altro fargli una proposta che era più simile ad un’offerta di pace di quanto non lo fosse stato il frozen yogurt.
 
«Potremmo semplicemente riavvolgere tutto, cosa ne dici? Niente rancori, niente brutti ricordi… Ripartiamo da zero, con un nuovo catalogo dell’amicizia»
 
Issatosi sui gomiti, Bucky affermò solennemente «Regola numero uno “Non uccidersi”»
 
«Regola numero due “Niente segreti”» gli fece eco Steve abbozzando un sorriso ed infilando una mano nella tasca dei jeans. Per un attimo Bucky si domandò se stesse tirando fuori una pistola, ma poi si ricordò che dei due era più probabile che fosse lui quello armato e scosse la testa.
 
Steve gli si avvicinò lentamente e gli porse un piccolo oggetto rettangolare dal colore rosso scuro, che all’inizio l’altro non riconobbe.
«Ecco. Il mio taccuino, quello di cui mi chiedevi l’altro giorno»

«Non sei costretto a farmelo leggere, se non vuoi»

Steve fissò gli occhi nei suoi «Lo voglio»
 
 
Il taccuino era assolutamente incomprensibile: pagine e pagine vergate dalla fastidiosa calligrafia regolare di Steve e del tutto prive di senso, tanto che Bucky si domandò più volte se  le parole al loro interno esistessero davvero. O forse era il suo cervello ad essere tanto abituato a pensare in russo da aver dimenticato l’inglese ed espressioni come goji e twerk. Rivolse all’amico uno sguardo smarrito e gli domandò «Che cos’è? E cosa vorrebbe dire Strabucks
 
«Starbucks» lo corresse dolcemente Steve «E comunque non lo so, credo sia una specie di bar del Ventunesimo secolo...»
 
«E perché lo hai scritto qui?»
Il biondo si sedette accanto a lui sul letto, stando attento a  mantenersi a distanza di sicurezza dall’altro. Erano lontani, eppure riusciva ad avvertire nell’aria il profumo alla vaniglia dello shampoo che doveva aver usato Bucky.
 «Quando mi hanno “scongelato” mi sono accorto di non capire molti aspetti della realtà degli anni Duemila, il mondo è talmente cambiato! Così ogni giorno mi appunto tutte le parole che non capisco o le citazioni che non colgo e nei weekend cerco di mettermi in pari… vedi, per ora sono arrivato fino a qui» si avvicinò per indicargli una voce a metà della pagina che recitava Frozen Yogurt.
Notando il suo sguardo dubbioso, Steve riprese « È divertente, comunque. Imparo un sacco di cose nuove. E il cibo del nuovo millennio è buono, non come quello che preparavamo noi, sempre bollito o stufato… bisogna solo farci l’abitudine»
 
Bucky si sporse verso il comodino e riprese in mano il bicchiere, il cui contenuto ormai si era completamente sciolto. Trattenendo a stento una smorfia di disgusto, chiuse gli occhi e lo bevve in un solo sorso. Forse non era poi così male, constatò con un mezzo sorriso.
 
«Aiutami a completare la lista, Bucky. Del resto molte di queste cose sono sconosciute anche a te, potremmo iniziare a scoprirle insieme… E sarebbe un’occasione per conoscerci meglio»
 
Era strano fargli una richiesta del genere, dal momento che Bucky era l’unica persona che Steve poteva dire di conoscere veramente, eppure aveva scelto di ripartire da zero con la loro amicizia e quello era il prezzo da pagare: non poteva recuperare il legame che un tempo lo aveva unito a Bucky Barnes, ma poteva crearne uno nuovo con James Buchanan.
Lo sconosciuto casualmente assomigliava molto al suo compagno di infanzia, eppure non era lui. Steve doveva accettarlo. Bucky non sarebbe tornato, lo aveva perso il giorno dell’attacco al convoglio ferroviario. Tutti i ricordi che aveva di lui – felici, infelici, aveva più importanza? - li avrebbe messi da parte, insieme all’orgoglio ferito e allo scudo un po’ ammaccato.
 
Tabula rasa, come la pagina nuova di un taccuino incomprensibile.

 


Angolo dell'autrice
Volevo solo ringraziare chi ha recensito, apprezzato o anche solo letto il primo capitolo.
Significa tanto per me, quindi grazie grazie grazie. Spero di non deludervi con il resto della storia.
Ps: il frozen yogurt non mi piace particolarmente ma mi sembrava adatto ad un soldato d'inverno.
Psps: quello che state leggendo è un testo autocensurato. Nella versione precedente mi ero lasciata prendere un po' la mano con espressioni come "Bevve tutto d'un sorso. Il liquido bianco gli scivolò un po’ ai margini della bocca e Bucky si passò con noncuranza la mano sulle labbra". Poi mi sono ricordata che tecnicamente questa storia era un regalo per la mia sorellina e quindi-
Era una divagazione inutile, scusatemi.

Itsamess
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Captain America / Vai alla pagina dell'autore: Itsamess