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Autore: Sacchan_    12/03/2016    2 recensioni
Il tempo si è riavvolto e Miku si ritrova a ricominciare tutto da capo di nuovo: stavolta, in un modo o nell'altro, è decisa a fermare il loop temporale e a porre fine alla Notte che perseguita lei e gli abitanti della Villa Sconosciuta.
Long Fiction basata su Ever-Lasting-Night , cantata da: Miku+Gakupo+Gumi+Rin+Len+Meiko+Kaito+Luka.
Tutte le info sulle prime tre long all'interno del prologo.
Genere: Angst, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Night ∞ Series'
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EVER LASTING NIGHT
LA FOLLE NOTTE INFINITA
atto II scena I


Miku si risvegliò in un letto di sua conosenza ma non suo.
Lo conosceva bene, dopotutto ci aveva già dormito una volta, o forse due. No, non lo ricordava poi così  bene.
Sicuramente era il letto riservato agli ospiti della Villa Sconosciuta  e, sicuramente, Miku ci aveva già dormito almeno una volta.
Prima di alzarsi si rigirò fra le coperte un paio di volte pensando alla sera precedente, dove l'orologio aveva rintoccato la mezzanotte senza intoppi.
Sicuramente, quella mattina, avrebbe salutato la compagnia di attori e se ne sarebbe tornata a casa; sapeva anche che molte cose erano rimaste irrisolte, ma ormai non le importava più risolvere il mistero di quella Notte se le veniva data la possibilità di ritornare al suo Villaggio.
Allungò una mano sopra di sé per accendere la luce, era da tanto tempo che non vedeva i raggi del sole e il cielo del giorno: la prima cosa che avrebbe fatto, in piedi, sarebbe stata quella di aprire le persiane.
Così fece: la voglia di vedere il sole con i propri occhi era davvero troppa. Buttò i piedi nudi fuori dal letto e si incamminò verso la finestra con la lunga camicia da notte che le frusciava intorno alle caviglie. Usando entrambe le mani spalancò le finestre verso l'esterno.
Quasi avvertì il fiato mozzarsi, però, quando lo scenario che le si presentò davanti fu cupo e buio, dal colore blu scuro.
Non c'era traccia del sole, anzi la luna era rimasta là, fissa in cielo, esattamente dove la ricordava.
'Perché? Questo è impossibile, no?'  Pensò con il cuore in gola.
Non badò a vestirsi bene, non fece caso alle pieghe del vestito o al grembiule allacciato malamente; si precipitò fuori dalla camera con un groppo nel petto. Che cambiamento c'era stato quella Notte? Più volte si era alzata di nascosto e, in punta di piedi senza fare rumore, era andata personalmente a controllare l'orologio a pendolo.
Non c'erano dubbi sul fatto che l'avesse visto muoversi e ticchettare con i propri occhi e le proprie orecchie.
Tuttavia, pur essendo conscia di questo, quando raggiunse l'ingresso e volse il suo sguardo proprio verso l'orologio quasi urlò.
Le lancette non si muovevano affatto, anzi erano tutte e due posizionate sul segno 'XII'.
Le ginocchia le tremarono finché non cedettero del tutto. Sarebbe sprofondata a terra se avesse potuto.
Che avesse sognato?
No, non poteva aver confuso il sogno con la realtà. Lei, quella notte, si era effettivamente alzata dal letto un paio di volte ed era andata a controllare. E non c'era nulla, assolutamente nulla, che l'avesse fatta insospettire di un malfunzionamento o di qualcosa che andasse storto.
Eppure le lancette non mentivano: come avevano fatto a tornare indietro?
Affranta, Miku notò qualcos'altro di strano: le volte precedenti l'orologio era rimasto sì fermo, ma il rumore che scatenava il suo meccanismo era percebile ad orecchio nudo. Questa volta non c'erano affatto rumori, nessun 'tic tac' udibile, nulla di nulla. Forse era solo immaginazione ma agli occhi di Miku quel maestoso orologio pieno di bellezza antica appariva morto e spento adesso.
Tutti i miei sforzi, tutto quanto. Cosa è andato storto, ora? Cosa?
Miku avvertì dei passi dietro di lei, si voltò appena giusto per scorgere il bianco e il nero tipico del vestito da cameriera di Gumi.
Chissà che motivo aveva quella ragazza per vestire ancora con il suo costume da scena.
"Fa sempre così." Scosse la testa. "Questo orologio è così vecchio che spesso si rompe."
Una mano tesa verso di lei entrò nel suo campo visivo, Gumi si era chinata di poco offrendole il braccio.
"Su, signorina. Non va bene restare seduta sul pavimento o vi prenderete un raffreddore." Parlò calma. "A proposito, buongiorno. Cosa gradite per colazione stamattina? Caffè? Biscotti?"
Miku boccheggiò esterefatta un paio di volte o forse più, non ricevendo risposta Gumi si limitò a scrollare le spalle e allontanarsi in silenzio. In quei passi Miku notò l'eleganza dei piedi della cameriera che si allineavano pefettamente l'uno contro l'altro.
"Cosa c'è di sbagliato in te?" Domandò Miku ancora prima di rendersi conto di aver parlato a voce alta, eppure quello era davvero il suo pensiero. C'era solo Gumi insieme a lei, in quel momento, ma quella non era Gumi.
Gumi non parlava in quel modo, non camminava in quel modo, non si muoveva mai con grazia, non si esprimeva mai in modo formale, al contrario, inciampava in ogni dove, sbatteva il naso contro ogni angolo per poi finire ad avere cerotti e fazzoletti arrotolati su per il naso.
"Mh?"
"Stai ancora fingendo?"
"Non capisco, signorina. Non capisco niente di quello che state dicendo." Ribattè Gumi, quasi infastidita.
Le due ragazze si guardarono per qualche attimo ancora, infine la cameriera decise di congedarsi definitavamente con un inchino muto e scomparendo per uno dei ampi saloni.
Miku non era riuscita a muoversi di un solo passo; su di lei incombevano solo il grande orologio alle proprie spalle e il silenzio assoluto generato da esso.
Restò ferma per molto tempo ancora, tanto da credere ormai di essere rimasta sola. Almeno fino a che dei passi troppo veloci si udirono alle sue spalle: qualcuno aveva corso,  passandole esattamente dietro per poi andare a nascondersi.
"Cerca di ricordare ora..." Le parlò una voce.
"Come è iniziato tutto questo?" Ne seguì un'altra.
Miku si girò appena in tempo per vedere una fugace apparizione. Erano i due gemelli e la stavano fissando con sorrisi inquietanti sui volti.
Ma non erano nemmeno quelli a spaventarla più del dovuto; difatti Miku era pronta a giurare di averli visti indossare due maschere sul viso.

Quando entrò nella sala da pranzo notò che tutti loro erano già seduti intenti a fare colazione. In silenzio cercò un posto lasciato libero e quasi le si gelò il sangue nelle vene quandò notò che soltanto una sedia era ancora libera e si trovava alla destra del tavolo in una posizione ancora più inquietante. Affianco a sé avrebbe avuto Rin e Len e questa era già un'altra enorme stranezza poiché i due gemelli mai una volta si erano separati l'uno dall'altro.
Incassando la testa in mezzo alle spalle andò a sedersi in quel buco vuoto con religioso silenzio, osservando gli altri nelle loro faccende.
"Caffè?" Chiedeva Gakupo.
"Biscotti?" Si premurava Gumi.
Come era strano tutto questo, le pareva ancora più di essere un'estranea. Ormai era abituata ad avere su di sé tutte le attenzioni e il posto che le veniva riservato era sempre quello del capotavola. Ora era tutto così noioso, con Kaito che leggeva accigliato chissà quale notizia su un giornale, Luka che si guardava le unghie e Meiko che lisciava l'orlo di un bicchiere. Persino i due fratellini, i più vivaci del gruppo, rimanevano seduti composti e in silenzio.
"Prego."
Una tazzina ricolma di caffè venne depositata sotto il suo naso e anche quella era un'altra stranezza di quella mattinata. La tazzina era sporca da un lato, segno che delle gocce di caffè erano scivolate fuori dal bordo.
Gakupo si affacendava nelle cose come se fosse costretto a farlo e in piena atonia. Il maggiordomo che Miku ricordava, invece, non avrebbe mai lasciato servire una tazzina sporca e si sarebbe premurato di chiederle se gradiva il latte al posto del caffè o quanto zucchero voleva.
Sconsolata Miku l'afferrò e la portò alle labbra per mandare giù quel liquido troppo amaro osservando come, dall'altro lato della stanza, Gumi preparava vassoi pieni di biscotti e pasticcini per poi sostituirli a quelli vuoti rimasti sul tavolo.
La Gumi che lei aveva conosciuto avrebbe fatto finire quei dolcetti a terra, per poi scivolarci addirittura sopra. Questa invece li cambiava e li sostituiva, li ripuliva dalle briciole e poi li riempiva di nuovo.
Poiché nessuno parlava nemmeno Miku si azzardò a farlo. D'un tratto Kaito piegò il giornale lanciandolo lontano, destando una reazione in Luka intenta ora a lisciarsi i lunghi capelli rosa usando le dita a mò di pettine.
"Presto dovremmo andare in città a fare scorte." Disse.
Gakupo si avvicinò a una vetrata scostando di poco la tenda e guardò fuori.
"Non ora." Commentò. "Un temporale è in arrivo."
Miku si chiese come poteva esserne certo dato che lei vedeva solo il buio della notte, con un esame più attento però vide anche che le finestre erano bagnate da delle goccioline d'acqua.
I due gemelli al suo fianco non facevano rumore, non giocavano col cibo, non la prendevano in giro e non la consideravano. E nemmeno si consideravano fra di loro.
Approfittando dell'attenzione che si era spostata altrove, alle finestre bagnate e al tempo fuori, la ragazza ne usò l'occasione per intavolare un discorso con loro.
"Poco fa che cosa volevate dirmi?"
Rivolse la domanda sia a Rin, sia a Len ma i due restarono muti. Quando ormai Miku era pronta a rinunciare a una risposta e ad alzarsi dal tavolo i due fratellini si scambiarono la prima occhiata della giornata.
"In una buia notte tempestosa..."
"Chi è stato tradito?"
Miku non fiatò dopo quella domanda, forse si aspettava un continuo o forse no. Certo era che anche quando non parlavano in rima loro due restavano più enigmatici che mai. Sospirò e si alzò dalla tavola, nessuno si accorse che si era alzata prima di tutti oppure non le diedero attenzione.
Fuori, nel corridoio, Miku cercò di fare mente locale e le parole di Luka le tornarono alla testa.
Luka aveva menzionato una città, anzi aveva precisato che dovevano andare a fare scorte.
Una fitta acuta le colpì una tempia, talmente forte che Miku dovette portare due polpastrelli su essa per massaggiarsela.
Da quanto tempo mi trovo qui... Il mio villaggio... devo farci ritorno... tutti saranno preoccupati per me... da quanto tempo sono qui... non ricordo...
A giudicare da quanto ne sapeva lei  più di una Notte era passata, ma ogni Notte era sempre la stessa quindi era sempre una Notte. No?
Sì, era stata via dal suo Villaggio una notte, la stessa identica Notte.
E adesso la Notte si stava ripetendo, di nuovo.
Al di là delle vetrate Miku guardò la luna: una nuvola grigia l'aveva oscurata. Certo, quella Notte era strana e pure la luna lo era, talmente tanto da risultare finta. Ma sapeva anche che, prima o poi, questa era destinata a scomparire dal cielo e allora perché sembrava rimanere sempre fissa nel suo solito punto?
Con i palmi delle mani si colpì le guance. Di certo non voleva appurare di stare ancora sognando, sapeva benissimo che non era così piuttosto voleva riconquistare un po' di lucidità.
Ok, sono qui per finire ciò che è iniziato, pensò, quindi adesso tornerò da loro e farò loro delle domande.

Rimettendo piede nel salone vide che nessuno di loro aveva variato il proprio atteggiamento. Nessuno parlava o si muoveva.
Kaito rimaneva sprofondato su una poltrona, una gamba piegata sull'altra e un giornale poggiato sopra di essa. Con le labbra imbronciate e la fronte corrucciata continuava a sfogliare dei giornali ammucchiati nel tavolino posto proprio di fianco a lui. Rin e Len invece si erano alzati, avevano abbandonato le proprie sedie per andare ad inginocchiarsi sul pavimento, in un angolo più lontano dove non avrebbero dato fastidio, giocando con delle carte da gioco. Miku non capì a cosa giocavano, né si impicciò a voler chiederlo visto come apparivano svogliati anche solo a scambiarsi le carte. Gakupo era quello più lontano da tutti, solo il suo profilo era visibile stando impalato davanti ad una armatura di ferro e spolverandola con uno strofinaccio. Ma Miku sapeva che stava facendo finta, lo vedeva dai movimenti che continuavano a spolverare sempre e solo l'elmo senza preoccuparsi del resto.
Con quel silenzio surreale che regnava non si sentiva così sicura di voler iniziare a fare domande.
"Così noiooooosoooo..." Parlò Meiko, sventolandosi grazie al suo immancabile ventaglio di pizzo nero e rosso.
"Così noioso?" Fece eco Rin.
"Tutto è così noioso!" Le rispose Len.
"Cosa c'è di noioso?" Domandò Miku, non capendoci nulla.
I sette attori si voltarono all'unisono per guardarla, come se la vedessero per la prima volta, lasciando Miku in attesa di una risposta che non arrivava.
"Mi pare di stare per morire." Rispose Gumi per prima, gli altri sette confermarono il tutto acconsentendo con la testa.
Miku sollevò le mani sventolandole in aria, goffa e spaesata per tutta quella situazione.
"Andiamo! Che bisogno avete di fingere ancora? Non volete tornare a casa?" Azzardò a chiedere, sperando in una risposta coerente.
"Mh? Cosa?" Ricevette in risposta.
"Il vostro lavoro è finito, no? Possiamo ritornare a casa! Non siete stufi di rimanere in questa Villa e recitare questi ruoli?"
I sette si scambiarono occhiate fra di loro, perplesse e dubbiose.
"Eddai!" Si sforzò di sorridere Miku. "Non avete più bisogno di fingere, piuttosto penso che dobbiamo trovare un modo per andarcene da qui. Se continuiamo a restare qua dentro a questa Villa sicuramente resteremo intrappolati per molte, molte Notti ancora."
Miku non sapeva esattamente cosa voler ottenere da tutto questo, forse si aspettava un piccolo segno che le potesse far capire che qualcuno di loro la comprendeva, che percepissero che qualcosa non andava, che tutta quella situazione era pazza, che fuori c'era una Notte che non doveva esserci, che loro avevano fatto colazione poco prima osservando un cielo notturno invece che diurno.
D'un tratto si ricordò dell'unico che aveva tentato di essere un suo alleato e, speranzosa, tentò di far leva su esso.
"Len! Tu non puoi aver scordato come questo lavoro in questo bosco sperduto ti sembrava sospetto e privo di senso."
Il ragazzino buttò a terra le carte che teneva in mano e sollevò gli occhi su di lei fissandola perplesso.
"Lavoro? Di che lavoro parli?"
Miku si ammutolì non volendo credere alle proprie orecchie.
"A proposito..." Si intromise Meiko picchiettandosi le labbra con la punta del suo ventaglio. "Me lo stavo chiedendo da prima ma... tu chi sei?"
Di colpo avvertì sette sguardi che la squadravano contemporaneamente, facendola sentire un'estranea e accapponandole la pelle.
Avrebbe voluto rispondere, Miku. Dire qualsiasi cosa ma nessuna risposta le si formulò sulle labbra, alla fine l'unica cosa che fece fu tirare una gomitata e urtare un'anfora di marmo lasciandola traballare finché non si ruppe sul pavimento.
Scappò da quel salone e da quei sette incapace di sopportare oltre.

Miku aveva memorizzato tutta la planimetria della Villa, al punto tale da sapersi muovere come se fosse casa propria.
L'enorme mansione si estendeva su due piani: un piano terra e un primo piano più un piano interrato, quello dove Miku sapeva di trovarci otto bare disposte in circolo.
Senza contare le innumerevoli stanze per gli ospiti che la Villa metteva a disposizione l'atrio e il piano interrato rimanevano i due punti cruciali della Villa.
Nell'atrio perché si trovava l'orologio a pendolo, sua fonte di preoccupazione; nel piano interrato per il mistero delle otto bare disposte in circolo.
Miku era più che certa di sapere che quelle bare contenevano i corpi morti della compagnia d'attori, dopotutto nella prima Notte lei li aveva uccisi in preda alla follia della situazione bizzarra in cui si era ritrovata. Poi aveva tentato di risistemare tutto, senza riuscirci. E quando ancora pensava di tenere il tutto nel pugno si era assicurata che quello che ricordava fosse reale e che dentro a quelle bare vi fossero davvero i corpi che ricordava.
Così era stato, aveva perfino chiesto scusa ad uno di essi giurando a se stessa che una simile tragedia non si sarebbe più ripetuta.
Ora le pareva che nulla stava procedendo come lei si era immaginata: l'euforia e la gioia che aveva provato nel vedere e sentire l'Orologio a pendolo scoccare la mezzanotte era svanita nel giro di poco più di un'ora. Adesso nessuno la riconosceva, nessuno sapeva chi fosse, nessuno ricordava che l'unico motivo per cui si erano radunati lì era di mettere in scena una chissà quale sceneggiata.
Le uniche certezze a cui si era aggrappata le riponeva nelle bare, sperando di non esserne di nuovo uscita pazza.
Vuota era una.
Vuota era anche un'altra.
Vuota era pure la terza.
E la quarta, la quinta, la sesta, la settima.
Le bare erano vuote, prive di contenuto, di qualsiasi altra cosa. Ma non era così che dovevano essere: Miku non poteva  essere pure una visionaria.
Se avesse potuto piangere per la disperazione l'avrebbe fatto, eccome se l'avrebbe fatto. Ma non c'era tempo di versare lacrime poiché mancava ancora una bara da controllare: la numero 01.
Strano che Miku non avesse iniziato proprio da quella, forse il suo inconscio si era rifiutato di farlo o forse qualcosa le diceva che era meglio non farlo.
Incerta si avvicinò a quella che, sapeva per certo, essere la sua bara.





Ho tanto per cui scusarmi, questo capitolo pareva non volesse più scriversi. Eppure finalmente è arrivato e spero che sia di vostro gradimento!
Detto questo: cosa vi aspettate? Cosa ne pensate? Lo so che per molto tempo sono stata inattiva ma se vorrete darmi il vostro parere questo è sempre ben accetto!






   
 
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