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Autore: Lady Vel    12/03/2016    2 recensioni
Dal testo:
"Casa, porta Helen a scuola, lavoro, riprendi Helen da scuola, fai la taxista per portarla dove vuole, casa. Ancora ed ancora, giorno dopo giorno, la routine della mia vita in questi sette anni è stata questa. Alla fine cominciava anche a piacermi, vedere la mia bambina andare al corso di nuoto e vincere delle gare è stata una delle cose più belle di tutta la mia vita fino ad oggi. Si può dire che oggi sia finita la mia vita di mamma Claire."
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La storia partecipa al contest Storie feline indetto da zenzero91 sul forum di efp.

Citazione utilizzata: “Però, io posso anche morire a questo modo; vita o morte hanno negli effetti lo stesso valore per quanto mi riguarda. La morte volontaria è anzi l'unica mia libertà assoluta” 

Helen

Casa, porta Helen a scuola, lavoro, riprendi Helen da scuola, fai la taxista per portarla dove vuole, casa. Ancora ed ancora, giorno dopo giorno, la routine della mia vita in questi sette anni è stata questa. Alla fine cominciava anche a piacermi, vedere la mia bambina andare al corso di nuoto e vincere delle gare è stata una delle cose più belle di tutta la mia vita fino ad oggi. Si può dire che oggi sia finita la mia vita di mamma Claire.

Questa mattina la sveglia era alle sei, Helen doveva andare in gita e per avere il tempo di prepararla, senza dover fare tutto di corsa, era obbligatorio essere sveglie prima dell’alba. Andai in camera sua, odiava la sveglia quindi toccava a me il compito di allontanarla dal mondo dei sogni. Stando attenta a non inciampare tra i suoi giochi, aprii le tende della finestra e mi voltai verso il letto. Vuoto. Come mi sono sentita in quel momento, senza la mia bambina. Helen era troppo piccola per essere scappata da sola, specialmente senza fare rumore, perciò decisi di chiamare immediatamente la polizia. Corsi al piano di sotto per effettuare la chiamata… ma presa la cornetta sentii solo lamenti all’altro capo. Provai a fare il numero, ma più numeri digitavo, più il volume di quei lamenti aumentava.
“Non riuscirai a chiamarli. Non dal telefono e nemmeno dal cellulare, Claire. Devi venire con me.”
Mi disse una voce. Inizialmente pensai che fosse nel telefono, ma poi mi accorsi che da esso non proveniva più alcun suono.
“Vuoi cercare di salvare Hely o no? Io le voglio bene, per quanto possa essere possibile…”.
Guardai in ogni angolo della casa, ma l’origine di quelle parole non la riuscii a trovare. Pensai che fosse una cimice o qualcosa di quei film polizieschi, quindi ruppi ogni oggetto in cui poteva essere nascosta. “Quando hai finito di distruggere casa possiamo iniziare a cercare - NON TOCCARE LA MIA LETTIERA!”
Mi bloccai col martello a pochi centimetri dalla lettiera, voltandomi lentamente verso dove sapevo che fosse il mio Artemis, il gattino tanto amato dalla mia piccola.
“Ciao” mi disse.
Allora reagii nel modo più normale possibile: urlai lanciandogli il martello. Con un miagolio stizzito si allontanò dalla traiettoria dell’oggetto e ricominciò a fissarmi.
“Hai intenzione di continuare ancora a lungo con questa crisi isterica? Perché in quel caso andrei a dormire, sono indietro sul mio quantitativo di ore di sonno per essere il gatto perfetto, dovrei essere già a quattro ma per colpa di quell’uomo sono solo a due. Ah se solo mi avessero fatto un po’ più grande, sapevo che non bastava il fisico robusto del Bengala! Non potevano mettermi… che so?... un po’ di tigre? Sarebbe stato molto più semplice! Ma no, perché mai si dovrebbe dare ascolto a qualcuno di più intelligente? Stupidi umani! Poi anche il pelo lungo! Ma dico io mi hanno preso per una scopa?!”

Se questa mattina ho rischiato l’infarto a sentirlo parlare, ora mi stupisco di non averlo mai sentito, ma non ho il coraggio di spegnerlo, sempre che sia possibile, i rischi sono troppo elevati.

“Tu parli?” riuscii a balbettare.
“Tesoro – disse facendo le fusa – se siamo ancora a questo punto non salveremo mai Hely. Andiamo in macchina, tu segui le mie istruzioni e forse riusciremo a salvarla.”
Stavo prendendo ordini da un gatto… ed era la cosa meno strana, decisi di seguire i suoi consigli, perciò presi le chiavi ed andai a prendere la macchina… seguita da Artemis.
“Perfetto, vedo che cominci a reagire. Fortunatamente. Potremmo essere ancora in tempo, ma non devi perdere nemmeno un secondo. Ti ricordi la casa abbandonata fuori città in cui voleva entrare Helen? Vacci.”
 Non so che cosa mi fosse preso ma obbedivo senza opporre la minima resistenza, in fin dei conti sembrava l’unico dei due che avesse una minima idea di come uscire da questa situazione.
“Quindi… tu sei un… gatto parlante?”
“Oh cielo no! Non esistono i gatti parlanti! Io sono un… sofisticatissimo robot di ultima generazione dell’FBI, sebbene abbiano deciso volontariamente di ignorarmi per la… creazione del mio corpo ed ora sono questo strano misto… almeno grazie alla mia particolarità mi ha preso Hely.”
Disse raggomitolandosi sul sedile del passeggero.  Effettivamente non avevo mai visto un gatto tanto particolare, anche se non avrei mai detto che avesse il corpo di un gatto del Bengala, insomma sembrava grasso, non agile.
“C-c-c-come osi?! Io non sono grasso! Sono peloso, è diverso! Eh sì. Leggo anche nel pensiero.”
 Lessi un profondo odio nei suoi occhi… immaginai che nemmeno ai gatti piacesse essere insultati.
“E… a cosa si sarebbero… ispirati… i tuoi creatori?”
“Sei proprio ignorante, non capisco come tu possa essere la madre di Hely. L’hai adottata? No ovviamente no, nel tuo file non c’è niente del genere. Comunque sono un meticcio, nonostante la tua riluttanza sono un misto tra un Bengala, un Norvegese delle foreste – sebbene non ne abbia mai vista una di foresta… - ed un Ragdoll. Se non ci fossi arrivata sono un Ragdoll nella colorazione del pelo.”
“Mi interessa sapere da dove parli. Non dalla bocca, lo vedrei.”
Come risposta si pulì le zampe…. 
“Quello che devi vedere adesso è di accelerare e, soprattutto, la strada. Sebbene, essendo un robot, non morirei, ma mi sono affezionato al corpo del gatto. Specialmente alla sua vita. E’ davvero molto rilassante. E le risposte le avrai se accetterai l’incarico. Capirai più avanti di cosa sto parlando.”
Il resto del viaggio lo passammo in silenzio.

Arrivati all’edificio, mi sentii mancare. Su un cespuglio vicino alla casa c’era un pezzo del pigiama della mia bambina. Corsi a prenderlo e lo trovai strappato in più punti. Corsi nella casa più veloce che potevo, entrata cominciai a urlare il nome di mia figlia entrando in ogni stanza che incontravo. Quando entrai nel bagno, rischiai di svenire. C’era sangue, sangue ovunque, specie sui pantaloni del pigiama di mia figlia, abbandonati in un angolo. Non ressi più e cominciai i piangere. Piansi talmente forte da non sentire la bestia arrivare alle mie spalle e colpirmi tanto forte da farmi svenire.

Quando ripresi i sensi ero in un sotterraneo, legata ad una colonna. Davanti a me si trovava un uomo, un uomo che conoscevo troppo bene.
“Rodney… che ci fai qui?”
“Amore… non ti andava una bella riunione di famiglia? Con la nostra bella bambina?” disse ghignando. Lo avevo amato… e l’ho odiato quando ci ha abbandonate.
“No. Lei non è tua figlia.”
Mi si avvicinò con un coltello che puntò alla mia gola.
“Il test del DNA dice di sì.”
“Io dico di no. Potrai aver dato il seme per farla nascere, ma non conosci niente di lei.”
Si allontanò da me e scoppiò a ridere.
“Dicci davvero? Bhe… io comunque so dove si trova. Tu no.”
Cominciai a divincolarmi per liberarmi dalle catene.
“Dov’è? Dove l’hai portata bastardo!”
“Oh… è proprio qui.”
Schioccò le dita e due esseri la portarono, nuda e tremante davanti a me.
“Mamma… mamma ho paura… ti prego aiutami! Non lasciare che mi facciano ancora del male.”
Disse tra le lacrime. Il mio tesoro.
“Tu sai perché ti ho portato qui Helen?”
Cercai in tutti i modi possibili di liberarmi, per non far avvicinare quel mostro a mia figlia.
“Io sono il tuo papà. E ti devo dire una cosa molto brutta purtroppo. Sai, io sono un mutante tesoro mio e tua madre no. Questo sai cosa significa per te?”
Sembrava quasi dolce. Per un attimo pensai che forse volesse solo riaverci entrambe, che si sarebbe risolto tutto per il meglio… che illusa.
“Papà? Io… no, non lo so. Se vuoi, puoi restare con noi, a mamma va bene vero?”
Sorrise, la mia guerriera sorrise, a Rodney e a me. Il più bel sorriso che avesse mai fatto.
“Non va bene a me però. E nemmeno al mio capo. Purtroppo, significa che non puoi esistere, sei troppo pericolosa. Anche se non ti conosco molto, mi dispiace farlo, sei comunque mia figlia... Morgan, uccidila.”
Diede l’ordine e se ne andò dalla stanza. Non so chi urlasse più forte, se io o Helen. Uno dei due esseri tirò fuori un secondo coltello ed incise la sua gola.

Su cosa sia successo dopo ho solo pochi flash: Artemis che con dei raggi luminosi, forse dei laser, abbatteva le due creature – non potevano essere umani, gli umani non si sciolgono – un uomo anziano che mi parla anche se non capisco le sue parole, i fari dell’ambulanza che si allontana.

L’uomo anziano di prima è lo stesso a cui sono seduta ora di fronte, sta parlando da molto tempo ma la mia mente si è fermata ad una sola frase:
“Tua figlia sta bene.”
Posso dire di aver ricominciato a respirare nel momento in cui l’ho scoperto. La mia innocente bimba è salva!
“Allora, lo farà?”
Eh? Cosa? Parla con me? Forse non dovevo distrarmi...
“Signorina, capisco che non sia in un grande stato di lucidità, perciò le farò un breve riassunto di ciò che le ho appena spiegato... Sarà la prima ed ultima volta che lo farò. In sintesi, quelli che lei ha affrontato sono quelli che la gente normale chiamerebbe ‘i cattivi’ ma per noi hanno una nomenclatura ben specifica che scoprirà a tempo debito. Tra di loro ci sono sia uomini, come lei e me, che esseri di cui molti non riescono nemmeno ad immaginare l’esistenza e ne ha avuto una prova coi mostri che hanno rapito sua figlia. Il nostro compito è quello di trovarli ed ucciderli, le regole sono semplici: o noi uccidiamo loro o loro uccideranno noi. Lei ha dimostrato di essere in grado di combatterli senza nemmeno aver ricevuto un adeguato addestramento.”
Tecnicamente sono solo rimasta legata al palo…
“Se lo desidera, può entrare nella Squadra Speciale ed aiutarci a far in modo che quello che è successo a sua figlia non capiti ad altri.”
Non ho nemmeno bisogno di pensarci, mi sembra così ovvia la risposta.
“D’accordo, lo farò. Ma solo a patto che proteggiate mia figlia.”
L’umanità sarà anche importante, ma per me mia figlia lo è di più.
“Perciò non mi ha ascoltato nemmeno in quella parte... Effettivamente mi sembrava che avesse preso la notizia troppo bene… Il patto per entrare nell’Organizzazione è di assoluta segretezza, non potrà in alcun modo parlarne con i suoi amici o la sua famiglia, non sarà per nulla difficile, per il semplice fatto che per tutti loro lei morirà.”
Come? Che cosa sta insinuando?
“Signorina, questo è un lavoro a tempo pieno, tutto il giorno, tutti i giorni di ogni anno. L’unico modo che abbiamo per garantirci la totale dedizione è far tagliare i ponti a tutti quelli che vogliono partecipare.”
“Non lascerò mai mia figlia! Lei è tutto ciò che ho al mondo!”
“Non ne dubito signorina e so che la cosa in condizioni normali sarebbe reciproca. Ma queste non sono condizioni normali. A sua figlia è stata completamente modificata la memoria. In modo irreversibile temo. Rodney ha fatto un ottimo lavoro…”
Non… non capisco.
“Per sua figlia la persona che ha organizzato il rapimento ed il tentato omicidio è lei. Immagino che Rodney non avesse mai avuto intenzione di uccidere la bambina, ma solo lei. Difatti ora la piccola Helen odia lei ma apparentemente ama alla follia suo padre. In questo momento tentare di riunirvi potrebbe essere dannoso per entrambe. L’unica cosa che le posso garantire è, che se accetterà di divenire parte dell’organizzazione, Helen diventerà parte di un progetto a cui stiamo lavorando, anche se non posso dirle per motivi di sicurezza di cosa si tratta, e sarà sempre sorvegliata in modo che non le possa essere più fatto del made in alcun modo.”
Una pugnalata al cuore avrebbe fatto meno male.
Per salvare mia figlia, non devo più avere contatti con lei. Tanto vale che mi strappino il cuore dal petto e lo diano ai loro mutanti.
Andiamo Claire, non essere così drastica. Sai bene quanto me che hai solo un’opzione... Già posso anche comunicare telepaticamente grazie all’aggiornamento. Amo la tecnologia.
“Accetto. Ma se succede qualcosa, qualsiasi cosa, alla mia bambina, vi ucciderò tutti con le mie mani.”
“… Molto bene signorina. La prego di attendere fuori dall’ufficio il tempo necessario di trovare un profilo che le possa corrispondere.”
L’uomo si alza dalla sua poltrona, ma lo blocco in fretta.
“No.”
“No?” ripete lui.
Il suo viso è appena diventato una maschera imperturbabile.
“No. Se farò parte di quest’organizzazione, lo farò alle mie condizioni. La prima è che sarò io a creare il mio nuovo profilo. Mi mandi da uno dei suoi profiler. Avrò bisogno di aiuto, per dare vita ad Helen Nenvy.”
“D’accordo. Benvenuta signorina Nenvy.”
Benvenuta cara, ricordati di comprarmi delle scatolette, le hai quasi finite.
Stupido gatto.

 

A quanto pare questa notte la dovrò passare in una delle case dell’Agenzia, devono far morire Claire, e vederla andare a casa, mentre sta morendo dall’altra parte della città, può creare problemi.
“E te ne stupisci? Non pensi che sarebbe leggermente contraddittorio? Non puoi essere sia viva che morta no?”
Artemis mi odia. E’ evidente.
“No, non ti odio. Odio le tue affermazioni, spesso il tuo modo di pensare e di agire e a volte anche la tua arroganza. Ma non odio te nello specifico.”
Prima ancora di accorgermene gli ho lanciato un dizionario – abbastanza pensante – addosso. Lo schiva saltando di lato con un miagolio stizzito andando contro la parete e… restandoci attaccato? Com’è possibile? I suoi occhi diventano color zaffiro e comincia a muovere la coda a scatti.
“Mi stai facendo perdere la pazienza, sappi che se solo mi trasformassi nella mia vera forma non avresti possibilità di sopravvivere…”
“Non eri un robot? Cos’è la tua vera forma, un tostapane?”
Si lancia verso di me, ma invece di finirmi addosso sotto forma di tostapane inferocito diventa un… uomo? Sopra di me non c’è né un gatto né un tostapane ma un quasi-uomo con gli occhi zaffiro e i capelli come il manto di Artemis. Peccato che i denti lasciati scoperti siano più affilati di qualsiasi cosa esista in natura e neri. Inoltre sono quasi certa che non dovrebbe avere una simile forza nelle mani, e nemmeno un altro paio di occhi sopra quelli normali. E probabilmente non dovrebbe esserci nemmeno uno zaffiro incastonato nella sua fronte… penso di aver sbagliato a dargli del tostapane. Non sembra ne sia contento.
“Ok, va bene. Non ho molte possibilità. O almeno non adesso e specialmente non con un dizionario… almeno posso sapere cosa sta per uccidermi?”
Forse non è una grande idea incoraggiarlo a farlo.
“Il nome della mia razza non esiste nella tua lingua. E comunque tu non potresti uccidermi… non con quello che mi hanno fatto in questo posto, né io potrei uccidere te. Hanno osato darmi dei valori morali… da allora mi odio profondamente.”  
La sua voce è poco più di un sibilo.
Tralasciando che non sto capendo niente del suo discorso, sono letteralmente incantata dalla sua figura. So di averla già vista ma non ricordo dove…
“Helen… una volta mi sono trasformato in sua presenza. Dovevo spiegarle che in quel modo mi avrebbe ucciso…”
“Come può mia figlia, aver tentato di ucciderti?”
“E’… imbarazzante. Non vuoi saperlo” dice mentre con un balzo si allontana da me.
Penso che la gravità non abbia effetto su di lui…
“Cosa può aver fatto? Ti ha grattato la pancia a morte?”
Arrossisce, penso, poiché non diventa rosso ma giallo.
Oh no. Non ci credo!
“E’ più complicato… è dovuto alla mia razza. La mia vita è legata normalmente ad una pianta, sono verde per questo, ma qui mi hanno modificato il DNA e sono riusciti a legarmi ad una vita umana: quella di tua figlia. Il problema è che l’esperimento non ha dato i risultati sperati. Non mi hanno connesso alla vita di Helen, ma alla sua anima. Senza entrare nei dettagli, io provo ciò che prova lei ma materialmente. Pochi anni fa, quando le hai spiegato che lei non avrebbe mai incontrato suo padre, il dolore che ha provato mi ha quasi ucciso, da allora trova sempre il lato positivo di ogni cosa… per me. In cambio io cerco di proteggerla da tutto ciò che posso: gli altri umani, gli altri mutanti… ho saputo che l’avevano presa quando il legame si è interrotto. I vostri Cattivi sono gli unici che possono rompere permanentemente il legame e l’hanno fatto.”
“E’…wow… come…?”
“Non lo so. Non ho le risposte che vuoi. So solo che la mia vita con Helen era bella. Ora il processo è stato completato. Non so più niente di tua figlia. Perciò ora son un… un semplice mutante…”
Ma non era un robot?
“Siete troppo semplici da ingannare voi umani. No. E’ evidente che io non sia un robot.”
“E come… mutante… puoi essere ucciso? Non ho ben capito… bastano davvero dei grattini sulla pancia?”
“Posso essere ucciso come uno di voi umani, quindi in parecchi modi quanto ai grattini non lo so, modificando il mio DNA hanno modificato molte parti di me… Penso però, che io possa anche morire a questo modo; vita o morte hanno negli effetti lo stesso valore per quanto mi riguarda. La morte volontaria è anzi l'unica mia libertà assoluta. Mi hanno tolto tutto, ma adesso, grazie ai Cattivi, posso decidere io se vivere o morire.”
Non so cosa dire
“Mi… dispiace. Non so come aiutarti”
“Non puoi. Ora dormi, non posso proteggere Helen, ma posso proteggere te. Per lei.”
Non ho parole e probabilmente se anche le avessi non avrei il coraggio di parlare. Il dolore nei suoi occhi è più che visibile e non voglio rischiare di rovinare questo strano equilibrio.
Per l’ultima volta vado a dormire come Claire.

Note dell'autrice:

No, mettete giù il telefono. Non sono pazza e nemmeno sotto l'effetto di droghe.  Ho solo idee strane... 

Che cosa sia Artemis non lo so. Ho solo inventato la sua figura, se qualcuno più esperto di me sa che esiste già ed ha un nome mi farebbe piacere saperlo :) Non ho molto da dire se non ringraziare tutti quelli che sono arrivati fino a qui perciò... alla prossima!
Kiss

   
 
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